Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-10, n. 202300325
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Testo completo
Pubblicato il 10/01/2023
N. 00325/2023REG.PROV.COLL.
N. 05777/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5777 del 2022, proposto dal Ministero della giustizia e dal Consiglio superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12;
contro
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Aristide Police, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi 32;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per -OMISSIS-n. -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie e tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2022 il consigliere Fabio Franconiero, sull’istanza di passaggio in decisione del Ministero della giustizia appellante e udito per la parte appellata l’avvocato Aristide Police;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Ministero della giustizia e il Consiglio superiore della Magistratura propongono appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per -OMISSIS- indicata in epigrafe, con cui in accoglimento del ricorso del dottor -OMISSIS-, magistrato ordinario, con funzioni di sostituto procuratore della Repubblica, assegnato alla direzione distrettuale antimafia di -OMISSIS-all’epoca dei fatti, è stato annullato il trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale disposto nei confronti di quest’ultimo dall’organo di autogoverno, con delibera in data -OMISSIS- (assunta con una maggioranza di 11 votanti a favore contro 10 contrari).
2. All’esito del procedimento avviato sulla base del rapporto in data -OMISSIS- del procuratore generale presso la Corte d’appello di -OMISSIS-, la delibera impugnata ha concluso nel senso che si fosse venuta a creare una situazione di « appannamento dell’immagine di sostituto indipendente ed imparziale », sia all’interno dell’ufficio requirente che all’esterno, e che per « restituire piena credibilità all’ufficio ed ai magistrati che vi operano » si dovesse disporre il trasferimento dell’interessato, ai sensi dell’art. 2 della legge sulle guarentigie della magistratura (regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511).
3. Il giudizio di incompatibilità ambientale era fondato sulla perquisizione disposta dal ricorrente nei confronti di un giornalista della stampa locale e sulle reazioni da essa suscitate nell’ambiente giudiziario e all’esterno di quest’ultimo. Erano nello specifico considerate incidenti negativamente sull’immagine di imparzialità dell’interessato le modalità con cui la perquisizione era stata da egli disposta, in un procedimento penale a carico del giornalista per ipotesi di concorso morale mediante istigazione in rivelazione di segreti d’ufficio e pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, ex artt. 326 e 684 cod. pen., iscritto e contestualmente assegnatogli dall’allora procuratore della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-, rientrato per l’occasione dalle ferie estive, che nei confronti del giornalista nutriva ragioni di inimicizia; e che era stato informato in via confidenziale dell’imminente uscita di un articolo a firma del medesimo giornalista, relativo ad un’indagine pendente presso l’ufficio da lui diretto a carico di suo figlio per una --OMISSIS-. La situazione di incompatibilità ambientale era ricostruita dalla delibera sulla base del dissenso manifestatosi all’interno dell’ufficio di procura all’indomani della perquisizione e del conseguente sequestro di materiale informatico, con il rifiuto espresso da alcuni sostituti della direzione distrettuale antimafia alla coassegnazione di fascicoli di indagine con il ricorrente; e prima ancora della generale riprovazione suscitata nei colleghi per le velate accuse del medesimo ricorrente secondo cui coloro che non avrebbero solidarizzato con il procuratore della Repubblica, a causa delle vicissitudini giudiziarie del figlio, potevano essere considerati informatori del giornalista.
4. Nel giudicare illegittimo il provvedimento impugnato, la sentenza di primo grado ha ritenuto non provata l’ipotesi che il ricorrente stesso avesse sollecitato l’assegnazione del procedimento in cui egli ha poi disposto la perquisizione a carico del giornalista; ha inoltre escluso che il clamore mediatico della perquisizione e il dissidio venutosi in seguito a creare all’interno dell’ufficio di procura fossero tali da integrare i presupposti del citato art. 2 della legge sulle guarentigie della magistratura. Ha al riguardo considerato che il primo dovesse essere ascritto alla qualità dei protagonisti della vicenda e in ogni caso andasse ascritto alla percezione soggettiva generale della stessa; e che il secondo, comunque di limitata portata e tale da non incidere sulla funzionalità dell’ufficio, fosse risolvibile con strumenti organizzativi interni a quest’ultimo. Sulla base dei rilievi ora sintetizzati la sentenza ha pertanto escluso che si fosse verificata una situazione di incompatibilità ambientale a causa dell’appannamento dell’immagine di imparzialità del magistrato interessato.
5. Con il loro appello il Ministero della giustizia e il Consiglio superiore della Magistratura censurano sotto plurimi profili la valutazione da parte della sentenza dei fatti posti a base del provvedimento impugnato e delle relative ricadute sull’immagine di imparzialità del magistrato.
6. L’originario ricorrente si è costituito in resistenza.
DIRITTO
1. L’appello enuclea plurime ragioni di illogicità e contraddittorietà della sentenza impugnata; la censura inoltre per avere travalicato i limiti del sindacato giurisdizionale nei confronti di provvedimenti di carattere discrezionale dell’organo di autogoverno della magistratura quale quello impugnato nel presente giudizio.
2. Più nello specifico:
- sarebbe inficiato da eccesso di potere giurisdizionale l’assunto espresso in sentenza secondo cui il rifiuto di coassegnazione di procedimenti espresso dai colleghi sostituti sentiti nell’istruttoria procedimentale che ha poi portato all’adozione del provvedimento impugnato avrebbe potuto essere risolto attraverso « fisiologici rimedi interni » e non col trasferimento d’ufficio del magistrato, che altrimenti potrebbe essere usato in modo strumentale per allontanare colleghi scomodi;
- si sarebbe contraddittoriamente escluso il clamore mediato suscitato dalla perquisizione nei confronti del giornalista per ricondurre lo stesso ad un’impressione soggettiva generale, in cui il clamore stesso si sostanzia;
- avrebbe erroneamente supposto che a base del trasferimento d’ufficio sarebbero stati posti anche rilievi di ordine disciplinare nei confronti del magistrato, che tuttavia non emergerebbero in alcun modo dalla delibera consiliare impugnata, invece incentrata in via esclusiva sull’oggettiva situazione di tensione venutasi a creare all’interno dell’ufficio di procura, sull’altrettanto incontestabile clamore presso l’opinione pubblica suscitato dalla vicenda e sul conseguente appannamento dell’immagine di imparzialità del ricorrente e della funzione giurisdizionale da egli svolta;
- del pari avrebbe travisato il percorso motivazionale della delibera impugnata, laddove ha supposto che a carico del ricorrente sarebbe stata posta la solidarietà da egli espressa al procuratore della Repubblica per le vicende penali del di lui figlio; in contrario si sottolinea che il rapporto del ricorrente con il procuratore avrebbe avuto nella delibera un rilievo esclusivamente descrittivo dei rapporti all’interno dell’ufficio requirente e quale prodromo dei fatti che hanno poi determinato la situazione di incompatibilità ambientale;
- avrebbe contraddittoriamente considerato ambiguo e polisemico il contenuto del messaggio di posta elettronica in cui il ricorrente ha ventilato che chi non avesse espresso la propria solidarietà al procuratore della Repubblica avrebbe potuto essere sospettato di essere l’informatore del giornalista (la “talpa”), salvo poi riconoscere che l’accusa espressa ai colleghi poteva rientrare tra le possibili interpretazioni del messaggio;
- avrebbe erroneamente escluso che le modalità che hanno connotato l’iscrizione del procedimento penale a carico del giornalista per concorso in rivelazione di segreti d’ufficio e pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, con relativa contestuale assegnazione al ricorrente, denotassero anomalie, così come la perquisizione e il sequestro da quest’ultimo disposti, in cui i rilievi critici contenuti nella delibera impugnata si riferirebbero all’esercizio della funzione giudiziaria; del pari