Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-04-23, n. 202002580

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-04-23, n. 202002580
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002580
Data del deposito : 23 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/04/2020

N. 02580/2020REG.PROV.COLL.

N. 10033/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10033 del 2016, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato R P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Nomentana, n. 671;

contro

la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore , ed il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio - Sezione Terza n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il diniego del riconoscimento dei benefici previsti dalla legge per i perseguitati antifascisti e razziali.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell'economia e delle finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2020 il Cons. Giuseppa Carluccio.


FATTO e DIRITTO

1. La presente controversia concerne l’appello proposto da un cittadino italiano, perseguitato razziale, avverso la sentenza del T.a.r. per il Lazio - Roma n. -OMISSIS-, che ha rigettato il ricorso (r.g. n. -OMISSIS-) con il quale l’attuale appellante aveva impugnato l’atto della Commissione interministeriale della Presidenza del Consiglio dei ministri (n. 92779 del 21 settembre 2012), che aveva deliberato “non luogo a provvedere” in ordine alla sua istanza del 14 ottobre 2010, diretta ad ottenere il beneficio della contribuzione figurativa ex lege n. 932 del 1980 (recante “ provvidenze a favore dei perseguitati politici antifascisti e razziali ”).

1.2. Una precedente domanda (del 2006), volta ad ottenere lo stesso beneficio, era stata respinta con la deliberazione n. 89008 del 22 ottobre 2007, in quanto l’istante, nato nel mese di dicembre del 1938, all’epoca delle leggi razziali non aveva compiuto l’età lavorativa di 14 anni.

Allo stesso ricorrente è stato attribuito l’assegno vitalizio di cui all’art. 3 della legge n. 932 del 1980, perché dal novembre del 1943 fino al giugno del 1944 era stato ospitato in un convento per sfuggire alle persecuzioni razziali.

2. L’appello è affidato a due motivi.

2.1. L’Amministrazione si è costituita, instando per il rigetto, ed in data 13 marzo 2020 ha depositato memoria.

2.2. All’udienza del 16 aprile 2020, ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

3. La sentenza gravata dall’appello ha così, essenzialmente, argomentato il rigetto del ricorso di primo grado:

a) l’istante basa la sua prospettazione sul fatto che, negli anni per i quali ha chiesto con la seconda istanza di accedere al beneficio previsto dall’art. 2 della legge n. 932 del 1980 (a far data, cioè, dal primo atto persecutorio dell’ottobre 1943 e fino al 25 aprile 1945), fosse ancora prevista la possibilità di usufruire del sistema di mutualità scolastica, prima erogata dall'Istituto nazionale fascista di previdenza sociale ai sensi della legge n. 521 del 1910 e, poi, dopo la soppressione disposta con il regio decreto legge n. 1620 del 1938, dal PNF – Gioventù italiana del Littorio (GIL), al quale, secondo il ricorrente, sarebbero state integralmente trasferite le funzioni del predetto ente previdenziale;

b) la tesi prospettata non può essere condivisa perché dalle disposizioni (artt. 1, 2, 4, e 5) del r.d.l. n. n. 1620 del 1938 emerge che, dall’anno scolastico 1938-1939, non esisteva più il sistema di mutualità scolastica e che il passaggio alla Gioventù italiana del Littorio delle funzioni dell’ente previdenziale aveva la funzione di continuare a gestire le situazioni pregresse (ovvero i diritti acquisiti dai soci mutualisti) e di provvedere a sviluppare compiti assistenziali a favore dei giovani bisognosi, ma non anche compiti di natura previdenziale, come dimostra l’abolizione di ogni forma di contributo disposta dal citato art. 5 dello stesso regio decreto legge e la trasformazione in un’opera di assistenza igienico-sanitaria del regime che traeva i fondi da una quota parte delle tasse, versate dagli alunni per frequentare la scuola;

c) pur volendo accedere alla tesi prospettata nel ricorso, secondo cui il diniego del beneficio non può essere ancorato al mancato raggiungimento dell’età lavorativa, ciò non avrebbe alcuna utilità in quanto, nel periodo scolastico di riferimento, essendo stato abolito il sistema di mutualità scolastica vigente fino al 1938, l’istante non sarebbe potuto essere destinatario di alcuna forma di previdenza, colmabile quindi con i contributi figurati previsti dal citato art. 2 della legge n. 932 del 1980;

d) inoltre, alla data del primo atto persecutorio (ottobre 1943), il ricorrente non aveva ancora compiuto i sei anni di età, necessari per poter essere ammesso alla formazione scolastica, essendo nato nel mese di dicembre del 1938;
né lo stesso ha dimostrato di non essere stato ammesso, nel mese di ottobre 1944, ad una scuola pubblica nella città di Roma (comunque liberata nel mese di giugno del 1944);

e) da quanto esposto, risulta evidente che l’atto impugnato non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello adottato in quanto, essendo stato abolito il sistema di mutualità scolastica, il ricorrente avrebbe avuto diritto al beneficio di cui all’art. 2 della legge n. 932 del 1980 solo nel caso in cui, alla data del primo atto persecutorio (ottobre 1943), avesse raggiunto l’età lavorativa (14 anni);

f) non può, quindi, essere accolta la censura con cui deduce la violazione dell’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990, in quanto, in applicazione del successivo art. 21- octies , eventuali controdeduzioni da parte dell’interessato non avrebbero potuto determinare alcun effetto diverso da quello che si è poi concretizzato con l’adozione dell’atto di diniego.

4. Con il primo motivo, l’appellante, anche richiamando risalenti pronunce di questo Consiglio, ha sostenuto che il beneficio previsto dall’art. 2 della l. n. 932 del 1980 ha finalità umanitarie, equitative e, nella misura del possibile, riparatorie. Egli ne ha tratto la conseguenza che, per l’attribuzione del beneficio, rilevi solo l’esistenza di un atto persecutorio e una posizione assicurativa riferita al momento della richiesta del beneficio;
e non, come ritenuto dal primo giudice, periodi di lavoro assoggettabili ad assicurazione nel periodo persecutorio, rispetto ai quali rileverebbe l’età lavorativa di 14 anni, o, comunque, l’esistenza in quello stesso periodo di una posizione assicurativa di mutualità scolastica.

4.1. Con il secondo motivo, in via gradata, l’appellante ha sostenuto che non è corretta la ricostruzione della normativa da parte del primo giudice con riferimento alla mutualità scolastica, perché non vi fu la semplice soppressione del sistema, ma fu disposto (con l’art. 2 del r.d.l. del 1938 cit.) il trasferimento alla Gioventù Italiana del Littorio di quei compiti assistenziali e igienico sanitari, già esercitati dall'Ente della mutualità scolastica, di cui è stata disposta l’estinzione.

5. L’appello è infondato e va rigettato.

5.1. La recente giurisprudenza di questo Consiglio (sez. IV, n. 4309 del 2018 e n. 8228 del 2019), in considerazione dell’inequivoco dettato normativo, si è consolidata nel senso di escludere che il beneficio in argomento abbia natura “riparatoria” e “compensativa” delle persecuzioni subite ed ha ricondotto lo stesso ad una dimensione esclusivamente previdenziale.

Conseguentemente, essa ha dato rilievo al compimento dell’età utile per svolgere l’attività lavorativa (all’epoca 14 anni) nel periodo delle persecuzioni razziali ed ha escluso la spettanza del beneficio nei confronti di coloro che avessero maturato l’età utile solo in seguito.

A tal fine, si è evidenziato che la contribuzione figurativa riconosciuta dalla legge è una mera species del generale fenomeno contributivo – quale naturale riflesso assicurativo dello svolgimento di attività lavorativa - da cui si differenzia solo per il fatto che si riferisce a periodi in cui l’interessato non ha svolto attività lavorativa, pur essendone giuridicamente capace, oltre che per la circostanza che il relativo onere economico grava sullo Stato.

5.1.1. Il Collegio condivide pienamente il suddetto orientamento, che intende confermare, stante la specialità dell’istituto chiaramente individuato dal legislatore e la presenza nell’ordinamento di altre forme di tutela più propriamente riparatorie, quali l’assegno vitalizio, del quale è titolare l’appellante.

5.2. Nella fattispecie, inoltre, ai fini del riconoscimento del beneficio in argomento, non può valere neanche il regime di mutualità scolastica evocato in via subordinata dall’appellante.

5.2.1. In primo luogo, anche ad ammettere la perdurante esistenza della mutualità scolastica nel periodo di vigenza delle leggi razziali, l’istante, nato nel dicembre del 1938, ha compiuto i sei anni nel dicembre del 1944 e non ha dimostrato di non essere stato ammesso ad una scuola pubblica nella città di Roma (liberata nel mese di giugno del 1944) nel mese di ottobre dello stesso anno, e comunque non sono risultati elementi per ritenere sussistente tale circostanza.

5.2.2. In secondo luogo, il TAR ha correttamente argomentato – sulla base del chiaro tenore letterale del r.d.l. n. n. 1620 del 1938 – in ordine all’abrogazione del regime di mutualità scolastica nello stesso anno 1938, mentre l’appellante si è limitato a dedurre che erano stati trasferiti alla Gioventù Italiana del Littorio i compiti assistenziali ed igienico sanitari già esercitati dall’Ente della mutualità scolastica.

6. In conclusione, l’appello deve rigettarsi.

7. In ragione della specificità della controversia sussistono giusti motivi per la integrale compensazione delle spese processuali del secondo grado del giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi