Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-10, n. 201504231

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-10, n. 201504231
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504231
Data del deposito : 10 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01468/2013 REG.RIC.

N. 04231/2015REG.PROV.COLL.

N. 01468/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1468 del 2013, proposto da M F, rappresentato e difeso dagli avv. D M e G T, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via della Quattro Fontane, n. 149;

contro

- il Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
- il Capo della Polizia di Stato, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I TER n. 07282/2012, resa tra le parti, concernente riammissione in servizio


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2015 il consigliere B R P e udito per il ministero intimato l’ avvocato dello Stato Soldani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con provvedimento del 29 ottobre 2007 l’ ispettore capo della Polizia di Stato M F in relazione a fatti per i quali era stato inquisito in sede penale con giudizio conclusosi con sentenza assolutoria per l’assenza di una condizione di procedibilità dell’ azione (assenza di querela da parte della persona offesa dal reato) in esito a procedimento disciplinare era destituito dal servizio con decorrenza 10 luglio 2002.

Il provvedimento di destituzione era annullato con sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 8424 del 2009, confermata in appello dal del Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza con diversa motivazione n. 2011 del 1488,.

Il Capo della Polizia con decreto del 4 aprile 2011 la riammissione in servizio del dipendente e contestualmente disponeva il rinvio a visita per accertare l’idoneità psicofisica e attitudinale.

Avverso detto provvedimento il sig. F proponeva ricorso avanti al T.A.R. per il Lazio assumendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili.

Sottoposto a visita il ricorrente era dichiarato idoneo quanto alla permanenza dei requisiti psicofisici e non idoneo relativamente al possesso del requisito attitudinale al servizio di polizia. In conseguenza il Capo della Polizia con decreto del 2 novembre 2011 disponeva la cessazione dal servizio dell’interessato dal giorno successivo all’accertamento della non idoneità attitudinale.

Il sig. F con motivi aggiunti si gravava sia contro il verbale di accertamento della non idoneità attitudinale, sia contro il provvedimento di cessazione dal servizio.

Con sentenza n. 7282 del 2012 il T.A.R. adito respingeva il ricorso principale come integrato con i successivi motivi aggiunti.

Avverso la predetta sentenza il sig. F ha proposto appello e, dopo una sintesi un punto di fatto della vicenda contenziosa, a confutazione della conclusioni del primo giudice ha dedotto:

- che, diversamente da quanto opinato dal T.A.R., già con il ricorso principale era stata sollevata la questione relativa alla carenza di motivazione del rinvio a visita medica per la verifica del possesso dei requisiti di idoneità psicofisica e attitudinale, senza indicare le specifiche circostanze e ragioni giustificative di detto accertamento secondo quanto prescritto dall’art. 2, comma 3, del d.m. n. 198 del 2011;

- che la durata del periodo che intercorre fra l’allontanamento dal servizio attivo e la riammissione in impiego è un elemento del tutto neutro che non può mai integrare circostanza specifica e tantomeno di particolare gravità che legittimi accertamenti psicofisici e attitudinali in via straordinaria, in ogni caso da giustificarsi con adeguata motivazione, tanto più in assenza del regolamento del attuazione sulle cadenze temporali con cui sottoporre a visita di controllo gli appartenenti al corpo di polizia;

- che la motivazione del rinvio a visita medica si configura generica, perché riferita in astratto ai soli compiti di istituto e carente quanto alle circostanze giustificative dell’accertamento e al ritardo con il quale lo stesso è stato disposto;

- che il requisito attitudinale al servizio doveva essere verificato non in base ai parametri relativi all’ingresso nei ruoli della Polizia di Stato, ma tenendo conto dell’anzianità di servizio, degli incarichi svolti, di eventuali patologie contratte dal dipendente, secondo quanto previsto dall’art. 2, del d.m. n. 189 del 2003;

- che quanto precede è avvalorato dal combinato disposto di cui agli artt. 31, comma 4, del d.m. n. 129 del 2005 e 24, comma 1, della legge n. 53 del 1989, che nei concorsi per il passaggio o accesso ai ruoli superiori esonera l’appartenente ai ruoli della Polizia di Stato che eserciti funzioni di polizia dalla riedizione degli accertamenti psicoattitudinali per la parte già effettuati all’ingresso in carriera;

- che il T.A.R. ha omesso di pronunziarsi sullo specifico livello di attitudine necessaria alla prosecuzione del servizio.

Il Ministero dell’ Interno si è costituito in resistenza e ha contrastato i memoria i motivi di impugnativa e concluso per la conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 21 maggio 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. Diversamente da quanto opinato dal T.A.R. il motivo illegittimità per difetto di motivazione, o violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, del provvedimento del Capo della Polizia del 4 aprile 2011, nella parte in cui ha disposto all’atto della riammissione in servizio dell’odierno esponente l’avvio a visita ai fini dell’accertamento dell’idoneità attitudinale e psico fisica ai compiti di istituto, non è stato tardivamente proposto solo in sede di notifica dei motivi aggiunti indirizzati avverso l’esito di detto accertamento.

Indipendentemente dalla formale rubricazione della doglianza nel corpo del ricorso, al terzo motivo, è enunciata la genericità della motivazione che si basa esclusivamente sulla peculiarità dei compiti istituzionali, normalmente demandati all’operatore di polizia , dovendosi invece, ad avviso del ricorrente, darsi atto della sussistenza di specifiche condotte devianti che evidenzino comportamenti anomali rispetto al normale modus operandi, tali da suscitare dubbi sull’adeguatezza psico attitudinale dell’interessato.

E’ pacifico in giurisprudenza che l’individuazione dei motivi del ricorso giurisdizionale va effettuata con approccio riferito non alla sola enunciazione formale degli stessi , ma con riguardo al contenuto sostanziale del ricorso (esposizione dei fatti e ordine argomentativo del petitum di annullamento ) dal quale va desunto il tema controverso nei suoi aspetti in fatto e diritto.

Una volta articolato con l’atto introduttivo del giudizio il motivo di non adeguatezza della motivazione del provvedimento impugnato, lo stesso poteva essere ulteriormente sviluppato in sede di successive difese e di motivi aggiunti, che sono stati notificati dopo la conoscenza del verbale recante il giudizio negativo in merito al profilo di attitudinale al servizio di polizia.

2.1. Ciò posto sul piano formale il provvedimento del Capo della Polizia del 4 aprile 2011 che ha disposto l’avvio a visita si sottrae alle censure di genericità e non adeguatezza della motivazione.

Nella premesse dello stesso sono richiamate in sintesi le vicende che hanno interessato il rapporto di impiego del ricorrente, determinando l’interruzione della prestazione del servizio attivo a partire dal 10 luglio 2002 fino alla reintegrazione in servizio a partire dalla data di comunicazione o notifica della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1488 del 2011 di conferma della sentenza del T.A.R. che aveva annullato il provvedimento di destituzione. E’ in prosieguo affermata alla necessità, ai fini della reintegrazione nella ordinaria vita lavorativa, di disporre, ai sensi dell’art. 2 del d.m. n. 198 del 2003, gli accertamenti di verifica della permanenza dei requisiti psico attitudinali e psico fisici e, a tal fine, è dato risalto alla peculiarità dei compiti istituzionali demandati all’operatore di polizia, che comportano in particolare il maneggio di armamento offensivo. Si dà, quindi, atto che la verifica viene disposta oltre che a salvaguardia della collettività nell’ambito della quale l’agente di polizia è chiamato ad operare, anche a tutela del lavoratore il quale, qualora durante il periodo di mancata prestazione lavorativa abbia perso i predetti requisiti attitudinali e psico fisici, potrebbe essere impiegato, all’atto della riammissione, in compiti non più compatibili con il suo stato di salute, con evidente rischio per la propria incolumità .

E’ agevole rilevare che l’ accertamento del possesso del requisito psico attitudinale si collega al dato oggettivo del luogo periodo di interruzione del servizio attivo (circa nove anni) cui l’ Amministrazione ha ricondotto, con valutazione di merito che non si configura né illogica né sproporzionata ai fini perseguiti - chiaramente enunciati nell’atto che si impugna - l’opportunità di una rinnovata verifica in relazione alla peculiarità dei compiti demandati agli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato.

Del resto il ricorrente non è incorso in difficoltà nell’articolare i motivi di impugnativa insistendo, in particolare, sulla neutralità del fattore tempo ai fini degli accertamenti di cui all’art. 2 del d.m. n. 198 del 2003 e sulla violazione dell’art. 2, comma 3, del d.m. n. 198 del 2003 che, a suo dire, non consente di ricondurre la mera assenza dal servizio nell’ambito delle specifiche circostanze che giustifichino l’accertamento del possesso del requisito di idoneità attitudinale e psico fisica ai compiti di istituto.

2.2. Passando all’esame del primo mezzo di impugnativa - teso come prima accennato a negare la sussistenza dei presupposti per l’avvio alla visita di verifica del possesso dei requisiti fisici e psico attitudinali, va osservato che, ai sensi dell’art. 1 del d.m. n. 198 del 2003, l’accertamento dell’idoneità sotto detto profilo trova la sua collocazione primaria e naturale al momento dell’ingresso in servizio nei ruoli della Polizia di Stato (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 909 del 2010).

L’Amministrazione, tuttavia, con scelta discrezionale ed in presenza di determinati presupposti, può disporre la verifica dell’ idoneità psichica e fisica al servizio di polizia in costanza del rapporto ai sensi dell’ art. 2 del d.m. n. 198 del 2003).

Con riguardo, in particolare, alla verifica del requisito psico attitudinale la giurisprudenza di questo Consiglio - in presenza di riammissione in servizio dopo un provvedimento espulsivo dichiarato illegittimo - ha riconosciuto la possibilità di detta verifica nei casi di assenza per un non limitato periodo dal servizio di polizia. Detto servizio si caratterizza, infatti, per continuità di impegno sul territorio nei servizi di ordine pubblico e di repressione dei reati. Il suo stesso svolgimento concorre, quindi, nello sviluppo ed affinamento delle qualità professionali dell’ operatore di polizia e la sua interruzione per lungo periodo può avere incidenza sui requisiti di idoneità fisica e psichica, quali accertati nel momento di ingresso nei ruoli della Polizia di Stato, e determinare una ricaduta degli stessi al di sotto della soglia di idoneità ordinariamente richiesta (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 2306 del 19 aprile 2012).

Il fattore tempo dell’assenza dal servizio può, quindi, essere ricondotto nell’ alveo delle “ specifiche circostanze ”, cui fa richiamo l’art. 2, comma 3, del d.m. n. 198 del 2003 - concernente i requisiti di idoneità fisica e psichica attitudinale di cui devono essere in possesso gli appartenenti ai ruoli del personale della Polizia di Stato – in presenza delle quali può disporsi d’ufficio il giudizio di idoneità al servizio.

I requisiti di idoneità fisica e psichica devono, infatti, permanere, in base ai parametri stabiliti dal d.m. n. 198 del 2003, per tutto il periodo di appartenenza al corpo della Polizia di Stato.

2.3. Al momento della riammissione in impiego l’ accertamento non resta circoscritto alla sola idoneità fisica e psichica, ma si estende anche al requisito attitudinale.

Invero l’art. 25 della legge n. 121 del 1981 prende in considerazione in modo unitario i requisiti psico - fisici ed attitudinali degli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, da stabilirsi a mezzo di apposto regolamento. Inoltre l’art. 2 del d.m. n. 198 del 2003 - che disciplina gli accertamenti nel corso del rapporto di impiego - nella sua rubrica è testualmente riferito all’ “ accertamento dell’idoneità fisica, psichica e attitudinale degli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato ”.

Mentre. quindi, il primo e secondo comma di detta disposizione riguardano i requisiti di idoneità fisica e psichica al servizio e disciplinano le modalità di verifica in costanza di rapporto, il terzo comma concerne il “ giudizio di idoneità al servizio ” complessivamente considerato - da disporsi d’ufficio in presenza delle situazioni e circostanze ivi indicate - che si estende anche al requisito attitudinale, stante la specifica tipologia di impegno che grava sul personale di polizia.

Non può accedersi alla tesi dell’immutabilità del tempo del possesso del requisito attitudinale al servizio di polizia messo in discussione. Le manifestazioni della struttura psichica inerenti al livello evolutivo, al controllo emotivo, alle capacità intellettive, al grado di socialità (tutti aspetti qualificati nella tabella 3 allegata al d.m. n. 198 del 2003 come rilevanti agli effetti della valutazione dell’attitudine al servizio ) possono essere influenzate e condizionate nel tempo da diversi fattori e non costituiscono realtà innate e tantomeno immutabili (cfr. Cons. St., Commissione Speciale, n. 4787 del 29 ottobre 2010). Un mutamento nella sfera motivazionale del soggetto ad assolvere il delicato ruolo che grava sull’appartenente alla Polizia di Stato - che implica specifico impegno, spirito di sacrificio, assunzione di rischio, conduzione di una vita di relazione ispirata al rigoroso rispetto della legge ed alla massima tutela della propria immagine e reputazione – è quindi possibile in presenza di un periodo di non limitata interruzione del servizio attivo, e ciò rende necessario, oltreché opportuno, procedere ad un rinnovata verifica dell’ idoneità, anche sotto il profilo dell’attitudine, all’assolvimento dei compiti di istituto.

2.4. Siffatto accertamento, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, non è impedito dalla mancata a adozione del decreto del Capo della Polizia cui l’art. 2, comma 2, del d.m. n. 198 del 2003, che demanda la fissazione dei criteri e delle modalità in base alle quali procedere alla verifica programmata e periodica del possesso dei requisiti di idoneità fisica e psichica al servizio di polizia.

Si tratta, invero, di disposizione che riguarda i dipendenti in costanza di rapporto di lavoro nei cui confronti deve aver luogo, con carattere di periodicità, il riscontro del permanere dei requisiti di idoneità al servizio. Il contenzioso introdotto riguarda, invece, la diversa fattispecie della ricostituzione del rapporto di lavoro dopo un lungo periodo di interruzione cui segue, come innanzi esposto, la necessità delle preliminare verifica del permanere dell’idoneità a servizio secondo quanto consentito dal richiamato art. 2, terzo comma.

3. Con il secondo mezzo di impugnativa, che riproduce il primo dei motivi aggiunti avanti al T.A.R., si sostiene che per il personale in costanza di rapporto di impiego la verifica del possesso del requisito attitudinale a servizio di polizia non va verificato in base ai parametri stabiliti dall’art. 4 del d.m. n. 189 del 2003 ai fini dell’ingresso nei ruoli della Polizia di Stato, ma tenendo conto dell’anzianità di servizio, degli incarichi svolti, di eventuali patologie contratte, secondo quanto previsto dall’art. 2 del d.m. citato.

Il motivo non va condiviso.

Si già è detto che la posizione del dipendente assente dal servizio da lungo periodo non può essere assimilata a quella di chi, in costanza di impiego, è sottoposto alle verifiche di idoneità che l’art. 2, comma 2, con rinvio al precedente comma 1, limita all’idoneità fisica e psichica, senza coinvolgere il requisito attitudinale al servizio di polizia.

Nel primo caso, infatti, come posto in rilievo ai precedenti punti 2.2. e 2.3 della motivazione, l’allontanamento dal servizio attivo può avere una ricaduta sulla struttura psichica dell’ interessato che, nei suoli riflessi sull’attitudine al servizio di polizia, va verificata negli aspetti elencati nell’allegato 2 al d.m. n. 189 del 2003 che, proprio in quanto condizionanti l’accesso nei ruoli della polizia di Stato, costituiscono parametri minimali del livello evolutivo, del controllo emotivo, della capacità intellettiva e del livello di socializzazione che debbono necessariamente rimanere costanti per tutto il periodo di servizio e non subire attenuazione nel corso dello stesso.

3.1. Non giova alle ragioni del ricorrente il richiamo artt. 31, comma 4, del d.m. n. 129 del 2005 e 24, comma 1, della legge n. 53 del 1989, che nei concorsi per il passaggio o accesso ai ruoli superiori esonerano l’appartenente ai ruoli della Polizia di Stato che eserciti funzioni di polizia dalla riedizione degli accertamenti psicoattitudinali per la parte già effettuati all’ingresso in carriera, trattandosi di fattispecie all’evidenza diversa dalla ricostituzione del rapporto di lavoro restato ininterrotto per anni e tenuto, altresì. conto che le disposizioni prima citate sono riferite all’ appartenente ai ruoli della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia , che il ricorrente invece ha cessato di esercitare dal luglio 2002.

3.2. Analoghe considerazioni valgono per il richiamo a parametro di legittimità del provvedimento impugnato all’art. 24 della legge n. 53 del 1989, che è norma che riguarda le modalità degli accertamenti attitudinali in caso di accesso esterno ai ruoli superiori con riserva di posti, mentre nella specie si dà luogo ad un ricostituzione sul piano sostanziale del rapporto di servizio attivo restato interrotto per la durata di nove anni,

3.3. Quanto al terzo mezzo di impugnativa il Capo della Polizia, nel disporre la cessazione dall’impiego del ricorrente, non era tenuto a motivare sul perché il punteggio conseguito in esito all’accertamento attitudinale era impeditivo della permanenza nei ruoli della Polizia di Stato.

L’organo di amministrazione non poteva, invero, sovrapporsi e sostituirsi alla valutazione discrezionale tecnica della commissione esaminatrice, che ha espresso il giudizio di non idoneità dopo il colloquio e la somministrazione dei test di routine, per i quali la media del punteggio conseguito (9,750) era inferiore a 12/20, soglia indicata dai criteri di massima come minima per il superamento dell’esame attitudinale. Ogni conseguente determinazione del Capo della Polizia veniva in conseguenza a configurarsi come consequenziale e strettamente vincolata all’esito di detto accertamento e non doveva essere corredata da ulteriore motivazione oltre al rinvio al verbale della commissione.

3.4. Quanto, infine, alla richiesta di una C.T.U. per verificare l’effettiva attitudine al servizio del ricorrente, va osservato che si tratta di accertamento rimesso ad organo composto da soggetti con specifica professionalità ed esperienza nello settore dei servizi di polizia, che si caratterizza quindi per l’irripetibilità in diversa sede, fermo restando che non viene evidenziata una manifesta illogicità o erroneità dei giudizi espressi da comprovare in raffronto alle risultanze dell’invocata C.T.U.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.

In relazione ai profili della controversia e agli interessi coinvolti spese e onorari del giudizio possono essere compensati fra le part.

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