Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-05-28, n. 202404716

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-05-28, n. 202404716
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404716
Data del deposito : 28 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/05/2024

N. 04716/2024REG.PROV.COLL.

N. 08607/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8607 del 2023, proposto da
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



contro

Comune Di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato V L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria sezione staccata di Reggio Calabria n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2024 il Cons. R S e uditi per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza n. -OMISSIS- del T.a.r. per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla società -OMISSIS- avverso l’informazione antimafia prot. n. -OMISSIS-del 10/11/2022 ed i discendenti provvedimenti di revoca dell'autorizzazione all'esercizio di attività commerciale e di concessione dell’occupazione di suolo pubblico.

2. Nel giudizio di primo grado, il T.a.r. ha accolto l’istanza di misure cautelari (ordinanza n. -OMISSIS-, rilevando che la Prefettura non aveva attivato il contraddittorio procedimentale imposto dal comma 2 bis dell’art. 92 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, in assenza di comprovate ragioni di urgenza qualificata.

3. L’ordinanza è stata impugnata dall’Amministrazione innanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza n. -OMISSIS-, ha accolto l’appello e, per l’effetto, ha respinto l’istanza cautelare, ritenendo prevalente l’interesse pubblico ad evitare il rischio di infiltrazione della criminalità organizzata nell’attività economica.

4. Con la sentenza n. -OMISSIS-, qui impugnata, il Tribunale amministrativo regionale, in accoglimento del ricorso per motivi aggiunti proposto dalla società ricorrente, ha annullato i provvedimenti impugnati, ritenendo assorbente il motivo attinente alla violazione dell’art. 92 co.2 bis D.lgs. n. 159/2011, avendo la Prefettura omesso di attivare il necessario contraddittorio procedimentale.

In particolare, il T.a.r. ha ritenuto non pertinenti, né adeguatamente provate, le circostanze determinati la valutazione di urgenza qualificata - poste dall’Amministrazione a fondamento dell’omissione delle garanzie partecipative - impedendo alla ricorrente di dimostrare l’insussistenza del rapporto di parentela tra e -OMISSIS- (titolare della -OMISSIS-) ed altro soggetto controindicato (-OMISSIS-) e precludendole la possibilità di essere ammessa alle misure di prevenzione collaborativa di cui all’art. 94 bis del D.Lgs. n. 159/2011.

4. Il Ministero dell’Interno ha impugnato la decisione deducendo che l’informativa impugnata aveva dato conto delle ragioni che avevano indotto l’Autorità amministrativa ad omettere il contraddittorio procedimentale, come risultanti dall’ordinanza di applicazione delle misure cautelari n. -OMISSIS- della D.D.A. di Reggio Calabria del 31.08.2022, che aveva fatto emergere i seguenti fattori determinanti:

a) i rapporti di parentela intercorrenti tra -OMISSIS- – socio ed amministratore della società ricorrente – e -OMISSIS-, soggetto appartenente alla ‘ndrangheta , già condannato ed indagato per reati in tema di criminalità di stampo mafioso;

b) i rapporti tra -OMISSIS-, reggente del locale clan di ‘ndrangheta , ed il titolare dell’impresa -OMISSIS-, al quale il primo si era rivolto per ottenerne l’ausilio nell’ attività di imposizione del “pizzo”;

c) il ruolo di portatore di “ambascite” svolto da -OMISSIS- tra le ‘ndrine calabresi;

d) le frequentazioni ed i rapporti di amicizia di -OMISSIS- (socio di -OMISSIS-) con lo ‘ndranghetista -OMISSIS-, indicato quale “compare”.

Detti elementi, risultanti dall’ esame delle investigazioni compiute dalla D.D.A. ed accertati in sede di primo vaglio di attendibilità dal GIP-GUP di Reggio Calabria, come emergenti dall’ordinanza di applicazione delle misure cautelari n. -OMISSIS- della D.D.A. di Reggio Calabria del 31.08.2022, sarebbero stati, secondo l’appellante, ulteriormente avvalorati dal contesto “ambientale”, risultando il Consiglio comunale di -OMISSIS- già sciolto per mafia ed avendo l’Autorità di pubblica sicurezza già rilevato un’allarmante contaminazione mafiosa delle attività commerciali in tutto il territorio.

5. Con ordinanza n. -OMISSIS- il Collegio ha accolto la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

6. All’udienza dell’8 febbraio2024 l’appello è stato introitato per la decisione.

7. L’appello è meritevole di accoglimento.

8. E’ opportuno effettuare un sintetico richiamo ai principali arresti giurisprudenziali della Sezione sulla tematica dell’interdittiva antimafia e sul connesso sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo.

L'informativa antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell'autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell'impresa. Tale pericolo deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell'accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere "più probabile che non" il pericolo di infiltrazione mafiosa (tra le tante, 16 giugno 2023, n. 5964; 22 maggio 2023, n. 5024; 27 dicembre 2019, n. 8882; 5 settembre 2019, n. 6105; 20 febbraio 2019, n. 1182).

Ha aggiunto la Sezione (n. 758 del 2019) che lo stesso legislatore - art. 84, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011 - ha riconosciuto quale elemento fondante l'informazione antimafia la sussistenza di "eventuali tentativi" di infiltrazione mafiosa "tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate". Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di questi ad influenzare la gestione dell'impresa sono nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.

Ha ancora chiarito la Sezione (5 settembre 2019, n. 6105) che la legge italiana, nell'ancorare l'emissione del provvedimento interdittivo antimafia all'esistenza di "tentativi" di infiltrazione mafiosa, ha fatto ricorso, inevitabilmente, ad una clausola generale, aperta, che, tuttavia, non costituisce una "norma in bianco" né una delega all'arbitrio dell'autorità amministrativa imprevedibile per il cittadino, e insindacabile per il giudice, anche quando il Prefetto non fondi la propria valutazione su elementi "tipizzati" (quelli dell'art. 84, comma 4, lett. a), b), c) ed f), d.lgs. n. 159 del 2011), ma su elementi riscontrati in concreto di volta in volta con gli accertamenti disposti, poiché il pericolo di infiltrazione mafiosa costituisce, sì, il fondamento, ma anche il limite del potere prefettizio e, quindi, demarca, per usare le parole della Corte europea, anche la portata della sua discrezionalità, da intendersi qui non nel senso, tradizionale e ampio, di ponderazione comparativa di un interesse pubblico primario rispetto ad altri interessi, ma in quello, più moderno e specifico, di equilibrato apprezzamento del rischio infiltrativo in chiave di prevenzione secondo corretti canoni di inferenza logica.

Il giudice amministrativo è, a sua volta, chiamato a valutare la gravità del quadro indiziario, posto a base della valutazione prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, e il suo sindacato sull'esercizio del potere prefettizio, con un pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo, consente non solo di sindacare l'esistenza o meno di questi fatti, che devono essere gravi, precisi e concordanti, ma di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l'autorità amministrativa trae da quei fatti secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva, e non sanzionatoria, della misura in esame.

Il sindacato per eccesso di potere sui vizi della motivazione del provvedimento amministrativo, anche quando questo rimandi per relationem agli atti istruttori, scongiura il rischio che la valutazione del Prefetto divenga, appunto, una "pena del sospetto" e che la portata della discrezionalità amministrativa in questa materia, necessaria per ponderare l'esistenza del pericolo infiltrativo in concreto, sconfini nel puro arbitrio (cfr. 18 settembre 2023, n. 8395).

Il delicato bilanciamento raggiunto dall'interpretazione di questo Consiglio di Stato è stato avallato dalla Corte costituzionale dapprima con le sentenze n. 24 del 27 febbraio 2019 e n. 195 del 24 luglio 2019.

Come ha ben posto in rilievo la Corte

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