Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-04-15, n. 201302042

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-04-15, n. 201302042
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302042
Data del deposito : 15 aprile 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04950/2012 REG.RIC.

N. 02042/2013REG.PROV.COLL.

N. 04950/2012 REG.RIC.

N. 05824/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4950 del 2012, proposto dal Comune di Macerata, rappresentato e difeso dall'avv. A L, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde 2;

contro

Cosmari - Consorzio ex art. 8 della L.R. Marche n. 28/99 - rappresentato e difeso dall'avv. D S, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, piazza dell'Orologio 7;

nei confronti di

Comune di Montelupone, Comune di Treia, Comune di Appignano, Comune di Tolentino, Comune di Civitanova Marche, Comune di San Severino Marche, Comune di Corridonia, Comune di Cingoli, Comune di Acquacanina, Comune di Apiro, Comune di Belforte del Chienti, Comune di Bolognola, Comune di Caldarola, Comune di Camerino, Comune di Camporotondo di Fiastrone, Comune di Castelraimondo, Comune di Castelsantangelo Sul Nera, Comune di Cessapalombo, Comune di Colmurano, Comune di Esanatoglia, Comune di Fiastra, Comune di Fiordimonte, Comune di Fiuminata, Comune di Gagliole, Comune di Gualdo, Comune di Loro Piceno, Comune di Matelica, Comune di Mogliano, Comune di Monte San Giusto, Comune di Monte San Martino, Comune di Montecassiano, Comune di Montecavallo, Comune di Montecosaro, Comune di Montefano, Comune di Morrovalle, Comune di Muccia, Comune di Penna San Giovanni, Comune di Petriolo, Comune di Pievebovigliana, Comune di Pievetorina, Comune di Pioraco, Comune di Poggio San Vicino, Comune di Porto Recanati, Comune di Potenza Picena, Comune di Recanati, Comune di Ripe San Ginesio, Comune di San Ginesio, Comune di Sant'Angelo in Pontano, Comune di Sarnano, Comune di Sefro, Comune di Serrapetrona, Comune di Serravalle di Chienti, Comune di Urbisaglia, Comune di Ussita, Comune di Visso;
Regione Marche;



sul ricorso numero di registro generale 5824 del 2012, proposto dal Comune di Pollenza, rappresentato e difeso dall'avv. A L, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde 2;

contro

Cosmari - Consorzio ex art. 8 della L.R. Marche n. 28/99 - rappresentato e difeso dall'avv. D S, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, piazza dell'Orologio 7;

nei confronti di

Comune di Montelupone, Comune di Treia, Comune di Appignano, Comune di Tolentino, Comune di Civitanova Marche, Comune di San Severino Marche;
Comune di Corridonia, Comune di Acquacanina, Comune di Apiro, Comune di Belforte del Chienti, Comune di Bolognola, Comune di Caldarola, Comune di Camerino, Comune di Camporotondo di Fiastrone, Comune di Castelraimondo, Comune di Castelsantangelo Sul Nera, Comune di Cessapalombo, Comune di Colmurano, Comune di Esanatoglia, Comune di Fiastra, Comune di Fiordimonte, Comune di Fiuminata, Comune di Gagliole, Comune di Gualdo, Comune di Loro Piceno, Comune di Matelica, Comune di Mogliano, Comune di Monte San Giusto, Comune di Monte San Martino, Comune di Montecassiano, Comune di Monte Cavallo, Comune di Montecosaro, Comune di Montefano, Comune di Morrovalle, Comune di Muccia, Comune di Penna San Giovanni, Comune di Petriolo, Comune di Pievebovigliana, Comune di Pieve Torina, Comune di Pioraco, Comune di Poggio San Vicino, Comune di Porto Recanati, Comune di Potenza Picena, Comune di Recanati, Comune di Ripe San Ginesio, Comune di San Ginesio, Comune di Sant'Angelo in Pontano, Comune di Sarnano, Comune di Sefro, Comune di Serrapetrona, Comune di Serravalle di Chienti, Comune di Urbisaglia, Comune di Ussita, Comune di Visso;
Smea - Società Maceratese per l'Ecologia e l'Ambiente Spa;

per la riforma

quanto al ricorso n. 4950 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Marche, Sezione I, n. 229/2012, resa tra le parti, concernente approvazione bilancio di previsione anno 2010;

quanto al ricorso n. 5824 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Marche, Sezione I, n. 228/2012, resa tra le parti, concernente approvazione bilancio di previsione anno 2010;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Cosmari - Consorzio ex art. 8 della L.R. Marche n. 28/99;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il Cons. N G e uditi per le parti gli avv.ti A L, nonché l’avv. S P su delega dell'avv. D S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I Comuni di Macerata e Pollenza ricorrevano dinanzi al T.A.R. per le Marche impugnando la deliberazione n. 5 del 2010 dell’Assemblea del Consorzio obbligatorio per lo Smaltimento dei Rifiuti istituito tra i Comuni della Provincia di Macerata ai sensi della L.R. n. 28/1999 (di seguito, il COSMARI).

La deliberazione impugnata, recante approvazione del bilancio consortile di previsione per l’anno 2010, veniva contestata nella parte in cui la tariffa contestualmente approvata, a carico dei Comuni consorziati, per il conferimento in discarica della frazione indifferenziata dei R.S.U., era stata aumentata non già in misura paritaria per tutti i Comuni (e quindi proporzionale alla quantità di rifiuti da ciascuno conferita), bensì in modo discriminatorio e, segnatamente, nella misura del 37 % a carico di quei soli Comuni dell’ambito, tra cui appunto i due ricorrenti, che non avevano ancora attivato la raccolta differenziata dei rifiuti urbani con il sistema c.d. “porta a porta”.

Per gli altri Comuni l’incremento tariffario stabilito dalla delibera era stato, invece, limitato al 7 % , ed ancora inferiore per quelli aventi una popolazione al di sotto dei 1.600 abitanti.

I ricorsi erano affidati ai seguenti motivi:

- incompetenza del COSMARI ad introdurre meccanismi punitivi per i Comuni che non avevano attivato lo specifico servizio sopra menzionato : un simile potere era stato attribuito alla sola Regione, e, anzi, a seguito delle modifiche introdotte dalla L.R. n. 24/2009, nemmeno questa ne disponeva più;
il COSMARI, d’altra parte, in base alla disciplina transitoria di cui alla L.R. n. 24/2009 e alle disposizioni della L. n. 42/2010, non poteva essere identificato come un’Autorità d’Ambito;

- difetto di motivazione circa le ragioni che avevano indotto l’Assemblea consortile ad introdurre la misura in contestazione: i Comuni ricorrenti esponevano, in particolare, che, poiché ogni consorziato versava al COSMARI un corrispettivo per ogni tonnellata di rifiuti da abbancare in discarica, con ciò gli enti meno “virtuosi” sarebbero stati già puniti a sufficienza per le minori percentuali di raccolta differenziata da essi raggiunte;

- difetto di istruttoria e violazione degli artt. 26, comma 2, lett. h), e 28, comma 6, dello Statuto consortile, che impongono di svolgere un’analisi economica dei costi e dei ricavi per procedere alla fissazione delle tariffe;

- violazione del principio di proporzionalità rispetto alle quote di contribuzione al funzionamento del COSMARI;

- sviamento di potere, in quanto l’unico motivo che aveva indotto il COSMARI ad inasprire le tariffe sarebbe stato quello di sanzionare i Comuni che non avevano attivato il sistema di raccolta porta a porta, elemento che però non rientrava fra quelli cui lo Statuto riconnetteva la possibilità di variare le tariffe;

- violazione dell’art. 28 dello Statuto, nella parte in cui stabilisce che il bilancio di previsione venga approvato entro il 31 di ottobre dell’anno precedente - lesione dell’affidamento: la tariffa impugnata è stata assunta solo il 17 maggio 2010 ma opera dal 1° gennaio 2010, decorrenza che avrebbe costretto i Comuni ricorrenti a sopportare maggiori oneri finanziari per il servizio senza averli potuti prevedere in sede di predisposizione del proprio bilancio;

- violazione degli artt. 7 e ss. della L. n. 241/1990 e del principio di leale collaborazione fra enti pubblici.

Si costituiva in giudizio il COSMARI, unitamente ai Comuni di Montelupone, Treia, Appignano, Tolentino, Civitanova Marche, San Severino Marche e Corridonia, deducendo l’infondatezza dei ricorsi e chiedendone il rigetto.

Il Comune di Cingoli spiegava, di contro, intervento ad adiuvandum .

All’esito il Tribunale adìto, con le sentenze in epigrafe, respingeva i ricorsi, reputando infondate le doglianze dei Comuni ricorrenti.

Da qui i presenti appelli alla Sezione da parte di questi ultimi, che riproponevano sostanzialmente le proprie doglianze, domande ed argomentazioni, criticando la decisione del primo Giudice per averle disattese.

Le ragioni dei ricorrenti venivano riprese con l’ausilio di più memorie difensive, con le quali si insisteva per l’accoglimento degli appelli e la conseguente riforma delle decisioni impugnate.

Il COSMARI resisteva anche in questo grado di giudizio alle impugnative avversarie, chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 19 marzo 2013 le cause sono state trattenute in decisione.

La Sezione rileva preliminarmente:

a) l’opportunità di disporre la riunione dei due giudizi, stante la loro evidente connessione e sovrapponibilità di contenuti;

b) l’inammissibilità e l’intempestività delle seconde memorie dei comuni appellanti in quanto, in violazione della norma sancita dall’art. 73, co. c.p.a., sono state depositate in data 26 febbraio 2013, oltre il termine perentorio di 30 giorni e in assenza di memorie difensive depositate dalla controparte, uniche capaci di giustificare il deposito di repliche nel termine di venti giorni antecedente la data della discussione (cfr. sul punto fra le tante Cons. St., sez. V, nn. 5772 del 2012, 1640 del 2012).

Gli appelli sono infondati.

1a Il motivo di ricorso logicamente preliminare è quello con cui si ripropone la censura della carenza in capo al COSMARI, stante la soppressione dei Consorzi obbligatori ex L.R. n. 28/1999 e la mancata costituzione delle nuove Autorità d’Ambito, del potere di stabilire la tariffa in controversia, che i Comuni consorziati sono chiamati a corrispondere per lo smaltimento in discarica dei loro rifiuti non riciclabili.

Gli appellanti insistono sul punto che il Consorzio non è un’Autorità d’Ambito, e pertanto non dispone dei poteri di determinazione tariffaria stabiliti dall’art. 238 d.lgs. n. 152/2006 (che, oltretutto, concernerebbe i corrispettivi posti a carico non degli enti locali, bensì dell’utenza finale).

1b Gli stessi appellanti riconoscono, tuttavia, che sino alla costituzione delle Autorità d’Ambito, in forza della normativa transitoria dell’art. 20 della L.R. n. 24/2009, opera ultrattivamente la normativa regionale dettata per i Consorzi obbligatori di settore, quale appunto il COSMARI, che quindi conservano i poteri loro propri.

Ed anche questa Sezione ha del resto già avuto modo di osservare, con la propria sentenza n. 7461/2010, che “ nella Regione Marche le autorità d’ambito previste dall’art. 201 del d.lgs n.152 del 2006 non sono state costituite. La disposizione transitoria contenuta nell’art. 204 comma 1 del d.lgs. n.152 del 2006 legittima peraltro la continuazione delle funzioni attribuite al COSMARI .”

Può quindi ritenersi pacifico il punto che i Consorzi costituiti ai sensi della precedente normativa regionale potevano, stante la mancata costituzione delle Autorità d’Ambito, continuare nelle more ad esercitare le proprie attribuzioni.

Ciò posto, il Giudice di prime cure ha ricordato come tra i relativi compiti sia senza dubbio incluso anche quello di stabilire le tariffe per il conferimento in discarica dei rifiuti urbani ed assimilati, giusta gli artt. 3, comma 2, lett. c), e 12, comma 1, lett. i) dello Statuto del Consorzio, fonte i cui contenuti si estendono anche al modo in cui le dette tariffe debbano essere determinate (artt. 26, comma 2, lett. h), e 28, comma 5, lett. f)).

E le stesse appellanti finiscono con l’ammettere che le previsioni statutarie legittimino il COSMARI alla determinazione della tariffa in controversia, tanto da richiamarle a supporto delle doglianze di merito da loro svolte contro l’incremento tariffario deliberato in concreto.

Per quanto precede, il mezzo riflettente la presunta carenza di potestà tariffaria del COSMARI, rivelandosi infondato, deve essere respinto.

2 Con altro motivo viene ripresa la doglianza di violazione del termine previsto per l’approvazione del bilancio preventivo (fissato al 31 ottobre dell’anno precedente) e del principio di irretroattività degli atti amministrativi (la tariffa impugnata, assunta solo il 17 maggio 2010, opera tuttavia dal 1° gennaio 2010).

2a In merito, il primo Giudice ha rilevato in sintesi:

- che il COSMARI aveva spiegato le ragioni del ritardo della propria delibera, legate alla necessità di una preventiva definizione dell’accordo consortile con la Provincia di Fermo per lo smaltimento nell’impianto ASITE di Fermo dei rifiuti prodotti nel territorio provinciale di Macerata;

- che l’approvazione del bilancio costituiva un atto dovuto da parte dei soggetti tenuti per legge a redigerlo, onde lo stesso, anche se in ritardo, andava comunque approvato;

- che gli Enti ricorrenti erano perfettamente a conoscenza del fatto che le tariffe si sarebbero applicate a decorrere dal 1° gennaio dell’anno a cui si riferiva il bilancio, con la conseguenza che non vi era stata alcuna lesione di un legittimo affidamento;

- che, infine, la retroattività dell’adeguamento tariffario era inevitabile, atteso che i costi del servizio dovevano pur sempre trovare una piena copertura.

2b I Comuni appellanti obiettano che questo ragionamento eluderebbe il punto che l’esigenza di copertura dei costi doveva essere perseguita, sì, ma con misure rispettose della programmazione economico-finanzaria degli enti interessati.

Si richiamano nuovamente all’affidamento da essi all’epoca, ormai, giustificatamente riposto sulla stabilità delle tariffe per l’esercizio del 2010, allora in pieno corso, oltre ad invocare il canone della gradualità delle revisioni tariffarie.

Infine, osservano che il ritardo con cui il Consorzio interveniva avrebbe dovuto indurlo a tenere indenni i Consorziati dall’esorbitante aumento incombente, quantomeno per l’esercizio corrente.

2c Queste deduzioni non sono persuasive.

La stessa norma statutaria che fissa per l’approvazione dei bilanci di previsione la scadenza del 31 ottobre dell’anno precedente prevede la possibilità di una motivata proroga dell’adempimento, con ciò denotando la natura non tassativa di tale indicazione temporale.

La Sezione deve poi convenire con il primo Giudice e con la difesa consortile:

- sulla giustificazione del ritardo, legato al fatto che solo con l’accordo del 15 febbraio del 2011 era stata confermata la disponibilità per il Consorzio della discarica di Fermo, e definiti gli oneri discendenti dal suo impiego;

- sulla circostanza che, costituendo l’approvazione del bilancio un atto dovuto, lo stesso, ancorché in ritardo, andava comunque necessariamente approvato;

- sul fatto che nella specie non fosse ravvisabile nei consorziati alcun affidamento meritevole di tutela in ordine alla stabilità delle tariffe per l’esercizio del 2010, dal momento che era, se non noto, agevolmente conoscibile il dato che il Consorzio fosse in attesa, per poter impostare il proprio bilancio, di conoscere i dati riflettenti gli oneri connessi all’impiego della discarica di Fermo, e parimenti prevedibile, d’altro canto, che l’esigenza di copertura dei nuovi e maggiori costi del servizio avrebbe imposto di applicare retroattivamente i necessari adeguamenti tariffari.

La giustificazione tecnica del ritardo era infine emersa in modo chiaro nella seduta assembleare in cui il provvedimento impugnato è stato assunto.

Quanto allo specifico aspetto della “gradualità” degli adeguamenti tariffari prevista dall’art. 26 dello Statuto, la difesa consortile ha fatto notare, senza dare adito a puntuali repliche al riguardo, che le tariffe deliberate per l’anno 2010, benché superiori a quelle dell’esercizio precedente, erano a loro volta inferiori a quelle stabilite dal bilancio per il 2011, le sole in grado di sopperire pienamente ai maggiori costi sottesi alla necessità di conferire i rifiuti presso la discarica di Fermo. Onde il criterio statutario della gradualità degli adeguamenti poteva dirsi rispettato.

Dalla stessa difesa è stato altresì condivisibilmente obiettato come il criterio di gradualità possa reputarsi vincolante, ad ogni modo, solo nei limiti consentiti dalla necessità di copertura dei costi e dal poziore principio del pareggio di bilancio.

Per quanto precede, anche questo mezzo si conferma infondato.

3a Dalle appellanti viene altresì rinnovato il rilievo di una pretesa violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo e del principio di leale collaborazione fra pubbliche amministrazioni.

In particolare, viene ascritto al Consorzio di aver omesso, nel valutare le mancanze dei Comuni ricorrenti sul versante della raccolta differenziata, di verificare la loro precisa condizione e le loro specificità anche territoriali. Segnatamente: nel caso del Comune di Macerata, la sua peculiare conformazione geografica e distribuzione abitativa, la seconda dovuta soprattutto agli studenti e dipendenti della locale Università degli Studi;
quanto al Comune di Pollenza, la preesistenza di contratti di servizio con soggetti terzi non contemplanti l’applicazione di metodi di raccolta differenziata, e perciò preclusivi di migliori risultati quanto a quest’ultima.

3b La Sezione è però dell’avviso che queste deduzioni non valgano a superare gli argomenti con cui il primo Giudice ha disatteso a suo tempo il mezzo.

Il T.A.R. ha condivisibilmente osservato che i Comuni ricorrenti, in quanto membri del COSMARI, erano perfettamente consapevoli del fatto che la tariffa sarebbe stata rideterminata in occasione dell’approvazione del bilancio preventivo di esercizio, ed avrebbero avuto la piena possibilità di esporre le proprie ragioni nel corso dell’assemblea generale che ne aveva deliberato l’aumento.

In ogni caso, neanche in sede processuale gli enti ricorrenti avevano dimostrato la fondatezza delle ragioni che, in tesi, avrebbero loro impedito l’implementazione della raccolta differenziata.

Sotto questo secondo profilo è facile aggiungere che le circostanze allegate dal Comune di Macerata non integrano in alcun modo un principio di dimostrazione dell’esistenza di un ipotetico impedimento, da parte di tale Ente, ad adottare il sistema del “porta a porta”.

Rispetto al Comune di Pollenza, deve ricordarsi che nel dicembre del 2006 esso aveva ritenuto di prorogare a tempo indeterminato l’appalto di settore allora in essere con la SMEA s.p.a. (che non prevedeva appunto servizio “porta a porta”) fino all’istituzione del servizio da parte della futura Autorità di Bacino, atto di proroga che aveva formato oggetto da parte del Consorzio, in primo grado, di un ricorso incidentale, all’esito dichiarato dal T.A.R. inammissibile per carenza di interesse.

Ciò premesso, la Sezione è dell’avviso che la circostanza della proroga avrebbe potuto rilevare come impedimento giustificato all’attivazione della raccolta differenziata “porta a porta” solo ove il Comune di Pollenza avesse fatto constare di aver previamente realizzato tutto quanto il possibile, secondo diligenza, per superare il relativo ostacolo, ossia: essere intervenuto in autotutela sul provvedimento, che aveva operato in pratica un affidamento senza gara, quantomeno nella parte in cui lo stesso non contemplava alcuna scadenza;
aver tentato di concordare con l’impresa affidataria un’appropriata modifica delle modalità di espletamento del servizio mediante una variante, ai sensi dell’art. 114 del Codice dei contratti pubblici.

In carenza di allegazioni simili, nemmeno tale Comune risulta quindi versare in una posizione di impedimento meritevole di essere presa in considerazione dal Consorzio in sede tariffaria.

La difesa del COSMARI ha fatto rettamente notare, infine, che l’approvazione del bilancio di previsione non abbisognava di alcuna forma di consultazione preventiva dei Comuni consorziati, che sulla materia si sarebbero espressi con potere decisionale in sede assembleare.

Onde anche questo mezzo risulta privo di pregio sotto ogni profilo.

4 Con i principali motivi di ricorso viene censurata, invece, la sostanza dell’incremento tariffario avversato.

Ciò sotto distinti, ma connessi, profili.

4a I Comuni ricorrenti sostengono sin dal loro originario gravame che l’ordinamento non autorizzerebbe meccanismi “punitivi” a carico degli enti che non istituiscano il servizio di raccolta differenziata “porta a porta”.

Soprattutto, poi, essi rammentano che, in ogni caso, secondo le norme statutarie del COSMARI (artt. 28, comma 6, e 26, comma 2, lett. h), la tariffa applicata ai Comuni fruitori del servizio deve essere determinata in base ad una normale analisi economica delle singole voci costi-ricavi del bilancio preventivo.

Il provvedimento impugnato, per contro, non evidenzia gli elementi di istruttoria tecnica alla base dell’aumento discriminatorio oggetto d’impugnativa, risultando carente di qualsiasi forma di analisi economica. Esso non presenta, infatti, alcun criterio obiettivo che possa rendere intellegibile la scelta di aumento, mancando di indicazioni sia sullo scostamento da parte del singolo consorziato rispetto a quanto preteso nei suoi confronti in tema di raccolta differenziata, sia sui costi specifici che tale suo scostamento avrebbe generato, sia, infine, sul modo esatto in cui i suddetti maggiori costi specifici avrebbero giustificato l’aumento deliberato.

Il provvedimento sarebbe quindi manchevole tanto di istruttoria - l’apodittica determinazione di incremento pari al 37 % non essendo sorretta da analisi di sorta- quanto di motivazione, deficitaria anche alla stregua delle regole generali della materia tariffaria.

4b Simili censure sono state disattese in prime cure dal Tribunale attraverso i seguenti passaggi logici.

E’ normale che la tariffa relativa ad un servizio pubblico venga fissata in base alle variazioni, in aumento o in diminuzione, delle voci di costo. I Comuni ricorrenti non hanno però provato che nella specie questo principio sia stato violato: ciò che rileva, infatti, è l’ammontare presunto della spesa complessiva da sostenere, da parte del Consorzio, per lo smaltimento in discarica della frazione indifferenziata, ammontare che nel caso concreto dai ricorrenti non viene contestato.

E’ allora indubbio che la tariffa del 2009 andasse aumentata, dovendo il costo del servizio essere comunque coperto.

Quanto alla questione specifica della legittimità del meccanismo “punitivo” introdotto dal Consorzio in sede di rideterminazione della tariffa per l’anno 2010, il T.A.R. ha giudicato che la tariffa potesse ben essere anche differenziata in ragione di specifiche situazioni individuali dei Comuni utenti del servizio.

Il Tribunale ha ritenuto che la scelta del COSMARI trovasse legittimazione, specificamente, nel disposto dell’art. 238, comma 9, T.U.A., secondo il quale “ L'eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio ”. Non c’è dubbio, è stato detto, che la raccolta “porta a porta” costituisca un investimento utile ai fini di una migliore organizzazione del servizio.

Infine, si è osservato, le misure incentivanti previste in favore dei Comuni virtuosi non potrebbero essere sopportate che dai consorziati meno virtuosi.

4c O, con i presenti appelli si addebita al primo Giudice di avere sostanzialmente eluso l’interrogativo cruciale di causa, attinente alle modalità seguite in concreto per la determinazione della tariffa. E si rimarca che nello statuto consortile non esisterebbe una previsione che consenta la discriminazione qui operata, se non nei limiti di quanto giustificato da una rigorosa analisi dei costi.

Viene obiettato, inoltre, che l’assenza nel provvedimento impugnato di qualsiasi giustificazione della determinazione avversata non poteva reputarsi sanata dalle tardive allegazioni difensive dello stesso Consorzio. Ed altresì che dinanzi a tale carenza di elementi giustificativi, puntualmente censurata dai Comuni ricorrenti, questi ultimi -diversamente da quanto adombrato dal T.A.R. - non potevano reputarsi gravati da alcun particolare onere probatorio.

Viene stigmatizzato, infine, il fatto che, dopo il provvedimento, nemmeno la sentenza appellata abbia chiarito alcunché sulle modalità seguite dal Consorzio per la diversificazione degli incrementi tariffari, i quali si confermerebbero dunque come il risultato di una semplificazione ed approssimazione inaccettabili.

Nessun argomento viene di contro opposto, circa il motivo concernente il principio che i membri del Consorzio sono tenuti a contribuire al COSMARI in proporzione alle rispettive quote, all’obiezione del T.A.R. che il principio invocato vale a determinare unicamente le somme dovute dai consorziati per le spese di funzionamento del Consorzio.

4d Nemmeno le critiche esposte, però, per quanto illustrate dalle appellanti con indubbia efficacia argomentativa, colgono nel segno.

4e Il primo aspetto da mettere a fuoco è quello della necessità, per il COSMARI, di deliberare un adeguamento tariffario per l’esercizio del 2010.

Il punto è sostanzialmente pacifico.

Il primo Giudice ha difatti constatato che l’ammontare presunto della spesa complessiva da sostenere, da parte del Consorzio, per lo smaltimento in discarica della frazione indifferenziata dei rifiuti, era rimasto in se stesso incontroverso. Ed il rilievo è restato privo di reale contestazione anche in questa sede.

Da qui la necessità che la tariffa del 2009 andasse aumentata, atteso che il costo del servizio, inequivocabilmente accresciuto, doveva trovare copertura.

4f Discorso più articolato richiede la possibilità che gli adeguamenti tariffari occorrenti venissero introdotti in misura non paritaria per tutti i Comuni (e cioè proporzionale alle quantità di rifiuti conferite), bensì differenziata.

Una possibilità siffatta trova giustificazione non tanto, come ritenuto dal Tribunale, nel disposto dell’art. 238, comma 9, T.U.A. (“ L'eventuale modulazione della tariffa tiene conto degli investimenti effettuati dai comuni o dai gestori che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio ”), norma della quale la difesa delle appellanti ha posto in luce la non pertinenza, quanto nel richiamo che l’art. 28 dello Statuto fa al principio di mutualità (oltre che ad una “ normale analisi economica delle voci costi-ricavi del bilancio preventivo ”).

Al principio di mutualità, che comporta il riconoscimento all’assemblea consortile di momenti di discrezionalità in funzione lato sensu solidaristica, si ispirano anche altre disposizioni tariffarie della delibera impugnata.

Il principio, data la sua ampiezza, permette di tenere conto nell’interesse comune, giusta le deduzioni consortili, al di là del mero dato riflettente le quantità di rifiuti conferite in discarica, anche di fattori quali la capacità mostrata dal singolo Comune di ridurre la quantità di rifiuti prodotti, e gli sforzi da esso profusi per applicare sistemi efficienti di raccolta differenziata.

D’altra parte, i richiami della difesa consortile dimostrano come l’indirizzo di politica tariffaria volto a promuovere il ricorso alla raccolta differenziata “porta a porta”, lungi dall’essersi manifestato ex abrupto in occasione della delibera in discussione, già da svariati anni connota le scelte del Consorzio.

Le ragioni giustificative del ricorso ad un adeguamento tariffario discriminatorio, infine, si rinvengono praticamente tutte già dal verbale della seduta e dagli allegati alla delibera, senza che sul punto possa addebitarsi alla difesa del Consorzio un’inammissibile integrazione postuma della motivazione del provvedimento.

4g Fatte queste prime puntualizzazioni, giova subito dire che un adeguamento tariffario asimmetrico è ampiamente giustificato dalla circostanza che la disponibilità di discariche per rifiuti non è illimitata ma richiede dei notevoli costi, ambientali, economici, sociali ed amministrativi.

Già da questa angolazione si coglie la razionalità di una politica tariffaria che discrimini i consorziati a seconda che essi abbiano implementato, o meno, un sistema di raccolta differenziata (quale quello “porta a porta”) dalla provata efficacia riduttiva dei volumi di rifiuti da conferire in discarica. Questo non certo in ragione di inammissibili velleità “sanzionatorie” fini a se stesse a carico degli enti meno virtuosi, bensì in funzione di un assetto più equo e razionale degli oneri tra i consorziati, oltre che per stimolare i Comuni a scelte sempre più consapevoli e responsabili (nel segno di una riduzione dell’ingiustificato consumo delle volumetrie di discarica).

4h Un’impostazione tariffaria discriminatoria nel senso indicato risponde infatti certamente (per lo meno nel quadro proprio di causa) ad una logica di razionale distribuzione degli oneri e vantaggi tra i consorziati.

Le appellanti sono tornate a lamentare la duplice penalizzazione che la misura impugnata determinerebbe a carico dei Comuni da essa colpiti, che sarebbero già incisi, date le minori percentuali di raccolta differenziata da loro raggiunte, dal maggior quantitativo di rifiuti da abbancare da parte loro in discarica, e quindi dal maggior corrispettivo da versare di riflesso al COSMARI a tale titolo.

Il T.A.R. ha dato però già atto dell’infondatezza della tesi per cui le conseguenze di una bassa raccolta differenziata ricadrebbero solo a carico dei singoli Comuni interessati.

Il fatto è, invero, che la presenza in seno al COSMARI di Comuni meno virtuosi, come i due ricorrenti, produce conseguenze negative anche a carico di quelli virtuosi.

La mancata diminuzione dei quantitativi di rifiuti da abbancare in discarica ha determinato la necessità per il COSMARI di reperire nuove discariche disponibili, nel territorio provinciale e poi fuori di esso. Da ciò la maturazione da parte del Consorzio di ingenti costi aggiuntivi.

Senza dire che l’attivazione del servizio di raccolta differenziata “porta a porta” aveva implicato, per i Comuni che si erano fatti diligentemente carico dell’iniziativa, l’assunzione di specifici oneri economici, dai quali Enti come i ricorrenti si erano invece tenuti al riparo. E che questi ultimi avevano tratto persino vantaggio dalla più virtuosa condotta degli altri consorziati, in quanto la migliore performance complessiva che il Consorzio grazie ai secondi aveva conseguito, sul terreno delle percentuali di rifiuti ottenute attraverso la raccolta differenziata, aveva consentito a tutti i consorziati, e quindi anche ai non virtuosi, di sottrarsi alle addizionali applicate sulla c.d. ecotassa in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata prescritti dalla legge.

Il confermarsi, infine, di condotte non virtuose anche nel futuro pregiudicherebbe la possibilità del Consorzio nel suo insieme di conseguire le riduzioni dell’ecotassa che la legislazione correla alle performance migliori.

4i In questo contesto, dunque, la Sezione non può che condividere la valutazione del T.A.R. sulla legittimità di una ripartizione dell’incremento tariffario impostosi per l’anno 2010 in misura diversificata, tra i Comuni consorziati, a seconda che la raccolta differenziata con il sistema “porta a porta” fosse stata adottata o meno.

Comuni come quelli ricorrenti, infatti, data la più elevata percentuale di rifiuti da smaltire in discarica loro imputabile, a causa del loro basso livello di raccolta differenziata, sono gli enti che più hanno alimentato un trend che, imponendo al Consorzio di avvalersi, in condizioni di sostanziale emergenza, di una discarica sita extra provincia, ha portato maggiori oneri per tutti i consorziati.

E soprattutto gli stessi enti non virtuosi, nel mentre espongono a rischio il conseguimento da parte del Consorzio degli obiettivi di raccolta differenziata prescritti dalla legge, traggono i vantaggi economici discendenti dalle migliori performance rese possibili al Consorzio dai consorziati virtuosi, sottraendosi ad un tempo sia agli oneri economici del servizio “porta a porta” che alle addizionali sull’ecotassa.

4l Anche le critiche appuntate sulla concreta misura del deliberato adeguamento tariffario discriminatorio sono infondate.

Le norme statutarie sopra richiamate esigono semplicemente che le tariffe consortili siano, nel loro insieme, costruite per voci di costo, alla stregua di una normale analisi economica delle voci del bilancio preventivo, onde permettere di verificare la corrispondenza tra costi e ricavi. E non vi è dubbio che dagli allegati della delibera siano ricavabili, a fronte delle voci di ricavo attese dall’applicazione ai consorziati della nuova tariffa, i dati delle voci di costo previste per il conferimento in discarica dei rifiuti consortili.

Ciò posto, le appellanti si dolgono che a base del provvedimento non vi sia stata una specifica analisi economica giustificativa dell’entità della discriminazione tariffaria operata.

Tale discriminazione costituisce però, come si è detto, un’espressione del principio di mutualità. E questo integra, alla stregua dello stesso art. 28 dello Statuto, e quasi per definizione, un momento di deviazione dalla “ normale analisi economica delle voci costi-ricavi del bilancio preventivo ”.

Già questa ragione, che riconduce alla discrezionalità della scelta tariffaria oggetto di contestazione, fa quindi comprendere la non esigibilità dal Consorzio di una rigorosa dimostrazione contabile/matematica della rispondenza degli incrementi tariffari rispettivamente deliberati a dei parametri univoci.

Questa conclusione tanto più si impone, poi, se si pone mente, alla luce di quanto esposto nel precedente paragrafo 4h, alla varietà dei fattori che avrebbero dovuto in tesi trovare ponderazione, e alla molteplicità delle variabili suscettibili di influenzare un ipotetico computo, qualora si fosse voluto stabilire in che misura (inevitabilmente, comunque, solo orientativa) gli appellanti si fossero avvantaggiati delle condotte virtuose degli altri consorziati, e, correlativamente, questi ultimi fossero stati invece svantaggiati dall’altrui mancata implementazione del servizio più volte citato.

Occorre infine tenere conto anche del fatto che l’assemblea consortile, nella quantificazione della relativa discriminazione tariffaria, avrebbe potuto poi in ogni caso anche discostarsi, in una certa misura, da un simile computo (già di per sé elastico), nel perseguimento dell’obiettivo di stimolare i Comuni meno virtuosi a scelte più consapevoli e responsabili.

Tutto questo denota, pertanto, l’inesigibilità, nello specifico, della rigorosa analisi pretesa dagli appellanti, quale onere istruttorio risultante in concreto sproporzionato.

4m Il quantum della discriminazione tariffaria avrebbe potuto essere semmai contestato, ove del caso, per un suo carattere eccessivo o irragionevole.

Ma nessun elemento è stato fornito in tal senso alla Sezione da parte delle appellanti, che pure non avrebbero certamente trovato arduo, in ipotesi, farne allegazione.

Non solo. La difesa del Consorzio ha svolto una dimostrazione, rimasta inconfutata, secondo la quale, qualora le attuali appellanti avessero attivato, al pari degli altri consorziati, il sistema di raccolta “porta a porta”, ne avrebbero ottenuto risparmi di spesa maggiori (quattro volte superiori) di quelli da esse ritraibili da un ipotetico annullamento giurisdizionale dell’impugnato sistema tariffario.

Se ne desume che anche le critiche mosse alla quantificazione della tariffa a carico dei consorziati non virtuosi possono essere respinte.

5 Rimane da dire dell’asserita duplicazione cui l’incremento tariffario posto a carico dei Comuni non virtuosi darebbe vita rispetto alla c.d. ecotassa.

5a Al Giudice di prime cure si addebita di non avere compreso che, in assenza di un’analisi dei costi circa i precisi impatti economici, sugli altri enti consorziati, del carente risultato di raccolta differenziata fatto registrare da Comuni quali gli appellanti, tali impatti restano allo stadio di “conseguenze negative” totalmente indeterminate. E ciò fa sì che la sovrapposizione tra la tariffa consortile discriminatoria ed il carico tributario dell’ ecotassa si traduca proprio in una duplicazione della penalizzazione a carico degli appellanti.

5b La pur abile prospettazione non vale, però, a rendere fondata la doglianza.

Il fatto che accanto alla tariffa da versare al gestore dell’impianto esista un tributo, l’ecotassa appunto, applicato sui quantitativi conferiti in discarica, riscosso dal gestore stesso e da questo riversato all’Erario, non può escludere la possibilità che in seno al Consorzio vengano seguite, nella ripartizione tra i consorziati degli oneri della tariffa dovuta al gestore, logiche di premialità/penalità simili a quelle ispiranti il regime del tributo.

Ciò che rileva, quindi, è solo la circostanza che la scelta tariffaria deliberata dagli organi consortili sia intrinsecamente corretta (il che è stato sopra già constatato), senza che un parallelismo con l’ecotassa possa giustificare una limitazione delle possibili opzioni tariffarie del Consorzio offrendo sponda per censure a suo carico.

6 Per le ragioni complessivamente esposte gli appelli, essendo risultati infondati, devono essere respinti.

Le spese processuali possono tuttavia essere equitativamente compensate tra le parti anche per questo grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi