Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-17, n. 202300584

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-17, n. 202300584
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300584
Data del deposito : 17 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/01/2023

N. 00584/2023REG.PROV.COLL.

N. 02582/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2582 del 2022, proposto da
Comune di Cassino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

M K, A G, A V, G B, D M, V S, G R, G G D M, G G, rappresentati e difesi dall'avvocato M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
S R, R T, rappresentati e difesi dagli avvocati F A, G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Ivan Spagnuolo, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00005/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di M K, A G, A V, G B, D M, V S, G R, G G D M, G G, S R, R T, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2022 il Cons. Massimo Santini e uditi per le parti gli avvocati De Angelis su delega di Longo, Sorrentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile (MIMS) con nota del 3 febbraio 2021 chiedeva al Comune di Cassino di potersi giovare della graduatoria di idonei a suo tempo formata dal Comune stesso (in data 14 novembre 2020) per l’assunzione di n. 1 istruttore direttivo. Il MIMS chiedeva in particolare di poter attingere a n. 10 candidati idonei da assumere mediante lo scorrimento della graduatoria medesima.

Il Comune rigettava tuttavia la richiesta in quanto lo “scorrimento esterno”, ai sensi dell’art. 12 dell’originario bando di concorso, costituiva facoltà concessa soltanto agli enti dello stesso comparto “enti locali”.

2. I diretti interessati, ossia i soggetti che avrebbero potuto aspirare al collocamento ministeriale per effetto del predetto “scorrimento esterno”, si rivolgevano al

TAR

Latina che accoglieva il ricorso in quanto la limitazione opposta dalla intimata amministrazione comunale non avrebbe trovato fondamento in alcuna disposizione di rango normativo.

3. La sentenza di primo grado veniva appellata dal soccombente Comune di Cassino per i motivi di seguito sintetizzati:

3.1. Errores in procedendo nella parte in cui il TAR avrebbe omesso di pronunziarsi sulla eccezione di inammissibilità relativa alla sussistenza di posizioni conflittuali, tra i ricorrenti stessi, nell’ambito del proposto ricorso collettivo;

3.2. Errores in procedendo nella parte in cui il TAR non avrebbe considerato come immediatamente lesiva la richiamata clausola di cui all’art. 12 del bando di concorso (secondo cui la “facoltà” comunale di mettere la graduatoria a disposizione di altre pubbliche amministrazioni sarebbe stata riservata ai soli soggetti del comparto “enti locali”);

3.3. Errores in iudicando nella parte in cui il TAR non avrebbe considerato che il combinato disposto dell’art. 9 della legge n. 3 del 2003 e dell’art. 12 del bando di concorso consentirebbero l’utilizzo di graduatorie di altri soggetti pubblici nella sola misura in cui tale “scambio” avvenga tra enti dello stesso comparto pubblico (c.d. “medesimo comparto di contrattazione”). Conseguente erroneità della sentenza (formalmente indicata quale quarto motivo di appello) nella parte in cui avrebbe ritenuto la sussistenza, al riguardo, di un difetto di motivazione in capo al gravato provvedimento;

3.4. Errores in procedendo nella parte in cui il TAR non ha rigettato sic et simpliciter la richiesta di risarcimento del danno, prospettando la possibilità per i ricorrenti in primo grado di attivare in concreto questa stessa domanda con separato successivo giudizio.

4. Si costituivano in giudizio i soggetti ricorrenti in primo grado per resistere al gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione. Nelle more del giudizio stesso i seguenti appellati formulavano atto di rinunzia al ricorso di primo grado: M K, A G, A V, G B, D M, V S, G R, G G D M, G G (Rizza e Di Marco, in particolare, previa costituzione mediante il nuovo difensore avv. Galasso). Con memoria in data 14 novembre 2022 la difesa di parte appellante faceva dal canto suo presente che, sempre nelle more del giudizio, la graduatoria approvata in data 14 novembre 2020 avrebbe cessato la propria efficacia a causa della scadenza, medio tempore intervenuta, del prescritto termine biennale: di qui la ritenuta sopravvenuta carenza di interesse in capo ai due soli ricorrenti in primo grado che non avevano formulato analoga istanza di rinunzia al giudizio (Russo e Tromba).

5. Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2022 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni e l’appello veniva infine trattenuto in decisione.

6. Va innanzitutto dichiarato improcedibile l’appello con riguardo alle indicate parti Kofler, Giannattasio, Valle, Boriani, Marrocco, Scifo, Rizza, Di Marco e Galluccio, le quali hanno come detto rinunziato agli atti e agli effetti della sentenza relativi al ricorso di primo grado.

Va inoltre respinta l’eccezione di sopravvenuta improcedibilità del gravame in capo ai due originari ricorrenti che non avevano formulato analoga istanza di rinunzia al giudizio (Russo e Tromba), e ciò dal momento che gli stessi ben potranno ancora coltivare, in caso di positivo esito nei loro confronti del presente giudizio di appello, la connessa domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 30, comma 5, c.p.a.

Tutto ciò premesso, sui motivi attinenti alle eccezioni di rito formulate in primo grado si rileva che:

6.1. Il Comune di Cassino solleva accezione di inammissibilità per potenziale conflitto di interessi tra originari ricorrenti (che ora sarebbero soltanto due). Ritiene tuttavia il collegio che alcun conflitto possa effettivamente riscontrarsi dal momento che è quanto meno implicita l’accettazione della regola secondo cui, nell’ambito della richiesta MIMS, si sarebbe fatto ricorso allo strumento dello scorrimento esterno unicamente secondo il rigoroso ordine di graduatoria. La circostanza, poi, secondo cui alcuni di essi non sarebbero comunque rientrati nella decina richiesta dal MIMS, data la posizione rivestita in graduatoria, non costituisce ragione sufficiente a individuare una posizione di conflitto nei riguardi di coloro che vi sarebbero invece rientrati;
e ciò sia per la ragione appena evidenziata, sia perché non era possibile stabilire aprioristicamente la rosa dei soggetti concretamente interessati a tale assunzione (alcuni avrebbero infatti potuto anche rinunziare alla “chiamata ministeriale”). Il motivo di appello, e dunque l’eccezione, deve dunque nel complesso essere rigettato;

6.2. Lo stesso Comune solleva altresì eccezione di irricevibilità per omessa immediata impugnazione dell’atto di approvazione della graduatoria con cui si ribadiva che è “in facoltà” del comune consentire ad altri enti di attingere dalla suddetta graduatoria. La clausola non è tuttavia immediatamente lesiva se non unitamente all’atto “a valle” che ne costituisce concreta attuazione (nel caso di specie: il rifiuto opposto al MIT da parte dell’amministrazione comunale appellante). Trova infatti applicazione, anche nell’ambito dei concorsi pubblici, l’orientamento sviluppatosi nel settore delle gare (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 2022, n. 8624) secondo cui l'onere di immediata impugnazione del bando è circoscritto al caso di contestazione di clausole escludenti, ossia di clausole riguardanti requisiti di partecipazione, le quali siano ex se ostative alla partecipazione dell'interessato, mentre le clausole che non rivestono portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo. Nei termini suddetti la specifica eccezione deve dunque essere rigettata, atteso che la richiamata clausola non poteva sortire alcun effetto escludente dalla suddetta procedura concorsuale. Né del resto si potrebbe sostenere che la lesività si sarebbe radicata con la determinazione comunale n. 1928 del 14 novembre 2020, recante approvazione della graduatoria, nella parte in cui si richiamava quanto contenuto nella predetta clausola di cui all’art. 12 del bando di concorso. E ciò in quanto anche a quel momento alcuna lesione poteva dirsi ancora radicata in capo agli interessati stante la assenza di qualsivoglia manifestazione di interesse, nel senso sopra considerato, ad opera di altre amministrazioni. Di qui il rigetto – si ripete – del suddetto motivo di appello in tutte le sue variegate articolazioni;

6.3. Diversi originari ricorrenti hanno rinunziato come detto al ricorso di primo grado in quanto nel frattempo beneficiari dello scorrimento presso altri enti locali. Rimangono due soli originari ricorrenti in ordine ai quali la difesa dell’amministrazione comunale muove eccezione di inammissibilità per difetto di interesse in quanto i medesimi non sarebbero stati collocati in posizione utile onde essere interpellati dal MIMS. L’eccezione non ha pregio in quanto non è stato dimostrato che, quand’anche i due soggetti non fossero rientrati nella lista delle dieci unità da riservare al MIMS, gli stessi non avrebbero parimenti potuto aspirare ad essere chiamati – per via della nomina di alcuni soggetti che li precedevano in graduatoria – da altri enti locali (che poi in effetti si sono fatti successivamente avanti per chiamare altri soggetti più utilmente posizionati in graduatoria). In questa medesima direzione permane quanto meno un interesse di tipo riflesso o indiretto in capo ai due soggetti, seppur collocati in posizione deteriore. Anche tale eccezione deve dunque essere rigettata.

7. Nel merito la sentenza di primo grado si rivela condivisibile (e l’appello dunque da rigettare) sulla base delle seguenti considerazioni:

7.1. Nessuna norma primaria vieta espressamente che il Ministero possa attingere dalla graduatoria di altri enti di diversi comparti contrattuali (nel caso di specie: enti locali);

7.2. L’invocato art. 9 della legge n. 3 del 2003 prevede, sì, un regolamento per la disciplina di modalità e criteri per lo scorrimento esterno tra enti pubblici ministeriali o comunque nazionali, ma ciò non significa che sia inibito lo scorrimento tra enti riconducibili a comparti diversi. Del resto una legge statale non avrebbe potuto prevedere un regolamento statale per disciplinare ambiti comunque rientranti, altresì, nella materia del pubblico impiego regionale e comunale, e ciò per l’espresso divieto di cui all’art. 117, sesto comma, Cost.;

7.3. E’ anzi vero che l’art. 61, comma 3, della legge n. 350 del 2003 (Legge Finanziaria per il 2004) espressamente prevede la applicazione di tale strumento (possibilità, ossia, di utilizzare a fini assunzionali “le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni”) senza per questo introdurre il criterio dell’invocato “vincolo di comparto”. Il riferimento è infatti a tutte le amministrazioni contemplate dall’art. 9 della legge n. 3 del 2003, disposizione questa che a sua volta si riferisce: al comma 1 alle amministrazioni statali e nazionali;
al comma 2 alle amministrazioni regionali. Dunque, in assenza di specifici limiti di questa natura va da sé che ogni amministrazione (a prescindere dal “livello di governo” di rispettiva appartenenza) ben potrebbe utilizzare la graduatoria di altre amministrazioni statali, nazionali, regionali o locali. Questo è del resto il condivisibile senso della nota del Dipartimento Funzione Pubblica del 6 novembre 2020 che ammetteva – seppure in via implicita – la possibilità di utilizzazione delle graduatorie non solo a livello intracopartimentale ma anche sul piano intercompartimentale;

7.4. È ben vero, poi, che lo scorrimento tra diversi enti è subordinato ad un accordo ma è anche vero che il rifiuto di addivenire ad un simile accordo deve comunque essere congruamente motivato, considerato che si finirebbe per incidere sul diritto al lavoro (art. 4 Cost.) di soggetti che aspirano ad una nuova o comunque migliore occupazione;

7.5. In questa medesima direzione risulta peraltro contrario al principio di leale collaborazione interistituzionale (art. 118 Cost.) l’atteggiamento dell’amministrazione che detiene la graduatoria cui attingere di rifiutare pervicacemente tale scorrimento in favore di altre amministrazioni, seppure di rango ministeriale;

7.6. A ciò si aggiunga che nell’ottica del risparmio pubblico (accompagnato dall’esigenza di evitare ulteriori procedure per ragioni legate alla nota emergenza COVID) la decisione del Comune di Cassino, nella parte in cui ammette lo scorrimento esterno solo tra amministrazioni dello stesso comparto (scorrimento infracompartimentale) e non anche tra soggetti di comparti diversi (scorrimento intercompartimentale), appare sicuramente non ispirata a canoni di ragionevolezza, correttezza e buon andamento della PA;

7.7. Di qui il rigetto del terzo e del quarto motivo di appello.

8. Quanto infine all’ultimo motivo di appello si ritiene che i ricorrenti in primo grado, dopo una iniziale generica richiesta di risarcimento danni, abbiano sostanzialmente rinunziato a tale istanza laddove, con memoria depositata in data 13 novembre 2021 agli atti del giudizio di primo grado (cfr. pag. 26 atto di appello), si sono riservati di esercitare tale medesima azione “in separato giudizio” allo scopo di fornire una più circostanziata “prova del danno”. Ciò che risultava senz’altro possibile in ossequio al principio di autonomia dei due giudizi (annullatorio e risarcitorio), principio questo consacrato dalle prerogative processuali di cui all’art. 30, comma 5, c.p.a. (il quale prevede espressamente la possibilità di innescare un separato giudizio risarcitorio nel termine di 120 giorni dal passaggio in giudicato del giudizio sull’annullamento dell’atto) e sicuramente ribadito dagli ultimi interventi della Adunanza plenaria (cfr. Cons. Stato, ad. plen., 13 luglio 2022, n.8). Anche tale motivo deve pertanto essere respinto.

9. In conclusione l’appello deve essere rigettato con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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