Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-05-12, n. 201502345

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-05-12, n. 201502345
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502345
Data del deposito : 12 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03119/2013 REG.RIC.

N. 02345/2015REG.PROV.COLL.

N. 03119/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3119 del 2013, proposto da D G, S T, N C ed E P, rappresentati e difesi dall'avv. F P, con domicilio eletto presso il Consiglio di Stato - Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;

contro

Comune di Fuscaldo, rappresentato e difeso dall'avv. A G, con domicilio eletto presso la sig.ra Bei Anna, presso lo Studio Rosati in Roma, Via Ovidio 10;

nei confronti di

L M;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, SEZIONE II, n. 39/2013, resa tra le parti, concernente dichiarazione dello stato di dissesto finanziario a norma degli artt. 244 e ss. d. lgs. n. 267/2000.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fuscaldo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2015 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati F P e A G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 I signori D G, S T, Innocenzo Scarlato, Elio Zicarelli, N C ed E P, tutti cittadini e consiglieri comunali di minoranza del Comune di Fuscaldo (Cosenza), impugnavano con ricorso al T.A.R. per la Calabria gli atti con i quali era stato dichiarato il dissesto finanziario di tale Ente, e segnatamente:

- la deliberazione consiliare comunale n. 34 del 31/10/2011, avente appunto a oggetto la “ Dichiararazione dello stato di dissesto finanziario a norma degli artt. 244 e ss. del D.Lgs n. 267/2000 ”, e relativi allegati;

- la deliberazione n. 35 del 31/10/2011, avente a oggetto il “ Riconoscimento debiti fuori bilancio ”.

A fondamento del ricorso era dedotta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione di procedimento, violazione di legge, eccesso di potere e mancanza dei presupposti sostanziali per la dichiarazione di dissesto.

La relativa deliberazione sarebbe stata adottata in difetto di una compiuta istruttoria, senza fornire ai consiglieri comunali la necessaria documentazione e in carenza di una preventiva delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio (con illegittima inversione dell’ordine del giorno);
inoltre sarebbe stata sovradimensionata la massa passiva, e immotivatamente sottostimata la sussistenza di risorse dal lato dell’entrata.

Si costituiva in giudizio in resistenza al ricorso il Comune di Fuscaldo, che eccepiva la carenza di legittimazione dei ricorrenti e difendeva la legittimità dei provvedimenti impugnati.

Con successivi motivi aggiunti la parte ricorrente estendeva l’impugnativa alla delibera consiliare n. 3 del 30.01.2012, con la quale era stata disposta l’attivazione di entrate proprie dell’Ente mediante l’innalzamento delle aliquote della tassazione locale e dei servizi a domanda al massimo di legge.

Il Comune di Fuscaldo resisteva anche ai motivi aggiunti, di cui chiedeva il rigetto con articolate deduzioni di inammissibilità ed infondatezza.

Nelle more del giudizio il Comune eccepiva altresì la sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione per mancata impugnazione di atti successivi, quali la nomina della Commissione di liquidazione.

2 All’esito del giudizio il T.A.R. adìto, con la sentenza n. 39/2013 in epigrafe, dopo avere disatteso le eccezioni sollevate in rito dalla difesa comunale respingeva l’impugnativa nel merito.

3 Seguiva avverso tale decisione la proposizione del presente appello alla Sezione da parte dei soccombenti nelle persone dei soli sigg. G, T, C e P, che reiteravano le proprie doglianze e domande.

Anche in questo grado di giudizio si costituiva ex adverso il Comune, che eccepiva l’inammissibilità dei nuovi documenti e delle censure di legittimità introdotte dagli avversari per la prima volta in appello e deduceva analiticamente l’infondatezza anche del nuovo gravame.

L’Amministrazione con successiva memoria riprendeva le proprie difese e conclusioni.

La controparte, dal canto suo, insisteva per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza del 31 marzo 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

4 La Sezione deve dare preliminarmente atto della mancata proposizione di impugnativa avverso i capi della sentenza in epigrafe con i quali è stato deciso il rigetto delle eccezioni comunali di inammissibilità e di improcedibilità del ricorso, capi i quali sono conseguentemente diventati definitivi.

Sempre in via introduttiva va dato altresì atto, giusta eccezione della difesa comunale, che il presente giudizio non potrà svolgersi che avendo riguardo alle critiche di legittimità già dedotte a tempo debito mediante l’originaria impugnativa di parte ricorrente, senza potersi estendere a nuovi profili di censura irritualmente dedotti in violazione del divieto di nova in appello canonizzato dall’art. 104, comma 1, del C.P.A..

Quanto, infine, ai nuovi documenti depositati in questo grado di giudizio, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo la relativa produzione può essere reputata ammissibile unicamente per i documenti formati in data successiva all’udienza di discussione del ricorso di primo grado, posto che la parte interessata non avrebbe potuto produrli nel relativo giudizio. La produzione di documenti risalenti a data anteriore, non essendo stata giustificata, va reputata invece inammissibile (è il caso dell’all. n. 3 all’appello).

5 L’appello è infondato.

L’impostazione della sentenza in epigrafe è nelle sue grandi linee la seguente.

Il primo Giudice ha esaminato dapprima le censure di parte attinenti alla sussistenza delle condizioni sostanziali di legge perché il Comune di Fuscaldo potesse dichiarare il proprio dissesto finanziario, osservando che dalla sorte di tali censure dipendeva anche la rilevanza delle doglianze di natura procedimentale dedotte dai ricorrenti. Sicché, una volta riscontrato che le censure di ordine sostanziale erano inidonee a sostenere l’impugnazione, in quanto la documentazione agli atti denotava che alla data degli atti impugnati sussistevano le condizioni del dissesto, le quali rendevano quindi vincolata la pronuncia assunta dal Comune, ha concluso che le censure di ordine procedimentale non avrebbero potuto condurre all’accoglimento del gravame.

Ciò premesso, la ragione principale che condanna a reiezione il presente gravame risiede, come si vedrà meglio nei prossimi paragrafi, nella circostanza, immediatamente eccepita dalla difesa comunale, che le originarie doglianze di parte siano state in questa sede in buona parte reiterate senza specifica considerazione, né, soprattutto, puntuali contestazioni critiche, per le motivazioni su cui il T.A.R. aveva fondato le proprie statuizioni reiettive.

Secondo il pacifico insegnamento giurisprudenziale, infatti, non può ammettersi nell’atto di appello la mera riproposizione dei motivi di primo grado, senza che sia sviluppata alcuna confutazione delle statuizioni del Tribunale.

Nel giudizio di appello la cognizione del Giudice investe le questioni dedotte dall’appellante attraverso l’enunciazione di specifici motivi (art. 101, co. 1, c.p.a.), e tale requisito di specificità esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime (C.d.S., Ad. plen. n. 10 del 2011;
Sez. IV, 9 ottobre 2010, n. 7384).

La parte soccombente, quando adisce il Giudice di appello, non può pertanto limitarsi a riproporre i motivi di doglianza già dedotti e disattesi dal primo Giudice, ma deve anche indicare le ragioni per le quali le conclusioni cui quest'ultimo è pervenuto non possono essere condivise, e quindi investirne puntualmente il decisum precisando le ragioni per cui questo sarebbe erroneo e da riformare (V, 6 ottobre 2009, n. 6094 e 23 dicembre 2008, n. 6535;
VI, 24 aprile 2009, n. 2560 e 9 settembre 2008 , n. 4300).

6a Il primo motivo di appello verte sulla presunta mancanza, a base del provvedimento dichiarativo del dissesto finanziario comunale, di una relazione del revisore dei conti di caratteristiche tali da poter essere ritenuta conforme alla previsione dell’art. 246, comma 1, T.U.EE.LL..

La relazione acquisita al procedimento sarebbe stata generica e priva di adeguata analisi sulle cause determinative del dissesto, e, soprattutto, non avrebbe spiegato le ragioni che avrebbero reso inevitabile la relativa dichiarazione, in rapporto agli interventi alternativi eventualmente possibili. La relazione sarebbe stata, inoltre, in contraddizione con le precedenti rese dallo stesso revisore, che sarebbero state invece possibiliste sull’efficacia di possibili iniziative alternative ai sensi degli artt. 193 e 194 dello stesso T.U..

6b La Sezione deve però osservare che proprio la lettura congiunta della sequenza delle relazioni del revisore dei conti emesse tra il 22 settembre 2011 e il 25 ottobre 2011, allegate alla proposta deliberativa sottoposta dal Sindaco al Consiglio comunale di Fuscaldo, fornisce, invece, nitido riscontro dell’avvenuto rispetto dei parametri invocati da parte ricorrente.

Le cause dello squilibrio finanziario dell’Ente erano state già individuate nelle relazioni del revisore del 22-26 settembre, del 29 settembre e del 16-17 ottobre del 2011. E la sua dettagliata relazione conclusiva del 25 ottobre, oltre a richiamare le precedenti, dava atto degli elementi ricevuti dallo stesso revisore in riscontro al proprio sollecito del precedente 16 ottobre inteso alla verifica dell’eventuale possibilità, per il Comune, di far fronte alla propria condizione con le modalità di cui agli artt. 193 e 194 del T.U., e si concludeva proprio con l’attestazione del revisore che “ alla data odierna esiste una massa debitoria tale cui l’ente oggi non può fare validamente fronte con le modalità di cui all’art. 193, nonché con le modalità di cui all’art. 194 per le fattispecie ivi previste ”.

Come è stato già posto in evidenza dal primo Giudice, inoltre, alla rappresentazione del revisore si affiancava la coerente e articolata analisi dell’Ufficio di Segreteria del 21 ottobre 2011, firmata dal Segretario generale del Comune, particolarmente approfondita sia nell’individuazione delle cause dello squilibrio che nella ricostruzione della condizione dei debiti fuori bilancio.

Da tanto consegue l’infondatezza di questo primo motivo di appello.

7a Con il secondo motivo si torna sul punto della mancanza, a base della dichiarazione di dissesto, di una preventiva deliberazione di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, la quale sola avrebbe permesso all’organo consiliare di conseguire una piena certezza e conoscenza dell’entità degli elementi debitori gravanti sull’Ente le cui condizioni finanziarie dovevano formare oggetto di accertamento.

7b In proposito occorre però subito ricordare che il primo Giudice nella sentenza impugnata (pagg. 18-20) aveva già riconosciuto la fondatezza di base della relativa critica, condividendo appunto in via di principio l’assunto di parte ricorrente secondo il quale la dichiarazione di dissesto avrebbe dovuto essere preceduta da un formale riconoscimento dei debiti fuori bilancio.

Il Tribunale a tale considerazione aveva fatto seguire, tuttavia, le seguenti osservazioni:

- che i ricorrenti non avevano posto in dubbio la sostanziale “legittimità” dei debiti fuori bilancio (ossia la loro riferibilità al bilancio dell’Ente in termini di necessità e utilità del loro riconoscimento), limitandosi a contestarne l’ammontare in termini di non corrispondenza contabile tra importi e “proposte” di riconoscimento con censura reputata però dallo stesso T.A.R. insufficiente;

- che, di conseguenza, l’eventuale rispetto dell’originario ordine del giorno non avrebbe comportato alcuna conseguenza sull’accertamento dell’ammontare di una massa passiva che si dimostrava, comunque, eccedente la capacità dell’Ente di realizzare le proprie potenziali disponibilità economiche e finanziarie.

Sulla scorta di tali osservazioni il Tribunale aveva quindi concluso, sul punto, che il vizio censurato si rivelava di natura meramente formale, in quanto insuscettibile di porre in questione i presupposti del dissesto derivanti dalla conclamata incapacità dell’Ente di fare fronte ai servizi essenziali, e risultava pertanto sprovvisto di rilevanza concreta per la natura in definitiva dovuta della dichiarazione di dissesto.

7c Ora, è immediato constatare che con il presente appello non è stata svolta una puntuale confutazione dell’effettiva motivazione che ha portato il Tribunale a disattendere la censura in esame, in quanto gli appellanti si sono sostanzialmente limitati alla reiterazione della loro primitiva lagnanza.

Nessuna contraddittorietà è inoltre rinvenibile nell’impostazione seguita dal primo Giudice, che, pur riconoscendo l’astratta necessità di un preventivo riconoscimento formale dei debiti fuori bilancio, ha ritenuto che agli specifici fini di causa dovesse prevalere il dato sostanziale per cui l’effettività della relativa esposizione debitoria, che era assurta a presupposto della dichiarazione di dissesto impugnata, non poteva ritenersi revocata in dubbio, con la conseguenza che il vizio solo formale emerso non avrebbe potuto condurre all’invalidazione di una dichiarazione di dissesto che era comunque risultata configurare un atto vincolato, per l’esistenza delle condizioni che avevano determinato il dissesto dell’Ente.

7d A conferma della conclusione cui è pervenuto il primo Giudice può aggiungersi, infine, che al fine di legittimare l’adozione della dichiarazione di dissesto sarebbe stata sufficiente, ai sensi dell’art. 244 T.U., anche la sola condizione della impossibilità, per il Comune, di garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili. Orbene, la deliberazione impugnata ha posto in evidenza l’esistenza in concreto anche di tale condizione senza essere specificamente confutata dalla ricorrente sul punto. E tale condizione non verrebbe comunque pregiudicata dalla censura in esame, che si conferma quindi anche da questa angolazione inammissibile per difetto di interesse.

8 Anche il terzo motivo di appello, che verte su doglianze di natura procedimentale, si presta a considerazioni che sono state già anticipate.

8a Il rilievo si richiama alla circostanza che, sebbene la delibera dichiarativa del dissesto si fosse fondata sull’indicazione dell’esistenza di una massa debitoria pari ad euro 2.698.782,78, scaturita da 273 fascicoli di posizioni debitorie dell’Ente, dagli atti istruttori resi concretamente disponibili ai consiglieri comunali erano risultati solo 132 fascicoli (per un ammontare totale di euro 742.537,30).

Ai componenti l’organo deliberativo non era stata quindi fornita tutta la necessaria documentazione.

8b Anche questa doglianza è stata disattesa in prime cure con l’argomento (cfr. la pag. 18 della sentenza) che la oggettiva sussistenza delle condizioni del dissesto rendeva la relativa declaratoria un atto vincolato, che pertanto non avrebbe potuto essere inficiato da censure di indole solo procedimentale.

8c E anche in questo caso la parte appellante ripropone la propria censura originaria senza farsi carico di criticare -ma, ancor prima, finanche di inquadrare- la specifica motivazione con cui la censura stessa era stata già disattesa.

8d Solo per completezza si aggiunge che gli atti istruttori sulla cui base la delibera in contestazione è stata assunta si componevano, oltre che dei fascicoli riguardanti le singole posizioni debitorie, anche e soprattutto dell’analitica proposta di deliberazione del sindaco, con il suo nutrito corredo di allegati, e, in particolare, della già menzionata relazione del Segretario generale del 21 ottobre 2011 che ricostruiva in dettaglio l’entità dell’esposizione debitoria dell’Ente nelle sue varie componenti (né va trascurato, infine, il fatto che nella condizione di grave disordine contabile in cui versavano gli uffici lo stesso revisore dei conti aveva escluso, nella sua nota del 17 ottobre 2011, di poter pervenire ad un’esaustiva verifica dei debiti fuori bilancio comunicati dai responsabili dei Servizi).

Anche questo mezzo va pertanto respinto.

9 Con il quarto ed ultimo motivo, dedotto in via gradata, viene focalizzata l’attenzione sul tema dell’esistenza delle condizioni sostanziali del dissesto.

9a A questo riguardo il primo Giudice aveva operato un’approfondita disamina, osservando:

- che dalla documentazione in atti l’esposizione debitoria dell’Ente per debiti fuori bilancio ammontava ad euro 2.698.782, mentre la sua posizione debitoria complessiva ad euro 5.300.874 (e le istanze di ammissione alla massa passiva presentate nel corso del giudizio erano infine arrivate addirittura alla somma di euro 8.000.742);

- che la copertura formale di molti capitoli di spesa, dal momento che l’Ente risultava carente di un’effettiva capacità di incasso dei proventi di carattere tributario e tariffario locale, non assicurava la loro effettiva copertura economica;

- che le prospettate maggiori entrate che i ricorrenti avevano posto a fondamento delle loro deduzioni, sulla scorta di previsioni sia di accertamenti di evasione relativa ad anni pregressi, sia di entrate straordinarie asseritamente ritraibili dall’alienazione di beni, erano carenti di affidabilità: questo non solo per la loro incertezza intrinseca, quanto agli importi realmente conseguibili e ai relativi tempi di incasso (a fronte di debiti da pagare e servizi da assicurare riflettenti, per converso, dati certi ed attuali), ma anche alla luce delle reiterate sottolineature della competente Sezione della Corte dei conti (cfr. la pag. 14 della sentenza) sul trend gravemente negativo che aveva contrassegnato, negli ultimi anni, l’attività di recupero dell’evasione e di riscossione delle entrate da parte dell’Amministrazione, con risultanze che denotavano una ben scarsa capacità della sua organizzazione burocratica di garantire il realizzo effettivo delle sue entrate;

- che, pertanto, la massa passiva esistente si dimostrava eccedente non tanto le disponibilità economico-finanziarie potenziali dell’Ente, quanto la sua reale capacità di realizzarle;

- che a fronte della puntuale allegazione, da parte dell’Amministrazione, dei servizi essenziali cui non era possibile fare fronte (cfr. la pag. 10 della sentenza), da parte dei ricorrenti non era stata fornita alcuna allegazione attendibile di risorse utilizzabili a regime;

- che i ricorrenti erano venuti meno, più ampiamente, al loro onere probatorio di dimostrare l’insussistenza delle condizioni del dissesto, non avendo allegato un persuasivo e affidabile quadro illustrativo del modo in cui il Comune avrebbe potuto effettivamente, in concreto, far fronte ai propri debiti e garantire i servizi essenziali.

9b Con il presente appello non sono state forniti elementi suscettibili di inficiare l’organica e approfondita motivazione testé sunteggiata.

La parte torna a richiamare alcuni passaggi della relazione contabile del rag. Gamba (responsabile del Settore economico e finanziario del Comune fino al 30 giugno 2011), già da essa invano prodotta in prime cure, senza però farsi carico di una confutazione nemmeno parziale dei logici argomenti con cui il Tribunale aveva escluso la possibilità di riporre affidamento sulle ipotesi di nuove e maggiori entrate rappresentate dalla relazione stessa.

La stessa parte, inoltre, sempre eludendo le precise ragioni di fondo a base della sentenza impugnata, menziona una sommatoria di singoli dati e risultanze, per giunta di acquisizione sempre posteriore alla dichiarazione di dissesto, come l’avvenuta chiusura dell’anticipazione di tesoreria, l’avvenuta copertura del pagamento degli stipendi per il personale, dei servizi r.s.u., depurazione e scuolabus (pagg. 14-15). Questo, però, in modo avulso da un approccio d’insieme al thema decidendum , ossia senza neanche accennare ad un tentativo di dimostrazione dell’asserita insussistenza delle condizioni giustificative della dichiarazione di dissesto al tempo in cui questa fu assunta.

In quest’ultima prospettiva, infine, viepiù inefficaci si rivelano i richiami di parte a risultanze registratesi solo nel 2014, a ben tre anni di distanza dall’adozione degli atti impugnati, alle quali sarebbe arduo assegnare qualsiasi attitudine dimostrativa delle condizioni proprie del tempo in cui il provvedimento dichiarativo del dissesto fu assunto.

9c Anche in questo grado di giudizio le deduzioni di parte sono rimaste, pertanto, prive di dimostrazione.

Da qui l’inevitabilità del rigetto anche di questo conclusivo mezzo.

10 Per le ragioni esposte l’appello deve essere nel suo insieme respinto.

Le spese processuali sono liquidate secondo la soccombenza dal seguente dispositivo.

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