Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-01-21, n. 201900523

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-01-21, n. 201900523
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900523
Data del deposito : 21 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/01/2019

N. 00523/2019REG.PROV.COLL.

N. 05915/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5915 del 2017, proposto da
Al.Mi. s.a.s. di A C, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P G ed A B, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Giovanni Nicotera, 29;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S S, con domicilio eletto presso la sede dell’avvocatura capitolina in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Asl Roma 1, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Gloria Di Gregorio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, borgo Santo Spirito, 3;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II ter n. 08735/2017, resa tra le parti, concernente ordine di cessazione della somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, limitatamente all’attività di cucina con cottura dei cibi.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e dell’Asl Roma 1;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Giovannelli e Rocchi, quest’ultimo in dichiarata delega di Siracusa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società Al.Mi s.a.s. di A C, esercente l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande in Roma, Borgo Pio 161-162, sotto l’insegna “Barris”, propone appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio, segnata in epigrafe, con cui è stato respinto il suo ricorso per l’annullamento dell’ordine di cessare l’attività in questione, “ limitatamente all’attività di cucina con cottura dei cibi ”, poiché esercitata in un locale privo di canna fumaria, in violazione dell’art. 64 del regolamento comunale d’igiene e della norma tecnica Uni En 13779/2008 (determinazione prot. 755 del 27 febbraio 2017).

2. Il giudice di primo grado ha ritenuto che l’ordine di cessazione impugnato fosse legittimo e immune da tutte le censure sollevate dalla Al.Mi s.a.s., malgrado l’impianto di captazione e abbattimento dei fumi a carboni attivi dalla stessa installato nei propri locali, nei quali la cottura è svolta prevalentemente con piastre elettriche.

3. Tali censure sono riproposte dall’originaria ricorrente nel presente appello, per resistere al quale si sono costituite Roma Capitale e l’Azienda Sanitaria Locale Roma 1.

4. La Sezione ha disposto una verificazione diretta ad accertare se l’impianto di captazione e abbattimento dei fumi della società appellante « sia idoneo, alla stregua della normativa vigente, a garantire la conservazione dei livelli di qualità dell’aria della città, in alternativa alla via di fumo tradizionale, e cioè mediante canna fumaria », affidando l’incarico all’I.S.P.R.A. - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ordinanza istruttoria in data 12 febbraio 2018, n. 843).

5. Successivamente, in accoglimento di apposita istanza, con ordinanza 26 ottobre 2018, n. 6123, veniva concessa proroga al verificatore per il deposito della relazione, “ ferma restando l’immodificabilità dei quesiti posti al verificatore con l’ordinanza n. 843 del 12 febbraio 2018 e il rispetto della scansione procedimentale ivi fissata ai fini del rispetto del principio del contraddittorio ”.

6. All’esito dell’incombente istruttorio la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello la società Al.Mi. s.a.s. censura la decisione del primo giudice di ritenere applicabile, al caso di specie, le disposizioni del d.m. 5 settembre 1994, che individua l’elenco delle industrie insalubri di prima e seconda classe, per le quali, ai sensi dell’art. 216 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, sono previste particolari forme di cautela in caso di nuovi insediamenti produttivi. Nella specie, quindi, per effetto del predetto decreto ministeriale sarebbe stata necessaria un’espressa autorizzazione per poter aprire l’attività di cui è causa.

Tale conclusione non avrebbe però tenuto conto del fatto che gli artt. 269 e 272 del d.lgs. n. 152 del 2006 hanno nelle more espressamente abrogato (o comunque derogato) il citato decreto.

2. Con un ulteriore motivo d’appello l’originaria ricorrente sostiene l’erroneità della sentenza, essendo stato violato il combinato disposto di cui all’art. 19 e 21- nonies l. n. 241 del 1990, poiché essendo trascorso il termine per i provvedimenti inibitori, pari a 60 giorni ovvero 30 nel caso di Scia edilizia, l'amministrazione avrebbe potuto sì far ricorso all'annullamento d'ufficio, ma rispettandone i presupposti, cosa assolutamente non verificata nel caso di specie. Peraltro, sempre entro il suddetto termine decadenziale l'amministrazione avrebbe dovuto invitare il privato a provvedere.

3. Con il terzo motivo d’appello viene contestato che il titolo abilitativo non si fosse validamente formato a seguito di presentazione della Scia, tant’è che la stessa ASL avrebbe chiarito che “ l’adozione di impianti alternativi alle canne fumarie è da ritenersi al momento irregolare ” e non invece insanabilmente illegittimo.

4. Con il quarto motivo d’appello la sentenza di primo grado viene inoltre censurata per non essersi pronunciata sulle censure dedotte circa l’art. 58 del Regolamento edilizio capitolino, secondo cui è ammesso l’utilizzo di impianti di abbattimento alternativi alle canne fumarie che rispondono a requisiti di efficienza.

5. Con il quinto motivo d’appello viene poi dedotto che il primo giudice, contrariamente a quanto dallo stesso statuito con una precedente decisione passata in giudicato, la n. 5187 del 22 maggio 2013, avrebbe erroneamente ritenuto che l’art. 64 del Regolamento d’igiene sia ancora vigente, laddove lo stesso sarebbe stato invece abrogato dalla legislazione regionale;
detta disposizione, inoltre, non sarebbe comunque opponibile poiché anacronistico e, dunque, non più cogente o vincolante.

6. Con il sesto motivo d’appello sono riproposte le censure con cui si contesta che la norma tecnica UNI EN 13799, richiamata nel provvedimento impugnato, abbia carattere cogente. I criteri ivi desumibili, in ogni caso, non sarebbero stati correttamente applicati, dato che dagli impianti a carboni attivi fuoriesce pur sempre aria trattata e depurata, a differenza delle emissioni da normale canna fumaria.

7. Con il settimo motivo di appello si censura la ritenuta obbligatorietà dell’uso di una canna fumaria a servizio delle attività di ristorazione, soprattutto alla luce di una lettura costituzionalmente orientata del “Decreto liberalizzazioni” (d.l. 24 gennaio 2012, n. 1) e del “Decreto salva Italia” (d.l. 6 dicembre 2011, n. 201), che impongono di valutare nel senso più favorevole all’imprenditore le disposizioni dal significato dubbio: l’art. 7, comma 2 della l.r. Lazio n. 21 del 2006 ed il Regolamento n. 1 del 2009 consentirebbero infatti l’uso di impianti alternativi alle canne fumarie. La conformità degli stessi sarebbe informata ai sensi di quanto prescritto dal d.m. 22 gennaio 2008 n. 37 (Regolamento concernente l'attuazione dell'articolo 11- quaterdecies , comma 13, lettera a della legge n. 248 del 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli edifici).

Allo stesso modo, l'art. 272, comma 1 del d.lgs. n. 152 del 06 porterebbe a qualificare come attività scarsamente rilevante sotto l’impatto ambientale quella esercitata dall’appellante.

8. Con l’ottavo motivo d’appello, infine, viene dedotto che il primo giudice avrebbe dovuto rilevare che la determinazione dirigenziale gravata in prime cure era priva della prescritta declaratoria di conformità tra la copia analogica cartacea ed il file originale digitale.

9. Così riassunte le censure di cui si compone l’appello, deve darsi atto degli esiti della verificazione disposta dalla Sezione con l’ordinanza collegiale in epigrafe (12 febbraio 2018, n. 843).

Il verificatore ha accertato che l’impianto di captazione e abbattimento dei fumi installato nel locale commerciale dell’odierna appellante, funzionante con un sistema di filtraggio a carboni attivi, seppur non efficiente, costituisce comunque alternativa preferibile rispetto al tradizionale impianto di espulsione dei fumi mediante canna fumaria. Ciò in quanto « comunque presenta un minimo di filtrazione, anche di poche %, per la qualità dell’aria della città, perché la eventuale dispersione dal camino non modifica né riduce la immissione nell’ambiente della città ».

La valutazione negativa di efficienza è stata formulata sulla base della scheda tecnica relativa all’impianto esaminata dal verificatore, dalla quale risulta un tempo di contatto dell’emissione inquinante prodotta dall’attività di cottura dei cibi con il sistema di filtraggio a carboni attivi su cui si basa il funzionamento dell’impianto medesimo inferiore a quello ottimale di 1 secondo (tale da consentire di ridurre le emissioni del 90%). Nondimeno l’ausiliario ha affermato che una qualunque forma di filtrazione – anche non idonea – è comunque preferibile all’avvio nel camino, proprio perché comunque presenta un minimo di filtrazione, anche di poche unità percentuali: “ di fatto i dispositivi installati risultano validi come alternativa all’invio in canna fumaria, per la minor quantità di inquinanti immessi nell’aria dell’ambiente urbano e quindi con minori impatti sulla qualità dell’aria della città ”.

Rappresenta inoltre, il verificatore, la necessità di definitivamente eliminare l’utilizzo del gas di rete per la cottura e la friggitrice, sostituendoli con l’utilizzo di sistemi di cottura di tipo a piani ad induzione.

10. Successivamente alla pubblicazione della relazione del verificatore, Al.Mi s.a.s. depositava una memoria difensiva nella quale ribadiva le ragioni poste a fondamento del gravame. Nessuna replica veniva invece svolta da Roma Capitale.

11. In base alle conclusioni cui il verificatore è pervenuto tali censure risultano fondate nei termini di seguito esposti.

12. Come accennato in precedenza, Roma Capitale ha infatti fondato la propria inibitoria nei confronti della predetta attività sul presupposto che con essa fosse stato violato l’obbligo di dotarsi della canna fumaria prevista dall’art. 64 del Regolamento locale di igiene. Sennonché il verificatore ha accertato che l’alternativa costituita dall’impianto di captazione e abbattimento dei fumi a carboni attivi installato nel locale commerciale dell’odierna appellante, seppur non in grado di assicurare un adeguato filtraggio delle emissioni derivanti dall’attività di cottura dei cibi, costituisce comunque un sistema in grado di ridurre le emissioni atmosfera rispetto al tradizionale impianto di espulsione mediante canna fumaria.

13. La conclusione – che non è stata contestata e risulta peraltro di evidente rispondenza al vero –consente allora di ritenere illegittimo il provvedimento impugnato di cessazione dell’attività per i profili dedotti dalla Al.Mi. s.a.s. ed in particolare:

- ai sensi dell’art. 58 del Regolamento edilizio del Comune di Roma, il quale nel prevedere che ogni « focolare » deve essere dotato di canna fumaria propria « prolungata oltre il piano di copertura dell’edificio» e che i locali destinati a cucina devono inoltre «essere dotati di cappa posta sopra i fornelli, comunicante con canna esalatrice », precisa nel caso in cui « si usino fornelli elettrici è sufficiente che detta canna esalatrice sfoci all’aria libera, su un muro esterno, purché sia dotata di efficiente aspiratore elettrico e purché lo sbocco non sia ubicato direttamente sotto finestre di stanze di abitazione »;
la stessa norma precisa del resto che « quando, per motivi strutturali o tecnici, non sia possibile prolungare le canne esalatrici delle cucine oltre il piano di copertura del fabbricato, […] è sufficiente che detta canna esalatrice sfoci all'aria libera, su un muro esterno, purché sia dotata di efficiente aspiratore elettrico ».

- alla luce dell’art. 64 del Regolamento di igiene del Comune di Roma, il quale prevede la possibilità di installare impianti di smaltimento dei vapori della cucina alternativi alla canna fumaria (del resto, l’ultimo comma del medesimo art. 64 stabilisce che l’Ufficio competente « potrà anche prescrivere caso per caso, quando sia ritenuto necessario, l’uso esclusivo dei carboni magri o di apparecchi fumivori »);

- in considerazione della possibilità per gli esercizi commerciali, prevista a livello regionale, di « utilizzare, in alternativa alle canne fumarie, altri strumenti o apparati tecnologici aspiranti e/o filtranti per lo smaltimento dei fumi, la cui idoneità è accertata secondo la normativa vigente in materia » (art. 12, comma 2, del regolamento regionale 19 gennaio 2009, n. 1).

14. Dal complesso delle disposizioni regolamentari in esame (le uniche vincolanti, il che non è per la normativa tecnica Uni En 13779 richiamata da Roma Capitale) deve escludersi che per i locali commerciali in cui si svolge l’attività di gastronomia calda, in particolare nel caso di specie in cui la cottura dei cibi sia assicurata con piastre elettriche, sussista un obbligo inderogabile di convogliare i fumi e i vapori così sprigionati sulla sommità dell’edificio e di espellere gli stessi attraverso una canna fumaria.

Come deduce l’appellante, le disposizioni ora richiamate consentono un’alternativa a tale sistema, purché in grado di abbattere il livello delle emissioni inquinanti. L’illegittimità dell’ordine di cessazione per questa parte è dunque derivante dal fatto che Roma Capitale non ha verificato la possibilità di percorrere le alternative previste a livello regolamentare, alternativa accertata mediante l’incombente istruttorio disposto dalla Sezione.

15. Ogni ulteriore censura della società appellante con riguardo all’ordine di cessazione impugnato, ivi compresa quella della sua tardività, rimane dunque assorbita.

16. L’appello deve conseguentemente essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, deve essere del pari accolto il ricorso della società Al.Mi. s.a.s. ed annullati gli atti con esso impugnati.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate, in ragione della novità e particolarità delle questioni controverse. Sono invece poste a carico di Roma Capitale le spese di verificazione, che verranno liquidate (rispetto all’acconto già riconosciuto) quando l’ausiliario presenterà la relativa richiesta di liquidazione del proprio compenso.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi