Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-02-14, n. 201200708

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-02-14, n. 201200708
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200708
Data del deposito : 14 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03446/2011 REG.RIC.

N. 00708/2012REG.PROV.COLL.

N. 03446/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 3446 del 2011, proposto da G P, rappresentato e difeso dall’avv. G S, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultima in Roma, via Condotti n. 9, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Segretariato generale della Giustizia amministrativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

nei confronti di

P P, M S, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. 7463 del 19 aprile 2010;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Segretariato generale della Giustizia amministrativa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2011 il Cons. D S e uditi per le parti l’avvocato G S e l’avvocato dello Stato Luca Ventrella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3446 del 2011, G P propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, n. 7463 del 19 aprile 2010 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Segretariato generale della Giustizia amministrativa per l'annullamento della mancata inclusione del ricorrente tra i vincitori della procedura di riqualificazione del personale della giustizia amministrativa per il passaggio all' area C, posizione economica C1, indetta con decreto n. 131 del 24 dicembre 2004 del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, i cui esiti risultano dalla graduatoria di merito approvata in data 28 novembre 2006 (G.U. n. 5 del 16 gennaio 2007) e successive modifiche, nonché di ogni atto presupposto, tra cui il bando ed i criteri di valutazione dei titoli e degli elaborati.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva domandato l’annullamento degli atti della procedura di riqualificazione per il passaggio all'area C, posizione economica C1, indetta con decreto n. 131 del 24 dicembre 2004 del Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, cui ha partecipato (sia quale proveniente dalla pos. ec. B2 sia quale proveniente dalla pos. ec. B3, per effetto di un contenzioso in corso con l’amministrazione di appartenenza) con esito negativo. Il ricorrente ha altresì domandato la rivalutazione dei titoli e la ricorrezione delle prove svolte.

Queste le censure di cui all’atto introduttivo del giudizio: 1) illegittimità del bando;
violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 487 del 1994;
irregolare composizione della commissione;
mancata apposizione del voto sugli elaborati concorsuali;
invalidità dei verbali d’esame;
violazione dell’anonimato e della par condicio;
illegittimità dei criteri di valutazione dei titoli e degli elaborati;
disparità di trattamento;
eccesso di potere per errore, difetto di motivazione, motivazione apparente, contraddittorietà, difetto istruttorio e sviamento;
2) mancata apposizione del voto sugli elaborati;
violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 487 del 1994 e della l. n. 241 del 1990;
nullità dei verbali di esame;
violazione dell’anonimato e della par condicio;
illegittimità dei criteri di correzione;
3) nullità della correzione degli elaborati scritti;
4) illegittimità dei criteri di valutazione dei titoli;
violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 del bando e dei criteri di valutazione dei titoli di cui al verbale n. 5;
eccesso di potere per erroneità, difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità, carenza istruttoria, disparità di trattamento;
5) scorretta valutazione degli elaborati;
violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 487 del 1994;
eccesso di potere in tutte le forme sintomatiche, violazione della par condicio;
illegittimità dei criteri di valutazione degli elaborati;
eccesso di potere per errore, illogicità, difetto di motivazione, carenza istruttoria, disparità di trattamento.

A mezzo delle cennate doglianze è stato esposto:

- che il bando di concorso richiama tra i presupposti i verbali delle riunioni con le OO.SS. in data 16 settembre 2004, che non sono stati sottoscritti;

- che, discostandosi da quanto previsto dall’art. 9, comma 2, del d.p.r. n. 487 del 1994, è stato nominato quale componente della commissione un solo esperto per l’informatica (anziché due esperti nelle materie oggetto del concorso) e le funzioni di segretario sono state assunte da un dirigente dell’amministrazione (anziché da un funzionario di 8^ o 7^ q.f.);

- che, quanto alla seconda prova scritta, consistente nella stesura di due elaborati e decisiva per il raggiungimento della soglia di idoneità, poiché con riferimento ad essa il bando prevedeva l’attribuzione di un punteggio minimo, ed il cui esito ha determinato l’inidoneità del ricorrente, i voti non sono stati apposti sugli elaborati concorsuali, bensì su un foglio separato, sottoscritto solo da tre commissari, privo della indicazione della data di correzione;

- che l’abbinamento dei numeri progressivi con i nomi dei concorrenti è stato effettuato, contrariamente a quanto previsto dall’art. 14, commi 4 e 5 del d.p.r. 487 del 1994, prima della correzione degli elaborati dell’ultima prova;

- che i criteri di valutazione dei titoli sono stati individuati dopo la presentazione degli stessi e quelli relativi alla correzione dell’ultima prova scritta dopo aver conosciuto i risultati della prova precedente (questionario);

- che le valutazioni della seconda prova scritta, effettuate alla luce dei criteri di valutazione di cui al verbale n. 16, sono inadeguate, come i criteri stessi, ad assicurare che la discrezionalità della commissione non è scaduta nell’arbitrio;

- che il tempo dedicato dalla commissione alla valutazione di ogni elaborato è esiguo, e tale da non consentire la lettura integrale e collegiale degli stessi;

- che, diversamente da quanto previsto dall’art. 8 del bando, la commissione ha deciso la materia relativa al secondo tema invece di sorteggiarla;

- che alcuni titoli presentati sono stati erroneamente valutati e che altri erroneamente non sono stati sottoposti a valutazione;

che vi è stata una scorretta valutazione del primo elaborato del ricorrente, laddove, di contro, errori commessi dai candidati utilmente posizionatisi in graduatoria (di cui si espongono alcuni esempi) non sono stati rilevati, è stato favorevolmente valutato un elaborato contenente la pedissequa esposizione di una dispensa, la cui utilizzazione era vietata, ed è stato sopravvalutato, rispetto ai criteri cui la commissione si era autovincolata, un elaborato riportante un testo normativo;

- che vi è stata una scorretta valutazione del secondo elaborato del ricorrente, e che i criteri di fatto applicati nella selezione dei vincitori sono illogici e contraddittori, essendo stati assegnati giudizi lusinghieri ad altri candidati pur in presenza di rilievi negativi.

Costituiti in resistenza le intimate amministrazioni ed uno degli intimati controinteressati, e negata la la richiesta tutela cautelare, con atto depositato il 7 novembre 2007, il ricorrente ha proposto doglianze aggiunte, con le quali ha contestato il difetto di verbalizzazione del procedimento di correzione degli elaborati della seconda prova scritta. In particolare, laddove le difese della parte pubblica hanno sostenuto, con riferimento ad uno dei motivi introdotti in ricorso, la regolarità della valutazione della prova scritta in argomento, effettuata su schede separate, il ricorrente ha denunziato che tali schede sono mere riproduzioni dattiloscritte e nominative dei voti e dei giudizi assegnati a ciascun candidato, redatte dopo l’apertura delle buste e prive dei connotati e del nucleo essenziale del verbale, in violazione del principio di irretrattabilità ed immodificabilità dei giudizi.

A seguito di un incombente istruttorio, disposto con ordinanza 3 luglio 2009, n. 864, e preso atto della relazione depositata dall’amministrazione (che ha fatto presente che gli elaborati concorsuali sono stati letti e valutati nel corso delle riunioni, mantenendo chiusa la busta contenente il nome del candidato, con appunti manoscritti da parte di ogni commissario, non conservati, per la discussione e la valutazione collegiale, riportata di volta in volta su format grafico già predisposto, non conservato, poi integrato con i nomi dei candidati e contestualmente utilizzato per la redazione informatica delle schede valutative ufficiali), con atto depositato in data 27 novembre 2009, il ricorrente ha proposto ulteriori motivi aggiunti, con i quali ha lamentato che detto modus corrigendi, ed, in particolare, la sostituzione delle schede manoscritte con schede informatiche, oltre a non essere stato verbalizzato, non è idoneo a permettere il controllo ex post sull’operato della commissione. Il ricorrente ha lamentato, ancora, la carenza nei verbali della commissione dell’invito ai candidati a partecipare alle operazioni di abbinamento delle buste ai nomi dei partecipanti alla selezione e dell’annotazione dell’avvenuta presenza di alcuni concorrenti all’operazione stessa.

Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le doglianza, evidenziando la correttezza dell’iter procedimentale e la condivisibilità degli esiti della selezione.

Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’erroneità della ricostruzione operata dal T.A.R., concentrando le proprie censure sui vizi procedimentali evidenziati e sull’appartenenza degli stessi all’ambito cognitivo esterno alla discrezionalità amministrativa e quindi sindacabile dal giudice.

Nel giudizio di appello, si è costituita l’Avvocatura dello Stato per la parte resistente, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 14 giugno 2011, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato al merito.

Alla pubblica udienza del 13 dicembre 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. - Con un unico motivo di diritto, articolato in due parti, l’appellante lamenta nullità o inesistenza dei verbali di correzione;
nullità o inattendibilità delle correzioni;
violazione dell’art. 3 della legge sul procedimento;
violazione o falsa applicazione degli artt. 12 e 15 del d.P.R. n. 487 del 1994;
violazione dell’art. 97 della Costituzione;
sentenza contraddittoria, erronea e contraria alla legge;
sviamento di potere.

Nella prima parte del motivo, si evidenzia la nullità della correzione degli elaborati scritti. Con un metodo espositivo inusuale nell’ambito della trattazione dei ricorsi giurisdizionali amministrativi, so sottolinea l’esistenza di una serie di circostanze anomale (la mancata apposizione del voto sugli elaborati concorsuali, la mancata conservazione dei verbali di esame, la mancata verbalizzazione dell’eliminazione dei verbali e della loro sostituzione con schede informatiche nominative), cumulatesi tra loro, gli appellanti lamentano la nullità o l’illegittimità dell’intera procedura, stante la difformità dell’iter adottato in rapporto alle previsioni normative.

a. La doglianza non può essere condivisa.

In via preliminare, la Sezione non può che osservare come il citato meccanismo espositivo si fondi essenzialmente su una petitio principii, e quindi su un errore argomentativo, che è quello di ritenere provati gli elementi dell’illegittimità, che invece non solo non sono stati acclarati, ma sono stati espressamente sconfessati dalla sentenza gravata. Non ha quindi senso giuridico partire dalla supposta affermazione dell’esistenza di una serie di irregolarità, quando questi profili sono stati vagliati e ritenuti corretti dal giudice di prime cure, con affermazioni che la Sezione ritiene di dover condividere.

In particolare, il giudice di prime cure, al punto 6. della sentenza gravata, ha espressamente considerato le argomentazioni dell’originaro dell’originario ricorrente, facendo buon governo delle regole che disciplinano le procedure concorsuali.

In merito alla circostanza che nella seconda prova scritta i voti non sono stati apposti sugli elaborati concorsuali, bensì su un foglio separato, sottoscritto solo da tre commissari, privo della indicazione della data di correzione, il ricorrente, con argomentazione meglio espressa nel giudizio di primo grado, si è lamentato del difetto di verbalizzazione del procedimento di correzione, evidenziando come l’azione della pubblica amministrazione si sia espressa confezionando una serie di fogli o schede costituenti mere riproduzioni dattiloscritte e nominative dei voti e dei giudizi assegnati a ciascun candidato, precisando che tali foglio o schede erano state redatte dopo l’apertura delle buste contenenti i nominativi dei concorrenti, e, in quanto tali, prive dei connotati e del nucleo essenziale del verbale (voti e giudizi relativi a ciascun concorrente contraddistinto solo da un numero progressivo), e violative del principio di irretrattabilità ed immodificabilità dei giudizi.

Dall’esito degli accertamenti istruttori ordinati dal T.A.R., è emerso che l’amministrazione: ha contrassegnato le buste con i nominativi dei candidati ed i relativi elaborati con numeri progressivi;
ha operato la valutazione su schede separate, non conservate, contrassegnate nello stesso modo (modalità discendente dall’utilizzazione della griglia di valutazione di cui sopra);
ha utilizzato le dette schede, aperte le buste contenenti i dati identificativi dei candidati, per la redazione informatica delle schede ufficiali, contenenti i nominativi dei concorrenti e sottoscritti da tre componenti della commissione.

In conclusione, la censura operata verte sulle modalità di verbalizzazione del processo di correzione, ritenuto inidoneo a permettere il controllo ex post sull’operato della commissione.

Le doglianze non possono essere condivise.

Va in primo luogo evidenziato come non sia esatto che il modus corrigendi fosse stato espressamente determinato da un vincolo autoimposto dalla commissione, derivante dal verbale n. 15 o dal verbale n. 17, atteso che in detti verbali si leggono unicamente le descrizioni delle operazioni effettuate, senza alcun intento conformativo delle operazioni successive.

In secondo luogo, va evidenziato come la carenza nei verbali della commissione della puntuale descrizione del prescelto modus corrigendi non determini la nullità o l’invalidità dei verbali stessi. È, infatti, del tutto pacifico in giurisprudenza che l'irregolarità delle operazioni di verbalizzazione non comporti necessariamente l'illegittimità delle sottostanti operazioni valutative, atteso che non sussiste alcuna preclusione formale o sostanziale circa la possibilità di rettificare o integrare il contenuto di un verbale in precedenza stilato, purché, ovviamente, non sussistano elementi i quali depongano nel senso che il contenuto del primo o del secondo verbale non sia veritiero (da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 31 marzo 2011 , n. 1996;
Consiglio di Stato, sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1094;
Consiglio di Stato, sez. V, 11 maggio 2009 , n. 2880).

Occorre dunque che, accanto agli eventuali elementi di mera irregolarità, compaiano ulteriori elementi sintomatici, dai quali dedurre la non corrispondenza sostanziale di quanto riportato nel processo verbale con l'effettiva attività svolta dalla commissione. Tuttavia tale circostanza non emerge dagli atti e ben ha fatto il T.A.R., ripercorrendo lo sviluppo delle operazioni tramite la trascrizione dei passi rilevanti contenuti nei verbali della commissione, ha delineare la correttezza delle operazioni nel loro complesso.

In terzo luogo, anche la mancata apposizione del voto sul singolo tema non è elemento di illegittimità della correzione, come è del tutto pacifico in giurisprudenza, nella considerazione che il voto della commissione in un concorso pubblico assicura la necessaria chiarezza sulle valutazioni di merito compiute dalla commissione e sul potere amministrativo da quest'ultima espletato non essendo necessario apportare sul testo dell'elaborato segni di correzione poiché all'esaminatore spetta soltanto di valutare la qualità del lavoro sottoposto al suo esame (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 25 ottobre 2010, n. 1029).

Deve quindi convenirsi con la sentenza gravata sull’inesistenza di elementi sintomatici sull’illegittimità delle operazioni concorsuali e sulla correttezza dell’azione svolta dalla commissione di concorso.

3. - Sempre nell’ambito della prima parte del motivo di ricorso, una ampia trattazione viene affidata alla errata o mancata considerazione dei titoli posseduti dal ricorrente.

L’interesse a tale motivo è sostenuto dall’appellante in relazione alla circostanza che, qualora la sua seconda prova fosse ritenuta meritevole del punteggio necessario al superamento, la rivalutazione dei titoli gli consentirebbe un piazzamento utile.

3.1. - La doglianza non può essere accolta.

Come correttamente rilevato dal T.A.R., è palese la carenza di interesse, in quanto che il ricorrente è risultato non idoneo alla seconda prova scritta, per cui, stante l’espressa previsione di bando, non potrebbe mai giovarsi del maggior punteggio dei titoli eventualmente riconosciutogli in questa sede.

4. - Nella seconda parte del motivo di diritto, censurando l’applicazione data dal giudice di primo grado alla regola sull’insindacabilità della discrezionalità tecnica di cui godono le commissioni di pubblici concorsi, l’appellante evidenzia una serie di errori di fatto in cui l’amministrazione sarebbe caduta, escludendo quindi che si potesse ricadere nell’ambito non valutabile da parte del giudice amministrativo.

4.1. - La doglianza non può essere condivisa.

In via di principio, le affermazioni della parte appellante meritano ovvia condivisione, quando evidenziano come di per sé la discrezionalità tecnica non rappresenti un limite al sindacato del giudice amministrativo. La discrezionalità tecnica, o meglio l’insieme delle valutazioni tecniche che la costituiscono, è pienamente valutabile dal giudice amministrativo, sia sotto il profilo della ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità che sotto l'aspetto più strettamente tecnico, ben essendo consentito un sindacato non limitato al mero controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito dall'Autorità amministrativa, ma mirante alla verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e a procedimento applicativo (secondo la giurisprudenza derivante dalla decisione Consiglio di Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601;
da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 18 agosto 2009, n. 4960).

Tuttavia, nel caso in specie, rimarcata la correttezza delle operazioni della commissione, non è dato cogliere in concreto alcuno degli errori di fatto segnalati in ricorso. Il motivo di censura, infatti, individua una serie di profili dai quali, a parere dell’appellante, dovrebbe dimostrarsi la mancata valutazione dei contenuti degli elaborati di concorso. In particolare, il giudizio espresso (ossia: “1) omessa ed errata esposizione su aspetti fondamentali;
2) errori di sintassi e grammatica;
3) esposizione confusa. Non tratta dei limiti e della posizione dei controinteressati”) non avrebbe riscontro con la qualità dell’elaborato redatto.

Ad una lettura delle singole questioni, emerge però che i dati segnalati, lungi che appartenere all’ambito dell’errore di fatto, si collocano nell’area della valutazione effettivamente discrezionale, spettante all’amministrazione, trattandosi di considerazioni in merito alla esaustività ed alla sufficienza dell’elaborato redatto in relazione alla traccia assegnata, considerazione che possono essere ampiamente condivise dalla Sezione, non emergendo dalla lettura degli atti e del testo de qua alcun elemento idoneo a sconfessare il giudizio espresso in sede concorsuale.

Conclusivamente, anche in relazione alla seconda parte del ricorso, deve concordarsi con la decisione del giudice di prime cure in relazione alla non illegittimità dell’azione della commissione di concorso.

5. - L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

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