Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-09-28, n. 202106524

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-09-28, n. 202106524
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106524
Data del deposito : 28 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/09/2021

N. 06524/2021REG.PROV.COLL.

N. 03605/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3605 del 2019, proposto dalla società Leonardo S.p.a. (già Finmeccanica S.p.a), in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L T e C M, domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale dell’avvocato L T in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 47;

contro

la C, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M L E, G R e S L, della consulenza legale interna, domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso la propria sede in Roma, via G.B. Martini, n. 3;

nei confronti

delle società Amber Capitale UK LLP e Amber Capital Italia S.g.r., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , non costituite nel presente giudizio di appello;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. II- quater , 26 gennaio 2019, n. 1032, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio della C e i documenti prodotti;

Esaminate le memorie difensive, anche di replica e gli ulteriori atti depositati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2021 (svolta nel rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto in data 15 settembre 2020 tra il Presidente del Consiglio di Stato e le rappresentanze delle Avvocature avvalendosi di collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. Stefano Toschei e uditi, per le parti gli avvocati C M, S L, G R e M L E, in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - La presente controversia, nella sede d’appello, muove dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. II- quater , 26 gennaio 2019, n. 1032 con la quale è stato respinto il ricorso (n. R.g. 3737/2016) proposto dalla società Finmeccanica S.p.a. (oggi Leonardo S.p.a.) per ottenere l’annullamento della delibera C n. 19507 del 3 febbraio 2016, limitatamente alla parte in cui detta delibera ha ritenuto accertata, nell’ambito del procedimento di cessione ad Hitachi Rail Italy Investments S.r.l. della partecipazione di controllo detenuta da Finmeccanica S.p.a. in Ansaldo STS, la fattispecie collusiva di cui all’art. 106, comma 3, lett. d), n. 2, del d.lgs. n. 58/1998 (c.d. “TUF”) e all’art. 47- octies della delibera C n. 11971 del 14 maggio 1999 (nonché della comunicazione prot. 0088778/15 del 17 novembre 2015, con la quale la C, a fronte delle istanze presentate da Amber Capital Italia SGR e Amber Capital UK LLP e da Bluebell Partners Ltd, ha avviato i procedimenti n. 37381/15 e 37458/15).

2. - Dalla documentazione versata dalle parti qui in controversia nei due gradi di giudizio con riferimento al contenzioso qui in decisione (che attiene all’accertamento di un presunto accordo collusivo nella cessione da Finmeccanica S.p.a. ad Hitachi Ltd dei due asset che afferivano, nell’ambito del Gruppo Finmeccanica, al settore trasporti) nonché dalla lettura della sentenza qui fatta oggetto di gravame si può ricostruire la vicenda che ha condotto a questo giudizio in sede di appello come segue:

- Hitachi Rail Italy Investments S.r.l. (“società veicolo” controllata da Hitachi Ltd.) stipulava un accordo, in data 24 febbraio 2015, in virtù del quale acquistava da Finmeccanica S.p.a.: A) una partecipazione del 40,07% del capitale in Ansaldo STS S.p.a. (società quotata nella borsa italiana), al prezzo di 9,65 Euro per azione ( cum dividend ), poi diminuito a Euro 9,50 a fronte della distribuzione agli azionisti di Ansaldo del dividendo di Euro 0,15;
B) il Ramo di Azienda di Ansaldo Breda S.p.a., identificato come “attuale business di Ansaldo Breda S.p.A., ad esclusione di alcune attività di revamping e di determinati contratti residuali”, a un prezzo pari a 1 Euro;
C) il marchio “AnsaldoBreda” ed alcuni immobili;

- in epoca successiva Hitachi Rail Italy Investments S.r.l. ha promosso una Offerta Pubblica di Acquisto (OPA) obbligatoria ai sensi della vigente normativa di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58(TUF) e della presupposta disciplina di fonte eurounitaria, rivolta alla acquisizione della totalità delle azioni di Ansaldo STS S.p.a.. Tale operazione era resa necessaria dall’avvenuta acquisizione (da parte di Hitachi Rail Italy Investments S.r.l.) del controllo su una società quotata in borsa (Ansaldo STS S.p.a.), situazione dalla quale derivava l’obbligo da parte della società acquirente di lanciare un’OPA sulla totalità delle azioni della società- target , corrispondendo a tal fine il prezzo più alto già pagato per l’acquisizione della partecipazione, e ciò per garantire la parità di trattamento a tutti gli azionisti della società quotata;

- nelle date del 10 e dell’11 novembre 2015, le società Amber Capital UK LLP, Amber Capital Italia SGR e Bluebell Partners Limited hanno proposto alla C, attivando il procedimento di cui all’art. 47 - sexies del “Regolamento Emittenti”, di modificare in aumento il suddetto prezzo in applicazione dell’art. 106, comma 3, lettera d), d.lgs. 58/1998;

- tale richiesta era legata alle seguenti considerazioni delle suddette società: a) andava ipotizzata la sussistenza di un accordo di natura collusiva tra Hitachi e Finmeccanica, fondato su un collegamento negoziale fra la cessione da parte di Finmeccanica della partecipazione in Ansaldo STS S.p.a. e la cessione del ramo d’azienda di Ansaldo Breda S.p.a.;
b) ben poteva ritenersi che detto accordo abbia comportato una sopravvalutazione del ramo d’azienda di Ansaldo Breda, che pur presentando un valore negativo è stato acquistato per un corrispettivo positivo, e una correlativa diminuzione del prezzo delle azioni di Ansaldo STS, con la connessa riduzione del prezzo dell’OPA e con il conseguente pregiudizio degli azionisti di minoranza di quest’ultima società;

- con deliberazione n. 19507 del 3 febbraio 2016, C concludeva la procedura di rialzo del prezzo, avendo accertato la sussistenza dei presupposti della rettifica in aumento del medesimo e quindi, ritenendo sussistente la segnalata intesa collusiva sul presupposto del carattere sostanzialmente unitario dell’operazione, ha fissato il prezzo definitivo nella misura di € 9,899 per azione;

- insorgeva nei confronti della predetta delibera Finmeccanica S.p.a., che proponeva ricorso dinanzi al TAR per il Lazio al fine della contestazione circa la sussistenza dei presupposti per la rettifica del prezzo ad opera della C, considerando che il prezzo avrebbe dovuto tenersi fermo nella misura originariamente stabilita, pari a € 9,50 per azione;

- nel corso del giudizio di primo grado il prezzo veniva mantenuto fermo a cagione del decreto monocratico (18 febbraio 2016 n. 837) di accoglimento della domanda cautelare, avanzata dalla allora società ricorrente e accolta dal TAR (e confermata, in sede cautelare collegiale, con ordinanza 16 marzo 2016 n. 1264), con il quale sono stati provvisoriamente sospesi gli effetti della delibera C n. 19507 del 3 febbraio 2016, nella sola parte in cui essa ha rettificato in aumento il prezzo dell’offerta pubblica di acquisto da € 9,50 a € 9,899 per azione;

- successivamente rispetto a tale fase giudiziale (cautelare di primo grado) il procedimento si chiudeva con la liquidazione del corrispettivo spettante agli aderenti all’OPA sulla base di un prezzo aumentato su base volontaria da parte dell’offerente (9,68 euro per azione);

- infine, in data 23 marzo 2016, Hitachi rendeva noto (tramite un comunicato alla stampa) di aver acquistato sul mercato azioni Ansaldo STS al prezzo di Euro 10,50 per azione e di voler adeguare il prezzo di offerta a tale ultimo prezzo attribuendo un conguaglio agli aderenti, ai sensi dell’art. 42, comma 3, del Regolamento Emittenti (c.d. best price rule ).

3. – In sintesi, dunque, come ricorda la parte appellante (si veda il punto 1 e seguenti della parte descrittiva del “fatto” dell’atto di appello) la presente controversia ha ad oggetto l’accertamento di un presunto accordo collusivo nella cessione da Finmeccanica S.p.a. (oggi Leonardo S.p.a). ad Hitachi Ltd dei due asset che afferivano, nell’ambito del Gruppo Finmeccanica, al settore trasporti.

Le operazioni di cessione vanno inserite all’interno di una più ampia operazione, strategicamente riconducibile ad un unico percorso trasformativo perseguito da Finmeccanica e teso a realizzare la concentrazione delle attività intorno al settore di principale interesse della società, costituito da aerospazio, difesa e sicurezza, attraverso la dismissione degli asset afferenti a settori diversi.

La concentrazione delle attività di Finmeccanica attorno al settore di principale interesse della medesima è avvenuta con l’accordo concluso il 24 febbraio 2015, attraverso le cessioni, che poi sarebbero state oggetto della procedura presso la C conclusa con la delibera impugnata in primo grado, con le quali Finmeccanica:

- ha ceduto la partecipazione di controllo detenuta in Ansaldo STS S.p.a. pari al 40,066% della stessa a favore di Hitachi Rail Italy Investments S.r.l.;

- la cessione di un ramo di azienda di AnsaldoBreda S.p.a. a favore di Hitachi Rail Italy S.p.a. che, come Hitachi Rail Italy Investments S.r.l., è controllata da Hitachi L.t.d.

La cessione contestuale degli asset relativi al trasporto ferroviario è stata una scelta funzionale all’obiettivo di uscita dall’intero settore, anche in considerazione dei legami industriali e commerciali tra Ansaldo STS e AnsaldoBreda S.p.a.: le due realtà operano in partnership e in rapporto di fornitura in numerose commesse, nazionali e internazionali, integrando verticalmente le proprie competenze industriali, realizzando l’una il materiale rotabile e l’altra gli strumenti di segnalamento e i sistemi ferroviari (attività che sovente attribuisce ad Ansaldo STS il ruolo di prime contractor ), alla stregua dei maggiori competitor internazionali che vedono le relative attività accoppiate in gruppi unitari.

Le articolate (e perduranti nel tempo) procedure selettive che hanno preceduto la doppia cessione (bene descritte nell’atto di appello) hanno condotto a preferire le offerte vincolanti di Hitachi sono risultate essere le migliori, sia per quanto attiene il Ramo d’Azienda che per quanto attiene Ansaldo STS: ecco perché il consiglio di amministrazione di Finmeccanica, il 24 febbraio 2015, confermava la cessione a Hitachi del Ramo d’Azienda di Breda e della partecipazione del 40,066% in Ansaldo STS

In ragione dell’acquisizione della partecipazione del 40,066% in Ansaldo STS, Hitachi ha (doverosamente) promosso, ai sensi dell’art. 106, comma 1- bis , del TUF, un’Opa obbligatoria sulla partecipazione flottante, al prezzo di € 9,50 per azione, essendo questo il prezzo più alto pagato nei 12 mesi precedenti ( ex art. 106, comma 2, del TUF).

4. - In seguito al lancio dell’Opa, le società Amber e Bluebell, azionisti di minoranza di Ansaldo STS, chiedevano a C, con istanze del 10 e dell’11 novembre 2015, di disporre l’aumento del prezzo dell’Opa, ipotizzando un accordo collusivo tra Hitachi e Finmeccanica, sulla base dei seguenti elementi:

- una presunta sopravvalutazione di Breda, che sarebbe stata venduta al prezzo positivo di € 1 pur a fronte di un valore negativo attribuitole dall’acquirente;

- una presunta corrispondente e conseguente svalutazione delle azioni Ansaldo, che sarebbero state (nell’ipotesi tracciata dalle cenuncianti) frutto di un collegamento negoziale tra le due operazioni.

La C, quindi, avviava doverosamente i procedimenti di verifica, comunicandolo a Finmeccanica con nota del 17 novembre 2015, (prot n. 88778/15), ai quali erano assegnati i numeri 37381/2015 e 37458/2015 e chiedendo alla predetta società di fornire chiarimenti in merito alle operazioni di cessione e, in particolare (come si può leggere agevolmente nella predetta nota prodotta in atti):

- rappresentare il contesto in cui è maturata la decisione di dismettere il settore trasporti;

- ricostruire dettagliatamente la tempistica e le modalità di svolgimento delle procedure competitive di vendita;

- rappresentare le proprie valutazioni in ordine al rapporto di contestualità tra le due cessioni e chiarire se vi sia stato collegamento o rapporto tra le stesse;

- fornire elementi di dettaglio in merito a quanto dichiarato dall’amministratore delegato della società nell’ambito dell’audizione dinanzi alla commissione industria del Senato del 9 marzo 2015 in relazione alle garanzie prestate;

- individuare gli elementi discriminanti per la scelta di Hitachi Ltd tra i vari offerenti che avevano partecipato alle procedure competitive di vendita;

- le motivazioni che hanno condotto Finmeccanica ad escludere le altre offerte proposte, in particolare rispetto all’ultimo concorrente rimasto in gara insieme ad Hitachi.

Risulta che Finmeccanica, dopo avere ricevuto la suddetta nota, ha proposto istanza di accesso agli atti del procedimento (con richieste del 20 novembre 2015 e del 23 novembre 2015), procedendo poi a trasmettere a C una nota con informazioni in data 25 novembre 2015.

5. - Successivamente alla trasmissione della predetta nota, C adottava la delibera n. 19507 del 3 febbraio 2016 con la quale riteneva accertata, nell’ambito del procedimento di cessione ad Hitachi Rail Italy Investments S.r.l. della partecipazione di controllo detenuta da Finmeccanica S.p.a. in Ansaldo STS, la fattispecie collusiva di cui all’art. 106, comma 3, lett. d), n. 2, del d.lgs. n. 58/1998.

Il provvedimento reca, in estrema sintesi, i seguenti passaggi:

- le due operazioni di cessione sono state contestuali, circostanza che ha reso concreto il rischio di un collegamento negoziale tra le stesse;

- le parti erano consapevoli che tale collegamento avrebbe consentito un travaso di valore dal prezzo della partecipazione a quello del Ramo d’Azienda, attraverso una sottovalutazione della prima ed una sopravvalutazione del secondo;

- la sottovalutazione della partecipazione in Ansaldo STS discenderebbe dal fatto che il prezzo effettivamente offerto da Hitachi, pari a 9,65 €/azione, sarebbe inferiore al prezzo di 10 €/azione che la stessa si era dichiarata disponibile a pagare, nell’ambito di una prospettazione interna al proprio consiglio di amministrazione durante le trattative;

- la sopravvalutazione di Breda sarebbe desumibile dall’aumento dell’ enterprise value della stessa da € 320 mln a € 352 mln, secondo le valutazioni presentate da Hitachi al proprio consiglio di amministrazione;

- tale aumento di valore conseguirebbe all’accordo sull’iniezione di liquidità di € 15 mln da parte di Finmeccanica nelle casse di Breda, che avrebbe comportato una riduzione del valore negativo del capitale del ramo d’azienda di Breda da € 47 a € 32 mln, somma che, a fronte di un prezzo nominale rimasto fermo ad 1 euro, rappresenterebbe una sopravvalutazione, corrispondente all’analogo aumento dell’ enterprise value ;

- l’aumento di valore nella valutazione interna di Hitachi sarebbe stato repentino, in quanto intervenuto nel periodo tra il 16 gennaio 2015 ed il 6 febbraio 2015 e non giustificabile altrimenti, in quanto le ragioni addotte da Hitachi nel corso del procedimento non sono state ritenute sufficienti a sostenere un incremento di fiducia di tale importanza;

- il presunto plusvalore del Ramo d’Azienda, quantificato in € 32 mln, se sommato al prezzo effettivamente corrisposto da Hitachi per la cessione della partecipazione in Ansaldo STS, avrebbe comportato un prezzo per azione vicino ai € 10, prezzo indicato nella valutazione interna di Hitachi presentata in occasione del consiglio di amministrazione del 24 febbraio 2015.

In conclusione, la fattispecie collusiva è stata ricondotta alla comune consapevolezza delle parti di un (ipotetico) travaso di valore, consentito dalla struttura dell’operazione. Detto travaso di valore è desunto, dall’ingiustificato aumento di valore di € 32 mln dell’ enterprise value riscontrato nelle valutazioni interne di Hitachi, elementi che sarebbero sintomatici “ dell’intenzione, condivisa da Hitachi Ltd e dal venditore di riconoscere a quest’ultimo, per la cessione delle azioni della società quotata, una componente di prezzo ulteriore rispetto al corrispettivo dichiarato dall’Offerente, attraverso la collegata transazione di acquisto del Ramo di Azienda .

6. – L’odierna appellante proponeva ricorso dinanzi al TAR per il Lazio chiedendo l’annullamento della delibera C n. 19507 del 3 febbraio 2016, censurandone il contenuto attraverso sei traiettorie contestative: 1) illegittimità per violazione dell'art. 10 l. 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 24, comma 1, l. 262/2005 nonché difetto di istruttoria con riferimento alla violazione da parte di C dei diritti di partecipazione al procedimento di Finmeccanica;
2) illegittimità per travisamento dei fatti ed errata valutazione dei presupposti della decisione, difetto di istruttoria, illogicità ed irragionevolezza manifesta della motivazione nonché eccesso di potere per arbitrarietà, in ordine alla insussistenza del travaso di valore dal ramo d'azienda alla partecipazione;
3) invalidità per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti della decisione nonché eccesso di potere per illogicità manifesta, con riferimento alla ragionevolezza ed alla congruità delle valutazioni negoziali delle parti e sul corretto svolgimento delle trattative;
4) illegittimità per violazione dell'art. 5, comma 4, della direttiva 2004/25/CE, dell'art. 1, comma 1, l. 241/1990, degli art. 23, 41 e 97 della Costituzione, difetto di motivazione ed eccesso di potere per arbitrarietà, sull'atipicità della fattispecie di collusione applicata dalla C;
5) violazione dell'art. 5, comma 4, della direttiva 2004/25/CE e dell'art. 41 della Costituzione, difetto di motivazione ed eccesso di potere per arbitrarietà, sull'interpretazione della nozione di collusione in termini meramente oggettivi fornita da C;
6) illegittimità derivata dall’incostituzionalità dell’art. 106, comma 3, lett d) del TUF per contrasto con gli artt. 23, 41, 97 e 117 della Costituzione, ove interpretata in termini esclusivamente oggettivi.

Nel corso del giudizio di primo grado, costituitesi la C e le società Amber Capital Italia SGR S.p.a. e Amber Capital UK LLP, su istanza della Finmeccanica il giudice di primo grado, con ordinanza n. 11444 del 16 novembre2016, sospendeva il giudizio e rimetteva in via pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione volta a chiarire la corretta applicazione dell’articolo 5, paragrafo 4, comma 2, della direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto. Il giudice di primo grado poneva alla Corte unionale il seguente quesito interpretativo: “ Se osti alla corretta applicazione dell’articolo 5, paragrafo 4, comma 2, della Direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto, in relazione ai principi generali stabiliti dall’art. 3, paragrafo 1, della stessa Direttiva, nonché alla corretta applicazione dei principi generali di diritto europeo della certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità, di ragionevolezza, di trasparenza e di non discriminazione, una normativa nazionale, quale quella dell’articolo 106, comma 3, lettera d), numero 2), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), e successive modificazioni, e dell’art. 47-octies della deliberazione della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - C n. 11971 del 14 maggio 1999 (Regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli emittenti), e successive modificazioni, nella parte in cui le citate disposizioni autorizzano la C ad aumentare l’offerta pubblica di acquisto di cui al citato articolo 106, qualora ricorra la circostanza che “vi sia stata collusione tra l’offerente o le persone che agiscono di concerto con il medesimo e uno o più venditori”, senza individuare le specifiche condotte che integrano tale fattispecie, e dunque senza determinare chiaramente le circostanze e i criteri, in presenza dei quali la C è autorizzata a rettificare in aumento il prezzo dell’offerta pubblica di acquisto ”.

Con ordinanza del 24 ottobre 2017, cause riunite C-655/16 e C-656/16, la Corte di giustizia ha reso l’interpretazione richiesta, affermando “ che, nella sentenza del 20 luglio 2017, Marco Tronchetti Provera e a. (C206/16, EU:C:2017:572), la Corte si è pronunciata su una questione identica in un contesto fattuale simile ” e che quindi “ la risposta fornita dalla Corte nella sua sentenza del 20 luglio 2017, Marco Tronchetti Provera e a. (C206/16, EU:C:2017:572), è pienamente applicabile alla questione proposta dalgiudice del rinvio nei procedimenti principali ”.

In proposito, sottolinea la parte odierna appellante, va ricordato che nel giudizio “ Marco Tronchetti Provera ”, al quale fa riferimento l’ordinanza della Corte di giustizia sopra ricordata, il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza 9 novembre 2018 n. 6330, accogliendo gli appelli in quel giudizio proposti, ha affermato che nel nostro ordinamento esiste una nozione di collusione con un significato sufficientemente chiaro, preciso, prevedibile, coerente con il principio stabilito dalla citata sentenza della Corte di giustizia e che tale nozione richiede la consapevolezza di tutte le parti interessate, non sussistente in quei casi, di talché annullava il provvedimento della C impugnato in quel giudizio.

7. – Il giudice di primo grado, dopo avere ritenuto infondate le eccezioni preliminari sollevate da C, ha respinto nel merito il ricorso proposto da Finmeccanica.

Il TAR per il Lazio ha infatti:

- ritenuto infondate le censure con le quali Finmeccanica aveva segnalato la violazione, da parte di C, del principio del giusto procedimento e del contraddittorio nonché la lesione delle garanzie partecipative di cui all’art. 10 l. 241/1990, in quanto la Commissione ha svolto il procedimento delineato dall’art. 47- sexies del Regolamento Emittenti nel corso del quale “ Finmeccanica è stata comunque coinvolta nel procedimento con la nota del 17 novembre 2015 (recante le "Richieste ai sensi degli artt. 102, comma 7, del Tuf e 47 sexies, comma 6, del Regolamento Emittenti") ed ha quindi avuto modo di partecipare al procedimento, nel corso del quale ha ampiamente interloquito con l’Autorità procedente ” (così, testualmente, a pag. 9 della sentenza appellata);

- escluso l’incostituzionalità della disposizione contenuta nell'art. 106, comma 3, lett. d), n. 2, del TUF e, prima ancora, l’incompatibilità del diritto nazionale con la tassatività e la determinatezza prescritte dall’art. 5, par. 4 della direttiva 2004/25/CE ove si voglia interpretare le norme nazionali, come ha fatto la C, nel senso di riconoscere la possibilità di prevedere una fattispecie collusiva “a forma libera” nonché, ancor di più, se interpretata quest’ultima come fattispecie oggettiva che non implica la ricerca di un effettivo intento di porre in essere un’operazione elusiva della normativa vigente;

- ha ricordato che la Corte di giustizia UE, con l’ordinanza del 24 ottobre 2017, adottata sulla richiesta pregiudiziale sollevata dal medesimo TAR del Lazio nel corso del giudizio di primo grado, ha stabilito quanto segue: “ L’articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente all’autorità nazionale di vigilanza di aumentare il prezzo di un’offerta pubblica di acquisto in caso di «collusione» senza precisare le condotte specifiche che caratterizzano tale nozione, a condizione che l’interpretazione di suddetta nozione possa essere desunta da tale normativa in modo sufficientemente chiaro, preciso e prevedibile, mediante metodi interpretativi riconosciuti dal diritto interno ”;

- conseguentemente ha respinto i motivi di ricorso proposti con riferimento alla erronea impostazione fatta propria dalla C in ordine alla contestata collusione, tenendo conto anche del precedente della Sezione recato dalla sentenza dalla sentenza del 9 novembre 2018, n. 6330 che ha recepito il criterio interpretativo dettato dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 20 luglio 2017 (e ribadito con l’ordinanza del 24 ottobre 2017), riaffermando che “ l’articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 2004/25 riconosce agli Stati membri un margine di discrezionalità per stabilire i criteri da utilizzare per determinare il prezzo al quale tale offerta deve essere portata;
- di conseguenza, l’articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, di tale direttiva non può essere interpretato nel senso che impone che una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, riprenda uno degli esempi di criteri da essa menzionati, in quanto l’elenco di esempi contenuto in tale articolo non è vincolante, né esaustivo;
- in sede di trasposizione della Direttiva 2004/25/CE, l’ordinamento nazionale può far ricorso ad una nozione giuridica astratta indeterminata quale quella di “collusione” non essendo obbligato il legislatore nazionale a declinare ex ante tutte le ipotesi di condotta cui la nozione indeterminata adottata potrebbe astrattamente applicarsi;
- se è vero che tale disposizione dispone che i criteri utilizzati devono essere chiaramente determinati, è sufficiente, per soddisfare tale requisito, nonché il principio di certezza del diritto, che i suddetti criteri siano stati previsti e che la loro portata possa essere desunta in modo sufficientemente chiaro, preciso e prevedibile dall'insieme della normativa nazionale di cui trattasi, mediante metodi interpretativi riconosciuti dal diritto interno;
- discende dalle considerazioni precedenti che l’articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 2004/25 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che consente all’autorità nazionale di vigilanza di aumentare il prezzo di un’OPA in caso di «collusione» senza precisare le condotte specifiche che caratterizzano tale nozione, a condizione che l’interpretazione della suddetta nozione possa essere desunta da tale normativa in modo sufficientemente chiaro, preciso e prevedibile, mediante metodi interpretativi riconosciuti dal diritto interno
”;

- in siffatto contesto ha ricordato come la Sezione abbia chiarito (nel ricordato precedente del 2018), sulla base della interpretazione del rapporto tra norme nazionali e direttiva 2004/25/CE fatta propria dalla Corte di giustizia UE (nelle decisioni più sopra richiamate), che: “ nel nostro ordinamento esistono bensì una serie di previsioni settoriali di condotte giuridicamente rilevanti qualificate come «collusione» – segnatamente: il reato di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353 c.p., perpetrato tramite «collusioni o altri mezzi fraudolenti»;
l’aggravante della collusione con la parte
avversaria nel reato di patrocinio o consulenza infedele ex art. 380 c.p.;
la
fattispecie di nullità del processo esecutivo ex art. 2929 c.c., inficiante la vendita o l’assegnazione forzata e opponibile all’acquirente o assegnatario in caso di «collusione con il creditore procedente»;
l’impugnazione per revocazione
proponibile dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 397 c.p.c., «quando la sentenza è l’effetto della collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge», o l’impugnazione per opposizione revocatoria proponibile dagli aventi causa e dai creditori di una delle parti processuali ai sensi dell’art. 404, comma 2, c.p.c., «quando è l’effetto di dolo o collusione a loro danno» –, nelle quali la nozione di «collusione» assume il significato elastico, ma dai contorni semantici sufficientemente determinati, di accordo clandestino e fraudolento in danno di terzi o in elusione di disposizioni imperative di legge, postulando dunque la sussistenza dell’elemento volitivo e intenzionale in capo a tutti i partecipi dell’accordo ”;
- che “alla luce dei richiamati “indici normativi di sistema”, emerge una cornice tipologica che, con il termine «collusione», evoca qualsivoglia intesa clandestina fra due o più persone per conseguire un fine illecito, mediante il tradimento della fiducia di terzi o l’elusione delle regole poste a tutela dell’attività legittima degli stessi ”;
- che “ le intese illecite del diritto antitrust prefigurano un concetto non dissimile da quello esposto […] Mentre la fattispecie dell’accordo ricorre qualora le imprese abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo, la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza […] L’intesa restrittiva della concorrenza mediante pratica concordata richiede comportamenti di più imprese, uniformi e paralleli, che costituiscano frutto di concertazione e non di iniziative unilaterali, sicché nella pratica concordata manca, o comunque non è rintracciabile da parte dell’investigatore, un accordo espresso, il che è agevolmente comprensibile, ove si consideri che gli operatori del mercato, ove intendano porre in essere una pratica anticoncorrenziale, ed essendo consapevoli della sua illiceità, tenteranno con ogni mezzo di celarla, evitando accordi scritti o accordi verbali espressi e ricorrendo, invece, a reciproci segnali volti ad addivenire ad una concertazione di fatto. La giurisprudenza, consapevole della rarità dell’acquisizione di una prova piena, ritiene che la prova della pratica concordata, oltre che documentale, possa anche essere indiziaria, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti. Nella pratica concordata l’esistenza dell’elemento soggettivo della concertazione deve perciò desumersi in via indiziaria da elementi oggettivi, quali: la durata, l’uniformità e il parallelismo dei comportamenti;
l’esistenza di incontri tra le imprese;
gli impegni, ancorché
generici e apparentemente non univoci, di strategie e politiche comuni;
i segnali e
le informative reciproche;
il successo pratico dei comportamenti, che non potrebbe
derivare da iniziative unilaterali, ma solo da condotte concertate (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123) ”;
- che “ anche nel diritto antitrust, l’Autorità di vigilanza deve assolvere l’onere di provare il coordinamento di fatto e consapevole dell’attività di più imprese indipendenti e la conseguente restrizione della concorrenza . - che “ in definitiva, la «collusione accertata» tra l’offerente e uno o più venditori, da cui «emerga il riconoscimento di un corrispettivo più elevato di quello dichiarato dall’offerente», che consente alla C, ai sensi dell’articolo 106, comma 3, lettera d), numero 2), del TUF, di rettificare in aumento il prezzo dell’offerta, implica l’accertamento di un accordo, o comunque di un’intesa in senso lato, volta a perseguire l’obiettivo di eludere le norme che presidiano la formazione del prezzo dell’OPA ”.

In ragione dunque della puntualità della motivazione e della meticolosità con la quale C, nel corso dell’istruttoria, ha acquisito gli elementi utili per giungere alla conclusione che tra Finemeccanica e Hitachi vi sia stata “collusione”, il TAR per il Lazio ha respinto il ricorso ivi proposto reputando soddisfatti tutti i requisiti di legittimità del provvedimento impugnati e quindi, per contro, infondati i motivi di censura dedotti dalla parte ricorrente e volti a dimostrare la illegittimità della delibera C impugnata.

8. – Finmeccanica prospetta i seguenti motivi di erroneità della sentenza di primo grado:

1) essa, nel corso del giudizio dinanzi al TAR per il Lazio, aveva censurato anzitutto la nozione atipica di collusione applicata dalla C, illegittima in quanto non consente di selezionare tra le condotte facoltizzate e quelle illecite, conseguentemente i richiami effettuati dal giudice di primo grado alla decisione della Corte di giustizia UE del 24 ottobre 2017 e al precedente della Sezione del 9 novembre 2018 n. 6330 sono inconferenti, atteso che il TAR ha finito per applicare proprio la fattispecie di natura atipica della collusione, “ riconducendo a tale figura ogni contratto “in frode alla legge”, individuato da un’unica circostanza, costituita dal pagamento di un corrispettivo per azione ritenuto inferiore a quello raggiungibile e l’effetto lesivo degli interessi degli azionisti di minoranza, senza in concreto specificare quale sia la condotta idonea a configurare l’accordo collusivo ” (così, testualmente, a pag. 19 dell’atto di appello). Peraltro sugli inconferenti richiami di cui sora il giudice di primo grado ha ritenuto di poter fondare anche l’assenza di contrasto costituzionale e eurounitario della normativa nazionale per come interpretata da C. In conclusione, il provvedimento impugnato ha, illegittimamente, adottato una nozione oggettiva di collusione, che prescinde quindi da qualsiasi accertamento della volontà e anche dell’intenzione in capo al venditore e all’acquirente di diminuire il prezzo dell’OPA, senza poi considerare che l’intera “ tesi accusatoria della C è basata su documenti interni a Hitachi che riportano esclusivamente valutazioni interne effettuate dal management di Hitachi, senza che in questi documenti ci sia alcun cenno a un intendimento collusivo in capo all’acquirente e senza che in essi si rinvenga alcun riferimento a presunti comportamenti collusivi dell’offerente ” (così, testualmente, a pag. 28 dell’atto di appello);

2) in secondo luogo la sentenza qui oggetto di appello, pur riproponendo puntualmente il contenuto degli atti principali prodotti in atti, non ha adeguatamente dato conto delle ragioni che condurrebbero alla infondatezza della tesi sostenuta dalla odierna parte appellante, visto che “ Una negoziazione così complessa avrebbe invece richiesto una motivazione assai più approfondita sui numerosi passaggi della trattativa che comprovano l’assenza del travaso di valore e la ragionevolezza e la congruità delle valutazioni delle parti coinvolte ”, tenuto anche conto che “ La cessione di due asset strategici per il Paese ed estremamente appetibili per il mercato, compresa Breda nonostante le sue passività, ha comportato due trattative separate benché concomitanti nell’ambito del package deal che sono del tutto irriducibili al solo frammento della negoziazione considerato dall’Autorità ” (così ancora, testualmente, a pag. 30 dell’atto di appello);

3) in terzo luogo la società appellante ribadisce la illegittimità della procedura svolta da C sostenendo la violazione dei principi e delle disposizioni in materia di giusto procedimento e di conoscenza della documentazione necessaria per la partecipazione consapevole all’istruttoria svolta da C e che ha condotto all’adozione del provvedimento impugnato in primo grado.

9. – Si è costituita nel presente giudizio C contestando analiticamente la fondatezza dei motivi di appello dedotti e ribadendo la legittimità del provvedimento impugnato in primo grado, per come puntualmente osservato dal giudice di primo grado nella sentenza qui oggetto di appello.

Le parti hanno prodotto ulteriori memorie confermando le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali.

10. – Ad avviso del Collegio va anzitutto respinto il terzo motivo di appello (che nel ricorso di primo grado aveva anticipato la prospettazione degli ulteriori motivi di ricorso) in quanto, nella parte attinente alla mancata acquisizione di tutta la documentazione utile alle società coinvolte nella procedura avviata da C, le società interessate avrebbero dovuto fare applicazione dell’istituto di cui all’art. 22 e ss. l. 241/1990 (ed eventualmente coltivare in sede giudiziale possibili dinieghi o inerzie opposti o messe in campo da C) e ciò non è avvenuto. Quanto invece alla mancata partecipazione procedimentale e all’asserita violazione del principio del giusto procedimento, dall’esame accurato dei fatti che hanno costellato e caratterizzato la procedura svolta da C, quest’ultima ha sollecitato la partecipazione delle società coinvolte anche attraverso la richiesta di presentazione di documenti e osservazione nonché la richiesta di ulteriori integrazioni documentali, di talché non appare agevole percepire, nello specifico, in cosa consista effettivamente la doglianza prospettata dalla odierna parte appellante.

Ancor più in particolare, la trasmissione della nota del 17 novembre 2015 (recante le “Richieste ai sensi degli artt. 102, comma 7, del TUF e 47- sexies , comma 6, del Regolamento Emittenti”) testimonia dell’avvenuta sollecitazione alla partecipazione procedimentale espressa da C, oltre al fatto che nel corso del procedimento è stata consentita una ampia interlocuzione con la Commissione procedente, per come sopra rappresentato nella sintesi dei fatti caratterizzanti la vicenda qui oggetto di esame giudiziale. A tacer poi, con riferimento alla contestazione circa la mancata comunicazione delle risultanze dell’istruttoria, che la natura propria del procedimento svolto da C e del provvedimento conclusivo, non riconducibili alla categoria delle attività sanzionatorie dell’Autorità, quanto piuttosto riferibili a strumenti e meccanismi volti all’esclusiva finalità di ristabilire una situazione di equità a tutela degli azionisti di minoranza, esclude che tale ulteriore atto conoscitivo ed endoprocedimentale sia dovuto da parte della Commissione nell’esercizio di siffatti poteri.

11. – Passando al merito dei due motivi di appello (primo e secondo, per come sopra elencati) proposti nel presente giudizio e che, ad avviso del Collegio, per la intima connessione che ne caratterizza i contenuti, possono essere scrutinati congiuntamente, va rilevato come il punto principale sul quale fonda la contestazione della società appellante è costituito dall’asserito “appiattimento” da parte del giudice di primo grado non solo e non tanto con riguardo alla decisione della Corte di giustizia in merito ai quesiti sottopostile, in via pregiudiziale, dal medesimo primo giudice nel corso del primo grado del presente giudizio, quanto piuttosto dall’avere il TAR per il Lazio erratamente fatto proprie, al fine di ritenere infondati i motivi di ricorso dedotti dalla società ricorrente, le osservazioni espresse dalla Sezione nella precedente sentenza della Sezione 9 novembre 2018 n. 6330 che ha trattato gli stessi argomenti giuridici oggi in esame.

Va ricordato che in quella sentenza la Sezione ha concluso per la illegittimità del provvedimento di C, in quanto la collusione accertata tra “ l’offerente e uno o più venditori, da cui emerga il riconoscimento di un corrispettivo più elevato di quello dichiarato dall’offerente, che consente alla C, ai sensi dell’articolo 106, comma 3, lettera d), numero 2), del TUF, di rettificare in aumento il prezzo dell’offerta, implica l’accertamento di un accordo, o comunque di un’intesa in senso lato, volta a perseguire l’obiettivo di eludere le norme che presidiano la formazione del prezzo dell’OPA ” (così nella sentenza del 2018 richiamata) e tale accertamento non è stato correttamente effettuato da C [visto che “ non è emersa alcuna prova ‒ neppure indiretta, in ragione ad esempio della stranezza intrinseca delle condotte accertate e della mancanza di spiegazioni alternative ‒ della partecipazione all’accordo fraudolento in elusione della regola sul prezzo OPA di (..), ovvero delle società che, con la vendita delle proprie azioni (…) a (…), avrebbero concorso a realizzare la presunta collusione tra (…) e (…) ”].

Nel caso di specie, invece, ad avviso del Collegio (e a differenza del caso di cui al precedente della Sezione richiamato), dalla lettura della documentazione prodotta in atti e dall’esito dell’approfondito procedimento (obiettivamente) svolto da C, congruamente riprodotto nella motivazione del provvedimento impugnato in primo grado, le spie comportamentali che militano per la configurazione dell’accorgo collusivo tra le società protagoniste della vicenda sono emerse in modo tale da rendere riconducibile tale comportamento a quello descritto dalla Corte di giustizia per la emersione della figura disciplinata dalla norma, prima unionale e poi nazionale (con la prima dichiarata compatibile).

In particolare è stata dimostrata, sebbene dal punto di vista indiziario (ampiamente sufficiente, per quanto si è sopra detto, al fine di dimostrare la configurazione del comportamento collusivo):

A) la potenzialità elusiva di un’operazione di cessione di diversi asset strutturata in forma unitaria (cd. package deal ), pur di per sé non vietata dall’ordinamento;

B) la consapevolezza, in capo alla parte venditrice, della disponibilità dell’acquirente ad acquisire il Ramo d’Azienda di Breda – all’epoca in grave perdita – pagando un prezzo superiore al suo reale valore, è ciò al fine di realizzare una operazione, più complessa, avente come bersaglio l’acquisto congiunto anche Ansaldo;

C) l’inconferenza degli elementi (quali: iniezioni liquidità, effettuate da Finmeccanica nel Ramo d’Azienda, successivamente al closing del relativo accordo di cessione;
garanzie di performance accordate dalla stessa Finmeccanica a favore dell’acquirente;
contestuale cessione di un comparto immobiliare connesso al predetto ramo) esplicitamente invocate da controparte a fondamento dell’incremento, avvenuto nella fase finale della trattativa, dell’ Enterprise Value di Breda nella misura di euro 32 milioni;

D) l’irrilevanza, al fine di escludere la sussistenza di un travaso di valore, del riferimento all’andamento delle quotazioni del titolo Ansaldo e al continuo incremento – avvenuto nel corso delle trattative intercorse tra Hitachi e Finmeccanica – del prezzo offerto dalla prima per Ansaldo, e ciò in quanto, sotto un primo profilo, la regola del prezzo più alto pagato (di cui all’art. 106, comma 2, del TUF) pone al centro il corrispettivo effettivamente scambiato tra le parti, che prescinde del tutto dal valore di quotazione della società target nonché, sotto altro versante, il corrispettivo offerto da Hitachi ha sempre riflettuto una considerazione solo parziale del valore della partecipazione, il quale risultava espresso anche dalla parte di corrispettivo allocata nella transazione avente per oggetto Breda.

La sintesi (sopra riprodotta prendendo in prestito le parole utilizzate da C nel riassumente, nella memoria prodotta in atti, la sintesi dei passaggi caratterizzanti le acquisizioni assunte dalla Commissione nel corso del procedimento e i profili più rilevanti ricavabili dalla motivazione del provvedimento impugnato in primo grado) delle ragioni che hanno indotto C a ritenere configurata, nell’operazione di vendita, la collusione, convince il Collegio della legittimità del comportamento posto in essere dalla Commissione e delle conclusioni alle quali essa è giunta, per come già segnalato dal TAR per il Lazio, con conseguente infondatezza dei restanti motivi di appello esaminati qui congiuntamente.

Infatti, posto che sin dall’anno 2011 Finmeccanica aveva manifestato l’intenzione di dismettere l’intero settore trasporti del gruppo (costituito da Breda e Ansaldo) per concentrarsi unicamente sul settore core costituito da difesa e sicurezza) e tenuto conto che il gruppo Finmeccanica era composto, essenzialmente, da due asset la cui situazione finanziaria ed economica era notevolmente diversa, perché il 40% delle azioni erano relative alla quotata Ansaldo (una società sostanzialmente priva di indebitamento e con notevoli prospettive reddituale) e il 100% delle azioni appartenevano alla non quotata Breda (che all’epoca della cessione si presentava fortemente in perdita e gravemente indebitata), lo scenario, al momento dell’operazione di cessione scrutinata da C, non era significativamente impermeabile ad operazioni di fluttuazione del prezzo di cessione.

Le trattative di cessione, con un andamento ondulatorio nelle tempistiche e nei soggetti che ne sono stati protagonisti, avviate nel 2011, hanno avuto una accelerazione nel 2014 e un incremento della velocità decisoria nel momento in cui (per come sopra si è ampiamente e analiticamente riferito) la selezione svolta aveva concentrato l’interesse su due soli player per poi repentinamente coagularsi nell’unica presenza di Hitachi (che nel corso degli anni aveva mostra di avere perso ogni interesse per l’operazione). Può dunque dirsi che, a fronte di una estrema diluizione temporale delle operazioni di cessione, la definizione delle condizioni della medesima operazioni si è realizzata in un arco temporale estremamente ridotto e concentrato negli ultimi giorni del mese di febbraio 2015.

Inoltre nel carteggio acquisito da C nel corso dell’istruttoria (che sebbene sia costituito anche dalla documentazione interna di Hitachi denominata anche “ Tower ”, non si comprende per quale ragione, sotto il profilo indiziario, esso non possa essere stato, nella sua interezza, considerato idoneo dalla Commissione per valutare l’operato delle società coinvolte nelle operazioni di cessione) si evidenzia che già nella fase delle trattative che si coaguleranno nell’accordo del 24 febbraio 2015, emerge fin da subito, con riferimento all’OPA che avrebbe dovuto successivamente (doverosamente) essere lanciata, la piena consapevolezza dei rischi insiti nella contestuale vendita dei due asset, di possibili travasi (e quindi dell’eventuale necessità di elusione della normativa sull’OPA, dal momento che Hitachi dichiara di aver chiesto varie volte a Finmeccanica di procedere all’esecuzione dello SPA Ansaldo e che Finmeccanica avrebbe rigettato tale proposta sostenendo che “ la divisione delle due operazioni avrebbe avuto impatto negativo sui management delle due società nonché sulle relazioni con le rappresentanze sindacali ”).

Come ricorda C a pag. 10 della propria memoria “ Hitachi era consapevole dell’effettivo valore di Ansaldo, per il cui acquisto sarebbe stata disposta a pagare fino a 10 euro per azione (come emerge dalla documentazione per il CdA di Hitachi del 12 settembre 2014;
inoltre, dalla documentazione distribuita per la riunione del CdA di Hitachi del successivo 10 dicembre emerge l’attribuzione, da parte del management, di un valore di Ansaldo pari a euro 12,00 ove l’asset fosse stato venduto stand alone. Pur di realizzare l’acquisto della Partecipazione in Ansaldo, Hitachi era disposta, dunque, ad acquistare anche un asset in grave perdita come Breda, stante la ferma volontà di Finmeccanica di cedere contestualmente i due asset per le ragioni anzidette
”.

In altri termini tutto quanto sopra non porta ad escludere che Hitachi era consapevole che, data la struttura unitaria dell’operazione, l’acquisizione contestuale di entrambi gli asset avrebbe comportato la possibilità di “compensare” il maggior prezzo pagato per Breda con un minor prezzo per l’acquisto della Partecipazione e quindi aveva manifestato una notevole flessibilità negoziale nella trattativa per l’acquisizione del Ramo d’Azienda della non quotata Breda.

Si è quindi passati da una prima proposta nella quale Hitachi intendeva chiedere a Finmeccanica una iniezione di liquidità inferiore a 47 milioni euro (o, comunque, la rimozione di debito per un valore equivalente dal Ramo d’Azienda ceduto) rispetto al valore della società, per poi giungere ad un nuovo accordo, tra Hitachi e Finmeccanica, in base al quale Finmeccanica avrebbe effettuato una cash injection di euro 15 milioni a fronte di talune variazioni alla precedente struttura fiscale dell’operazione, ferma restando l’offerta di corrispettivo da parte di Hitachi pari a 1 euro, con la conseguenza che la maggiore offerta di Hitachi rispetto alle valutazioni interne dell’ Equity Value si è ridotta da euro 47 milioni a euro 32 milioni.

Tutto ciò, poi, nella realtà si è realizzato, con la conseguenza che alla conclusione delle trattative si è assistito ad un improvviso incremento di euro 32 milioni dell’ Enterprise Value attribuito a Breda da parte di Hitachi (che è passato, in tal modo, da euro 320 milioni, come si era registrato nell’offerta del 16 gennaio 2015 a euro 352 milioni, per come risulta dalla documentazione sulla scorta della quale il consiglio di amministrazione di Hitachi ha dato il placet all’accordo del 24 febbraio 2015) senza adeguate motivazioni se non generiche indicazioni di un significativo incremento, rispetto alle precedenti stime, delle sinergie derivanti dall’aggregazione del business di Breda con il complesso industriale di Hitachi.

Peraltro e da ultimo (come ricorda C a pag. 12 della memoria depositata) “ la negoziazione per la vendita della partecipazione in Ansaldo, conclusasi nell’arco di pochi giorni, non ha evidenziato una vera e propria trattativa sul prezzo, aumentato, dalla prima offerta di agosto 2014 (euro 9,40) all’offerta definitiva di febbraio 2015, successiva al completamento della due diligence, a euro 9,65 per azione cum dividend (prezzo che si collocava nella parte bassa dell’intervallo di congruità individuato da C, advisor finanziario di Hitachi, tra 9,50 euro e 11,50 euro) ”.

Tanto è sufficiente, ad avviso del Collegio, per ritenere consolidati i presupposti che la Corte di giustizia UE e i precedenti della Sezione (nelle decisioni più volte qui richiamate) hanno tratteggiato al fine di individuare le ipotesi in cui può ritenersi dimostrata, ai fini del corretto intervento di C, la collusione tra le società nel corso dell’operazione di cessione, dovendosi ritenere che nella specie sia corretta la conclusione alla quale è giunta C circa l’esistenza di una intesa collusiva tra Finmeccanica e Hitachi, rilevante ai sensi del combinato disposto degli artt. 106, comma 3, lett. d), 2), del TUF e 47- sexies del Regolamento Emittenti, con l’obiettivo di riconoscere a Finmeccanica una componente di prezzo aggiuntiva per la cessione della partecipazione di maggioranza, ulteriore rispetto al prezzo dichiarato dall’acquirente.

Tali elementi si presentano puntualmente riprodotti nella motivazione del provvedimento impugnato in primo grado che, per tale ragioni, deve ritenersi legittimamente adottato, tenuto conto dei parametri di valutazione e di scrutinio giudiziale più sopra descritti.

12. – In ragione di tutto quanto si è sopra esposto con riferimento all’appello qui in esame, il mezzo di gravame va respinto con conseguente conferma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. II- quater , 26 gennaio 2019, n. 1032 con la quale è stato respinto il ricorso (n. R.g. 3737/2016) proposto in primo grado.

La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242), che ha consentito di derogare all'ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016 n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Per la peculiarità e la complessità delle questioni che, sia in punto di fatto che di diritto, hanno caratterizzato il presente contenzioso, ritiene il Collegio che sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c, per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare le spese del grado di appello tra le parti.

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