Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-02-28, n. 202302084
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Pubblicato il 28/02/2023
N. 02084/2023REG.PROV.COLL.
N. 00727/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 727 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati L G, Y M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio L G in Roma, via Ennio Quirino Visconti n. 103;
contro
Comune di Osio Sopra, non costituito in giudizio;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Brescia, viale della Stazione n. 37;
Camera Amministrativa Distretto Lombardia Orientale - Cadlo, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) n. 1088/2021, resa tra le parti, per l'annullamento della determinazione del Responsabile del Settore Amministrativo del Comune di Osio Sopra n. -OMISSIS- R.G.D., atto interno n. -OMISSIS- in data 17/11/2020, nonché di tutti gli atti ad essa preordinati o connessi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2022 il Cons. D C e preso atto delle richieste di passaggio in decisione depositate in atti dagli avvocati Gobbi, Messi e Ballerini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con atto notificato in data 19 gennaio 2022 e depositato il successivo 28 gennaio l’avv. -OMISSIS- ha interposto appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) 20/12/2021 n. 1088, con cui si è rigettato il ricorso da Egli proposto per l'annullamento della determinazione del Responsabile del Settore Amministrativo del Comune di Osio Sopra n. -OMISSIS- R.G.D., atto interno n. -OMISSIS- in data 17/11/2020, con cui veniva conferito al controinteressato avv. -OMISSIS- l’incarico per il patrocinio e l’assistenza legale dell’amministrazione comunale in un giudizio proposto dinanzi al TAR Brescia avverso il provvedimento di aggiudicazione di una gara concernente l’affidamento di lavori pubblici.
2.L’avv. -OMISSIS-, uno dei tre professionisti cui il Comune aveva chiesto un preventivo per l’assistenza in giudizio, con il ricorso di prime cure lamentava l’illegittimità dell’affidamento sulla scorta di un unico motivo, con il quale deduceva vizi di “Violazione dell’articolo 19, quaterdecies, comma 3, del DL n. 148/2017, 4 del DM n. 55/2014 e dell’articolo 37 del Codice Deontologico Forense. Difetto di motivazione. Violazione dei principi di correttezza e buona fede. Eccesso di potere per sviamento, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta”.
2.1. Si costituiva in giudizio solo il controinteressato, il quale, in via preliminare eccepiva la carenza di interesse in capo al ricorrente, risultando dimostrato che Egli, fra i tre soggetti che il Comune aveva interpellato, aveva presentato il preventivo meno conveniente per la P.A. (ossia, in tesi di parte resistente era terzo in graduatoria), con la conseguenza che il denegato annullamento della determina di affidamento dell’incarico - fermo restando che esso era stato già completato - non avrebbe determinato affatto l’affidamento al ricorrente medesimo, bensì all’altro concorrente, per cui neppure sarebbe stata esperibile una ipotetica azione risarcitoria. Anzi, risultando per ammissione dello stesso ricorrente che nessuna sanzione sarebbe risultata applicabile a carico del rapporto negoziale in corso tra la P.A. ed il professionista derivante dall’art.19, quattordecies, co.3, del D.L. n.148 del 2017, tale evidenza non solo enfatizzava la carenza di interesse in capo al ricorrente, ma conduceva a dubitare della stessa legittimazione a ricorrere, riconoscendosi che il patto di lite intercorso tra la parte pubblica ed il libero professionista non era affetto da nullità, né le riduzioni massime previste dal tariffario erano vincolanti ed inderogabili;da qui l’assoluta carenza di interesse rispetto ad una decisione che nulla avrebbe potuto aggiungere al bene della vita cui avrebbe aspirato parte ricorrente, ossia l’assegnazione dell’incarico.
Il controinteressato evidenziava inoltre come da un lato il Comune non aveva affatto comunicato l’intenzione di espletare alcuna indagine di mercato, né tantomeno alcuna procedura negoziata e, dall’altro lato, che nella richiesta di preventivo il Comune non aveva posto alcun limite all’importo proponibile, vieppiù precisando che il giudizio per il quale aveva prestato assistenza difensiva per il Comune di Osio Sopra si era consumato in una sola udienza, decidendo il TAR in forma semplificata ex art.60 del cpa.
3. La sentenza oggetto dell’odierno appello ha respinto il ricorso, decidendo di entrare nel merito della questione, pur segnalando che, a rigore, sussistessero i presupposti per la declaratoria di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in accoglimento dell’eccezione formulata dalla difesa della parte controinteressata.
3.1. In particolare, nell’esaminare l’unico motivo di ricorso, la sentenza di prime cure ha affermato che la norma di cui all’art. 3 dell’art. 19 - quattrodecies del d.l. n.148/2017 “ non trova invece applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell’amministrazione secondo i principi dell’evidenza pubblica, ove l’amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare (in tal senso cfr. di recente, TAR Milano, Sez. I, 29 aprile 2021 n. 1071). E ciò per l’evidente motivo che nel caso in cui il professionista non sia costretto ad accettare supinamente il compenso predeterminato unilateralmente dall’amministrazione, ma contratti liberamente il proprio compenso su un piano paritetico con la committente, viene meno quella speciale esigenza di protezione del professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale, su cui si fonda la ratio dell’istituto dell’equo compenso…
Nel caso di specie, il Comune …ha chiesto a tre professionisti di formulare un’offerta economica per una prestazione professionale, il cui oggetto è stato dettagliatamente individuato mediante l’invio del ricorso e di tutte le informazioni relative al suo oggetto, in tal modo fornendo a ciascuno di essi gli elementi necessari (e sufficienti) all’individuazione del compenso professionale. Ciascuno dei professionisti interpellati ha formulato liberamente il proprio preventivo, senza essere vincolato a criteri predeterminati o predisposti unilateralmente dall’amministrazione richiedente, e quindi senza subire condizionamenti, limitazioni o imposizioni da parte della stessa. Dal canto suo, l’Amministrazione si è limitata a valutare i tre preventivi e a prescegliere quello ritenuto più conveniente, senza imporre modifiche di sorta e senza neppure stimolare rilanci competitivi tra gli offerenti”.
4. Con l’atto di appello l’avv. -OMISSIS- ha formulato le seguenti censure avverso la sentenza di prime cure:
Motivazione illogica e insufficiente. Violazione dell’articolo 19 quaterdecies, comma 3, del DL n. 148/2017, del DM n. 55/2014 e dell’articolo 37 del Codice Deontologico Forense. Violazione dei principi di correttezza, buona fede, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta.
4.1. A dire di parte appellante il thema decidendum posto dal ricorso di prime cure non era se la norma dell'art. 13 bis, comma 2, della legge forense 247/2012 (" ai fini del presente articolo, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui al comma 1 quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, e conforme ai parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6 ") sia norma atta a imporre alle P.A., in tutti i casi di affidamento di incarico legale, il rispetto delle tariffe minime previste dal decreto ministeriale, ma quale portata abbia la norma del comma 3 dell'art. 19 quattordecies, del D.L. 148/2017, che non introduce per la P.A. una disciplina imperativa di legge, presidiata da sanzioni di nullità contrattuale, come quella dettata dall’art. 13 bis comma 2 della legge 247/2012, ma certamente non potrebbe essere considerata improduttiva di effetti. La sentenza di prime cure pertanto dovrebbe intendersi errata per non avere affrontato tale questione, limitandosi a considerare l’inapplicabilità dell’art. 13 bis comma 2 della legge 247/2012. In particolare, in tesi di parte appellante, alla luce del comma 3 dell'art. 19 quattordecies, del D.L. 148/2017, il Comune non avrebbe potuto scegliere il professionista cui affidare l’incarico sulla base del solo criterio del prezzo più basso, essendo principio immanente nel sistema il criterio di aggiudicazione fondato sul rapporto qualità/prezzo.
4.2. L’appellante lamenta inoltre che il Comune di Osio Sopra neppure aveva palesato ai professionisti interpellati che la determinazione sull’incarico sarebbe stata condotta alla sola stregua del prezzo offerto, circostanza questa in grado di concretare altresì una violazione dei generali principi di correttezza e buona fede. Secondo il primo giudice, non trattandosi di una gara, il Comune non era tenuto " ad esternare preventivamente il criterio in base al quale avrebbe operato la scelta tra i professionisti interpellati ". Tale affermazione, in tesi di parte appellante, sarebbe errata in quanto in deroga ai principi generali dell'ordinamento, i servizi esclusi dall'ambito oggettivo di applicazione del D.lgs. 50/2016, quale quello in esame, sono infatti comunque soggetti ai “principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica" ex art. 4 Codice.
5.La controinteressata si è costituita con memoria di mero rito in data 3 febbraio 2022, reiterando, con la memoria ex art. 73 c.p.a. depositata in data 3 ottobre 2022, l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse a ricorrere già avanzata in primo grado ed eccependo che con l’appello l’avv. -OMISSIS- aveva formulato censure non articolate in primo grado, in quanto innanzi al Tar aveva lamentato che la sua offerta era al di sotto delle tariffe dell’equo compenso, mentre in sede di appello aveva affermato che la p.a. non potesse scegliere il professionista alla stregua del criterio del prezzo più basso, così disattendendo i principi dell’equo compenso.
Nel merito ha comunque insistito per il rigetto dell’appello, essendo la sentenza ampiamente e congruamente motivata rispetto alle censure formulate in prime cure .
6. Parte appellante, con la memoria ex art. 73 comma 1 c.p.a., depositata in data 10 ottobre 2022, ha precisato di avere un interesse diretto, concreto e attuale all’annullamento della determinazione comunale per ottenere non l’aggiudicazione dell’incarico in forza dello scorrimento di una graduatoria non esistente, non essendo stata espletata alcuna procedura selettiva, ma la cancellazione di un criterio (il prezzo più basso) di conferimento dell’incarico lesivo della sua professionalità e della dignità della professione forense e, comunque, l’interesse a che tale determinazione sia dichiarata illegittima ex art. 34, comma 3, cod. proc. amm. al fine di proporre poi nei confronti del Comune l’azione risarcitoria del danno morale patito.
6.1. Con memoria di replica depositata in data 21 ottobre 2022 ha inoltre controdedotto alle eccezioni formulate dall’avv. -OMISSIS-.
7. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 3 novembre 2022.
DIRITTO
8. In limine litis vanno delibate le eccezioni di inammissibilità del ricorso di prime cure e dell’odierno appello formulate dall’avv. -OMISSIS-.
8.1. L’eccezione di carenza di interesse alla decisione, già formulata innanzi al primo giudice, fondata sul rilievo che il ricorrente non avrebbe potuto conseguire alcuna utilità da una pronuncia di accoglimento per avere formulato l’offerta meno conveniente per l’amministrazione, ovvero per essere arrivato terzo in graduatoria, deve essere ritenuta inammissibile in quanto non ritualmente proposta nei termini di rito ex art. 101 c.p.a.
Ed invero, il primo giudice, al contrario di quanto dedotto da parte appellante, non ha rigettato detta eccezione, condividendola anzi in obicter dictum , (“ Preliminarmente va rilevato che, a rigore, sussisterebbero i presupposti per la declaratoria di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in accoglimento dell’eccezione formulata dalla difesa della parte controinteressata ”), ma l’ha assorbita nel giudizio di infondatezza del ricorso (“ Peraltro, il Collegio ritiene che si possa prescindere dal dichiarare l’inammissibilità del ricorso, dal momento che il gravame è comunque infondato nel merito” ).
Pertanto nonostante non fosse necessaria la proposizione di appello incidentale per riformulare l’eccezione assorbita, la stessa avrebbe dovuto essere reiterata dal controinteressato nella memoria da depositare nei termini di costituzione, ex art. 101 comma 2 c.p.a., secondo cui “ si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine di costituzione in appello ” (ex multis Cons. Stato Sez. V, 16/08/2022, n. 7145;Cons. Stato Sez. III, 28/03/2022, n. 2251;Cons. Stato Sez. V, 20/08/2021, n. 5968;Cons. Stato Sez. III, 14/12/2020, n. 7967).
8.2. Peraltro l’eccezione è comunque infondata atteso che già con il ricorso di prime cure veniva criticato a monte il modus procedendi seguito dalla P.A. nella scelta del libero professionista, ancorata al mero criterio del prezzo più basso e non rispettosa del principio delineato claris verbis dall’art. 19 comma 3 quattordecies, del D.L. 148/2017, per cui alcun rilievo assume, rispetto all’interesse fatto valere da parte ricorrente, l’asserita formazione di una graduatoria a valle, peraltro insussistente, essendosi il Comune limitato a richiedere dei preventivi ai tre professionisti interpellati.
9. L’appellante inoltre ha precisato nelle memorie ex art. 73 comma 1 c.p.a di avere interesse diretto, concreto e attuale all’annullamento della determinazione comunale per ottenere non l’aggiudicazione dell’incarico in forza dello scorrimento di una graduatoria inesistente, non essendo stata espletata alcuna procedura selettiva, ma la cancellazione di un criterio (il prezzo più basso) di conferimento dell’incarico, lesivo della sua professionalità e della dignità della professione forense e, comunque, l’interesse a che tale determinazione sia dichiarata illegittima ex art. 34, comma 3, cod. proc. amm. al fine di proporre poi nei confronti del Comune l’azione risarcitoria del danno morale patito.
9.1. Posta questa precisazione, va affermato l’interesse di parte ricorrente alla delibazione nel merito del presente appello non ai fini dell’annullamento della determinazione comunale recante l’affidamento dell’incarico difensivo al legale controinteressato – essendo stata peraltro la prestazione completamente eseguita – ma ai fini dell’accertamento della sua illegittimità, ex art. 34 comma 3 c.p.a., in vista della futura proposizione di un’azione risarcitoria nei confronti del Comune appellato, anche ai fini della sola tutela dell’interesse morale.
Ed invero, pur dovendo ritenersi non sussistente più l’interesse all’annullamento degli atti gravati in prime cure , avuto riguardo all’intervenuta esecuzione della prestazione, residua, come precisato da parte appellante con la memoria ex art. 73 comma 1 c.p.a., un interesse all’accertamento dell’illegittimità degli stessi ai fini risarcitori, ex art. 34 comma 3 c.p.a..
La deduzione di parte appellante contenuta al riguardo nella memoria di discussione deve intendersi sufficiente ai fini della delibazione del merito dell’appello, in vista di una futura proposizione di una domanda di risarcimento dei danni, alla stregua di quanto statuito con il recente pronunciamento di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, n. 8/2022, con la quale si sono affermati i seguenti principi di diritto:
- « per procedersi all’accertamento dell’illegittimità dell’atto ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm., è sufficiente dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori;non è pertanto necessario specificare i presupposti dell’eventuale domanda risarcitoria né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione;la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall’art. 73 cod. proc. amm .»;
- « una volta manifestato l’interesse risarcitorio, il giudice deve limitarsi ad accertare se l’atto impugnato sia o meno legittimo, come avrebbe fatto in caso di permanente procedibilità dell’azione di annullamento, mentre gli è precluso pronunciarsi su una questione in ipotesi assorbente della fattispecie risarcitoria, oggetto di eventuale successiva domanda ».
9.2. Ciò in disparte dalla considerazione che secondo la giurisprudenza l’interesse ad agire va individuato nel vantaggio che il ricorrente può conseguire per effetto dell’accoglimento del ricorso, e consiste nella “ concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell’interesse protetto ” (Consiglio di Stato, V, 12/05/2020, n. 2969;V, 7 gennaio 2020, n. 83;II, 24 giugno 2019, n. 4305;IV, 1 marzo 2017, n. 934;23 agosto 2016, n. 3672;VI, 21 marzo 2016, n. 1156;IV, 20 agosto 2015, n. 3952).
10. Va parimenti disattesa l’eccezione formulata da parte del controinteressato secondo cui con l’odierno appello sarebbero state proposte censure non formulate in prime cure , con violazione del divieto dei nova , ex art. 104 c.p.a..
10.1. Ed invero, al contrario di quanto vorrebbe far intendere l’avv. -OMISSIS-, parte appellante in prime cure aveva censurato la determinazione comunale non per violazione dell’art. dell'art. 13 bis, comma 2, della legge forense 247/2012 – con la conseguente declaratoria di nullità delle clausole determinative del (suo) compenso professionale – ma per violazione del comma 3 dell'art. 19 quattordecies, del D.L. 148/2017 a mente del quale " la pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Pertanto l’avv. -OMISSIS- sin dal ricorso di prime cure ha in realtà censurato non il patto intervenuto fra il Comune e il legale controinteressato, ma la procedura seguita dal medesimo Comune nella scelta del professionista cui affidare l’incarico, in quanto orientata dalla scelta del prezzo più basso, senza neppure una previa determinazione e comunicazione dei correlativi criteri (cfr pag. 4 del ricorso di primo grado nella parte in cui si afferma, nell’esplicitare il motivo di ricorso indicato in rubrica - “ Violazione dell’articolo 19, quaterdecies, comma 3, del DL n. 148/2017, del DM n. 55/2014 e dell’articolo 37 del Codice Deontologico Forense. Difetto di motivazione. Violazione dei principi di correttezza e buona fede. Eccesso di potere per sviamento, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta ”- che “ Non è astrattamente escluso che, per la scelta del difensore, la Pubblica Amministrazione possa anche svolgere una procedura concorsuale, purché dia preventivamente conto dei criteri assunti, restando comunque escluso che - anche in simili casi - possa essere decisivo il criterio del massimo ribasso sul prezzo o, quanto meno, che quest’ultimo possa essere oggettivamente privo di limiti.
La valutazione di convenienza non può mai finire con il coincidere con il minor costo della prestazione professionale ”.
Trattasi pertanto dei medesimi rilievi, poi sviluppati nelle memorie di primo grado, su cui si fonda l’odierno appello con cui si deduce come, in forza di tale normativa, non sarebbe accettabile la condotta di una P.A. che ometta ogni istruttoria atta a valutare la qualità e la quantità del lavoro da svolgere per privilegiare il solo criterio del prezzo, perché, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, nei rapporti con la P.A. il principio dell'equo compenso di cui al citato art. 19 quattordecies, comma 3, non è finalizzato a proteggere l'avvocato " quale parte debole del rapporto ", ma è preordinato ancora prima a garantire l'interesse pubblico ad acquisire servizi di qualità in luogo di una difesa purchessia.
11. Nel merito l’appello è fondato in quanto il primo giudice non ha esattamente inteso, come lamentato da parte appellante, le censure sviluppate nel ricorso di primo grado, poi precisate nelle memorie di discussione, dalle quali era chiaramente evincibile come parte ricorrente non lamentasse la violazione dell’art. 13 bis , comma 2, della legge forense 247/2012 e quindi il compenso in concreto pattuito tra il professionista prescelto ed il Comune, ma il criterio seguito dal Comune per scegliere il professionista cui affidare il mandato difensivo, in quanto violativo del comma 3 dell’art. 19 quaterdecies D.L. 16/10/2017, n. 148, norma questa esplicitamente rivolta alla P.A..
La doglianza è dunque fondata nel senso di seguito precisato.
11.1. Ed invero, come evidenziato da Cons. Stato Sez. IV, 29/09/2021, n. 7442 la disposizione dell'art. 13-bis comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, (recante "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense") inserito dall'art. 19-quaterdecies, comma 1, d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172 non esclude il (e nemmeno implica la rinuncia al) potere di disposizione dell'interessato, che resta libero di rinunciare al compenso - qualunque esso sia, anche indipendentemente dalla equità dello stesso - allo scopo di perseguire od ottenere vantaggi indiretti o addirittura senza vantaggio alcuno, nemmeno indiretto.
11.1.1. La modifica da ultimo inserita nella legge professionale forense è invero sorretta da una ratio legis autonoma volendo rappresentare un equo, ragionevole e giusto punto di equilibrio a tutela dei liberi professionisti, ed in particolare dei giovani che si affacciano nel mondo del lavoro, a seguito della abrogazione dei minimi tariffari e dell'apertura al libero mercato, anche nel quadro euro-unionale.
11.1.2. In quest'ottica prospettica, il sopra riportato comma 3 esprime l'attenzione del legislatore ordinario per le libere professioni quando l'attività è esercitata al di fuori dei rapporti di lavoro dipendente, che di per sé ricadono sotto la copertura costituzionale dell'art. 36 Cost., in relazione alla necessità della congruità del compenso, qualora un compenso sia previsto, ferma rimanendo la possibilità che la prestazione sia resa anche gratuitamente. Ciò in quanto la normativa sull'equo compenso sta a significare soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione (l'ulteriore e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto. Pertanto la disciplina sull'equo compenso ha completato e colmato quello scarto negativo che, nel tempo e a causa di svariati fattori, ha provocato nel settore delle libere professioni una deminutio di tutela per coloro che prestano attività professionale al di fuori degli schemi tipici del rapporto dipendente e della tutela costituzionale salariale e retributiva.
11.2. Peraltro, come evidenziato in tale precedente, ferma restando la possibilità che per la prestazione difensiva la pubblica amministrazione non preveda la corresponsione di alcun compenso - e che, per contro, laddove, come nella specie, lo stesso sia previsto, debba rispettare il criterio dell’equo compenso, quale normativamente determinato - la scelta del professionista cui affidare l’incarico non può che essere fondata su criteri predeterminati e resi noti agli offerenti.
Ciò in quanto “ la funzione amministrativa, da svolgere nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, non può non incentrare la sua concreta azione sui cardini della prevedibilità, certezza, adeguatezza, conoscibilità, oggettività ed imparzialità dei criteri di formazione dell'elenco al quale attingere e di affidamento degli incarichi” .
Pertanto la Pubblica amministrazione deve prevedere un meccanismo procedimentale che dia idonee garanzie circa il fatto che la concreta azione amministrativa sia ispirata a criteri, canoni e regole di assoluta imparzialità nella selezione e nella scelta dei professionisti, di modo che in questo “nuovo mercato” delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri.
Pertanto “ deve prescegliere le modalità pratiche ed operative più opportune per attuare i principi sopra enunciati, le quali devono essere
a) efficaci, cioè produrre un effetto utile per i soggetti interessati;
b) oggettive, cioè basate su criteri verificabili e attinenti ai dati curriculari;
c) trasparenti, cioè basate su dati e documenti amministrativi accessibili;
d) imparziali, cioè tali da consentire la valutazione equa ed imparziale dei concorrenti;
e) procedimentalizzate, cioè idonee ad assicurare, anche mediante protocolli e modelli di comportamento, che non si verifichino favoritismi o, all'inverso, discriminazioni, nella selezione e nella attribuzione degli incarichi;
f) paritarie, cioè che le distinzioni di trattamento debbono rispondere a criteri di stretta necessità, proporzionalità ed adeguatezza del mezzo rispetto allo scopo;
g) proporzionali, cioè tali da assicurare la rispondenza relazionale tra il profilo professionale scelto e l'oggetto dell'incarico, anche sulla base del dato curriculare e di esperienza
h) pubbliche, cioè prevedibili e conoscibili;
i) rotative, compatibilmente con la necessità di rendere efficace ed effettiva l'azione amministrativa” .
11.3. In considerazione di tali rilievi, l’appello è meritevole di accoglimento, in primo luogo in quanto la scelta del professionista non è stata ancorata alla predeterminazione di alcun criterio ne preceduta da alcuna procedimentalizzazione in grado di assicurare nel contempo l’imparzialità ed il buon andamento, ex art. 97 Cost, oltre che la trasparenza dell’a gere amministrativo ed il rispetto del principio di buona fede, ed in secondo luogo in quanto, pur essendo stata prevista la corresponsione di un compenso, la scelta del professionista è avvenuta avuto riguardo al criterio del prezzo più basso, senza previo accertamento del rispetto dell’equo compenso, atto a tutelare non sola la categoria forense da fenomeni anticoncorrenziali, ma anche ad assicurare la qualità della prestazione, come dedotto da parte appellante.
Ed invero la sentenza della Corte di Giustizia 23/11/2017, C-427/2016 e C-428/2016 (che il primo giudice richiama a sproposito a sostegno della propria interpretazione dell’art. 19-quattordecies, comma 3) - letta in maniera sistematica - evidenzia come la Corte non abbia escluso a priori la possibilità di introduzione dei minimi tariffari, sottolineando il rischio che la concorrenza nell’offerta di prestazioni al ribasso escluda dal mercato coloro che offrono prestazioni di qualità, per concludere che “l’imposizione di tariffe minime può essere idonea a limitare tale rischio”.
Con la sentenza sez. IV, 04/07/2019, n.377 nella causa C377/17, la medesima Corte di Giustizia, con riferimento alle tariffe minime di progettazione, ha inoltre affermato che " non si può escludere a priori che la fissazione di una tariffa minima consenta di evitare che i prestatori di servizi non siano indotti, in un contesto come quello di un mercato caratterizzato dalla presenza di un numero estremamente elevato di prestatori, a svolgere una concorrenza che possa tradursi nell’offerta di prestazioni al ribasso, con il rischio di un peggioramento della qualità dei servizi forniti” (v. in tal senso, sentenza del 5 dicembre 2006, Cipolla e a., C-94/04 e C-202/04)" pur ritenendo che la determinazione delle tariffe minime effettuate dalla Germania non fosse idonea al raggiungimento di tale scopo.
E’ peraltro lo stesso comma 3 dell’art. 19 quaterdecies D.L. 148/2017, invocato da parte appellante, a stabilire che la corresponsione di tariffe corrispondenti all'equo compenso costituisca “ attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia ” dell'azione amministrativa, tenuto conto anche del rilievo per cui se è vero che le prestazioni professionali degli avvocati devono essere espletate con professionalità anche indipendentemente dalla misura dell'onorario, non può tuttavia negarsi che l'interesse ad assumere incarichi per l'Amministrazione da parte dei professionisti più qualificati dipenda largamente anche dall'adeguatezza del corrispettivo offerto e dal rispetto della dignità professionale della classe forense.
12. L’appello va dunque accolto ed in riforma della sentenza impugnata va accolto il ricorso di primo grado ai fini dell’accertamento dell’illegittimità della determinazione impugnata, ex art. 34 comma 3 c.p.a..
13. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, in considerazione della peculiarità della fattispecie e dell’assenza di orientamenti giurisprudenziali consolidati per compensare tra le parti le spese di lite.