Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-11-23, n. 201806626

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-11-23, n. 201806626
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806626
Data del deposito : 23 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/11/2018

N. 06626/2018REG.PROV.COLL.

N. 03728/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3728 del 2017, proposto da:
F S, in proprio e nella qualità di legale rappresentante di “Hotel Stella” s.r.l., rappresentati e difesi dagli avvocati A M, A M, domiciliato ex art. 25 cpa presso il Consiglio di Stato, Segreteria della sezione, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Rapallo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati M A Q, V P, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Paoletti in Roma, via Maresciallo Pilsudski, 118;

nei confronti

Associazione Proprietari Alberghieri della Liguria, rappresentata e difesa dall'avvocato Monica Busoli, domiciliata ex art. 25 cpa presso il Consiglio di Stato, Segreteria della Sezione, in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA, SEZ. I n. 00058/2017, resa tra le parti, concernente diniego di svincolo alberghiero;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Rapallo e di Associazione Proprietari Alberghieri della Liguria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 maggio 2018 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Marconi e Quaglia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con l’appello in esame, il signor Stefano Foni, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società “Hotel Stella s.r.l.”, impugna la sentenza 30 gennaio 2017 n. 58, con la quale il TAR per la Liguria, sez. I, ha respinto il ricorso proposto avverso la deliberazione del Consiglio comunale di Rapallo 23 marzo 2016 n. 13, di rigetto dell’istanza per lo svincolo dalla destinazione d’uso ad albergo dell’immobile che ospita l’hotel Stella.

La controversia riguarda, in sostanza, il richiesto svincolo dalla attuale destinazione d’uso alberghiera per un immobile ubicato nel centro abitato di Rapallo, composto da 28 camere e classificato tre stelle, motivato sia per la impossibilità di adeguare la struttura a migliori standard alberghieri stante la conformazione dell’edificio e la mancanza di spazi, sia per la ubicazione dell’immobile, non idonea allo svolgimento di attività alberghiera.

Il Comune di Rapallo, con la delibera del Consiglio comunale oggetto di impugnazione, ha fondato il diniego al richiesto mutamento di destinazione d’uso sulla idoneità dell’ubicazione all’esercizio dell’attività (per distanza di 300 metri dalla costa, prossimità agli stabilimenti balneari, al porto turistico e al centro storico), sulla mancata prova in ordine a vincoli ostativi alla realizzazione di interventi di adeguamento, sul fatto che l’albergo, ora in attività, non può essere ritenuto inadeguato alle esigenze del mercato, tenuto altresì conto del fatto che, a seguito di modifiche introdotte alla l. reg. Liguria n. 4/2013 non deve più essere valutata, ai fini dello svincolo alberghiero, la sostenibilità economica della gestione.

1.1.La sentenza impugnata afferma, in particolare:

- in base all’art. 2, co. 2, lett. b) della l. reg. n. 1/2008 gli immobili compresi nella fascia di 300 metri dalla costa non possono essere considerati inidonei allo svolgimento dell’attività alberghiera, né la norma prevede l’applicazione di detto limite solo per gli alberghi esterni al centro abitato;

- il richiamo alla “oggettiva impossibilità a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell’immobile . . . al livello di qualità degli standard alberghieri”, di cui all’art. 2, co. 2, lett. a) l. reg. n. 1/2008, quale fattore che rende possibile lo svincolo, deve intendersi nel senso che “la locuzione standard alberghieri si riferisce ai requisiti qualitativi e strutturali necessari per la classificazione della struttura e non alle dotazioni maggiormente richieste dal mercato del turismo”.

La sentenza impugnata ha, inoltre, dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della l. reg. n. 1/2008, poiché il regime vincolistico vigente nella Regione Liguria “comporta una compressione del diritto di proprietà privata che si giustifica in ragione della funzione sociale assolta dal vincolo alberghiero, coincidente con il miglioramento del mercato turistico, il mantenimento dell’integrità del patrimonio turistico-ricettivo e la tutela dei livelli occupazionali nel settore, tutti obiettivi di primario rilievo per la collettività. Il fine del vincolo . . . è quello di mantenere la destinazione alberghiera per tutelare l’interesse pubblico del turismo, un settore economico caratterizzato dall’elevata capacità di generare attività di impresa, produrre ricchezza e creare posti di lavoro”.

Inoltre, poiché la l. reg. citata prevede ipotesi nelle quali l’immobile adibito ad albergo può essere svincolato, ne consegue che “non risulta venuto meno l’intrinseco carattere di temporaneità del vincolo”, il quale “non rientra nello schema espropriativo, poiché non comporta né l’ablazione del bene, né il sostanziale svuotamento del contenuto economico del diritto di proprietà”.

1.2. Avverso tale decisione vengono proposti plurimi motivi di appello, i primi due dei quali relativi specificamente all’atto impugnato, gli ulteriori volti a censurare la sentenza nella parte in cui essa ha ritenuto manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale della normativa regionale, come proposta dal ricorrente. In particolare si propongono i seguenti motivi:

a) error in iudicando ;
difetto dei presupposti;
insufficienza e illogicità della motivazione;
omessa valutazione di profili decisivi;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, co. 2, lett. b) l. reg. n. 1/2008;
ciò in quanto, per un verso solo la tesi circa “la ragionevole inapplicabilità del vincolo dei 300 m. dalla costa agli alberghi situati all’interno dei centri abitati potrebbe superare gli evidenti profili di irrazionalità e discriminazione insisti” nella norma;
per altro verso, “il criterio della prossimità al litorale non può costituire da solo – in mancanza di altri indici obiettivi di reddito e della valutazione della sostenibilità economica dell’attività – circostanza sufficiente a giustificare l’inamovibilità del vincolo”;

b) error in iudicando ;
difetto dei presupposti;
insufficienza e illogicità della motivazione;
omessa valutazione di profili decisivi;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, co. 2, lett. a) l. reg. n. 1/2008;
ciò in quanto, relativamente alla impossibilità di adeguare l’immobile agli standard alberghieri la norma non fa “alcun riferimento . . . ai requisiti per la classificazione della struttura limitandosi a richiamare una nozione generica ed ampia di standard alberghieri, tale da comprendere ragionevolmente anche le dotazioni richieste dalla clientela”;
inoltre, “anche le invocate dotazioni (piscina, giardino e spazi comuni) costituiscono requisiti qualitativi e strutturali per parametrare la classificazione delle strutture”, ed appare apodittico affermare che tali strutture sono recessive rispetto all’ubicazione dell’albergo”;

c) error in iudicando ;
illogicità e insufficienza della motivazione;
omessa valutazione di profili decisivi;
violazione degli artt. 41, co. 1 e 42, co. 2 e 3 Cost, nonché degli artt. 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea;
violazione art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU;

d) error in iudicando ;
insufficienza ed illogicità della motivazione sotto altro profilo;
violazione artt. 3 e 42, co. 3, e 97 Cost., anche in relazione all’art. 39 DPR n. 327/2001;
violazione dei canoni di legalità e ragionevolezza;

e) error in iudicando ;
motivazione insufficiente e/o perplessa;
violazione art. 117, co. 2, let. l) e co. 3, Cost., in relazione agli artt. 4 e 7 l. n. 1150/1942 e in relazione agli artt. 38, 39, 40 l. reg. Liguria n. 36/1997 e 23-ter DPR n. 380/2001;

f) error in iudicando ;
motivazione perplessa e/o insufficiente;
violazione art. 3 Cost., anche in relazione artt. 41 e 42 Cost.;
violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza;

g) error in iudicando ;
motivazione erronea e insufficiente;
travisamento dei presupposti;
violazione artt. 3, 117, co. 2, lett. a e co. 3 Cost.;
violazione dei principi nazionali e di diritto europeo in materia di liberalizzazione del mercato dei servizi e tutela della concorrenza;
violazione art. 3, co. 1 e 3, d.l. n. 138/2011, e dell’art. 1, co. 1 e 4, d.l. n. 1/2012;
violazione art. 101 TFUE.

1.3. Si è costituito in giudizio il Comune di Rapallo, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

E’ intervenuta in giudizio, ad adiuvandum dell’appellante, l’Associazione proprietari alberghieri della Liguria, che ha insistito per l’accoglimento dell’appello.

Con ordinanza 28 giugno 2017 n. 2720, questo Consiglio di Stato ha respinto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, non ritenendo sussistente alcun danno caratterizzato da gravità ed irreparabilità.

Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza pubblica di trattazione la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con riferimento al secondo motivo di impugnazione proposto.

2.1. L’art. 2, l. reg. Liguria 7 febbraio 2008 n. 1 (recante “disciplina urbanistica degli alberghi. Norme di salvaguardia”), prevede, per quel che interessa nella presente sede:

“1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e per il periodo di vigenza dell'elenco di cui al comma 1-ter, sono soggetti a specifico vincolo di destinazione d'uso ad albergo, con divieto di modificare tale destinazione se non alle condizioni previste dal comma 2, gli immobili sedi degli alberghi e le relative aree asservite e di pertinenza:

a) classificati albergo ed in esercizio ai sensi della normativa in materia;

b) già classificati albergo, la cui attività sia cessata ma che non siano stati oggetto d'interventi di trasformazione in una diversa destinazione d'uso;

c) in corso di realizzazione in forza di uno specifico titolo edilizio.

1-bis. Il vincolo di cui al comma 1 non si applica agli immobili e alle relative aree asservite e di pertinenza, sedi degli alberghi:

a) classificati al 1° gennaio 2012 a una o due stelle, con capacità ricettiva non superiore a diciotto posti letto ed aventi un utilizzo promiscuo della funzione ricettiva con quella residenziale o con altra funzione. Non si configura un utilizzo promiscuo nel caso dell'unità abitativa ad uso del titolare della struttura ricettiva stessa;

b) aventi le stesse caratteristiche di cui alla lettera a) già classificati albergo e per i quali l'attività alberghiera sia comunque cessata.

1-ter. I comuni effettuano il censimento degli alberghi assoggettati al vincolo di destinazione d'uso ad albergo di cui al comma 1 e approvano l'elenco degli immobili vincolati e delle relative aree asservite e di pertinenza.

2. I proprietari degli immobili soggetti al vincolo di cui al comma 1 possono, in qualsiasi momento, presentare, in forma individuale e/o aggregata, al Comune territorialmente competente, motivata e documentata istanza di svincolo con riferimento alla sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato, basata su almeno una delle seguenti cause ed accompagnata dalla specificazione della destinazione d'uso che si intende insediare:

a) oggettiva impossibilità a realizzare interventi di adeguamento complessivo dell'immobile, a causa dell'esistenza di vincoli monumentali, paesaggistici, architettonici od urbanistico-edilizi non superabili, al livello di qualità degli standard alberghieri e/o alla normativa in materia di sicurezza (quali accessi, vie di fuga, scale antincendio e simili) e/o di abbattimento delle barriere architettoniche;

b) collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attività alberghiera, con esclusione comunque di quelli storici, di quelli in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale e degli immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa”.

2.1.1. Come è dato osservare, ai sensi del comma 2 dell’art. 2, il proprietario di immobile assoggettato a vincolo alberghiero può richiedere lo svincolo “con riferimento alla sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato”.

Si tratta di un evidente adeguamento della legislazione regionale a quanto affermato dall’art. 8, l. 17 maggio 1983 n. 217 e, prima ancora, dalla Corte Costituzionale (sent. 28 gennaio 1981 n. 4).

Secondo la Corte, i vincoli (di destinazione alberghiera) sono in via di principio legittimi, in quanto espressione di "un diverso approccio del legislatore al modo di vincolare l'uso dell'immobile, e di instaurare quel controllo sulla proprietà e l'iniziativa private, che costituisce il riflesso dell'interesse, e qui dello stesso aiuto pubblico, all'espansione e al miglioramento dei servizi turistici", ed hanno ragione di esistere in ragione di esigenze concrete e sono destinati naturalmente ad affievolirsi. Tuttavia, le discriminazioni introdotte con un regime vincolistico troppo lungo, sconfinano "oltre il ragionevole esercizio della discrezionalità legislativa", venendo così a violare il principio costituzionale di eguaglianza.

In adesione a tali principi, l’art. 8 l. n. 217/1983 cit. prevede:

(comma 1) : “Ai fini della conservazione e della tutela del patrimonio ricettivo, in quanto rispondente alle finalità di pubblico interesse e della utilità sociale, le regioni, con specifiche leggi, sottopongono a vincolo di destinazione le strutture ricettive indicate dall'articolo 6, in conformità anche con le indicazioni derivanti dagli atti della programmazione regionale. Sono esclusi dal vincolo gli alloggi rurali, gli alloggi gestiti da affittacamere e le case e gli appartamenti per vacanze”. . . .

(commi 5-6) : “Il vincolo di destinazione può essere rimosso su richiesta del proprietario solo se viene comprovata la non convenienza economico-produttiva della struttura ricettiva e previa restituzione di contributi e agevolazioni pubbliche eventualmente percepiti e opportunamente rivalutati ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato.

Le regioni, con proprie leggi, fissano criteri e modalità per la rimozione del vincolo di destinazione, le sanzioni per i casi di inadempienza ed i necessari raccordi con le norme ed i piani urbanistici”.

Proprio nelle possibilità di svincolo riconosciute dall’art.2, co. 2, questa Sezione (sent. 15 marzo 2012 n. 1449), rilevando come la legge regionale “esplicita la temporaneità del vincolo”, ha rinvenuto (sia pure incidentalmente, con un obiter dictum) la coerenza delle previsioni con i principi espressi dalla Corte costituzionale.

La previsione del vincolo alberghiero, dunque, per essere costituzionalmente legittima, deve essere il frutto di un accorto bilanciamento tra valori egualmente tutelati in Costituzione, in modo da rendere compatibile il principio di funzionalizzazione della proprietà enunciato dall’art. 42 Cost., con la sussistenza stessa del diritto di proprietà (in modo da evitare che un vincolo stringente nella destinazione ed indefinito nel tempo possa costituire un intervento di fatto espropriativo), e con la libertà di iniziativa economica che – fermi i liniti imposti dall’art. 41 Cost. - impedisce l’ “imposizione coattiva” dello svolgimento di attività allorché non sussista la convenienza economica delle stesse.

Ed infatti, sia la legge nazionale (secondo la quale la comprovata “non convenienza economico-produttiva della struttura ricettiva” costituisce causa di rimozione del vincolo: art. 8, co. 5, cit.), sia la legge regionale Liguria (secondo la quale il vincolo è rimosso per effetto della “sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato” (art. 2, co. 2, cit., alinea), collegano strettamente il limite temporale del vincolo alla convenienza economica dell’impresa, in tal modo rendendo dipendente la limitazione delle facoltà di godimento connesse al diritto di proprietà dell’immobile dalla libertà di iniziativa economica (intesa, nel caso di specie, come uso strumentale di un bene imposto solo per una attività economicamente conveniente e, quindi, secondo ragionevolezza, non in contrasto con le finalità proprie dell’imprenditore ex art. 2089 ss., c.c.).

2.1.2. In questo contesto si inseriscono le specificazioni contenute nelle lettere a) e b) dell’art. 2, co. 2, della legge regionale in esame.

In disparte ogni valutazione in ordine alla coerenza di tali previsioni con il dettato costituzionale (in quanto analisi non necessaria, per le ragioni di seguito esposte, alla decisione della presente controversia), ciò che importa sottolineare è che le suddette previsioni costituiscono una casistica con la quale il legislatore regionale ha inteso individuare indici che rendono la struttura e l’impresa alberghiera (allo stato e/o per impossibilità di adeguamento) non più economicamente convenienti.

Tale “convenienza economica”, intrinsecamente connaturata alla libertà di impresa, costituisce in ogni caso (ed indipendentemente da ogni eventuale questione di legittimità costituzionale di una o più delle singole norme previste) canone interpretativo delle nome medesime, onde renderle coerenti con le generali finalità perseguite dal legislatore e con i principi già in passato espressi dalla Corte costituzionale.

2.2. E’ alla luce delle considerazioni innanzi esposte che devono essere vagliati i primi due motivi di appello e le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata, censurate con i medesimi.

Giova, innanzi tutto, ricordare che, ai sensi del comma 2 dell’art. 2, la inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato può essere comprovata anche da una sola delle “cause” indicate alle lettere a) e b);
di modo che la “ragionevolezza” di ogni singola specificazione deve essere analizzata tenendo conto della effettiva incidenza della stessa in un contesto ove la non convenienza economica è analizzata sì con riferimento ad indici rivelatori”, ma secondo un ampio “criterio di sufficienza”.

Più precisamente, la “sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato” può conseguire, secondo la disciplina normativa:

- o per una sopravvenuta inadeguatezza strutturale dell’immobile, conseguente alla “oggettiva impossibilità a realizzare interventi di adeguamento complessivo” del medesimo (lett. a);

- o per una sopravvenuta “collocazione della struttura in ambiti territoriali inidonei allo svolgimento dell'attività alberghiera”.

Mentre nel primo caso non è in discussione l’ubicazione dell’albergo, ma la sua possibilità – come struttura - di adeguarsi alle esigenze ricettive che il mercato turistico richiede secondo le proprie evoluzioni, nel secondo caso è in discussione proprio l’ubicazione dell’immobile, poiché il mutamento della configurazione urbana o, più in generale, del territorio, possono rendere non più “gradevole” e/o “interessante” o “spendibile” a fini turistici l’immobile già adibito ad albergo.

Nell’ambito di tali due “generi” di indici, anche la sussistenza di uno solo di questi ultimi può consentire lo svincolo alberghiero ed il mutamento di destinazione d’uso.

2.3. Alla luce di quanto esposto, il primo motivo di appello (sub lett. a) dell’esposizione in fatto) è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Nell’ambito degli indici afferenti alla “collocazione della struttura”, tali da far ritenere la stessa non più adeguata “rispetto alle esigenze del mercato”, la disposizione ha escluso che possano rientrare in tale casistica gli “immobili collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa”.

Per un verso, non vi è alcuna ragione di ordine letterale per ritenere tale disposizione (come prospettato dall’appellante) non applicabile agli immobili ubicati all’interno dei centri abitati. Allorché la legge ha inteso limitare l’individuazione degli immobili all’ambito urbano o extraurbano lo ha esplicitamente affermato (come dimostra, nel corpo della stesa disposizione, l’esclusione degli immobili ubicati “in ambito urbano a prevalente destinazione residenziale”);
e tanto non è invece avvenuto nel caso di specie.

Per altro verso, la previsione della esclusione degli immobili “collocati nella fascia entro 300 metri dalla costa” da quelli con collocazione inidonea allo svolgimento dell’attività alberghiera non appare affatto irragionevole, posto che la vicinanza/distanza dal mare appaiono elemento determinante per lo svolgimento dell’attività turistica;
e ciò a maggior ragione nel caso in cui l’albergo si trova all’interno dell’abitato del comune a vocazione turistico/marina.

2.4. E’, invece, fondato il secondo motivo di appello (sub lett. b) dell’esposizione in fatto), con il quale, relativamente alla impossibilità di adeguare l’immobile agli standard alberghieri, si sostiene che la norma non fa “alcun riferimento . . . ai requisiti per la classificazione della struttura limitandosi a richiamare una nozione generica ed ampia di standard alberghieri, tale da comprendere ragionevolmente anche le dotazioni richieste dalla clientela”.

Come si è già avuto modo di affermare, la casistica prevista dalle lett. a) e b) del comma 2 dell’art. 2, consiste in una serie di “indici” volti a verificare la “sopravvenuta inadeguatezza della struttura ricettiva rispetto alle esigenze del mercato”.

In particolare, gli indici di cui alla lett. a) riguardano una sopravvenuta inadeguatezza strutturale dell’immobile, conseguente alla “oggettiva impossibilità a realizzare interventi di adeguamento complessivo”.

Non può, quindi, essere condivisa la sentenza impugnata, laddove si afferma (pag. 5) che il richiamo agli “standard alberghieri” (ai quali risulta impossibile adeguare l’immobile) va riferito “ai requisiti qualitativi e strutturali necessari per la classificazione della struttura e non alle dotazioni maggiormente richieste dal turismo”.

Ed infatti – in disparte ogni considerazione in ordine al fatto che (come rilevato dall’appellante) eventuali maggiori e più moderne ed adeguate dotazioni alberghiere comportano anche una diversa e migliore classificazione della struttura (art. 7, l. n. 217/1983) – appare evidente come, se la finalità della norma è quella di contemperare la durata temporale del vincolo con la convenienza economica dell’impresa alberghiera, un mancato adeguamento della struttura alle nuove esigenze del turismo (in conseguenza delle nuove tecnologie, della “capacità di spesa”, del costume sociale e delle abitudini) rende la medesima non più competitiva e, quindi, non più adeguata “rispetto alle esigenze del mercato”, proprio come previsto dall’art. 2, co. 2, l. reg. n. 1/2008.

Né può essere condiviso quanto affermato dal Comune di Rapallo, laddove si sottolinea (pag. 8 memoria del 22 giugno 2017) che “l’albergo è in attività con una classificazione a tre stelle e che quindi non presenta alcuna oggettiva necessità di adeguarsi al livello degli standard qualitativi di cui si è già in possesso”. Tale considerazione, infatti, comporta un sorta di “cristallizzazione” dell’attività alberghiera che (oltre ad essere in contrasto con l’art. 41 Cost.), contrasta proprio con le finalità di migliore tutela di una utilizzazione (quella alberghiera) che, per persistere come tale, deve corrispondere a una struttura adeguata all’attualità delle esigenze turistiche.

Ovviamente, compete al Comune, quale titolare della potestà urbanistico- edilizia, verificare “in concreto” (anche con riferimento all’assetto edilizio del territorio, ai vincoli presenti, agli spazi effettivamente disponibili, nonché, ovviamente, alla effettiva e dimostrata intenzione di intervenire sulla struttura) l’effettiva impossibilità di ragionevole adeguamento dell’immobile alle aumentate esigenze turistiche.

2.5. Per le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, con riferimento al secondo motivo di impugnazione proposto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto, nei sensi e limiti di cui in motivazione, il ricorso instaurativo del giudizio di I grado, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato

Ciò dispensa il Collegio dall’esame degli ulteriori motivi di appello, che devono intendersi, pertanto, assorbiti.

Stante la novità e complessità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del doppio grado di giudizio.

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