Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-06-17, n. 201503052

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-06-17, n. 201503052
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503052
Data del deposito : 17 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03148/2014 REG.RIC.

N. 03052/2015REG.PROV.COLL.

N. 03148/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3148 del 2014, proposto da:
Iof dell'Angelo S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocti A B, A C, G P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati N O, A I, G G, N P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Barnaba Tortolini, n. 34;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Associazione Veneta Imprese Onoranze Funebri, in persona del legale rappresentante, I.O.F. Busolin S.n.c. di Busolin Eliana, in persona del legale rappresentante, Sartori Aristide - Impresa Pompe Funebri di Bianco Rag. Nicola S.a.s., in persona del legale rappresentante, Impresa Funebre Rallo di Sandro Santinello, in persona del legale rappresentante, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Stefano Capo, Nicola Di Pierro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Tagliamento, n. 55;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE III, n. 476/2014, resa tra le parti, concernente divieto di prosecuzione dell'attività funebre – mcp;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2015 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati N P, Stefano Capo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Veneto l’odierno appellante invocava l’annullamento del provvedimento del dirigente del comune di Venezia - Direzione Commercio e Attività Produttive - Settore Commercio U.O.C. Attività Correlate

TULPS

Terraferma Fascicolo 2013.XIII/2/4.2034 codice P28091, con il quale era stato disposto il divieto di prosecuzione dell'attività funebre.

2. Il primo giudice respingeva il ricorso rilevando che l’attività di onoranze funebri della società ricorrente era svolta all’interno della complessiva struttura immobiliare dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre e che l’art. 5, comma 3, L.R. n. 18/2010 vietasse espressamente qualsiasi attività assimilabile a quella svolta dalla ricorrente “ all’interno di strutture sanitarie e socio assistenziali di ricovero e cura, pubbliche o private, di strutture obitoriali e di cimiteri ”.

3. Con il presente gravame e con le successive memorie, l’originario ricorrente invoca la riforma della sentenza di prime cure, rilevando che: I) il primo giudice avrebbe fatto erronea applicazione dell’art. 5 comma 3, L.R. Veneto, n. 18/2010, atteso che il proprio locale si troverebbe in area commerciale distinta dall’ospedale. Del resto la destinazione dell’area dal punto di vista urbanistico non sarebbe sanitaria, ma commerciale. Il TAR avrebbe, inoltre, omesso qualsivoglia statuizione sulla richiesta istruttoria di CTU o verificazione. La galleria commerciale non sarebbe all’interno del presidio ospedaliero, ma adiacente ad esso. Il TAR erroneamente avrebbe negato che vi fosse una destinazione commerciale. Il divieto di cui al comma 3 dell’art. 5, avrebbe il fine di vietare che gli operatori del settore approccino gli interessati al di fuori delle proprie sedi. Sicché una simile attività può essere svolta al di fuori delle proprie sedi solo eccezionalmente e con l’esclusione dei presidi sanitari. Quindi non vi sarebbe un divieto che l’attività amministrativa commerciale organizzativa avvenga in una sede collocata in una struttura ospedaliera. II) il provvedimento impugnato contrasterebbe con la relazione comunale del 15 ottobre 2010 a firma della stesso dirigente che ha sottoscritto l’atto impugnato. Sicché si sarebbe verificata una lesione dell’affidamento ingenerato. L’attività era svolta in ragione di una d.i.a. del 2008 sicché sarebbe stato erroneamente interpretato l’art. 55 regolamento di polizia mortuaria nel senso di ritenere che fosse necessaria un’istanza di s.c.i.a., quindi il provvedimento impugnato ignorerebbe l’attività pregressa.

4. Costituitasi in giudizio l’amministrazione comunale invoca la conferma della sentenza di primo grado.

5. Considerazioni adesive a quelle dell’amministrazione svolgono gli intervenienti, che eccepiscono altresì l’inammissibilità dell’appello per omessa notifica.

6. L’appello è infondato e non può essere accolto, il ché consente per ragioni di economica processuale di non esaminare l’eccezione di inammissibilità proposta dagli intervenienti.

La soluzione dell’odierna controversia deve partire dalla ricostruzione della disciplina di riferimento contenuta nell’art. 5, comma 3, l.r. Veneto, n. 18/2010 e nell’art. 55, comma 3, del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Venezia, entrambe le disposizioni con testo dall’identico tenore affermano che: “ Il conferimento dell'incarico per il disbrigo delle pratiche amministrative, la vendita delle casse ed articoli funebri e ogni altra attività connessa al funerale si svolge unicamente nella sede autorizzata o, eccezionalmente su richiesta degli interessati, presso altro luogo purché non all'interno di strutture sanitarie e socio assistenziali di ricovero e cura, pubbliche e private, di strutture obitoriali e di cimiteri ”. Entrambe le norme sono chiare nell’attribuire rilievo al luogo nel quale è vietata l’attività di onoranze funebri, indipendentemente dalla destinazione che possa essere impresa ai locali ivi allocati. Il ché è del tutto comprensibile dal momento che non esiste un divieto assoluto di esercitare attività commerciali presso strutture sanitarie, ma il legislatore vuole evitare che all’interno di questi luoghi possa essere svolta un’attività che si rileverebbe particolarmente aggressiva se svolta nell’imminenza del verificarsi di eventi luttuosi, quando il potenziale cliente si trova particolarmente esposto ed indifeso. Senza dire che la collocazione di un’attività di onoranze funebri all’interno di una struttura sanitaria consentirebbe all’impresa che la esercita un indubbio vantaggio concorrenziale, anche in ragione della possibile confusione ingenerata dalla circostanza che si tratti di un ulteriore servizio erogato dalla struttura sanitaria stessa.

Pertanto, poiché è irrilevante la circostanza che il locale dove l’appellante svolge l’attività di onoranze funebri abbia destinazione commerciale, deve rilevarsi che dagli atti del presente giudizio, senza necessità di procedere ad ulteriore attività istruttoria, emerge che lo stesso è situato all’interno della struttura sanitaria, sia in considerazione dell’unitarietà dell’immobile (lo stesso appello alla pagina 13 ammette che “ …sotto un profilo per così dire immobiliare partecipa alla stessa struttura… ”), sia in ragione del fatto che anche al piano terra dove sono situati i locali adibiti ad onoranze funebri si svolgono attività sanitarie in senso stretto.

7. Del pari, non può essere accolta l’ulteriore doglianza con la quale viene lamentata la lesione dell’affidamento dell’appellante, l’iter procedimentale che può essere ricostruito grazie ai documenti depositati agli atti del presente giudizio consente di rilevare che a fronte di una d.i.a. presentata dall’appellante in data 8 settembre 2008, l’avviso di avvio del procedimento di autotutela è stato notificato in data 10 gennaio 2011. Il lasso di tempo intercorso non è tale da far sorgere un affidamento tale da impedire l’adozione di un provvedimento di inibizione della prosecuzione dell’attività, specie se si pone mente al fatto che il divieto introdotto dalla l.r. Veneto n. 18/2010 diviene efficace al termine della vacatio legis successiva alla pubblicazione nel B.U.R. del 9 marzo 2010, sicché l’invocato affidamento si riduce a pochi mesi di attività. Né convincono gli argomenti utilizzati dall’appellante per sostenere una ultravigenza dell’efficacia del provvedimento autorizzativo formatosi nel 2008 a fronte dell’intervento di prescrizioni normative incompatibili con l’attività autorizzata e della norma contenuta nel comma 4, dell’art. 54, l.r. Veneto n. 18/2010, secondo la quale: “ Le imprese che esercitano le attività di cui all'articolo 5 devono adeguarsi ai requisiti previsti dalle disposizioni regionali di cui all'articolo 2 entro i termini stabiliti dalle stesse ”, ossia anche per ciò che attiene ai requisiti strutturali, gestionali e professionali per l'esercizio dell'attività funebre.

8. L’appello in esame deve quindi essere respinto. Il regime delle spese, definito in dispositivo, segue la soccombenza tra l’appellante e l’amministrazione comunale, dovendo, per il resto, ispirarsi al principio di compensazione tra le altre parti dell’odierno giudizio.

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