Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-12-29, n. 200908921
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N. 08921/2009 REG.DEC.
N. 01057/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 1057 del 2001, proposto da:
Ministero delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
contro
M C, rappresentato e difeso dall'avv. Pietrangelo Jaricci, con domicilio eletto presso Pietrangelo Jaricci in Roma, via Boezio N.92;
per la riforma
della sentenza del TAR LAZIO - ROMA :Sezione II n. 08558/2000, resa tra le parti, concernente DECADENZA DA INCARICO DI GIUDICE TRIBUTARIO PER INCOMPATIBILITA'.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2009 il Consigliere Vito Carella e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Fedeli e l’avv. G. N. Jaricci per delega dell’avv. P. Jaricci ;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- Oggetto di appello è la sentenza specificata in rubrica, con la quale il TAR Lazio, riuniti i distinti ricorsi separatamente proposti dal ricorrente originario, ha annullato i provvedimenti di decadenza dell’interessato adottati dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e dal Ministro delle Finanze, nel rilievo che non integri causa di incompatibilità la tenuta -da parte del giudice tributario esponente- di scritture contabili relativamente agli anni 1994, 1995, 1996, 1997, trattandosi di condotta risalente a periodo anteriore all’entrata in vigore dell’art. 31 della legge n.27 dicembre 1997, n. 449.
Il Ministero appellante, oltre a contestare le motivazioni contenute nella sentenza, ha sostenuto che l’art. 8, comma 1, lett. I, della legge n. 545/1992 (come sostituito dall’art. 31, comma secondo della legge n. 449/1997) già annoverava -fra le attività incompatibili con l’incarico di giudice tributario- l’esercizio in qualsiasi forma di consulenza tributaria, ovvero l’assistenza e la rappresentanza dei contribuenti nei rapporti con l’Amministrazione finanziaria, o nelle controversie di carattere tributario.
Si è costituito in giudizio per resistere il giudice appellato.
2.- Con l’istanza di fissazione di nuova udienza, come da art. 9, comma 2, della legge n. 205/2000, l’Amministrazione appellante ha dichiarato di avere interesse alla decisione dell’appello.
L'appellato, con la memoria depositata il 26 giugno 2009, ha invece dichiarato di non avere più interesse alla sua coltivazione, essendo tuttora in servizio presso la citata Commissione Tributaria a seguito di partecipazione a nuovo concorso e conseguimento di altra nomina.
Il Ministero appellante non ha replicato e neppure ha contrastato la documentazione dimostrativa a corredo della citata memoria con la quale l’appellato ha concluso chiedendo che venga dichiarata la improcedibilità dell’appello in esame.
3.- Orbene, in pendenza dell’appello si è dunque realizzata una situazione di fatto e di diritto che rende inutile la decisione di merito.
Nella specie, infatti, è ragionevole ritenere che la sopravvenuta carenza di interesse si sia verificata in capo ad entrambe le parti in causa, non tanto per l’atteggiamento processuale praticamente adesivo tenuto in vicenda dalla parte pubblica, quanto piuttosto in relazione al suo comportamento sostanziale con il considerare non decisiva e preclusiva la disposta decadenza ai fini della continuazione del rapporto di servizio.
Del resto, a fare questione di stretto arco temporale (la nuova nomina è del 4 marzo 2002) e, cioè, di residua persistenza dell’interesse nel frattempo dalla decadenza durante il quale il servizio è stato espletato dall’interessato perché la misura cautelare venne negata all’Amministrazione, giova osservare che l’appello comunque sarebbe da respingere, essendo il regime delle incompatibilità di stretta interpretazione:
- infatti, la ricordata modifica introdotta dall'art. 31 della citata legge n. 449 del 1997 ha avuto per scopo proprio la estromissione dalle commissioni tributarie di coloro che svolgevano talune specifiche attività tra quelle più in generale svolte dai commercialisti, quali la tenuta delle scritture contabili, la compilazione della dichiarazione dei redditi, e quelle che comportano un'attività di consulenza (Consiglio Stato , sez. V, 15 maggio 2001 , n. 2712);
- di conseguenza, la tesi dell’Amministrazione appellante si viene ad atteggiare come costituzionalmente illegittima, per contrasto con gli artt. 3, 41 e 97 cost., nella misura in cui intende fare retroagire effetti che nella prospettazione (la detenzione delle carte contabili per gli anni sino al 1997) sono relativi a fatti anteriori rispetto all’entrata in vigore della legge stessa ( G.U. n. 302 del 30.12.2007).
4.- Conclusivamente, per le considerazioni tutte innanzi riportate, ad avviso del Collegio, va preso atto della improcedibilità dell'appello per sopravvenuta carenza di interesse.
Le spese del giudizio meritano di essere integralmente compensate tra le parti in relazione alla natura e particolarità della controversia.