Consiglio di Stato, sez. II, sentenza breve 2023-07-17, n. 202306921
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Pubblicato il 17/07/2023
N. 06921/2023REG.PROV.COLL.
N. 04153/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4153 del 2023, proposto da
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato e con domicilio nei suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
-OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato N P, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Prima, n. -OMISSIS- resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 giugno 2023 il Cons. Alessandro Enrico Basilico, udito l’avvocato dello Stato Liborio Coaccioli e vista l’istanza di passaggio in decisione dell’appellato;
Dato avviso della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Ministero impugna la sentenza segnata in epigrafe che ha accolto il ricorso del carabiniere signor-OMISSIS- (in prosieguo anche solo l’appellato), annullando il decreto con cui a questi era stato riconosciuto l’equo indennizzo per la patologia “trauma da sforzo della spalla destra con lesione tendinea del sovraspinato e breccia di rottura centimetrica in sede inserzionale anteriore” senza tuttavia operare il cumulo con altre infermità per le quali gli era stato riconosciuto il medesimo beneficio.
2. In punto di fatto si rileva che con decreto n. 1699 del 26 maggio 1997 al militare era stato liquidato l’equo indennizzo per l’infermità “lievi postumi di distorsione rachide cervicale”.
3. Successivamente in data 24 aprile 2007 egli aveva domandato il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e l’equo indennizzo anche per le infermità “esiti di disectomia C5-C6 con artrodesi intersomatica” e “cervicouncoartrosi”.
4. Dopo che la Commissione medica ospedaliera-CMO -OMISSIS-, con verbale dell’8 luglio 2008, aveva giudicato tali infermità ascrivibili alla tabella B, il Comitato di Verifica, con parere del 16 giugno 2011, aveva invece escluso che le stesse fossero riconducibili a causa di servizio e su tale base il Ministero aveva respinto la domanda di equo indennizzo con decreto n. 4932/N del 13 settembre 2011.
5. L’interessato proponeva ricorso dinanzi al TAR per la Toscana.
6. Nelle more l’Amministrazione riesaminava la questione, confermando il precedente diniego ed escludendo anche un’interdipendenza tra le due patologie in questione e quella già riconosciuta come derivante da causa di servizio con decreto n. 2872/N del 29 settembre 2014, emesso sulla base del parere del Comitato di verifica del 12 giugno 2014.
7. Il militare impugnava con motivi aggiunti questi nuovi atti.
8. Con sentenza n. -OMISSIS- il TAR per la Toscana, dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo contro il primo provvedimento, annullava la conferma del diniego della dipendenza da causa di servizio per le infermità “cervicouncoartrosi” ed “esiti di disectomia c5-c6 con artrodesi instersomatica”, precisando come dalla pronuncia derivasse l’obbligo dell’Amministrazione «di procedere esclusivamente alla determinazione del quantum dell’equo indennizzo» in quanto avrebbe dovuto «ritenersi esclusa – in base al principio europeo e costituzionale di effettività e celerità della tutela giurisdizionale, anche del GA – ogni possibilità di un’ulteriore riedizione del potere valutativo degli organi tecnici, da ritenersi ormai ampiamente consumato con la già avvenuta rivalutazione (illegittima per quanto sopra detto) della situazione del ricorrente».
9. L’Amministrazione quindi adottava il decreto n. 151/C4 del 15 gennaio 2018, con cui nuovamente negava l’equo indennizzo.
10. L’interessato proponeva ricorso l’ottemperanza della sentenza del 2017 e il TAR per la Toscana, con sentenza n. -OMISSIS- passata in giudicato, ribadiva come dall’annullamento del provvedimento di rigetto dell’equo indennizzo derivasse l’obbligo per l’Amministrazione di pronunciarsi solo sul quantum della domanda, nominando per l’ulteriore inadempimento il Prefetto di Pisa quale commissario ad acta .
11. Quest’ultimo chiedeva chiarimenti, ai sensi dell’art. 112, co. 5, cod. proc. amm., sollevando dubbi sulla possibilità di liquidare un secondo equo indennizzo alla luce dell’art. 57 del DPR n. 686 del 1957.
12. Con sentenza n. -OMISSIS-il TAR, ritenuto che l’istanza del commissario fosse di fatto diretta ad appurare la sussistenza dei presupposti per la determinazione del quantum e puntualizzato come l’ottemperanza per chiarimenti non potesse trasformarsi in un’azione di accertamento della legittimità della futura azione amministrativa, ribadito nuovamente l’obbligo di «adempiere alle prescrizioni contenute nelle sentenze di questo Tribunale, disponendo il pagamento delle somme dovute», nella misura da quantificare «in applicazione della situazione di fatto e di diritto desumibile dalle pronunce».
13. Con nota del 7 agosto 2019 il commissario ha investiva la CMO del compito di rivalutare la posizione del carabiniere, chiarendo la tabella e categoria di ascrivibilità delle patologie da cui è affetto.
14. Presa conoscenza della richiesta, l’interessato proponeva reclamo al TAR Toscana che con sentenza n. -OMISSIS-annullava il provvedimento del commissario, ravvisandovi un’elusione del giudicato in quanto nelle precedenti pronunce si era chiarito «come non potesse più discutersi in ordine alla spettanza dell’ an » dell’equo indennizzo, di cui l’Amministrazione – e, in sostituzione, l’ausiliario del giudice – avrebbe dovuto unicamente liquidare il “ quantum ”.
15. A seguito di tale nuova pronuncia il commissario ad acta , nella persona di un funzionario della Prefettura diverso da quello delegato in precedenza, riconosceva l’equo indennizzo per le infermità “cervicouncoartrosi” ed “esiti di disectomia c5-c6 con artrodesi instersomatica” con decreto n. 9/C4/2020 del 21 gennaio 2020.
16. Parallelamente alla procedura descritta il carabiniere, con istanza del 19 dicembre 2017, aveva chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, con concessione dell’equo indennizzo, della patologia “trauma da sforzo della spalla destra con lesione tendinea del sovraspinato e breccia di rottura centimetrica in sede inserzionale anteriore”.
17. Con decreto n. 592/22 del 14 febbraio 2022 il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri (cui, a partire dal 2016, è stata attribuita la competenza in questa materia) dichiarava la dipendenza da causa di servizio della patologia in questione, senza tuttavia riconoscere il cumulo con quelle per cui il commissario ad acta aveva riconosciuto l’equo indennizzo, in esecuzione delle pronunce del Tribunale fiorentino.
18. Il militare censurava tale nuovo atto dinanzi al TAR, domandando l’accertamento della sua nullità per elusione delle precedenti pronunce del giudice amministrativo e, in subordine, previa conversione del rito da ottemperanza a ordinario, chiedendone l’annullamento.
Secondo l’interessato, il decreto era illegittimo nella parte in cui negava la sussistenza di un giudizio di dipendenza da causa di servizio delle infermità “Cervicouncoartrosi” e “Esiti di discectomia c5-c6 con artrodesi intersomatica” e per l’effetto rifiutava il cumulo tra queste infermità e quella nuova, che avrebbe condotto ad ascriverle tutte complessivamente alla V categoria della tabella allegata al DPR n. 915 del 1978 e a riconoscere quindi una somma maggiore.
19. Il TAR con la sentenza segnata in epigrafe, ritenuto di trattare il ricorso nelle forme del giudizio di legittimità, essendo controversa la classificazione di un’infermità diversa da quelle oggetto dei precedenti processi, lo ha accolto, invitando l’Amministrazione a ricalcolare l’equo indennizzo previa applicazione del cumulo tra le varie infermità.
20. Il Ministero ha appellato tale pronuncia, domandando la sospensione della relativa esecutività.
21. Il militare si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.
22. Alla camera di consiglio del 6 giugno 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione con sentenza in forma semplificata, sussistendone i presupposti di legge ed essendo stato dato rituale avviso ai difensori delle parti presenti.
23. Con unico motivo di gravame il Ministero sostiene che il Tribunale abbia errato nel ritenere che le proprie precedenti pronunce avessero affermato la dipendenza da causa di servizio delle patologie oggetto di quei giudizi, dalle quali sarebbe derivata solamente la condanna al pagamento di un indennizzo di natura “pararisarcitoria”.
24. L’Amministrazione ribadisce così la tesi già espressa nel provvedimento impugnato dinanzi al TAR (doc. 41 del fascicolo di primo grado dell’appellato), il quale ha negato il cumulo della patologia “trauma da sforzo della spalla destra” con quelle per “cervicouncoartrosi” ed “esiti di disectomia c5-c6 con artrodesi instersomatica” in quanto queste ultime non sarebbero «assistite, avuto riguardo agli effetti prodotti dal giudicato, da alcun giudizio di dipendenza» e l’indennizzo liquidato per queste avrebbe una «connotazione pararisarcitoria».
25. La doglianza non è condivisibile.
26. Secondo principi consolidati in giurisprudenza (si v. la sent. n. 8482 del 2019 di questa Sezione e i precedenti, anche di legittimità, ivi richiamati), la sentenza passata in giudicato copre il “dedotto” e il “deducibile”, ossia fa stato in ordine sia alle ragioni fatte espressamente valere nel giudizio (c.d. giudicato esplicito), sia a tutte quelle che costituiscono premesse necessarie della decisione, rispetto alla quale si pongono come precedenti logici essenziali e indefettibili (c.d. giudicato implicito), sempre in ogni caso nei limiti dei motivi di censura ritualmente sollevati.
27. Nel caso di specie, dalle pronunce del TAR, tutte passate in giudicato, emerge come per le patologie “cervicouncoartrosi” ed “esiti di disectomia c5-c6 con artrodesi instersomatica” sia da ritenersi incontestabile l’ an dell’equo indennizzo (si v. in particolare la sentenza n. 1366 del 2019, dove si chiarisce «come non potesse più discutersi in ordine alla spettanza nell’ an di tale attribuzione»), il quale logicamente presuppone un’implicita affermazione – non censurata mediante i mezzi ordinari d’impugnazione, né contestabile in questa sede – della dipendenza della malattia da causa di servizio: infatti, dato che l’equo indennizzo è concesso in questi casi (come stabilito dall’art. 68, co. 8, del DPR n. 3 del 1957 per gli impiegati civili dello Stato, la cui disciplina è estesa anche ai militari dall’art. 1882 cod. ord. mil. così come, in passato, avveniva in forza della legge n. 1094 del 1970), la sentenza che ne riconosce la spettanza afferma anche implicitamente la dipendenza da causa di servizio della patologia per la quale esso viene attribuito, dato che tale circostanza rappresenta un precedente logico, essenziale e necessario, del beneficio.
28. Lo stesso commissario ad acta , nel dare esecuzione alle sentenze del giudice amministrativo in applicazione della situazione di fatto e di diritto da queste desumibile, ha liquidato l’equo indennizzo per le patologie “cervicouncoartrosi” ed “esiti di disectomia c5-c6 con artrodesi instersomatica” riconducendole alla categoria VI della tabella A annessa al DPR n. 834 del 1981 (si v. il decreto n. 9/C4/2020 del 21 gennaio 2020, doc. 37 del fascicolo di primo grado dell’appellato), facendo pertanto applicazione della disciplina sulla concessione dei benefici ai dipendenti affetti da infermità derivanti da causa di servizio di cui al DPR n. 461 del 2001, senza quindi attribuire alcuna indennità “pararisarcitoria”, la quale, peraltro, non sarebbe stata conforme al giudicato quale formatosi sulla domanda della parte, che aveva a oggetto i provvedimenti di diniego dell’equo indennizzo e non il risarcimento del danno.
L’apprezzamento del commissario ha poi trovato conferma nei provvedimenti con cui è stata rifiutata la concessione dell’ulteriore indennizzo chiesto dal militare sul presupposto che le due malattie si fossero aggravate: la Commissione medica di verifica-CMV di -OMISSIS-, prima, e il Comando generale dell’Arma, poi, hanno infatti negato il beneficio sul presupposto che le due infermità fossero «non aggravate e tuttora ascrivibili alla Tab A – Cat. 6» (si v. il verbale della CMV dell’8 aprile 2021 e il decreto n. 3212/21 del 15 dicembre 2021, doc. 44 e 46 del fascicolo di primo grado dell’appellato).
29. La dipendenza delle due malattie in questione da causa di servizio, implicitamente affermata da sentenze passate in giudicato, e la loro ascrivibilità alla categoria VI, stabilita dal commissario ad acta , rappresentano due presupposti dei quali l’Amministrazione doveva tenere conto nell’emanare il decreto di liquidazione dell’equo indennizzo per la nuova patologia dell’appellato, facendo applicazione dell’art. 17, co. 4, del DPR n. 915 del 1978, secondo cui «nel caso di coesistenza di due infermità o mutilazioni ascrivibili a categoria dalla 3ª all’8ª della tabella A, all’invalido compete, per il complesso di esse, il trattamento di pensione in base alla categoria che risulta dal cumulo delle invalidità medesime, secondo quanto previsto dall’annessa tabella F-1».
30. Nella specie, le due patologie oggetto dei precedenti giudizi sono state ascritte alla VI categoria, mentre quella per cui è causa è ascrivibile alla VIII categoria, pertanto, ai sensi della tabella F-1 allegata al DPR n. 915 del 1978, il trattamento risultante dal cumulo delle indennità medesime deve essere determinato in base alla V categoria, come correttamente affermato dal TAR e diversamente da quanto illegittimamente stabilito nel provvedimento impugnato in primo grado.
31. L’appello deve quindi essere respinto.
32. In applicazione del generale criterio della soccombenza, dal quale non vi è ragione di discostarsi nella specie, l’appellante deve essere condannato al pagamento delle spese processuali del grado, come liquidate in dispositivo.