Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-04-20, n. 202304002

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-04-20, n. 202304002
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304002
Data del deposito : 20 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/04/2023

N. 04002/2023REG.PROV.COLL.

N. 00388/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 388 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato A P, con domicilio digitale come da

PEC

Registri di Giustizia;

contro

- il Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, Sezione IV, n.-OMISSIS- resa inter partes , concernente un decreto di esclusione dal Corpo di polizia penitenziaria per mancanza di requisiti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 marzo 2023 il consigliere G S;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Oggetto del presente giudizio è il provvedimento del Direttore Generale del personale e delle risorse del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del 16 settembre 2019, con cui il signor -OMISSIS- veniva dichiarato immediatamente escluso dal Corpo di Polizia Penitenziaria per mancanza dei requisiti di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 443/1992, in conseguenza di una condanna a pena detentiva per un delitto non colposo (art. 337 c.p. resistenza a pubblico ufficiale ”).

2. Avverso tale atto il signor -OMISSIS- ha proposto il ricorso n.-OMISSIS- innanzi al T.a.r. Milano, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

i) sarebbe stato violato il termine di 90 giorni previsto a pena di decadenza dall’art. 5, comma 4, l. n. 97/2001 nonché quello finale di 270 giorni ex art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990 n. 19;

ii) il ricorrente era stato già immesso in ruolo ed incardinato il rapporto di pubblico impiego di guisa che la cessazione di questo non potrebbe essere determinata da una nuova verifica dei requisiti per l’ammissione al concorso nell’insussistenza di alcuna ipotesi di destituzione;

iii) sarebbe stato violato il principio di gradualità ed adeguatezza delle sanzioni.

3. Costituitasi l’Amministrazione in resistenza, il Tribunale adìto (Sezione IV) ha respinto il ricorso ed ha compensato le spese di lite.

4. In particolare, il Collegio ha rilevato che quello impugnato non è un provvedimento sanzionatorio bensì “ un atto di destituzione derivante dall’avvenuto accertamento dell’originaria carenza, in capo all’odierno ricorrente, del requisito di assunzione previsto dall’art. 5 comma 2 D. Lgs. 443/1992 ”. Ha osservato il T.a.r. che l’instaurazione del rapporto nei riguardi del ricorrente veniva risolutivamente condizionata al passaggio in giudicato della condanna penale e pertanto la sua immissione nei ruoli non aveva alcuna funzione sanante.

5. Avverso tale pronuncia il signor -OMISSIS- ha interposto appello, notificato il 21 dicembre 2020 e depositato il 18 gennaio 2021, lamentando, attraverso due complessi motivi di gravame (pagine 5-10), quanto di seguito sintetizzato:

I) dopo aver argomentato nel senso della sussistenza della piena legittimazione ad interporre gravame avverso la pronuncia di primo grado, l’appellante lamenta la violazione del principio del “ ne bis in idem” , poiché il T.a.r. Lazio, con sentenza n. -OMISSIS- annullava il diniego dell’Amministrazione con cui rigettava la riammissione in servizio;

II) il T.a.r. avrebbe sottaciuto i principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’agire amministrativo che avrebbero giustificato al più la sospensione e non l’estromissione dell’-OMISSIS-;
inoltre l’art. 5, comma 2, d.lgs. n.443 del 1992 richiederebbe un’interpretazione costituzionalmente orientata secondo i dettami dell’art. 27, terzo comma, della Costituzione, per cui l’appellante dovrebbe essere riammesso in servizio nel Corpo di Polizia penitenziaria, stante la sospensione condizionale della pena applicata dal giudice penale.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in accoglimento dell’appello, l’annullamento dell’impugnata sentenza.

7. In data 15 febbraio 2021 il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio.

8. In data 18 febbraio 2021 parte appellata ha depositato memoria concludendo per il rigetto del gravame. In particolare ha evidenziato che la stessa sentenza del T.a.r. Lazio richiamata dall’appellante condizionava l’immissione in servizio dell’-OMISSIS- agli esiti del procedimento penale, dato che la condanna avrebbe integrato i presupposti della causa di esclusione prevista dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 443/1992. Ha poi rimarcato che, sin dalla sua instaurazione, il rapporto lavorativo dell’appellante è stato espressamente condizionato agli esiti del procedimento penale per cui non ricorre alcuna violazione del principio di proporzionalità.

9. In data 10 febbraio 2023 parte appellata ha depositato istanza di passaggio in decisione senza discussione.

10. La causa, chiamata per la discussione all’udienza del 7 marzo 2023, è stata trattenuta in decisione.

11. L’appello è infondato.

11.1 Il tenore dei motivi d’appello ne consente la trattazione congiunta, dovendosi verificare, alla luce delle risultanze evidenziate dall’appellante, se l’Amministrazione poteva reputarsi legittimata a disporre l’esclusione dell’-OMISSIS- dal Corpo di Polizia Penitenziaria dopo la richiamata sentenza di primo grado n.-OMISSIS-

11.2 Orbene, denota l’infondatezza dell’appello quanto correttamente osservato dal T.a.r. con la pronuncia odiernamente appellata, pertanto suscettibile sul punto di conferma, in quanto con la testé richiamata sentenza il giudice territoriale aveva disposto l’annullamento del diniego di riammissione in servizio, ma soltanto nelle more del passaggio in giudicato della condanna emessa nei confronti dell’-OMISSIS-.

In particolare, come evidenziato dallo stesso appellante, il T.a.r. del Lazio, con sentenza n. -OMISSIS-annullava il provvedimento di diniego di riammissione in servizio emesso dalla Direzione generale del Personale, con atto del 17 febbraio 2011, precisando come l’Amministrazione avesse “ l’obbligo di ritirare l’atto in esame e di riassumere l’-OMISSIS- (…) rivalutando motivatamente, poi, la fattispecie all’esito del provvedimento penale oggetto di causa ”. In ossequio a tale pronuncia la Direzione Generale del Personale Penitenziario, in data 23 maggio 2012, reintegrava l’odierno appellante con esplicita “ doppia ” riserva, in riferimento sia al giudicato amministrativo che al procedimento penale pendente. Il nuovo provvedimento, contestato in prime cure, scaturiva dal fatto che la Corte di Appello di -OMISSIS- su istanza della Direzione Generale del Personale, in data 17 ottobre 2018, trasmetteva all’Amministrazione Penitenziaria copia della sentenza n. -OMISSIS- recante in calce l’attestazione di irrevocabilità, con la quale veniva confermata la condanna dell’-OMISSIS- “ alla pena di quattro mesi oltre alle spese processuali ”.

11.3 Da tali coordinate fattuali della vicenda è dato ricavare l’insussistenza della dedotta violazione del principio del ne bis in idem , in considerazione del fatto che la riammissione in servizio dell’-OMISSIS- è stata sempre costantemente condizionata al favorevole esito definitivo del giudizio penale e che invece si è concluso, come rilevato, con sentenza irrevocabile di condanna. Questa incide invariabilmente sul possesso dei requisiti soggettivi che sono richiesti in capo all’appartenente al Corpo della Polizia Penitenziaria con conseguente inattaccabilità del provvedimento impugnato in prime cure.

11.4 Non può essere condiviso quanto sul punto dedotto da parte appellante, nel senso che la condanna irrevocabile avrebbe “ giustificato al più la sospensione e non l’estromissione dell’-OMISSIS- ”, in quanto il provvedimento impugnato si fonda su una precisa statuizione di legge che non offre all’Amministrazione alcuna possibilità di effettuare valutazioni discrezionali o graduazioni di sorta.

11.5 Né vi sono spiragli in favore di una lettura costituzionalmente orientata della norma alla luce del terzo comma dell’art. 27 della Costituzione laddove statuisce che “ Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato ”. Sostiene l’appellante che, in forza di tale statuizione, l’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto del fatto che l’Autorità giudiziaria penale ha disposto la sospensione condizionale della pena. Tale riflessione non può essere condivisa in quanto la rilevanza ostativa della sentenza penale di condanna prescinde dalla effettiva o meno sottoposizione del condannato al regime carcerario.

12. In conclusione, l’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.

13. Sussistono nondimeno giusti motivi, stante l’assoluta peculiarità della vicenda, per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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