Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-09-01, n. 202207634

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-09-01, n. 202207634
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202207634
Data del deposito : 1 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/09/2022

N. 07634/2022REG.PROV.COLL.

N. 00744/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 744 del 2018, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il signor V N A, non costituito in giudizio;

nei confronti

del signor E S T, non costituito in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione prima bis, n. 9919/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del giorno 1° marzo 2022, il consigliere F F e udito, per parte appellante, l’avvocato dello Stato Liborio Coaccioli;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellato, sottoufficiale dell’Aeronautica miliare, ha proposto il ricorso di primo grado n. 7027 del 2000, successivamente integrato da motivi aggiunti, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale il Lazio, sede di Roma, avverso il provvedimento del Ministero della difesa prot. n. DPGM/II/5/571, comunicatogli il 24 febbraio 2000, con cui egli è stato giudicato idoneo per l’avanzamento, a scelta, aliquota 1998, al grado superiore, ma, non risultando graduato entro il primo terzo, la promozione è stata procrastinata ad una nuova valutazione da effettuarsi nell’anno successivo.

1.1. Il Ministero della difesa si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso, mentre il soggetto controinteressato non si è costituito.

2. Con l’impugnata sentenza n. 9919 del 26 settembre 2017, il T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, sezione prima bis , ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento amministrativo impugnato, e ha condannato il Ministero della difesa al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 1.500, oltre agli accessori di legge.

2.1. Il collegio di primo grado ha puntualmente sintetizzato i fatti di causa come segue: « Il ricorrente è un sottufficiale dell’Aeronautica militare ed ha partecipato alla selezione per la promozione al grado superiore relativa alla aliquota dell’anno 1998. Lo stesso, pur risultando idoneo alla promozione, non si è graduato nel primo terzo, per cui è stato rimandato ad una nuova valutazione afferente alla aliquota del 1999. Avverso tale determinazione il predetto ha reagito con ricorso giurisdizionale e successivi motivi aggiunti. Alla udienza del giorno 11 maggio 2016, il Collegio, con Ordinanza n. 9836/16, ha disposto incombenti istruttori ed ha ordinato la integrazione del contraddittorio per pubblici proclami. In data 20 dicembre 2016 la parte ricorrente ha provveduto a depositare la comunicazione dell’Amministrazione dell’avvenuta notifica per pubblici proclami del ricorso oggetto del presente scrutinio. Con nota del 22 dicembre 2016, la parte resistente ha assolto la disposta richiesta istruttoria. In prossimità della udienza la parte ha illustrato la propria tesi con una memoria difensiva ».

Tale ricostruzione in fatto non risulta specificamente contestata dall’appellante, sicché, in ossequio al principio di non contestazione recato all’art. 64, comma 2, del codice del processo amministrativo, deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

2.2. Il T.a.r. ha poi così motivato la propria statuizione: « L’Amministrazione ha dichiarato che la Commissione Permanente di avanzamento dei sottufficiali dell’Aeronautica non ha, relativamente al procedimento per cui è causa, provveduto alla stesura dei verbali delle operazioni giornaliere, né ha prodotto il verbale (perché non reperito) contenente i punteggi analitici attribuiti a ciascun candidato. Tali omissioni non consentono alcuna verifica circa la legittimità della procedura selettiva per la promozione dei marescialli di 2° classe al grado superiore. Ciò avvalora i dubbi sollevati dal ricorrente circa la palese parzialità nella attribuzione dei punteggi ai singoli candidati, per cui il Collegio, anche a mente dell’art. 64 cpa, ritiene che il procedimento in questione sia, all’evidenza, viziato per eccesso di potere. Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto ed il provvedimento impugnato deve essere annullato ».

3. Con tempestivo ricorso il Ministero della difesa ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando due motivi.

4. L’interessato e il controinteressato non si sono costituiti in giudizio.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 1° marzo 2022.

6. In ossequio al criterio della ragione più liquida, il Collegio reputa di dover prescindere dalla valutazione della ritualità della notificazione dell’atto gravame al controinteressato, di cui non vi è prova certa, e di poter decidere direttamente nel merito, attesa l’infondatezza dell’appello, che, pertanto, non può avere effetti negativi sulle parti evocate in giudizio.

L’impugnazione, infatti, è infondata e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.

7. Tramite il primo motivo l’appellante ha lamentato: « Violazione dell’art. 35 c.p.a. - difetto di motivazione - eccesso di potere sotto il profilo della mancata dichiarazione di inammissibilità dell’avverso ricorso », con riferimento ad un’asserita « evidente genericità del ricorso proposto dall’odierno appellato, sia con riferimento alla censura di eccesso di potere in senso assoluto che a quella di eccesso di potere per disparità di trattamento nei confronti dei Sottoufficiali collocati in posizione utile all’avanzamento. Invero, l’odierno appellato con il ricorso al TAR Lazio formulava le citate censure senza fornire specifici elementi di confronto né necessari elementi circostanziali e senza nemmeno l’indicazione dei parigrado per la cui valutazione la Commissione avrebbe utilizzato (asseritamente) criteri concessivi ».

Il Ministero della difesa ha altresì dedotto che « Va peraltro precisato che il giudizio espresso dalla Commissione è a scelta assoluta e non per merito comparativo, e non consente che possa procedersi a un qualsiasi confronto tra i titoli posseduti dai vari scrutinandi. Un raffronto tra i punteggi attribuiti ai valutandi è dunque, eventualmente, consentito al solo fine di verificare se la Commissione abbia proceduto nei loro confronti con criteri omogenei di giudizio che possano ritenersi violati, con rottura dell’uniformità del criterio, unicamente quando la valutazione dei titoli dei militari sia inficiata da illogicità e irrazionalità manifesta, tenendo peraltro presente che la mancanza di un titolo da parte di uno dei valutandi può essere compensata da altri titoli ritenuti equivalenti dalla Commissione ».

7.1. Siffatte doglianze sono infondate.

Al riguardo si osserva che le contestazioni recate dal ricorso di primo grado erano sufficientemente perimetrate, sia in fatto sia in diritto, ed erano idonee a consentirne un effettivo scrutinio da parte del giudice amministrativo.

Va altresì evidenziato che le deduzioni inerenti alla nota distinzione tra valutazione assoluta e comparativa e alla latitudine del sindacato del giudice amministrativo in tema di procedure di avanzamento dei militari, a prescindere dalla loro rilevanza nel caso di specie (dove, come si illustrerà al punto 8.1., il quadro processuale rende possibile il sindacato per eccesso di potere), non impingerebbero, in ogni caso, sull’ammissibilità del ricorso, bensì sulla sua fondatezza.

8. Mediante la seconda censura l’appellante ha lamentato: « Violazione e falsa applicazione dell’art. 64 c.p.a., dell’art. 19 del d.lgs. 196/95 in relazione all’art. 35 l. 212/83 - difetto di motivazione - eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta ».

In particolare, ad avviso dell’appellante, il riscontrato mancato deposito in giudizio da parte del Ministero della difesa dei verbali delle operazioni giornaliere e del verbale contenente i punteggi analitici attribuiti a ciascun candidato non sarebbero « sufficienti a fondare una pronuncia sfavorevole nei confronti dell’Amministrazione intestata. Quest’ultima, infatti, con nota del 19.12.2016, come espressamente ammesso dallo stesso giudice di primo grado, “ ha assolto la disposta richiesta istruttoria ”. In particolare, ha depositato tutti gli atti in suo possesso oltre ad una motivata relazione, come richiesto dallo stesso giudice, in cui - tra l’altro - ha illustrato anche le ragioni per cui alcuni verbali non venivano prodotti: i verbali giornalieri perché non risultavano essere stati adottati dalla Commissione valutatrice;
il verbale contenente i punteggi analitici attribuiti ai valutandi perché non reperito a seguito di accurate ricerche;
gli atti e i verbali aventi ad oggetto la predeterminazione dei criteri e delle modalità di attribuzione numerica del punteggio di merito perché non formati in quanto non necessari essendo essi stabiliti
ex lege», considerati peraltro i ristretti limiti del sindacato giurisdizionale in materia di giudizi di avanzamento, sicché « non pare riscontrarsi nel giudizio della Commissione valutatrice l’assoluta incoerenza e macroscopica disparità nelle valutazioni prospettata dal ricorrente e, pertanto, il giudice di prime cure non avrebbe dovuto ritenere il procedimento de quo “presuntivamente” viziato sulla base dei soli “ dubbi ” sollevati dall’odierno appellato e dalla mancata produzione da parte della P.A. intestata di alcuni verbali », per cause ad essa non imputabili.

8.1. Tale motivo è infondato.

In proposito va premesso che i giudizi di avanzamento dei militari sono soggetti al sindacato di legittimità del giudice amministrativo in caso di difetto di motivazione, di manifesta discriminatorietà o di travisamento dei presupposti di fatto assunti a base degli stessi (cfr., ex aliis , Consiglio di Stato, sezione II, sentenze 5 dicembre 2019, n. 8311, e 19 aprile 2019, n. 2559;
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze 9 dicembre 2020, n. 7780, e 14 maggio 2021, n. 3799).

Ne discende che, sebbene all’interno degli stretti binari sopra richiamati, il giudice amministrativo deve svolgere pienamente il proprio potere/dovere di valutazione delle legittimità dell’azione amministrativa, anche applicando il sistema di ricostruzione probatoria disegnato dal legislatore.

Ciò posto, è pacifico, siccome specificamente non contestato, e comunque emergente dagli atti, che l’amministrazione, nell’eseguire l’ordine istruttorio del T.a.r., non abbia depositato in giudizio i verbali delle operazioni giornaliere (espressamente dichiarando di non averli a suo tempo predisposti) e del verbale contenente i punteggi analitici attribuiti a ciascun candidato (esplicitamente rappresentando di non averli reperiti).

Su tali basi il T.a.r. ha reputato che la mancanza della suddetta documentazione non consenta una valutazione della legittimità della valutazione e di conseguenza, alla luce dei dubbi enucleati dall’interessato e facendo buon governo dell’art. 64, comma 4, del codice del processo amministrativo in tema di argomenti di prova, ha ritenuto il provvedimento amministrativo impugnato affetto da eccesso di potere.

In questo quadro sono inconferenti i riferimenti dell’appellante alla non imputabilità della stesura dei verbali giornalieri, per mancata relativa previsione normativa, e il mancato reperimento, nonostante gli sforzi effettuati, del verbale contenente i punteggi, giacché il presente giudizio non verte sulla verifica della sussistenza della colpa dell’amministrazione, bensì sulla verifica dell’oggettiva legittimità del provvedimento adottato, a prescindere da una ogni profilo soggettivo dell’illegittimità dell’attività amministrativa.

In proposito il richiamo agli articoli 19 del decreto legislativo n. 196/1995 e 35 della legge n. 212/1983, vigenti ratione temporis , che non prevedevano la necessità della stesura dei verbali giornalieri non è dirimente, in quanto il citato art. 19 delinea soltanto le aliquote di avanzamento e il citato art. 35 (a cui rinvia l’art. 19) prevede i criteri di valutazione e l’attribuzione dei punteggi, senza nulla indicare circa la verbalizzazione delle operazioni della commissione, che non viene esclusa e la cui necessità, in difetto di espressa contraria disposizione normativa, deriva dai principi generali di trasparenza e verificabilità delle operazioni valutative della pubblica amministrazione e che rappresentano strumenti fondamentali per la concreta ed effettiva attuazione dei principi cardine dell’imparzialità del buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97, coma 2, della Costituzione.

In sostanza, atteso che la commissione avrebbe dovuto verbalizzare le sue operazioni e non l’ha fatto e considerato, in via assorbente, stante la sua indefettibilità ai fini della verifica giurisdizionale, che il verbale contenente i punteggi dei candidati, seppur asseritamente redatto, non è stato reperito e, dunque, non è stato depositato in giudizio, del tutto correttamente il T.a.r. ha riscontrato un vizio di eccesso di potere. Segnatamente, in forza del principio di dispositivo con metodo acquisitivo che permea il giudizio amministrativo e senza alterare o integrare il thema decidendi introdotto dal ricorrente, il collegio di primo grado ha ragionevolmente e in modo condivisibile tratto, ex art. 64, comma 4, c.p.a., argomenti di prova dalla mancata produzione in giudizio, da parte dell’amministrazione a questo fine compulsata, di documenti essenziali a corredare d’idonea e trasparente motivazione la valutazione della commissione, desumendo congruamente, per tal via, che il giudizio di valore sia stato frutto del cattivo esercizio del potere censurato dall’interessato.

9. In conclusione l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

10. Nulla va disposto circa la regolazione delle spese di lite del presente grado di giudizio, stante la mancata costituzione delle parti intimate.

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