Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-06-14, n. 202405372

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-06-14, n. 202405372
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405372
Data del deposito : 14 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2024

N. 05372/2024REG.PROV.COLL.

N. 06076/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6076 del 2022, proposto da
Easyjet Airline Company, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Graziano n. 62;

contro

Autorità di Regolazione dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 378/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2024 il Cons. Giovanni Gallone e udito per la parte appellante l’avv. M G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con delibera n. 172 del 5 dicembre 2019 l’Autorità di Regolazione dei trasporti (di seguito anche “A.R.T.”) ha stabilito per l’anno 2020 le aliquote e i soggetti tenuti al versamento del contributo annuale per il funzionamento dell’Autorità, includendovi fra questi gli operatori che esercitano il servizio di trasporto aereo di passeggeri e merci.

La delibera è stata successivamente approvata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 gennaio 2020 e posta in esecuzione mediante la determina n. 77/2020 del Segretario generale dell’Autorità che ha dettato la definizione delle modalità operative relative al versamento e alla comunicazione del contributo per il funzionamento dell’Autorità per l’anno 2020.

La stessa è stata successivamente integrata dalla delibera n. 20/2021 dell’11 febbraio 2021 recante “Cessazione degli effetti delle clausole sospensive riferite al contributo per il funzionamento dell’Autorità relativo agli anni 2020 e 2021. Rimessione in termini per gli adempimenti relativi all’anno 2020 ed efficacia dei termini di adempimento previsti per l’anno 2021”.

1.1 Con ricorso notificato il 12 aprile 2021 e depositato il 14 aprile 2021 EasyJet Airline Company, impresa di navigazione aerea internazionale, ha impugnato dinanzi al T.A.R. per il Piemonte, domandandone l’annullamento, i seguenti atti:

- la delibera n. 172/2019 del 5 dicembre 2019 che ha determinato, tra l'altro, le aliquote del contributo per il funzionamento dell'Autorità richiesto, per l'anno 2020;

- il d.P.C.M. 29 gennaio 2020 di approvazione, ai fini dell'esecutività, della citata delibera dell'Autorità n. 172/2019;

- la Determina del Segretario generale di A.R.T. n. 77/2020 datata 19 febbraio 2020 che detta la “Definizione delle modalità operative relative al versamento e alla comunicazione del contributo per il funzionamento dell’Autorità di regolazione dei trasporti per l’anno 2020”;

- la delibera n. 20/2021 del 11 febbraio 2021 con la quale l’A.R.T. ha disposto la “Cessazione degli effetti delle clausole sospensive riferite al contributo per il funzionamento dell’Autorità relativo agli anni 2020 […] e la rimessione in termini per gli adempimenti relativi all’anno 2020”;

- ogni altro atto o provvedimento presupposto, concorrente e consequenziale.

A sostegno del ricorso di primo grado ha dedotto le censure così rubricate:

1) Violazione dell’art.37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011, conv. in l. 214/2011, come modificato dal d.l. 109/2018, convertito con l. 130/2018. Errore di diritto. Richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte Costituzionale ;

2) Violazione dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011 conv. con l. 214/2011, modificato dal d.l. 109/2018, convertito con l. 130/2018, sotto un diverso profilo. Violazione degli art. 72 e ss. del d.l. 1/2012 conv. con legge n. 27/2012. Violazione dell’art. 23 Cost. ;

3) Violazione dei commi 2, 3 e 6 (come di recente modificato) dell’art. 37 del d.l. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011, come modificato dall’art 36 del d.l. 1/2012, convertito con legge 27/2012. Violazione del d.lgs. 250/1997 che istituisce l’ENAC e ne stabilisce le competenze ;

4) Violazione dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011 conv. con legge n. 27/2012.Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Errore manifesto di fatto. Difetto di valutazione congrua ;

5) Violazione della Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Regno Unito della Gran Bretagna per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito. Violazione degli artt. 11 e 117 Cost. ;

6) Violazione dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011 conv. con legge n. 27/2012. Violazione del principio di corrispondenza della contribuzione alle spese correnti della gestione. Difetto di istruttoria. Errore di fatto. Eccesso di potere .

2. Ad esito del relativo giudizio, con la sentenza indicata in epigrafe, l’adito T.A.R. ha respinto il ricorso.

3. Con ricorso notificato il 18 luglio 2022 e depositato il 23 luglio 2022 EasyJet Airline Company ha proposto appello avverso la suddetta sentenza chiedendone la riforma e, per l’effetto, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

3.1 Ha affidato il gravame ai motivi così rubricati:

1) Violazione ed errata applicazione dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011 conv. in l. 214/2011. Errata applicazione della sentenza della Corte costituzionale 69/2017. Violazione degli artt. 64 c.p.a. e 115 c.p.c. ;

2) Violazione della Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Regno Unito della Gran Bretagna per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito. Violazione degli artt. 11 e 117 Cost. ;

3) Violazione dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011 conv. con legge n. 27/2012. Violazione del principio di corrispondenza della 20 contribuzione alle spese correnti della gestione. Violazione dei principi di congruità, coerenza e prudenza della gestione contabile. Violazione degli artt. 5, comma 11, e 45, comma 3, del D.P.R. n. 97 del 2003 e s.m.s. ;

4) Violazione dell’art.37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011, conv. in l. 214/2011, come modificato dal d.l. 109/2018, convertito con l. 130/2018. Richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte Costituzionale ;

5) Violazione dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011 conv. con l. 214/2011, modificato dal d.l. 109/2018, convertito con l. 130/2018, sotto un diverso profilo. Violazione degli art. 72 e ss. del d.l. 1/2012 conv. con legge n. 27/2012. Violazione dell’art. 23 Cost. ;

6) Violazione dei commi 2, 3 e 6 (come di recente modificato) dell’art. 37 del d.l. 201/2011, convertito in legge n. 214/2011, come modificato 47 dall’art 36 del d.l. 1/2012, convertito con legge 27/2012. Violazione del d.lgs. 250/1997 che istituisce l’ENAC e ne stabilisce le competenze .

4. In data 29 luglio 2022 si è costituita in giudizio A.R.T..

5. Il 13 maggio 2024 A.R.T. ha depositato memorie difensive.

6. Il 25 maggio 2024 parte appellante ha depositato memorie in replica.

In tale sede parte appellante, nell’insistere per l’accoglimento del secondo motivo di appello, ha posto due questioni eurounitarie:

- “se l’art. 11, paragrafo 5 della direttiva 2009/12, osti all’applicazione del Trattato contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito, che esenta il vettore inglese dal 11 pagamento di imposte analoghe a quella sui redditi, come nel caso di specie, il contributo richiesto dall’ART”;

- “se la contribuzione prevista dall’art. 11 paragrafo 5 della direttiva, ove determinata in funzione del reddito lordo del vettore, sia assimilabile ad una imposta sul reddito ai sensi della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito e, per tale motivo, può essere oggetto di esenzione, ai sensi della Convenzione stessa”.

7. All’udienza pubblica del 6 giugno 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

2. Con il primo motivo di appello si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il quarto motivo del ricorso di primo grado a mezzo del quale è stata denunciata l’illegittimità dei provvedimenti gravati in prime cure per difetto di istruttoria e violazione dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. n. 201 del 2011 (come successivamente modificato dall’art 36 del d.l. n. 1/2012, convertito con l. n. 27/2012) sostenendo che la determinazione del contributo annuale per il funzionamento dell’Autorità non sia stata effettivamente verificata dalle amministrazioni a ciò competenti (e, segnatamente, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’economia e delle finanze).

In particolare, secondo parte appellante, la Presidenza del Consiglio dei Ministri avrebbe approvato la delibera di A.R.T. n. 172/2019 del 5 dicembre 2019 senza operare alcuna verifica sui dati contabili dell’Autorità e, segnatamente affidandosi supinamente a quanto a loro genericamente riferito dalla medesima (la quale ha, a sua volta, dato atto, nello stesso testo della delibera gravata in prime cure, di aver tenuto conto del “bilancio di previsione per l’anno 2020 approvato dal Consiglio dell’Autorità il 19 dicembre 2018, previo parere favorevole del Collegio dei Revisori”, e “del fabbisogno stimato per le spese di funzionamento dell’Autorità”).

Si aggiunge che i suddetti documenti non sarebbero stati allegati alla delibera trasmessa e che non vi sarebbe prova che i medesimi documenti siano stati altrimenti messi a disposizione del M.E.F. e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Inoltre, neppure la “Relazione illustrativa per il bilancio di previsione 2020 e programmatica per il triennio 2020-2022” citata dal T.A.R. nella sentenza impugnata sarebbe stata allegata alla Delibera impugnata e non vi sarebbe prova che sia stata trasmessa al M.E.F. e al P.C.M. unitamente alla medesima.

Si aggiunge che siffatta modalità di conduzione dell’istruttoria si porrebbe in contrasto con i principi elaborati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 69/2017 atteso che e il M.E.F. e la P.C.M., non avendo ricevuto in trasmissione la documentazione contabile sottostante la delibera dell’A.R.T. n. 172/2019, non sarebbero stati posti nella condizione di poter esercitare effettivamente l’attività di controllo loro assegnata ma avrebbero proceduto alla loro approvazione “in bianco”.

Aggiunge parte appellante che il T.A.R., nel rigettare la doglianza, avrebbe fatto erroneamente leva sulla mancata effettuazione di rilievi da parte di M.E.F. e al P.C.M. perché con ciò confonderebbe l’eventualità dei rilievi con l’eventualità del controllo (che invece dovrebbe essere effettivo e dovrebbe fondarsi su una istruttoria verificabile). Altrimenti opinando si profilerebbe un contrasto dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. 201/2011 con l’art. 23 della Costituzione e con il principio di uguaglianza anche nel confronto con i sistemi di finanziamento delle altre Autorità indipendenti.

La società appellante reitera, quindi, l’istanza istruttoria presentata dinanzi al T.A.R. per il Piemonte (e disattesa dal giudice di prime cure) con cui è stato chiesto di ordinare alle amministrazioni resistenti di esibire in giudizio i seguenti documenti:

- l’atto di trasmissione del bilancio di previsione 2020 e la necessaria documentazione allo stesso allegata;

- l’istruttoria della P.C.M. di concerto con il M.E.F. per l’autorizzazione della contribuzione.

Si aggiunge che l’Autorità non sarebbe stata in grado di fornire, neanche ex post, dati di costo a giustificazione della contribuzione deliberata nel mentre l’Avvocatura erariale si sarebbe limitata a richiamare la “Relazione illustrativa per il bilancio di previsione 2020 e programmatica per il triennio 2020- 2022” senza specificare i costi totali e le singole voci di costo (inclusa quella del personale, che sarebbe stata interessata da un incremento di n. 19 unità).

2.1 Il motivo è mal calibrato.

È sufficiente, sul punto, ribadire (in linea con quanto già statuito in Cons. Stato, sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2658, punto 3.2) che, a fronte del dettato assai lasco dell’art. 37, comma 6, lett. b) del d.l. n. 201 del 2011 e ss.mm. (il quale laconicamente stabilisce che “Il contributo è determinato annualmente con atto dell’Autorità, sottoposto ad approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze”), la Corte Costituzionale, nell’invocata sentenza n. 69/2017, si è limitata ad indicare un metodo (quello del confronto dialettico tra A.R.T. da un lato e P.C.M. dall’altro) senza richiedere l’osservanza di moduli o forme procedimentali specifiche. Nel dettaglio il Giudice delle leggi ha sottolineato la necessità che “l’atto annuale dell’autorità sia approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze” prevedendo “la possibilità che essi esprimano rilievi, ai quali la stessa autorità deve conformarsi” (così, testualmente, Corte cost. n. 69/2017).

Ne consegue che, come ha già avuto modo di osservare questa Sezione (Cons. Stato., sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2646), in primo luogo, l’A.R.T. non era tenuta alla trasmissione alla P.C.M. né del proprio bilancio previsionale per il 2020 né di altra documentazione contabile. In secondo luogo, deve ritenersi che, anche in mancanza della trasmissione di tali, la semplice possibilità per la P.C.M. di formulare rilievi (e, va da sé, anche di richiedere integrazioni) all’A.R.T. garantisca il rispetto sufficiente del dettato costituzionale, nella lettura datane dalla Consulta, costituendo un “argine procedimentale alla discrezionalità dell’A.R.T. e alla sua capacità di determinare da sé le proprie risorse” (così sempre Corte cost. n. 69/2017).

La circostanza che la P.C.M. non abbia, nel caso di specie, sollevato rilievi né chiesto integrazioni documentali ma abbia espressamente dato atto di aver preso visione del bilancio di previsione per l’anno 2020 lascia, peraltro, ragionevolmente intendere che la stessa abbia avuto la concreta possibilità di esaminare gli stessi e che, soprattutto, abbia ritenuto sufficienti a le informazioni ricavabili dal bilancio di previsione (che, invero, come documento contabile riassuntivo, è certamente in grado di offrire una panoramica generale ed esaustiva delle condizioni finanziarie dell’ente).

Né può obliterarsi che tutti gli atti di cui l’appellante lamenta la mancata trasmissione (e segnatamente, il bilancio) formano oggetto di un preciso e inequivoco obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale dell’Amministrazione di riferimento ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 33/2013, oltre che – con riferimento alle Autorità indipendenti - nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 2, comma 27, della l. 14 novembre 1995, n. 481. Sicché, essendo gli stessi già nella disponibilità di P.C.M. e M.E.F., richiedere la loro esibizione all’A.R.T. avrebbe rappresentato un inutile aggravio procedimentale incompatibile con il buon andamento ex art. 97 Cost..

2.2 Va, quindi, disattesa anche l’istanza istruttoria nuovamente formulata dall’appellante e volta ordinare alle amministrazioni resistenti di esibire in giudizio l’istruttoria della P.C.M. svolta di concerto con il M.E.F. per l’autorizzazione della contribuzione.

Le ragioni già succintamente esposte in ordine alla sufficienza del riferimento in delibera da parte di A.R.T. ai documenti contabili programmatici spinge, infatti, a ritenere non necessario e superfluo il richiesto approfondimento istruttorio.

3. Con il secondo motivo di appello si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il quinto motivo del ricorso di primo grado a mezzo del quale è stata denunciata l’illegittimità degli atti gravati in prime cure per violazione della Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Regno Unito della Gran Bretagna per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito in quanto la contribuzione richiesta dall’A.R.T. costituirebbe a tutti gli effetti un tributo avente come base imponibile i redditi dell’attività di navigazione aerea espletata in Italia.

In particolare, si osserva che in tutti gli Accordi bilaterali contro la doppia imposizione stipulati dallo Stato italiano con gli Stati dei vettori esteri operanti in Italia, figura immancabilmente la clausola standard che le attività di navigazione aerea per il trasporto internazionale di persone e beni, con sede nell’altro Stato contraente, non sono soggette ad imposizione sui redditi in Italia. Ciò vale anche per la Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana ed il Regno Unito della Gran Bretagna per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, approvata con legge di ratifica n. 329/1990 ed entrata in vigore il 31 dicembre 1990, che all’art. 8 prevede tale esenzione in ciascuno Stato, per le imprese di navigazione marittima ed aerea dell’altro Stato contrante.

La sentenza impugnata sarebbe, pertanto, errata nella parte in cui ha ritenuto che “dall’art. 2 della Convenzione, rubricato «Imposte considerate», che circoscrive in modo puntuale l’ambito di applicazione della stessa, si evince che la Convenzione non è applicabile nei confronti del contributo per il funzionamento dell’Autorità, non venendo lo stesso menzionato nel novero delle imposte ivi espressamente indicate e non potendosi certo assimilare alle imposte sul reddito delle persone fisiche o giuridiche”.

In proposito, si evidenzia che, secondo l’art. 2 della Convenzione, la medesima trova applicazione anche nei “confronti delle imposte future di natura identica o analoga rispetto a quelle indicate espressamente nell’accordo che saranno istituite da ciascuno stato”. Sicché, ai fini dell’applicazione della Convenzione, ai sensi dell’art. 2, non varrebbero soltanto le “imposte considerate”, ma anche quelle che vengono applicate negli Stati contraenti durante il periodo di efficacia delle Convenzione, che risultino “identiche” o “analoghe”.

Nel dettaglio, secondo parte appellante il contributo A.R.T. di che trattasi sarebbe un tributo che grava sui redditi derivanti dalla attività di navigazione aerea conseguiti dalla appellante in Italia e sarebbe, quindi, assimilabile alle imposte sul reddito delle persone giuridiche. Ciò sarebbe desumibile dalle sue caratteristiche e dalla sua struttura che ricalcherebbero i tratti dell’I.R.E.S.. Si osserva, in proposito che quest’ultima vede il suo presupposto nel possesso dei redditi” (art. 72 T.U.) che costituiscono il reddito complessivo fiscalmente rilevante (art. 81 T.U.) e che sono dati dai “corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa” (art. 85 T.U.). Analogamente, il contributo all’A.R.T. reca lo stesso presupposto del possesso di redditi, che costituiscono il reddito complessivo fiscalmente rilevante, che sono dati appunto dai corrispettivi della prestazione dei servizi oggetto dell’attività economica. Sotto altro profilo, si evidenzia che i soggetti passivi dell’I.R.E.S. sono, oltre alle altre categorie previste, “le società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica non residenti nel territorio dello Stato”. (art. 73, lett. d), T.U.) e che, parallelamente, il contributo all’A.R.T. è dovuto dalle società. Inoltre, l’I.R.E.S. “è dovuta per periodi di imposta, a ciascuno dei quali corrisponde una obbligazione tributaria autonoma. Il periodo di imposta è costituito dall’esercizio o periodo di gestione della società” (art. 76 T.U.) ed anche il contributo all’A.R.T. è dovuto per periodi di imposta ed il periodo di imposta coincide con l’esercizio del soggetto passivo. In ultimo, si sottolinea che l’I.R.E.S. è dovuta sulla base di autodichiarazione dei redditi relativi al periodo di imposta e che, similmente, il contributo all’A.R.T. è dovuto sulla base di autodichiarazione dei redditi relativi al periodo di imposta, nel caso specifico su autodichiarazione del 2020 per i redditi del 2019.

3.1 La censura è priva di giuridico pregio.

Il Collegio è del meditato avviso che la Convenzione internazionale in materia di doppia imposizione invocata da parte appellante non trovi applicazione al contributo per il funzionamento di A.R.T. in quanto lo stesso:

- non risulta espressamente menzionato nell’elenco dei tributi in essa contenuto;

- non è, in ogni caso, assimilabile alle imposte sul reddito delle persone fisiche o giuridiche.

Nel dettaglio, l’art. 2 della medesima Convenzione, rubricato “Imposte considerate”, circoscrive in modo puntuale l’ambito di applicazione della stessa.

Nel dettaglio, i tributi ( rectius le “imposte”) a cui si applica la Convenzione, sono, per quanto l'Italia:

- l'imposta sul reddito delle persone fisiche;

- l'imposta sul reddito delle persone giuridiche;

- l'imposta locale sui redditi.

Sempre al suddetto art. 2, la Convenzione prevede, poi, una clausola generale di chiusura secondo cui la stessa troverà applicazione anche nei confronti delle imposte future di natura identica o analoga rispetto a quelle indicate espressamente nell’accordo che saranno istituite da ciascuno Stato.

Ebbene, venendo al caso che occupa, il contributo per il funzionamento di A.R.T. presenta, per sua morfologia e caratteristiche, natura giuridica profondamente diversa dalle figure contemplate dalla Convenzione di che trattasi.

Esso, infatti, pur costituendo una “prestazione patrimoniale imposta” che ricade sotto l’egida dell’art. 23 Cost. e pur appartenendo, secondo la tassonomia propria della scienza delle finanze, all’ampio genus delle entrate di diritto pubblico, non è, sotto il profilo giuridico-tributario un’“imposta” (come invece testualmente richiede l’art. 2 della Convenzione) in quanto costituisce un prelievo di ricchezza che non è destinato a finanziare la fiscalità generale ma, secondo una logica di para-commutatività, ad una specifica attività amministrativa (quella regolatoria dell’Autorità) dalla quale il soggetto obbligato trae una qualche utilità.

Deve aggiungersi, peraltro, che non si profila, in ogni caso, un rischio di “doppia imposizione” rispetto all’imposta italiana sul reddito delle società (I.R.E.S.). Condizione di operatività del divieto di doppia imposizione (come corollario di quello di effettività della capacità contributiva) è, secondo i principi generali (scolpiti nel nostro diritto interno all’art. 67 del d.P.R. n. 600/1973), l’identità del presupposto (e tanto a prescindere dagli altri caratteri del tributo, come l’articolazione delle aliquote o le modalità di accertamento dello stesso).

Ebbene, non può obliterarsi che nell’ I.R.E.S. la base imponibile è rappresentata dal reddito complessivo netto (cioè dedotti i costi sostenuti per la sua produzione), nel mentre nel contributo per il funzionamento di A.R.T. esso è dato dal fatturato inteso come reddito complessivo lordo ( id est il fatturato, senza alcuna deduzione). E tanto vale a distinguere nettamente, sul piano giuridico-tributario, con riguardo al presupposto, i due tributi.

3.2 Quanto testè osservato, oltre a condurre alla reiezione della doglianza in scrutinio, depriva, di riflesso, di rilevanza le questioni eurounitarie prospettate in via di subordine da parte appellante con la memoria di replica del 25 maggio 2024.

E’, infatti, appena il caso di rammentare che un giudice nazionale di ultima istanza è esonerato dall’obbligo di rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, T.F.U.E. ove abbia constato, come nel caso di specie, che la questione di interpretazione del diritto dell’Unione sollevata non è rilevante, “vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull’esito della controversia” (così Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management, Catania Multiservizi S.p.A.

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