Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-07-27, n. 201703728

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-07-27, n. 201703728
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201703728
Data del deposito : 27 luglio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/07/2017

N. 03728/2017REG.PROV.COLL.

N. 02857/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2857 del 2009, proposto dai signori Carabini G D e C D, rappresentati e difesi dagli avvocati A G e F R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P P in Roma, via Antonio Bertoloni, 27;

contro

Comune di Rimini, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato W M B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M T B in Roma, via Caio Mario, 7;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione seconda, n. 928 del 14 marzo 2008, resa tra le parti, concernente la demolizione di opere realizzate abusivamente.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rimini;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2017 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi, per le parti appellanti, l’avvocato Federica Stoppani, su delega dell’avvocato Rossi, e, per il Comune appellato, l’avvocato Fedeli Barbantini, per delega dell’avvocato Bernardi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I signori G D Carabini e Dolores Celli hanno impugnato dinanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna, sede di Bologna, il provvedimento del comune di Rimini dell’11 ottobre 1999 con il quale è stata dichiarata l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire del 23 novembre 1998 relativa ad alcune opere realizzate abusivamente su un fabbricato di loro proprietà (realizzazione di una cantina interrata e di uno scivolo per l’accesso).

2. Il T.a.r. adito, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso.

3. In particolare, lo stesso Tribunale, dopo aver dichiarato inammissibili taluni motivi di gravame (il secondo, terzo, sesto, settimo, ottavo e nono), riferiti al procedimento relativo ad un precedente diniego di sanatoria e all’ingiunzione di demolizione, entrambi non impugnati (con la conseguenza che non si poteva ritenere sussistente il dovere dell’amministrazione di rispondere a successive sollecitazioni dell’esercizio del potere di autotutela), ha respinto le censure con le quali si contestava l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, in ragione dell’esistenza di un sequestro penale concernente i manufatti oggetto di giudizio, e l’ommessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

4. I ricorrenti hanno quindi impugnato la suddetta sentenza, prospettando i seguenti motivi di appello.

4.1. Con riferimento al rigetto della seconda, terza, sesta, settima, ottava e nona censura. Travisamento dei fatti. Erronea applicazione degli articoli 7 e 13 della L.47/85 in relazione alla disciplina del procedimento sanzionatorio e del procedimento di accertamento di conformità. Contraddittorietà della motivazione.

4.1.1. Gli appellanti contestano la valutazione dei fatti resa dal TAR nella sentenza impugnata relativamente alla valenza giuridica attribuita alla circostanza della mancata impugnativa del diniego di condono e della ingiunzione di demolizione. La ricostruzione e la valutazione giuridica contrasterebbe infatti con la disciplina normativa del procedimento sanzionatorio (art.7 della legge n, 47/85) e del procedimento di accertamento di conformità (art. 13 della legge n.47/85).

4.1.2. La domanda di sanatoria respinta con il provvedimento del 6 novembre 1998 non avrebbe, secondo le parti appellanti, nulla a che vedere con il provvedimento del 23 novembre 1998 che ha disposto la demolizione, essendo stata presentata prima dell’accertamento tecnico posto a base dello stesso ordine di demolizione (accertamento del 14 luglio 1998). Al contrario avrebbe rilievo la successiva domanda di sanatoria poi respinta il 17 febbraio 1999. Alla luce di queste circostanze, l’ingiunzione a demolire avrebbe perso efficacia per l’attivazione del nuovo procedimento di sanatoria.

4.2. Con riferimento alla prima e quinta censura respinte dal T.a.r. con la sentenza impugnata. Travisamento dei fatti. Motivazione insufficiente.

4.2.1. Il T.a.r. di Bologna sostiene nella sentenza impugnata che non poteva rilevare ai fini dell’inottemperanza all'ingiunzione di demolizione la presenza di un sequestro penale delle opere di cui è causa. Secondo il giudice di primo grado l'interessato ben poteva richiedere il dissequestro per procedere alla demolizione. Tuttavia, parte appellante, essendo stata sottoposta a procedimento penale, ha dovuto mantenere in essere il manufatto anche ai fini dell’incidente probatorio disposto dal Tribunale di Rimini. Pertanto, la mancata demolizione delle opere nel termine di cui all'ordinanza ingiunzione di demolizione (23 novembre 1998) non poteva essergli imputata.

5. Il comune di Rimini si è costituito in giudizio con un contro ricorso il 7 settembre 2009 ed ha depositato un’ulteriore memoria il 21 aprile 2017, chiedendo il rigetto dell’appello.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 25 maggio 2017.

7. L’appello non è fondato.

8. Quanto al primo motivo, va rilevato, in via assorbente, che gli atti indicati nello stesso non sono stati comunque impugnati dagli appellanti e pertanto non possono più formare oggetto di esame.

9. In ogni caso, può condividersi l’osservazione del T.a.r. secondo cui, in esito all’istanza di sanatoria (successiva all’ordine di demolizione) respinta con provvedimento del 17 febbraio 1999, legittimamente l’Amministrazione non ha assunto una nuova determinazione, ma si è limitata ad adottare un atto meramente confermativo del precedente diniego del 6 novembre 1998.

Tali conclusioni sono conformi alla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui la P.A. non ha alcun obbligo di reiterare l’ingiunzione a demolire dopo che ha respinto una istanza di sanatoria presentata successivamente all’originario ordine di demolizione (cfr. ex plurimis sez. V, n. 466 del 2015 e Sez. VI, n. 1909 del 2013 cui si rinvia a mente dell’art. 88, co.2, lett. d), c.p.a.).

10. Nel secondo motivo gli appellanti contestano le conclusione del giudice di primo grado in ordine all’eccepita impossibilità di ottemperare l’ordine di demolizione in costanza di un sequestro penale delle stesse opere abusive.

11. La tesi di parte appellante non può essere condivisa, a prescindere dalla genericità della censura rilevata dal T.a.r. come conseguenza della mancata indicazione della data di dissequestro del manufatto.

12. Innanzitutto, va evidenziata l’autonomia del procedimento amministrativo edilizio dalle vicende del giudizio penale. Il giudice in quella sede non può, nel rispetto dell’art. 4 dell’allegato E della legge 20 marzo 1865, annullare, revocare o caducare anche indirettamente un provvedimento adottato da un’autorità amministrativa, salvo che una norma di legge non disponga diversamente (cfr. Cons. Stato: sez. V, 27 maggio 2014, n. 2711, che ha ribadito l’assoluta doverosità, per l’ente locale, della trascrizione della sentenza penale che dispone la confisca di un sedime utilizzato per consumare il reato di lottizzazione abusiva ex art. 44, comma 2, t.u. edilizia, pur in presenza della permanente formale vigenza del titolo edilizio;
successivamente, sez. IV, 28 giugno 2016, n. 2864, cui si rinvia a mente dell’art. 88, co.2, lett. d), c.p.a.).

In altri termini questa tesi evita che si creino collegamenti impropri fra procedimenti sanzionatori, titoli edilizi e giudicati penali.

13. Ciò significa, nel caso di specie, che il sequestro penale delle opere oggetto del provvedimento di demolizione non incide sulla validità o sull’efficacia dello stesso e conseguentemente sul provvedimento che accerta la sua inottemperanza (cfr. ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 2016, n. 283;
Cass. pen., sez. III, 14 gennaio 2009, n. 9186).

14. In sostanza, la pendenza del sequestro è irrilevante ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione e della sua eseguibilità e, quindi, della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori emanati secondo la tassonomia stabilita dall’art. 31 t.u. edilizia (ordine di demolizione, accertamento dell’inottemperanza, acquisizione gratuita del sedime e delle opere, cfr. sul punto da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 2016, n. 5008;
14 luglio 2014, n. 3415;
sez. V, 26 maggio 2003, n. 2850) che conduce, inoltre, al corollario processuale della non autonoma impugnabilità dei provvedimenti successivi all’ordine di demolizione in caso di mancata contestazione di quest’ultimo.

A tali conclusioni si perviene in base alla non qualificabilità della misura cautelare reale penale quale impedimento assoluto (alla stregua del caso fortuito o della forza maggiore) all’attuazione dell’ingiunzione stante la possibilità, per il destinatario dell’ordine, di ottenere il dissequestro del bene ai sensi dell’art.85 disp. att. c.p.p. (cfr. anche, in caso di sequestro, sulla non sospensione dei termini per provvedere alla demolizione Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2013, n. 3626).

15. Il Collegio ritiene in definitiva di mantenere il tradizionale indirizzo giurisprudenziale in materia, indirizzo in parte modificato dalla recente sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato del 17 maggio 2017, n. 315, che ha invece ritenuto rilevante ai fini dell’inottemperanza all’ordine di demolizione la sussistenza di un sequestro penale.

16. A tale recente impostazione, come detto, non si ritiene di aderire (oltre che per le ragioni dianzi illustrate), anche alla luce dei principi giurisprudenziali della Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. sez. V, 21 aprile 2016, n. 46577/15) che ha comunque ritenuto l’ordine di demolizione una misura di difesa dell’ordinato sviluppo del territorio indispensabile in un ordinamento democratico.

17. In ogni caso, tale tesi è suffragata dalla costante giurisprudenza di legittimità penale, costituente vero e proprio diritto vivente (cfr., ex multis e da ultimo, Cass. pen., sez. III, 21 marzo 2017, n. 13653;
sez. III, 26 settembre 2013, n. 42637;
sez. III, 26 ottobre 2011, n. 45704) secondo cui:

a) l’effetto ablatorio si verifica ope legis all’inutile scadenza del termine di novanta giorni fissato per permettere al soggetto di ottemperare all’ingiunzione. In tale prospettiva, l’ulteriore adempimento della notifica all’interessato dell’accertamento formale dell’inottemperanza permette all’ente l’immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari del titolo dell’acquisizione;

b) l’art. 85 disp. att. c.p.p. deve essere interpretato nel senso che, quando sono sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l’autorità giudiziaria, se l’interessato consente, ordina la restituzione impartendo le prescrizioni del caso, il chè sta a significare che è l’ordinamento stesso a consentire di superare il vincolo rappresentato dal sequestro e di procedere, nonostante la presenza dello stesso, alla demolizione.

18. Per le ragioni sopra esposte l’appello va respinto e per l’effetto va confermata la sentenza impugnata.

19. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati infatti dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

20. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti tenuto conto anche delle diverse conclusioni della giurisprudenza sopra ricordate.

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