Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-06-14, n. 201303321
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N. 03321/2013REG.PROV.COLL.
N. 10236/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10236 del 2004, proposto da:
Innova Pharma S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. P Q e G F F, con domicilio eletto presso G F F in Roma, via di Ripetta n. 142;
contro
il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t.,
la Commissione Unica del Farmaco, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
Pfizer Italiana S.p.A., n.c.
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III Ter, n. 7739 del 24 settembre 2003, resa tra le parti, concernente la determinazione del prezzo massimo di rimborso di farmaci.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale dello Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2013 il Cons. Dante D'Alessio e uditi, per le parti, l’avvocato G F F e l’avvocato dello Stato Wally Ferrante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con decreto del 27 settembre 2002 e con successivo decreto del 21 novembre 2002 il Ministero della Salute, in applicazione dell’art. 9 del decreto legge 8 luglio 2002 n. 138, convertito in legge 8 agosto 2002, n. 178, ha provveduto, su proposta della Commissione Unica del Farmaco (CUF), a redigere un nuovo elenco dei farmaci rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale (S.S.N.), sulla base di criteri di costo-efficacia su base annua elaborati dalla stessa Commissione.
2.- La Innova Pharma S.p.A., società farmaceutica, ha impugnato tali decreti davanti al T.A.R. per il Lazio assumendo la violazione dell’art. 9 del d. l. n. 138 del 2002, nonché la violazione delle modalità di determinazione del prezzo per singole categorie terapeutiche commercializzate dalla ricorrente, che hanno comportato l’imposizione di una riduzione dei prezzi secondo meccanismi illogici e disomogenei, e senza adeguata istruttoria, con l’esclusione integrale di determinati prodotti (quelli aventi prezzo superiore al c.d. prezzo di riferimento) dal regime di totale rimborsabilità.
3.- Il T.A.R. per il Lazio, con sentenza della Sede di Roma, Sezione III Ter, n. 7739 del 24 settembre 2003, dopo aver ricordato il quadro normativo di riferimento, ha respinto il ricorso ritenendo infondate le censure sollevate.
4.- La società Innova Pharma ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.
5.- Con il primo motivo ha criticato la sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto che il Ministero della Salute abbia operato in conformità all’art. 9 del d.l. n. 138 del 2002 nell’introdurre un meccanismo di cut-off, ossia un criterio atto ad operare una selezione tra i farmaci che lo Stato è disposto a rimborsare, basato su un “prezzo soglia” all’interno di categorie di farmaci considerate sovrapponibili.
La sentenza del T.A.R. ha ritenuto, sul punto, che il metodo utilizzato si fondi correttamente sull’individuazione di CTO (categorie terapeutiche omogenee) in cui sono inseriti i principi attivi che si possono considerare sostanzialmente intercambiabili, anche se non perfettamente equivalenti.
L’appellante sostiene, viceversa, che sia stato violato il citato art. 9 del d. l. 138 del 2002 in quanto la ripartizione delle specialità medicinali in categorie terapeutiche e la fissazione di un prezzo soglia per ciascuna categoria (individuato mediante la sovrapponibilità di efficacia terapeutica delle sostanze attive) non soddisfa l’esigenza di adottare un criterio comparativo tra costo ed efficacia dei farmaci rimborsabili, come voluto dalla norma.
Ad avviso dell’appellante il criterio di classificazione adottato produrrebbe, infatti, un effetto distorsivo, perché si priverebbero gli utenti della possibilità di scegliere il farmaco, in quanto essi verrebbero dirottati su farmaci meno cari, rimborsabili, non sempre aventi la stessa efficacia terapeutica del farmaco più caro, collocato in fascia c) non rimborsabile.
L’appellante fa rilevare quindi come la sentenza si sforzi di difendere il meccanismo inserito nel decreto, pur rilevando che l’efficacia clinica dei farmaci inseriti in una CTO sia solo approssimativamente sovrapponibile, sussistendo per alcuni farmaci della stessa categoria indicazioni terapeutiche aggiuntive, ciò che renderebbe irragionevole l’identità di prezzo.
Inoltre, secondo l’appellante, non può ritenersi accettabile che qualora l’azienda produttrice non accetti il cut-off, il farmaco venga declassato automaticamente in fascia c) non rimborsabile.
6.- Le doglianze non sono fondate.
Si deve premettere che le critiche svolte dall’appellante, anche con i successivi motivi di appello, si rivolgono prevalentemente avverso scelte che appartengono alla sfera della discrezionalità tecnica dell’amministrazione, che sono quindi censurabili entro i limiti di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali della Pubblica autorità, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza e logicità, specie in materie, come quella oggetto della presente controversia, connotate da un elevato tecnicismo (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645).
Ciò posto, il sistema elaborato dal Ministero, con i decreti impugnati, ai fini della rimborsabilità dei farmaci da parte del S.S.N., non risulta irragionevole, né incoerente, né viziato sotto il profilo della superficialità dell’istruttoria.
6.1.- Tale sistema prende le mosse dall’art. 9 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002, convertito nella legge 8 agosto 2002 n. 178, che ha previsto la redazione dell'elenco dei farmaci rimborsabili dal S.S.N., da effettuarsi sulla base del criterio di costo-efficacia, in modo da assicurare, su base annua, il rispetto dei livelli di spesa programmata nei documenti di finanza pubblica, nonché, in particolare, il rispetto dei livelli di spesa definiti nell'accordo sottoscritto tra Governo, Regioni e Province autonome in data 8 agosto 2001.
Come questo Consiglio di Stato ha già osservato, in altre analoghe impugnazioni del medesimo DM 27.9.2002, «il rapporto voluto dalla legge è quello tra costo ed efficacia terapeutica del farmaco rimborsabile, con il rispetto di determinati livelli di spesa, ed il riferimento all'efficacia terapeutica non può prescindere dai raggruppamenti dei farmaci per classi omogenee e con effetti terapeutici sostanzialmente sovrapponibili, in modo da ottenere un prezzo di rimborso altrettanto omogeneo per tutti i farmaci della stessa CTO. Il calcolo del valore di rimborso dei farmaci deve poi pervenire ad un prezzo sostenibile per le imprese ed il SSN, il che avviene eliminando le situazioni di picco attraverso il riallineamento dei prezzi più alti all'interno di ciascuna CTO, salvaguardando al contempo, per quanto possibile, i livelli reali di consumo» (Consiglio Stato, sez. V, 9 dicembre 2008, n. 6059).
La formazione di categorie terapeutiche omogenee (CTO), tenendo conto dei farmaci aventi la stessa indicazione terapeutica principale, anche se differenziati sotto l’aspetto delle indicazioni terapeutiche aggiuntive, non appare quindi irragionevole, visto che l’operazione è finalizzata allo scopo di accomunarli ai fini della rimborsabilità, per cui risulta conforme al criterio “costo-efficacia”, enunciato dall’art. 9 del d.l. n. 138 del 2002, il rapporto di “sovrapponibilità” terapeutica, utilizzato dalla CUF, non essendo richiesta dalla norma l’identità delle indicazioni terapeutiche.
6.2.- Non è condivisibile, poi, l’ulteriore profilo di illegittimità, denunciato dall’appellante col primo motivo di appello, secondo cui sarebbe stata “imposta” alle ditte farmaceutiche una riduzione dei prezzi, attraverso il meccanismo del cut-off, pena la non rimborsabilità totale del farmaco.
Infatti il meccanismo delineato ha consentito la partecipazione delle aziende produttrici al procedimento di individuazione del prezzo ed è tale da consentire, comunque, alle imprese di scegliere se praticare o meno lo sconto ai fini della rimborsabilità a carico del S.S.N. Pertanto, non è stata tecnicamente “imposta” alle case produttrici alcuna riduzione dei prezzi.
Del resto il D.M. impugnato ha statuito che sono rimborsabili i soli medicinali delle CTO di cui all’all. 3, nonché quelli con a base i principi attivi di cui all’all. 4, aventi un prezzo inferiore o uguale al prezzo massimo compatibile con l’onere di rimborso a carico del S.S.N. (art.4).
Per i farmaci rientranti nelle previsioni dell’allegato 4, le aziende produttrici sono state invitate a comunicare, in tempi brevi, l’eventuale nuovo prezzo, con ribasso percentuale non inferiore allo “sconto farmaco” indicato dallo stesso allegato 4;è stata consentita anche la riduzione dei prezzi di altri medicinali del listino fino ad un livello tale che, sulla base dei consumi accertati nel 2001, comporti un risparmio globale per il servizio sanitario pari a quello indicato nella colonna “risparmio SSN”, con il limite che il risparmio derivante dalla riduzione dei prezzi non dovrà superare il 10% del fatturato. Completata questa fase, il farmaco viene inserito in classe a) o c) a secondo che il prezzo praticato dall’azienda produttrice sia uguale o minore, o invece maggiore, di quello massimo ritenuto accettabile ai fini della rimborsabilità.
Al contempo, il meccanismo è tale da garantire anche gli utenti del servizio sanitario la qualità dei farmaci, giacché lo sconto consentito non può superare una certa soglia, individuata dal citato art. 4, comma 2.
7.- Con il secondo motivo la società Innova Pharma ha criticato la sentenza del T.A.R. per il Lazio per non aver ritenuto viziata, per irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità, la valutazione tecnica operata dalla CUF, che ha adottato il sistema ATC/DDD per la fissazione dei prezzi di riferimento dei medicinali nonostante le indicazioni in senso contrario provenienti dall’Organizzazione mondiale della Sanità, con il conseguente contrasto sia con l’art. 9 del d. l. 138 del 2002 sia con la dir. 89/105/CEE.
L’appellante sviluppa le proprie argomentazioni concentrandosi, in particolare, su due aspetti di carattere tecnico con riguardo alla classificazione di una sostanza secondo il sistema ATC/DDD: 1) la classificazione ATC (Anatomico Terapeutico Chimico) non implicherebbe alcuna valutazione in termini di efficacia dei farmaci;2) l’utilizzo delle DDD (defined daily dose), e quindi della dose standard media giornaliera stabilita sulla base della indicazione principale del farmaco, anziché delle PDD (prescribed daily dose), che tengono conto dei dati campione di prescrizione, potrebbe ritenersi appropriato solo ai fini della compilazione di statistiche relative al consumo dei farmaci o per effettuare comparazioni tra diversi contesti sanitari, ma non per l’assunzione di decisioni incidenti sul regime di rimborsabilità.
7.1.- Ma anche sul punto la sentenza del T.A.R. risulta ben argomentata e condivisibile e deve essere pertanto confermata.
In particolare, il T.A.R. ha valorizzato il parere positivo espresso dall’OMS con la nota del 26 settembre 2002, allegata al DM del 27 settembre 2002, circa l’utilizzo del sistema ACT/DDD, proposto dalla CUF, con il solo limite che l’utilizzo delle DDD poteva essere rivisto nel caso in cui i dati basati sulle prescrizioni attuali avessero reso necessaria una revisione.
La sentenza tiene conto peraltro del fatto che con il DM 21 novembre 2002, a seguito di contradditorio con le imprese, si è adottato il metodo PDD, come correttivo dei dati assunti mediante le DDD, qualora i soggetti interessati ne avessero fatto constatare l’opportunità, secondo il suggerimento dell’OMS.
8.- Con il terzo motivo la società Innova Pharma ha, infine, denunciato l’ingiustificata disparità di trattamento nell’applicazione in concreto delle due metodologie (DDD e PDD) per valutare principi attivi nell’ambito di una stessa classe omogenea, o tra classi diverse, con identiche indicazioni terapeutiche, e conseguente contraddittorietà, determinata dalla superficialità dell’istruttoria condotta.
L’appellante si duole, in particolare, del criterio utilizzato per fissare il livello di sconto (20%) che è stata costretta a praticare perché il proprio prodotto, Lercadip, a base di lercanidipina, fosse rimborsabile.
Ai fini della determinazione del prezzo di riferimento per la categoria in cui rientra il principio attivo lercanidipina, l’Amministrazione ha preso a base di calcolo una DDD, pari a 10 mg., di manidipina (principio attivo con costo giornaliero inferiore nell’ambito della categoria). Tuttavia, secondo l’appellante, i due principi attivi non sono raffrontabili perché aventi efficacia terapeutica non identica. Inoltre, la diversità di posologia realmente praticata per i due principi attivi nel mercato italiano rende illogico che la comparazione in termini di costo-efficacia sia effettuata adottando la dose da 10 mg di manidipina.
Infine, l’appellante ha osservato che nel precedente sistema il proprio prodotto era commercializzato “a prezzo contrattato” e che la modifica autoritativa del precedente accordo, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, comporterebbe, comunque, l’obbligo per l’Amministrazione di corrispondere un indennizzo ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990.
8.1.- Ritiene la sezione che la sentenza del T.A.R. anche sul punto sia esente dalle critiche sollevate.
Innanzitutto, il primo giudice ha rilevato che, per quanto sopra esposto, l’utilizzo del metodo delle DDD è da ritenere legittimo. Inoltre il meccanismo descritto all’All. 1 del DM 27 settembre 2002 impugnato, attraverso il quale si individua un valore di rimborso di riferimento nell’ambito di ciascuna categoria terapeutica, tiene conto della variabilità di prezzo registrata tra molecole di efficacia comparabile, eliminando le punte più elevate e favorendo un riallineamento dei prezzi.
In secondo luogo il T.A.R. ha rilevato che le ditte farmaceutiche hanno partecipato al procedimento e che, ove è stato fatto constatare un rilevante scostamento nell’utilizzo delle due metodiche (DDD e PDD), l’Amministrazione ha provveduto ad effettuare le dovute correzioni. Avrebbe potuto essere quindi rilevata in quella sede, per quanto riguarda il principio attivo in questione, l’opportunità di utilizzare la metodologia PDD, come sostenuto in giudizio dall’appellante.
Infine, il T.A.R. ha rilevato che, come chiarito dalla difesa erariale, il Ministero e la CUF si sono avvalsi della misura delle DDD in uso a livello internazionale.
A ciò si deve aggiungere che le argomentazioni svolte in appello, circa l’inidoneità del dosaggio di manidipina (10 mg.) ad essere impiegato nella terapia principale, e quindi ad essere assunto a dose di riferimento per effettuare comparazioni in termini di costo-efficacia tra questo e altri principi attivi della medesima categoria, non sono supportate da sufficienti elementi di prova. Risulta, invece, notoriamente che sia la lercadinipina che la manidipina vengono indicati nella cura dell’ipertensione nella dose di 10 mg. al giorno - dose massima 20 mg. al giorno.
8.2.- Con specifico riferimento alle considerazioni svolte circa la riduzione di prezzo imposta al farmaco Lercadip, a base di lercanidipina, il T.A.R. ha poi rilevato che l’Amministrazione ha fatto correttamente riferimento al solo mercato dei farmaci coperti da brevetto, non essendo i farmaci generici oggetto di considerazione, ed ha ritenuto corretto che l’Amministrazione abbia fatto uso del criterio correttivo, essendovi nella categoria un prodotto dominante (l’amlodipina, che detiene una quota di mercato pari al 50,8%, se si esclude la spesa relativa a farmaci generici). Infatti, come si legge a pag. 12 del D.M., espressamente i generici erano stati lasciati fuori dalla manovra, sia per la determinazione dei volumi di mercato, sia per l’identificazione del cut-off.
Non poteva essere quindi considerato il dato di mercato del 43,1% (ricordato dall’appellante), inferiore alla soglia del 50%, perché comprensivo dei volumi di farmaci generici.
9.- Quanto alle ulteriori anomalie e disomogeneità dei criteri seguiti nella riclassificazione di altre specialità commercializzate deve osservarsi che tale disomogeneità è insita nel sistema che, come si è detto, consente di adottare le DDD quale regola generale, ma consente anche che le stesse possano essere riviste nel caso in cui le prescrizioni mostrino necessaria una tale revisione.
10.- Risulta infine condivisibile la sentenza appellata anche nella parte in cui ha rigettato la domanda di indennizzo proposta ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241 del 1990, con riferimento alla modifica dei prezzi di rimborso di farmaci per cui precedentemente veniva praticato un prezzo negoziato, in quanto il DM impugnato non può considerarsi atto di revoca, in senso tecnico, degli atti negoziali recanti la fissazione del prezzo dei farmaci soggetti a tale regime.
Infatti il provvedimento impugnato è stato adottato in applicazione di una sopravvenuta norma di rango primario che ha introdotto, in via generalizzata, un nuovo regime di fissazione dei prezzi a fini di contenimento della spesa pubblica.
11.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello deve essere respinto e la sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III Ter, n. 7739 del 24 settembre 2003 deve essere integralmente confermata.
Le spese di giudizio, in considerazione delle questioni trattate, possono essere compensate tra le parti.