Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2010-12-07, n. 201005386
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Testo completo
Numero 05386/2010 e data 07/12/2010
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda
Adunanza di Sezione del 14 luglio 2010
NUMERO AFFARE 00006/2010
OGGETTO:
Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare.
Ricorso straordinario al presidente della Repubblica proposto dalla signora S C C, nata a San Giuseppe Vesuviano (NA) il 28 settembre 1958 e residente in Terzigno (NA), per l’annullamento: dell’ordinanza 6 novembre 2007 n. 120/10970, notificata il 18 novembre 2008, con cui l’ente del parco nazionale del Vesuvio, su rapporto della stazione Carabinieri di Terzigno 5 aprile 2007 n. 37/26, le ha ingiunto la sospensione e la demolizione di opere edilizie abusive con rispristino dello stato dei luoghi, della nota del Corpo forestale dello Stato – comando stazione di Ottaviano - del 2 giugno 2008 n. 126, e della comunicazione di avvio del procedimento del 21 febbraio 2008 n. 1197.
LA SEZIONE
Vista la nota 30 dicembre 2009 n. 27913, con la quale il suindicato ministero ha inviato al Consiglio di Stato il ricorso straordinario indicato in oggetto ai fini del prescritto parere;
visto il ricorso proposto con atto notificato al parco nazionale del Vesuvio il 26 gennaio 2009;
vista la relazione del parco nazionale del Vesuvio 7 maggio 2009 n. 2567;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Vittorio Stelo.
Premesso
La signora S C C è proprietaria dell’immobile sito in Terzigno, località Cafurchio, nel quale ha realizzato opere consistenti “nella continuazione di lavori nell’area antistante al corpo di fabbrica esistente e retrostante allo stesso nonché nell’area posta nella parte est”.
A seguito di un rapporto del Comando della stazione dei carabinieri di Terzigno (NA) 5 aprile 2007 n. 37/26, l’ente del parco nazionale del Vesuvio, dopo avere inviato la comunicazione di avvio del procedimento n. 4520 in data 9 maggio 2007, notificata il 18 novembre 2008, ha adottato l’ordinanza 6 novembre 2007 n. 120, notificata il 18 novembre 2008, con la quale le ha ingiunto la sospensione e la demolizione di dette opere, in quanto realizzate, in assenza delle prescritte autorizzazioni, e specificatamente di quella dell’ente del parco, all’interno della perimetrazione definitiva del parco stesso nonché in area soggetta alle norme di attuazione del piano territoriale paesaggistico approvato con decreto in data 4 luglio 2002 del ministero per i beni e le attività culturali di concerto con il ministero dell’ambiente, e del decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490 (testo unico delle disposizioni legislative in tema di beni culturali e ambientali), in territorio comunale dichiarato sismico e a rischio idrogeologico.
La signora Cutolo ha quindi proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, deducendo la conformità delle opere realizzate agli strumenti urbanistici in vigore e quindi la non necessità, per caratteristiche, volumetria e dimensioni delle opere, di permesso di costruire;il difetto di motivazione anche per quanto concerne il danno collegato all’esecuzione del provvedimento, l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento. Sostiene preliminarmente che la presentazione in data 15 gennaio 2009 di domanda di permesso di costruire in sanatoria, ai sensi dell’articolo 36 del decreto del presidente della Repubblica n. 380 del 2001, avrebbe dovuto indurre a sospendere il procedimento sanzionatorio, semmai ricorrendo all’irrogazione di sanzione pecuniaria pari al doppio del valore venale dell’immobile.
Il ministero e l’ente del parco ribadiscono la legittimità dell’istruttoria e dei provvedimenti impugnati, eccependo l’inammissibilità del ricorso.
Considerato
L’ente del parco è stato istituito con l’articolo 34 della legge 6 dicembre 1991 n. 394, e il decreto del presidente della Repubblica 5 giugno 1995 ne ha definito la perimetrazione e l’ente di gestione. L’articolo 13 di detta legge prevede che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relativi ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta del Parco”.
A norma dell’articolo 1 del citato decreto, il territorio del parco è suddiviso in zona 1 e zona 2;secondo l’articolo 7 (zona 2) “…sono sottoposti ad autorizzazione dell’ente parco i nuovi interventi di rilevante trasformazione del territorio, per i quali, alla data di entrata in vigore delle presenti norme, non sia effettuato l’inizio dei lavori…”, e, ai sensi dell’articolo 8, “l’eventuale rilascio di autorizzazioni da parte dell’ente parco…è subordinato al rispetto delle seguenti condizioni: a) gli elaborati tecnici relativi alle istanze prodotte dovranno essere corredati da tutte le autorizzazioni, i nulla osta, i pareri, prescrizioni, da parte degli enti istituzionalmente competenti per territorio secondo quando richiesto dalla normativa vigente”.
Nel caso in esame, gli interventi edilizi sono stati realizzati dalla ricorrente nella zona 2 del territorio del parco, hanno comportato la realizzazione di nuova costruzione e trasformazione di quella esistente e, quindi, hanno determinato una rilevante trasformazione del territorio;gli stessi non sono stati preventivamente autorizzati dall’ente, e quindi sono stati compiuti in violazione delle normative finalizzate alla tutela dell’area, già perimetrata in via definitiva e comunque soggetta a specifici vincoli paesaggistici e ambientali, idrogeologici e sismici.
L’ente parco, peraltro, con richiamo al sopralluogo dei carabinieri di Terzigno e a precedenti infrazioni edilizie sanzionate dal comune con ordinanze di sospensione e demolizione di opere realizzate abusivamente, ha comunicato l’avvio del procedimento con nota in data 9 maggio 2007 n. 4520, nella quale si preannunciava l’adozione del provvedimento sanzionatorio.
Orbene, il provvedimento impugnato evidenzia proprio che un manufatto quale quello realizzato, per tipologia, modalità di costruzione, materiali impiegati e utilizzazione perdurante nel tempo, ha prodotto una trasformazione urbanistica che ha alterato in modo rilevante e duraturo lo stato e la morfologia del territorio, con pregiudizi sulla conservazione del suolo, sugli equilibri ecologici, sul regime delle acque e sull’habitat naturale, e quindi l’intervento necessitava del prescritto preventivo titolo autorizzatorio.
D’altra parte la ricorrente si limita ad indicazioni apodittiche e a una mera affermazione di compatibilità delle opere realizzate con il contesto tutelato priva di ogni elemento probatorio;e non ha pregio l’asserita attivazione del procedimento di sanatoria, ai sensi dell’articolo 36 del decreto presidenziale n. 380 del 2001, di competenza in ogni caso del comune.
Detti lavori, venendo a modificare incisivamente il precedente stato dei luoghi (per volumetria e superficie), hanno comportato l’inserimento di nuovi elementi e la modifica delle preesistenti opere, per cui necessitavano di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica.
I cennati vincoli, interessanti il territorio comunale e l’area del parco, comportavano, per la natura delle opere e la loro ubicazione, l’inedificabilità paesaggistico-ambientale e l’insanabilità degli interventi abusivi, sanzionati dal decreto del presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e dalla legge n. 47 del 1995, relativamente alle opere non suscettibili di sanatoria per la specificità delle norme che regolano le bellezze naturali ed i correlativi vincoli, e dall’articolo 32, comma 27, lettera d) del decreto-legge n. 280 del 2003, secondo cui non sono suscettibili di sanatoria “gli abusi realizzati su immobili soggetti a vincoli da leggi statali e regionali a tutela degli interessi…dei beni ambientali e paesaggistici nonché delle opere protette nazionali, regionali e provinciali”, non consentendo quindi forme di legittimazione postuma a sanatoria.
D’altronde la tutela del paesaggio è, secondo la giurisprudenza costituzionale, primaria e in-suscettibile di subordinazione a qualsiasi altro interesse pubblico o privato, in quanto protetta dall’articolo 9 della Costituzione. Quindi anche l’urbanistica e l’edilizia sono funzionalizzate e condizionate da quella tutela, e i vincoli paesaggistico–ambientali prevalgono sulle stesse disposizioni degli strumenti urbanistici, tanto che, ove le opere realizzate dalla ricorrente fossero state conformi dal punto di vista urbanistico, non avrebbero potuto esserlo da quello paesaggistico-ambientale, e in ogni caso sarebbe stata necessaria la doppia conformità.
Il provvedimento impugnato contiene in effetti le indicazioni e descrizioni indispensabili a configurare la situazione d’illegittimità e l’abuso consumato, e l’ente parco, in presenza di accertamento dei carabinieri e di precedenti rapporti del comune di Terzino, ha posto in essere atto repressivo di abuso espressione di attività vincolata che non richiede motivazione in punto di interesse pubblico, essendo implicito l’interesse pubblico alla rimozione.
Invero, il provvedimento si inserisce nel contesto della vigilanza sul rispetto delle prescrizioni volte all’ordinata pianificazione dell’area, al corretto uso del territorio e, nella sostanza a reprimere gli interventi incompatibili con le destinazioni e i vincoli insistenti nella zona.
Non sussiste quindi il lamentato difetto di motivazione, la quale sussiste e non è inficiata da elementi di irrazionalità evidente, censurabili in sede di sindacato di legittimità (cfr, fra gli altri, Consiglio di Stato, sezione II, 17 ottobre 2001 n. 2212).
Quanto alla violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (mancata comunicazione dell’avvio del procedimento), si evidenzia che il procedimento sanzionatorio in questione è puntualmente disciplinato nelle sue varie fasi dall’articolo 12 della citata legge 47 del 1985, così sovvenendo anche alle finalità perseguite dalla citata legge 241/1990, che, quindi non si applica in materia di provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi, come la Sezione ha stabilito in numerosi precedenti pareri (cfr. 11 ottobre 1995 n.1628/94).
In ogni caso sovviene l’articolo 21- octies della stessa legge n. 241 del 1990, introdotto dall’articolo 14 della legge 11 febbraio 2005 n. 15, secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”: si tratta di norma sul procedimento, immediatamente applicabile, volta a perseguire fini di snellezza e di economia del procedimento, soprattutto nella considerazione che l’interesse sostanziale della ricorrente non può che essere volto all’accoglimento del ricorso in toto e comunque nel merito, sì da caducare definitivamente il provvedimento impugnato, che altrimenti sarebbe riadattato con conseguente ulteriore contenzioso e possibile reiezione.
Nella fattispecie all’esame in effetti la valutazione dei necessari motivi del gravame induce a ritenere gli stessi infondati e il provvedimento dell’ente parco Vesuvio legittimo, e il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso, ai sensi proprio del citato articolo 21- octies .
Di conseguenza il provvedimento in questione non sarebbe annullabile per lamentata violazione dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990, ove anche appieno configurabile alla luce della problematica suesposta, e il ricorso è quindi da rigettare, salvi i provvedimenti sull’istanza di sanatoria che la ricorrente asserisce di aver presentato.