Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-12-03, n. 201008526
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Testo completo
N. 08526/2010 REG.SEN.
N. 07578/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello nr. 7578 del 2005, proposto dal MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,
contro
i signori TO IZ, US UC, TA DE OR, TO LU LE e IU UL, rappresentati e difesi dall’avv. Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, corso del Rinascimento, 11,
per la riforma
della sentenza del T.A.R. della Puglia, Sezione di Lecce, nr. 1894/05 del 23 febbraio 2005, depositata il 7 aprile 2005 e notificata il 5 luglio 2005, di parziale accoglimento del ricorso proposto dai ricorrenti, volto a ottenere il riconoscimento del diritto al trattamento economico, assistenziale e previdenziale previsti nel rapporto di impiego alle dipendenze del Ministero di Grazia e Giustizia per le mansioni svolte presso la Casa Circondariale di Lecce.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione dei signori TO IZ, US CI, TA De GI, TO LU ER e IU UL, nonché l’appello incidentale dagli stessi proposto;
Vista la memoria prodotta dagli appellati in data 14 ottobre 2010 a sostegno delle proprie difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 5 novembre 2010, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Vantaggiato, su delega dell’avv. Pellegrino, per gli appellati e l’avv. dello Stato Bruni per l’Amministrazione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Ministero della Giustizia ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza con la quale la Sezione di Lecce del T.A.R. della Puglia, accogliendo in parte il ricorso proposto dai signori TO IZ, US CI, TA De GI, TO LU ER e IU UL, ha accertato il diritto degli stessi a percepire le differenze retributive e l’indennità di buonuscita (maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria) conseguenti alla qualificazione del rapporto di impiego intrattenuto presso la Casa Circondariale di Lecce come rapporto di lavoro subordinato.
A sostegno dell’impugnazione, l’Amministrazione ha dedotto l’erroneità della ridetta qualificazione sotto molteplici profili, emergendo dalla documentazione in atti che le peculiarità della disciplina contenuta nei contratti stipulati dai ricorrenti, lungi dal deporre univocamente nel senso dell’esistenza di un vincolo di subordinazione, erano in realtà motivate dalla peculiarità del rapporto professionale che essi erano stati chiamati a svolgere all’interno della struttura penitenziaria.
Gli appellati in epigrafe indicati si sono costituiti per opporsi all’accoglimento dell’appello, e inoltre hanno proposto impugnazione incidentale avverso la medesima sentenza, nella parte in cui, avallando l’operato del Commissario ad acta in sede di esecuzione dell’ordinanza cautelare di primo grado, ha ritenuto non spettanti agli istanti la somme dovute a titolo di assegni familiari, ed inoltre ha quantificato gli interessi e la rivalutazione monetaria sugli importi dovuti al netto delle ritenute previdenziali, assistenziali ed erariali.
All’udienza del 5 novembre 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Gli odierni appellati, infermieri professionali, hanno svolto attività lavorativa fra il 1988 e il 1997 presso la Casa Circondariale di Lecce, previa stipulazione di contratti con l’Amministrazione penitenziaria ai sensi dell’art. 53 della legge 9 ottobre 1970, nr. 740, in materia di c.d. guardia infermieristica.
Successivamente, essi hanno agito dinanzi al T.A.R. della Puglia per veder dichiarare che il predetto rapporto, pur formalmente libero-professionale, rivestiva in realtà i caratteri del rapporto di impiego subordinato, e sentir condannare il Ministero della Giustizia al pagamento delle differenze retributive, assistenziali e previdenziali conseguentemente dovute.
Il giudice di primo grado, con la sentenza oggetto del presente gravame, ha accolto la domanda attorea, ritenendo sussistenti una serie di indici idonei a qualificare come sostanzialmente