Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-10-05, n. 201805729

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-10-05, n. 201805729
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805729
Data del deposito : 5 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/10/2018

N. 05729/2018REG.PROV.COLL.

N. 04540/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4540 del 2012, proposto da:
P C, rappresentata e difesa dall'avvocato S D V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S D C in Roma, via Tacito, 41;

contro

Comune di Pianico, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. per la LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA - SEZIONE I, n. 513/2012, resa tra le parti, concernente rimozione opere edilizie abusive.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 settembre 2018 il Consigliere Oswald Leitner e udito, per l’appellante, l’avvocato Maura De Luca Picione, in delega dell’avvocato S D V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’odierna appellante, sig.ra P C, è proprietaria di un’area sita nel Comune di Pianico, via del Cerro, censita al catasto terreni ai mappali 517, 521 e 525.

La stessa è proprietaria di 12 cani di razza “mastino napoletano” , oltre ad ulteriori 6 esemplari, di medesima razza, appartenenti a persone disabili ed affidati alla sig.ra Ciarelli.

Per potersi occupare meglio degli animali, la sig.ra Ciarelli ha posizionato nel terreno di sua proprietà dei prefabbricati in alluminio (box), da utilizzare quale riparo per i cani.

In data 29.09.2011, il tecnico comunale ed agenti di polizia municipale si sono recati nel terreno dell’appellante per un sopralluogo, redigendo il verbale di accertamento di violazione edilizia notificato in data 01.10.2011.

In data 05.10.2011, veniva poi notificata l’ordinanza n. 279/2011 – prot. 2440 del 03.10.2011, con la quale il Comune di Pianico intimava la sospensione immediata dei lavori descritti nel verbale di accertamento, concedendo termine di trenta giorni per far pervenire memorie o scritti difensivi.

Successivamente al deposito della memoria difensiva, in data 07.12.2011 veniva notificata l’ordinanza n. 280/2011 – prot. 2977, con la quale il Responsabile del Servizio presso l’Ufficio Tecnico Del Comune di Pianico ha ingiunto all’odierna appellante la rimozione, con successivo ripristino dei luoghi, nel termine di novanta giorni dalla notifica del provvedimento, delle seguenti opere edilizie ritenute abusive:

- platea di calcestruzzo delle dimensioni di 7,25 x 12,37 metri;

- platea in calcestruzzo delle dimensioni di 4,20 x 23,80 metri;

- interramento di serbatoio GPL;

- interramento di un serbatoio per raccolta acqua.

Avverso tale ordinanza, l’appellante ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo per la Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, affidando il gravame ai seguenti motivi:

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente ha affermato che si trattasse di opere di natura precaria, le quali sono destinate a soddisfare un’esigenza assolutamente temporanea, per cui le opere contestate non rientrerebbero nel novero delle nuove costruzioni.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente ha dedotto che l’ordinanza impugnata non indicherebbe alcuna specifica violazione di norme urbanistiche, ma si limiterebbe laconicamente ad enunciare la mancanza di non meglio precisati titoli abilitativi senza chiarire di quali autorizzazioni si tratti.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente ha lamentato la carente o comunque insufficiente motivazione del provvedimento, mancando totalmente ogni riferimento in merito alle motivazioni addotte dalla ricorrente a propria giustificazione, ovvero che, demolendo l’opera, la ricorrente sarebbe tenuta a tenere i 18 cani in casa, soluzione che deve considerarsi del tutto inappropriata ed inaccettabile.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’ordinanza, in quanto non si era tenuto conto dell’eventuale possibilità di sanare le opere abusive.

Il T.A.R. ha respinto il ricorso.

Avverso la sentenza di rigetto ha interposto gravame la sig.ra. Ciarelli, articolando quattro motivi di appello.

Il Comune di Pianico non si è costituito in giudizio.

All’udienza del 27 settembre 2018, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di gravame l’appellante deduce che, con l’ordinanza n. 280/2011, prot. 2977, è stata contestata la violazione degli articoli 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001, norme non applicabili nel caso di specie, in quanto le opere non rientrerebbero nel novero di interventi edilizi, così come disposto dall’articolo 3 dello stesso decreto.

I box prefabbricati sarebbero privi di ancoramento al suolo ed utili e necessari al fine di svolgere una funzione destinata ad esaurirsi nel tempo, per far fronte ad una situazione provvisoria.

La precarietà di un’opera deriverebbe dalla sua destinazione oggettiva ed originaria a sopperire una necessità contingente e temporanea, al cui esaurimento la costruzione debba essere rimossa.

L’appellante, infatti, si occuperebbe di cani che vengono messi al servizio di persone disabili, e che pertanto non rimarrebbero affidati all’odierna appellante per un periodo tanto lungo da escludere il requisito della temporaneità e della contingenza.

La circostanza che i box siano stati appoggiati su una stratificazione di calcestruzzo a nulla rileverebbe ai fini della precarietà dell’opera, come irrilevanti risulterebbe tanto l’area occupata dai manufatti, quanto i materiali utilizzati per realizzarli.

Trattandosi di opera precaria, realizzata al solo scopo di fornire un alloggio temporaneo ad animali destinati ad essere messi al servizio di persone disabili e, pertanto, di manufatto funzionale a soddisfare un’esigenza oggettivamente temporanea, non risulterebbe applicabile al caso di specie la normativa relativa al rilascio del permesso di costruire.

2. Il motivo di gravame risulta infondato.

In primo luogo, va rilevato che la precarietà del manufatto, circostanza desumibile solo dalla destinazione d’uso, e non dal tipo di ancoraggio al suolo né dai materiali utilizzati, va valutata alla luce dell’obbiettiva ed intrinseca destinazione naturale dell’opera.

Ritiene il Collegio, che la realizzazione di due platee in calcestruzzo che coprono approssimativamente 200 mq e la realizzazione di un manufatto sia pure prefabbricato delle dimensioni descritte nella sentenza impugnata non si prestino ad essere considerate opera precaria;
già la sola realizzazione delle platee in calcestruzzo di così estese dimensioni costituisce modificazione permanente del territorio che necessita di titolo edilizio. A ciò si aggiunge che l’area è stata dotata di un serbatoio per il GPL e un serbatoio per la raccolta dell’acqua piovana, il che costituisce ulteriore motivo per escludere che ci sia in presenza sul piano oggettivo di un’opera precaria. Inoltre, anche l’intenzione proclamata di utilizzare il manufatto soltanto quale alloggio temporaneo di animali destinati al servizio di disabili non è idoneo a poter considerare l’opera di natura contingente e temporanea, in quanto il manufatto pare essere altresì destinato al ricovero degli animali della stessa appellante, di cui quest’ultima non è di certo in possesso per un limitato periodo di tempo.

3. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che nell’ordinanza oggetto di impugnazione si scriverebbe espressamente che le opere sono state realizzate in assenza di permesso di costruire. In realtà, l’ordinanza non riporterebbe la specifica violazione di norme urbanistiche, omettendo di esplicitare i riferimenti relativi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento del presunto abuso. Il provvedimento amministrativo si limiterebbe laconicamente ad enunciare la mancanza di non meglio precisati titoli abilitativi, senza specificare le autorizzazioni necessarie.

4. Il motivo di gravame risulta infondato.

Come già esposto dal primo giudice, nell’ultimo considerato della parte motiva si espone espressamente che le opere sono state realizzate in assenza di permesso di costruire. Ciò è sufficiente a considerare validamente indicato il titolo abilitativo in assenza del quale le opere sono state realizzate, per cui è senz’altro individuabile la specifica violazione della normativa urbanistica violata.

5. Con il terzo motivo di gravame, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che l’ordine di demolizione è motivato in modo esauriente con riferimento alla mera abusività dell’opera. Quest’ultima sarebbe stata realizzata proprio al fine di evitare ulteriori problemi legati al fatto che prima gli animali venivano tenuti dall’appellante presso la propria abitazione. Tale circostanza non sarebbe stata affatto tenuta in considerazione dall’Amministrazione, la quale si è limitata solo ad affermare che la tesi della ricorrente non era supportata da alcuna normativa vigente.

6. Il motivo di ricorso risulta infondato.

Come giustamente rilevato dal primo giudice, l’ordine di demolizione è motivato sufficientemente con riferimento alla mera abusività dell’opera e non è necessaria alcuna valutazione dell’interesse del privato al mantenimento dell’opera. Sul punto giova ricordare quanto enunciato dall’Adunanza Plenaria nella sua sentenza n. 9/2017, secondo cui va escluso qualsiasi obbligo di motivazione dell’ordinanza di demolizione: “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. … … Ben si può ribadire che il carattere vincolato dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, per tale sua natura non esige né una speciale motivazione sull’interesse pubblico (che è in “re ipsa”) né la comparazione con quello del privato” .

7. Con il quarto motivo di gravame, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma che la possibilità di ottenere eventuale sanatoria non poteva essere sollevata d’ufficio dal Comune.

Sul punto, l’appellante ripropone interamente quanto affermato nel ricorso in primo grado, precisando che il rilascio del permesso in sanatoria è previsto per quelle costruzioni che risultano conformi alla disciplina in materia urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione.

8. Il motivo di gravame risulta infondato.

La possibilità di ottenere un permesso in sanatoria per le opere contestate è del tutto ininfluente ai fini dell’emanazione dell’ordinanza di demolizione. Nella specie, non risulta che una tale domanda sia stata presentata e la questione dell’eventuale sanabilità dell’opera non doveva essere affrontata d’ufficio dal Comune prima dell’emissione dell’ordinanza di demolizione.

9. Conclusivamente, il gravame va respinto e la sentenza impugnata va integralmente confermata.

10. Nulla deve essere disposto in ordine alle spese del secondo grado di giudizio, non essendosi il Comune di Pianico costituito in giudizio.

11. In considerazione dell’esito di lite, il contributo unificato corrisposto per la proposizione del ricorso in appello rimane definitivamente a carico dell’appellante.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi