Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-04-14, n. 202002395
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 14/04/2020
N. 02395/2020REG.PROV.COLL.
N. 01333/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 1333 del 2019, proposto da
Mova Snc di X S e Z L, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato P S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Mazzini 6.
contro
Comune di Vigarano Mainarda, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Ferrara, in persona dei legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12.
per la riforma della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda) n. 00905/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo Ferrara;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. G L B e uditi per le parti gli avvocati Scrivo Pasquale e dello Stato Venturini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna ha respinto il ricorso avanzato dalla società Mova snc di X S e Z L contro il Comune di Vigarano Mainarda ed il Ministero dell’Interno – Ufficio territoriale del Governo di Ferrara per l’annullamento dell'ordinanza sindacale n. 53 prot. n. 9509 del 10 luglio 2018, di revoca della presa d'atto della SCIA per l'esercizio di attività di somministrazione alimenti e bevande e contestuale ordine di cessazione dell'attività, nonché di ogni atto presupposto o connesso alla stessa ordinanza ed in particolare della richiesta di revoca n. 9400 del 6 luglio 2018 formulata dal Prefetto di Ferrara.
1.1. Il primo giudice ha ritenuto che l’ordinanza del Sindaco del Comune di Vigarano Mainarda, oggetto di giudizio, fosse adeguatamente motivata per relationem alle argomentazioni della proposta di revoca della Prefettura di Ferrara riportate in sentenza;sulla base di tali argomentazioni, ha escluso che la partecipazione al procedimento della società destinataria dei provvedimenti impugnati avrebbe potuto determinare un esito differente e, ritenute sussistenti le ragioni di pericolo per la sanità e la sicurezza pubblica, nonché comprovata “ la reiterazione della condotta gestionale illecita ”, ha concluso che “ l’estrema gravità della condotta gestionale dianzi indicata comporta che non sussiste palesemente alcuna ingiustizia, né alcuna sproporzione tra i fatti accertati e la conseguente revoca ”.
1.2. Ne è seguito, come detto, il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
2. La società Mova snc ha proposto appello con quattro motivi.
2.1. Il Ministero dell’Interno ha resistito al gravame.
2.2. Con ordinanza cautelare n. 1527 del 22 marzo 2019 è stata sospesa l’esecutività della sentenza e degli atti impugnati.
2.3. All’udienza pubblica del 20 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie difensive delle parti.
3. In punto di fatto giova premettere quanto segue:
- in data 21 giugno 2018 veniva notificato al Sig. X S, in qualità di socio e amministratore della Mova SNC di X S e Z L, il provvedimento del Questore della Provincia di Ferrara n. 42/2018, con il quale si decretava “ la sospensione dell’attività dell’esercizio BAR Eden (con tutte le attività annesse) con sede in Vigarano Mainarda in Via Ariosto 3, di X S per giorni 15 (quindici) a decorrere dal giorno successivo alla data di notifica del presente provvedimento ” e si disponeva “ l’affissione all’esterno del locale di un cartello con la seguente dicitura : “CHIUSO SU DISPOSIZIONE DEL QUESTORE AI SENSI DELL’ARTICOLO 100 T.U.L.P.S” Copia del presente decreto viene inviata all’ufficio del Commercio del Comune di Vigarano Mainarda per eventuali provvedimenti di competenza ”;
- lo stesso 21 giugno 2018, la Questura di Ferrara notificava al Sig. X S n.q. anche il verbale di accertamento-contestazione n. 40/2018, con il quale veniva irrogata la sanzione amministrativa di cui all’art. 14 ter, comma 2, della legge n. 125 del 2001 e s.m.i. il cui pagamento era ammesso nella misura ridotta della somma di Euro 333,33 entro 60 giorni, nonché il verbale di accertamento-contestazione n. 41/2018, con il quale, per la seconda somministrazione, veniva irrogata altra sanzione amministrativa, sempre ai sensi dell’art. 14 ter, comma 2, della legge n. 125 del 2001 e s.m.i., il cui pagamento era ammesso nella misura ridotta della somma di Euro 666,67 entro 60 giorni;
- la motivazione dei provvedimenti faceva emergere -per quanto rileva ai fini della presente decisione- che nella medesima sera del 19 maggio 2018 si erano verificati due episodi di vendita di bevande alcooliche a minori, senza previa richiesta dell’esibizione di un documento di identità, in violazione dell’art. 14 ter della legge n. 125 del 2001;i fatti erano accertati a seguito di attività investigativa avviata per il ricovero di una minore di quindici anni per intossicazione da assunzione di bevande alcooliche, avvenuto nella notte tra il 19 e il 20 maggio 2018;
- il provvedimento di sospensione dell’attività n. 42/2018 era adottato ai sensi dell’art. 100 del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza, approvato con R.D. 18.06.1931 n. 773 che, secondo quanto si legge nella relativa motivazione “ disciplina la potestà del Questore di sospendere la licenza di un esercizio che costituisca pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità e il buoncostume o per la sicurezza dei cittadini intesa in senso ampio come tutela preventiva della sicurezza alla salute e al benessere della collettività […]” ;
- la società qui ricorrente non impugnava i provvedimenti amministrativi anzidetti ed ottemperava all’ordine di sospensione dell’attività per quindici giorni ed al pagamento delle sanzioni amministrative in misura ridotta;
- in data 6 luglio 2018, cioè quindici giorni dopo la notificazione del provvedimento di sospensione dell’attività dell’esercizio, la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Ferrara richiedeva al sindaco del Comune di Vigarano Mainarda la revoca della licenza d’esercizio;
- il Sindaco di Vigarano Mainarda, in seguito alla comunicazione del Prefetto, adottava il provvedimento, notificato il 10 luglio 2018, di revoca della presa d’atto della SCIA presentata dalla Mova SNC di X S e Z L in data 7 giugno 2017 e ordinava la cessazione con effetto immediato di ogni attività espletata nei locali del Bar Eden da parte della società.
4. Col primo motivo di appello ( Erroneità della sentenza impugnata. Error in procedendo e error in iudicando per carenza di istruttoria nel primo grado di giudizio. Erroneità, illogicità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione in ordine alla motivazione dell’atto sindacale impugnato “per relationem” con riferimento alle argomentazioni della proposta di revoca della Prefettura di Ferrara. Violazione degli artt. 97 e 41 della Costituzione. Violazione del principio di buon andamento e imparzialità della P.A. Violazione e falsa applicazione dell’art. 100 TULPS R.D. n. 773/1931 e dell'art. 14 ter L. n. 125/2001. Violazione dell’art. 8 bis comma 5 L. n. 689/81. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 L. n. 241/1990. Inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria e dei presupposti, motivazione carente, illogica e manifestamente irragionevole. Sviamento di potere ), si censura la sentenza di primo grado, osservando che:
A) come emerso dall’attività istruttoria, non risulta che il gestore -o meglio la persona addetta alla vendita la sera del 19 maggio 2018- abbia effettuato consapevolmente la vendita di superalcoolici ad un gruppo di minorenni, ma ad una soltanto, incaricata dell’acquisto e di età di poco inferiore ai diciotto anni;
B) non vi sarebbe stata nessuna reiterazione, in quanto la seconda bottiglia di vodka era stata venduta a distanza di poco tempo, la stessa sera del 19 maggio ed alla stessa ragazza;
C) i provvedimenti riferivano di “voci di paese” che avrebbero indotto i ragazzi a ritenere che in quell’esercizio fosse facile acquistare alcoolici nonostante la minore età;
D) l’istruttoria svolta si sarebbe dovuta considerare carente e comunque effettuata in violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione;
E) ancora, la richiesta di revoca sarebbe stata avanzata dal Prefetto in violazione degli artt. 14 ter della legge n. 125 del 2001, dell’art. 100 t.u.l.p.s. e dell’art. 8 bis, comma 5, della legge n. 689 del 1981, poiché effettuata dopo l’adozione della misura della sospensione dell’attività per quindici giorni e senza che dopo tale periodo si fossero ripetuti i fatti che erano all’origine di tale sospensione.
4.1. Col terzo motivo di appello ( Erroneità della Sentenza impugnata sotto diverso ed ulteriore profilo. Error in procedendo e error in iudicando. Violazione degli artt. 97 e 41 Costituzione. Violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa di cui all’art. 5 TUE e all’art. 1 L. n. 241/1990. Violazione del principio di proporzionalità, per irragionevolezza e mancata comparazione dei contrapposti interessi. Violazione degli artt. 100 TULPS R.D. n. 773/1931 e 14 ter L. n. 125/2001 sotto ulteriore profilo. Eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di istruttoria. Inesistenza assoluta dei presupposti in fatto e in diritto, erronea comparazione degli interessi, assenza totale di valutazione, illogicità manifesta ) si censura la sentenza di primo grado sotto altro profilo, deducendo che, non avendo i gestori del Bar Eden mai subito alcun tipo di contestazione prima dei fatti della sera del 19 maggio 2018 ed avendo poi ottemperato alle ordinanze del Questore, la revoca del titolo abilitativo e la cessazione definitiva dell’attività economica sarebbero misure del tutto sproporzionate rispetto ai fatti contestati e come oggettivamente avvenuti;ciò, anche in ragione del necessario bilanciamento tra il diritto ad esercitare un’attività economica privata, garantito dall’art. 41 della Costituzione, e l’interesse pubblico tutelato con i provvedimenti impugnati.
5. I motivi, che per ragioni di connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
Si può convenire con le argomentazioni difensive svolte dall’Avvocatura generale dello Stato circa l’irrilevanza dell’art. 8 bis, comma 5, della legge n. 689 del 1981 (a mente del quale “ le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria ”), sia perché i due episodi in contestazione non sono riconducibili ad una programmazione unitaria, sia comunque perché oggetto del presente giudizio non sono le sanzioni amministrative irrogate ai sensi dell’art.14 ter della legge n. 125 del 2001.
Nessuna delle anzidette due norme rileva perciò ai fini della decisione. Conseguentemente irrilevanti sono le contrapposte argomentazioni delle parti che si fondano sull’interpretazione da darsi all’una e all’altra.
5.1. Rileva piuttosto, sia pure non in via diretta, l’art. 100 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 ( Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza ), per il quale « Oltre i casi indicati dalla legge, il questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini. Qualora si ripetano i fatti che hanno determinato la sospensione, la licenza può essere revocata ».
Di tale norma è stata fatta applicazione da parte del Questore di Ferrara per sospendere l’attività del Bar Eden per quindici giorni.
La disposizione consente la revoca della licenza solo nel caso di “recidiva” verificatasi in un momento successivo all’adozione della misura della sospensione, secondo quanto già affermato da questa Sezione, con l’ordinanza cautelare n.1527 del 22 marzo 2019, con la quale è stata sospesa l’esecutività della sentenza di primo grado e dei provvedimenti impugnati.
Il presupposto indefettibile per la revoca della licenza da parte del questore non è infatti soltanto la ripetizione dei casi individuati dalla norma per l’adozione del provvedimento di sospensione, ma la circostanza che essi si siano verificati dopo che un provvedimento di sospensione è stato adottato.
Siffatta eventualità non si è avuta nel caso di specie.
5.2. L’Avvocatura generale dello Stato, nell’interesse del Ministero dell’Interno, evidenzia correttamente che il provvedimento di revoca oggetto del presente giudizio non è stato adottato dal questore ai sensi dell’art. 100 t.u.l.p.s., bensì dal sindaco, quale ufficiale del Governo, nel dichiarato esercizio del potere di cui all’art. 54, commi 4 e 4 bis, del d.lgs. n. 267 del 2000, cioè al fine, di cui al comma 4, “ di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana ”, l’una e l’altra poi specificate dal successivo comma 4 bis.
5.3. Peraltro, sebbene il provvedimento sindacale menzioni le disposizioni citate nella memoria del Ministero appellato, esso richiama altresì l’art. 19, comma 4, del d.P.R. n. 616 del 1977.
L’art. 19 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 ( Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382 ) attribuisce ai comuni le funzioni amministrative in relazione alla polizia amministrativa locale, relativamente, tra l’altro, a « i poteri in ordine alla licenza per vendita di alcoolici e autorizzazione per superalcoolici di cui agli articoli 3 e 5 della legge 14 ottobre 1974, n. 524;licenza per alberghi, compresi quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in cui si vendono o consumano bevande non alcooliche, sale pubbliche per biliardi o per altri giochi leciti, stabilimenti di bagni, esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture e simili, di cui all’art. 86 » (n. 7 e 8). Il quarto comma dispone, inoltre, che il comune adotti alcuni dei provvedimenti di cui al primo comma (inclusi quelli di cui ai nn.7-8) « previa comunicazione al prefetto » e che tali provvedimenti « devono essere sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta dello stesso ».
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale 24-27 marzo 1987, n. 77, che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non limita i poteri del prefetto, ivi previsti, esclusivamente alle esigenze di pubblica sicurezza, si ha che, allo stato, coesistano in materia di pubblica sicurezza il potere del questore ex art. 100 t.u.l.p.s. e il potere del comune ex art. 19, comma 4, d.p.r. n. 616 del 1977, da esercitarsi su motivata richiesta del prefetto (cfr. Cons. Stato, VI, 18 novembre 2010, n. 8107;id., III, 2013, n. 4187;id. V, 23 agosto 2019, n. 5829).
Premesso che è incontestato che l’art. 100 non sia stato abrogato tacitamente dal successivo art. 19, in quanto la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza non è stata trasferita agli enti locali, ragion per cui è rimasta ferma la competenza del questore (Consiglio di Stato, VI, 29 luglio 2009, n. 4720), e che parimenti l’art. l’art. 19, comma 4, del d.p.r. n. 616 del 1977 non è stato abrogato col successivo d.lgs. n. 112 del 1998, che ha operato il terzo trasferimento delle funzioni amministrative (cfr. Corte Costituzionale, 12 luglio 2001, n. 290), va evidenziato come i due poteri, pur avendo un substrato comune, costituito dalla loro finalizzazione alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, si differenziano in ragione delle modalità procedimentali di esercizio delle competenze e dell’ampiezza delle funzioni.
Riguardo al rapporto tra i due concorrenti poteri, si condivide l’approdo giurisprudenziale per il quale il potere del questore è in un certo senso tipizzato dalla norma la quale individua i presupposti per il suo esercizio in relazione a fatti che si sono verificati nel locale;il prefetto risulta invece avere un potere più esteso nella individuazione dei presupposti, oggettivi, della sua azione, potendo, infatti, adottare tutte quelle determinazioni che siano funzionali alla prevenzione dei reati e al mantenimento dell’ordine pubblico (cfr. Cons. Stato, V, n. 5829/19, nella parte in cui rinvia alla ricostruzione della normativa di cui alla sentenza di primo grado ivi impugnata).
Il potere del questore, pur potendo autonomamente incidere sull’esercizio dell’attività economica, si deve svolgere per legge gradualmente, passando cioè prima dalla sospensione dell’attività e poi, in presenza dei presupposti previsti dall’art. 100 del t.u.p.s., giungendo fino alla revoca della licenza. Il prefetto ha, invece, un compito connesso all’esercizio delle funzioni esercitate dal sindaco ed ai propri compiti di coordinamento sul territorio, potendo quindi emanare note informative al fine di imporre (secondo una tesi) o consentire (secondo altra tesi) ai comuni stessi, titolari del potere di rilasciare le licenze, di intervenire anche sui rapporti in corso.
6. Non rilevando ai fini della presente decisione il rapporto tra l’organo statale e quello locale, ciò che rileva, invece nel rapporto tra i due concorrenti poteri attribuiti agli organi statali, è che anche quello più ampio, riservato al prefetto, sia esercitato in modo da non trarre dai medesimi presupposti di fatto conseguenze applicative che risultino manifestamente irrazionali, non solo in sé, ma anche in ragione del cumulo dei provvedimenti adottati dalle diverse autorità competenti.
Qualora quindi vi sia stato l’esercizio nei confronti dello stesso destinatario dei detti concorrenti poteri amministrativi di prevenzione, s’impone la verifica attenta della sussistenza dei presupposti di fatto riferiti all’esigenza di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica da garantirsi da parte del Prefetto, malgrado la già intervenuta adozione delle misure preventive da parte del Questore.
6.1. Nel caso di specie, il provvedimento di revoca della presa d’atto della SCIA per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande e contestuale ordine di cessazione dell’attività è motivato per relationem alla proposta di revoca comunicata dalla Prefettura di Ferrara, quale fonte di “ circostanziate ed articolate considerazioni in relazione alla reiterata vendita di superalcolici a minorenni che avviene nei locali del Bar Eden ed in considerazione della grave minaccia per la sicurezza pubblica che consegue a tale condotta illecita ”.
Dato ciò, risulta per tabulas che il Sindaco del Comune di Vigarano Mainarda, pur avendo menzionato l’art. 54, commi 4 e 4 bis, del d.lgs. n. 267 del 2000, non ha svolto alcuna attività istruttoria autonoma, essendosi limitato, ai sensi dell’art. 19, comma 4, del d.lgs. n. 616 del 1977, a recepire la proposta prefettizia.
6.2. A sua volta, quest’ultima è motivata nei seguenti testuali termini:
<<“[…] Il provvedimento questorile è stato adottato a seguito di attività amministrativa di controllo disposta successivamente al ricovero, in data 20 maggio 2014, di un minore di anni 14 […] appurando che il gestore del suddetto esercizio aveva effettuato consapevolmente la vendita di superalcolici al minorenne.
L’attività istruttoria svolta dalla locale Questura ha altresì permesso di accertare che l’illegale condotta del gestore dell’esercizio non costituiva un fatto occasionale in quanto a distanza di poche ore, nella stessa serata del 19 maggio scorso, per ben due volte, sono state vendute bottiglie di superalcolici a minori.
L’attività istruttoria ha altresì accertato tramite le testimonianze acquisite che nello stesso locale è facile reperire bevande alcooliche senza che i preposti richiedano o accertino la maggiore età.
Gli episodi sopramenzionati certificano oltre alla oggettiva reiterazione di gravi violazioni, soprattutto la propensione a porre in essere attività illecite […] .
Le medesime condotte tenute dal titolare dell’esercizio di vicinato favoriscono, di fatto, condizioni di degrado urbano che incidono sulla situazione della sicurezza pubblica […] ”.
Per la parte in cui rinvia ai provvedimenti del questore, la nota prefettizia sostanzialmente recepisce e fa propri i medesimi presupposti di fatto, come sopra ricostruiti, che hanno comportato, ai sensi dell’art. 100 del t.u.l.p.s., l’emissione del provvedimento di sospensione dell’attività di somministrazione al pubblico, ma che non avrebbero consentito, nemmeno previa valutazione discrezionale, la revoca della licenza, in quanto impedita per legge dalla mancanza di recidiva.
Il prefetto ben avrebbe potuto discrezionalmente proporre la revoca della SCIA e la chiusura dell’attività, pur in mancanza del presupposto di legge di cui all’art. 100, ult. co., t.u.l.p.s., basandosi anche sui fatti già considerati ai fini dell’applicazione della misura della sospensione dell’attività prevista dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, ma soltanto dimostrando, eventualmente avvalendosi di altri dati ed elementi oggettivi, che la disposta misura della sospensione dell’attività per quindici giorni non fosse sufficiente ad assicurare la piena tutela dei valori da preservare;in sintesi, dando conto circostanziato di un abituale comportamento del gestore dell’esercizio commerciale costituente grave minaccia per la sicurezza pubblica e tale da provocare o anche soltanto favorire condizioni di degrado urbano, sì da compromettere l’attività di prevenzione svolta dalle forza di polizia, secondo quanto affermato nella proposta di revoca.
6.3. Orbene, le perentorie affermazioni della nota prefettizia impugnata si reggono sulla constatata “ oggettiva reiterazione di gravi violazioni ”, nonché su “ testimonianze acquisite ” circa la facile reperibilità presso lo stesso locale di bevande alcooliche da parte di soggetti minorenni.
Entrambi i presupposti fattuali si rivelano insufficienti a sorreggere la proposta, alla stregua del criterio sopra enunciato, atteso che:
- la “ oggettiva reiterazione di gravi violazioni ” consiste soltanto nei medesimi due episodi (verificatisi nello stesso giorno a distanza di poco tempo l’uno dall’altro) che, come detto, di per sé hanno consentito e comportato l’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e di sospensione dell’attività della quale la società è stata già destinataria;né tale conclusione può trovare smentita nella circostanza –sulla quale insiste la difesa erariale- che il caso di specie sarebbe connotato da particolare gravità per l’avvenuto ricovero di un soggetto minorenne in stato di intossicazione alcoolica: la gravità del fatto (singolo o reiterato) è parametro di riferimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative, nella scelta discrezionale della misura, compresa tra il minimo ed il massimo edittale;il presupposto di legge per l’applicazione, invece, della misura della revoca della licenza presuppone, pur in mancanza di recidiva, l’accertamento di fatti tali da consentire di qualificare come non occasionali i due episodi accertati, ma da collocarli in un contesto di abitualità e pericolosità per la sicurezza pubblica da legittimare l’adozione della misura definitiva della revoca;di tali fatti ulteriori non vi è traccia nella proposta prefettizia di revoca;
- le “ testimonianze acquisite ”, di cui pure è detto in quest’ultima, sono riferite -per quanto è dato evincere dagli atti dell’istruttoria svolta dalla Questura (verbali di sommarie informazioni dei minorenni coinvolti e dei loro genitori)- soltanto ai ridetti episodi del 19 maggio 2018;tali sommarie informazioni -nemmeno riportate nella nota prefettizia- hanno ad oggetto mere voci correnti nel pubblico (“voci di paese”), prive di riscontro fattuale;la motivazione del provvedimento prefettizio è carente sul punto, non consentendo di individuare quali testimonianze effettivamente rappresentative della situazione di minaccia per la sicurezza pubblica e di grave degrado urbano abbiano indotto la proposta prefettizia di revoca;ancora, in questa è fatto cenno ad un “ avviso dei Responsabili delle Forze di Polizia in sede di Riunione Tecnica di Coordinamento del 4 luglio u.s. ”, ma senza che i contenuti siano stati esplicitati nel provvedimento o altrimenti resi noti.
7. Dato quanto sin qui è esposto, con riferimento al primo motivo di gravame, è condivisibile il richiamo giurisprudenziale, fatto dall’appellante, alla sentenza di questo Consiglio di Stato con la quale si è precisato che “ un provvedimento grave, quale la revoca di un’autorizzazione commerciale, così fortemente lesivo per gli interessi privati, non può prescindere da un’attenta valutazione degli elementi e delle circostanze indizianti, dovendosi ritenere non sufficiente a sorreggerlo mere presunzioni [...]”, laddove l’adozione del provvedimento deve invece seguire “ ad una approfondita verifica della sussistenza in concreto di fatti e circostanze che possano creare turbamento all’ordine pubblico ” (Cons. Stato, III, 20 agosto 2013, n. 4187).
7.1. Con riferimento poi al terzo motivo di gravame, ed al necessario rispetto del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, giova aggiungere che, contrariamente a quanto assume la difesa erariale, non si tratta di dare prevalenza al diritto all’esercizio dell’attività economica privata sacrificando, o mettendo a rischio, la salute della collettività, ma soltanto di verificare se quest’ultima sia egualmente tutelabile col minore sacrificio dell’altro diritto, parimenti garantito dalla Costituzione.
Nel caso di specie, il Prefetto di Ferrara, nell’esercizio del suo potere discrezionale di proposta, avrebbe dovuto effettuare tale bilanciamento di interessi tenendo conto degli effetti raggiunti o raggiungibili a seguito della già disposta sospensione dell’attività decretata dal Questore di Ferrara in data 20 giugno 2018 ed interamente eseguita dalla società qui ricorrente. In mancanza l’azione amministrativa risulta viziata da irrazionalità manifesta e perciò sindacabile in sede giurisdizionale (cfr. Cons. Stato, V, n. 5829/19, cit., nel senso che, trattandosi di provvedimento ampiamente discrezionale, col quale l’amministrazione è chiamata ad operare un bilanciamento tra esigenze contrapposte di rilevante interesse pubblicistico, il sindacato giurisdizionale va “ circoscritto alle ipotesi di palese abnormità e/o contraddittorietà delle conclusioni raggiunte rispetto alle premesse ivi menzionate, ovvero all’evidente carenza di motivazione del provvedimento adottato ”).
7.2. L’ordinanza del Sindaco di Vigarano Mainarda, oggetto di impugnazione, motivata per relationem alla proposta prefettizia, mutua da quest’ultima i vizi di carenza di istruttoria e di eccesso di potere per mancanza dei presupposti di fatto e di diritto che ne avrebbero consentito l’adozione, nonché di manifesta irrazionalità per contrasto col principio di proporzionalità.
8. I due motivi di appello fin qui esaminati vanno accolti e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va accolto il ricorso della società e vanno annullati gli atti impugnati.
8.1. Sono assorbiti i restanti motivi di appello, concernenti la violazione delle garanzie partecipative e la violazione dei principi di terzietà del giudice e di uguaglianza di fronte alla legge.
8.2. La peculiarità della vicenda amministrativa, avviata dall’accadimento di fatti oggettivamente gravi, consente di compensare per giusti motivi le spese dei due gradi di giudizio.