Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-07, n. 201204761
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Testo completo
N. 04761/2012REG.PROV.COLL.
N. 01715/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1715 del 2012, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro
pro tempore
, e dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto, in persona del Soprintendente pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
B F, rappresentata e difesa dall’avvocato S C, con domicilio eletto presso l’avvocato P M in Roma, via Filippo Corridoni, 4;
nei confronti di
Comune di Gallipoli,
non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del 14 luglio 2011, n. 1310 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, Sezione I.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio di B F;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 luglio 2012 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Palatiello e l’avvocato Coccioli.
FATTO e DIRITTO
1.– Con istanza del 20 ottobre 2008, la signora B F ha chiesto il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica necessaria ai fini del mantenimento annuale delle strutture funzionali all’attività balneare sita in località “Rivabella”.
La Commissione paesaggio del Comune di Gallipoli ha espresso, in data 23 novembre 2010, parere favorevole.
La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto, con nota del 21 gennaio 2011, prot. n. 1320, ha, invece, espresso parere contrario con la seguente motivazione: le strutture balneari in esame «per dimensioni contrastano con l’ambito paesistico caratterizzato dalla presenza di cordone dunale e vegetazione autoctona».
L’Amministrazione comunale, con provvedimento dell’8 marzo 2011, n. 14/2010, ha negato l’autorizzazione paesaggistica.
La Signora Fiore ha impugnato il provvedimento del Comune unitamente al parere della Soprintendenza innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Lecce, deducendo il vizio di eccesso di potere per mancanza ed erroneità della motivazione e per illogicità manifesta.
1.1.– Il Tribunale adito, con sentenza 14 luglio 2011, n. 1310, ha accolto il ricorso. In particolare, si è rilevata l’irrazionalità delle valutazioni operate dall’amministrazione nella parte in cui si ritiene che il pregiudizio paesaggistico si determinerebbe solo nel periodo invernale e non anche durante quello estivo: «periodo quest’ultimo in cui si registra tra l’altro una maggiore affluenza di turisti e visitatori». Inoltre, il Tar ha ritenuto che non siano state esposte particolari ragioni a sostegno dell’obbligo di rimuovere le strutture nel periodo invernale e che le relative operazioni di rimozione finirebbero col danneggiare l’ambiente piuttosto che preservarlo.
2.– Le amministrazioni resistenti nel giudizio di primo grado hanno proposto appello avverso la predetta sentenza ponendo in rilievo la non contraddittorietà del parere reso dalla Soprintendenza: le strutture balneari inciderebbero, infatti, maggiormente sul paesaggio proprio nel periodo invernale per il loro aspetto “desolante” causato dallo stato di inattività in cui versano. Gli appellanti hanno sottolineato, inoltre, l’apoditticità delle affermazioni relative all’invasività delle operazioni di montaggio e di smontaggio, rilevando come, secondo i limiti imposti dalla concessione, le strutture installate dovrebbero essere facilmente rimovibili.
2.1.– Si è costituita in giudizio la ricorrente in primo grado chiedendo il rigetto dell’appello.
3.– L’appello è fondato.
3.1.– In via preliminare, è necessario riportare la normativa di disciplina della materia.
L’art. 11, comma 4- bis , della legge della Regione Puglia 23 giugno 2006, n. 17 (Disciplina della tutela e dell’uso della costa) prevedeva che: «il mantenimento per l’intero anno delle strutture precarie e amovibili di facile rimozione, funzionali all'attività turistico-ricreativa e già autorizzate per il mantenimento stagionale, è consentito anche in deroga ai vincoli previsti dalle normative in materia di tutela territoriale, paesaggistica, ambientale e idrogeologica».
La Corte costituzionale, con sentenza n. 232 del 2008, ha affermato che tale norma – consentendo il mantenimento delle opere precarie in questione, oltre la durata della stagione balneare, in mancanza della necessaria positiva valutazione di compatibilità paesaggistica – viola le competenze esclusive statali in materia di tutela ambientale e paesaggistica. La disposizione regionale è stata, pertanto, dichiarata costituzionalmente illegittima.
A seguito della predetta sentenza la legge della Regione Puglia 2 ottobre 2008, n. 24 ha introdotto nel testo dell’art. 11 della legge n. 17 del 2006 i seguenti commi:
«a parziale modifica dell’articolo 3.07.4, punto 4.1, lettera b, del piano urbanistico territoriale tematico (PUTT) paesaggio, approvato con Delib.G.R. 15 dicembre 2000, n. 1748 tutte le strutture funzionali all’attività balneare, purché di facile amovibilità, possono essere mantenute per l’intero anno» (comma 4-ter);
«la rimozione delle strutture di cui al comma 4- ter avviene alla scadenza dell’atto concessorio, se non rinnovato, ovvero anche anticipatamente per sopravvenute esigenza di tutela ambientale» (comma 4- quater );
«i soggetti interessati devono munirsi preventivamente del nulla-osta dell’autorità competente in materia» (comma 4- quinquies ).
L’attuale formulazione della normativa consente che venga rilasciata una concessione che non impone, al termine della stagione estiva, la rimozione delle strutture funzionali all’attività. L’ottenimento del titolo abilitativo è, però, espressamente condizionato, per evitare la riproduzione di una norma già dichiarata incostituzionale, al nulla osta delle autorità preposte alla tutela dell’ambiente e del paesaggio.
In particolare, per quanto interessa in questa sede, l’autorizzazione paesaggistica è rilasciata dal Comune previo parere vincolante della Soprintendenza (art. 146, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»).
3.2.– Nella fattispecie in esame la Soprintendenza ha espresso parere negativo in quanto le strutture balneari in esame «per dimensioni contrastano con l’ambito paesistico caratterizzato dalla presenza di cordone dunale e vegetazione autoctona ».
Le valutazioni tecniche possono essere sindacate esclusivamente nel caso in cui le stesse risultino contrarie al principio di ragionevolezza tecnica (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2521).
Nel caso in esame il parere, adeguatamente motivato, non risulta, avuto riguardo alla specificità della fattispecie all’esame di questa Sezione, contrario al predetto principio.
In primo luogo, l’esistenza di una autorizzazione per il solo periodo estivo non implica, come erroneamente ritenuto dal Tar, che la stessa debba necessariamente essere concessa anche per il periodo invernale. I contesti, estivo e invernale, in cui gli stabilimenti si inseriscono sono diversi: l’impatto ambientale di uno stabilimento nel periodo invernale è oggettivamente differente dall’impatto che lo stesso stabilimento può avere nel periodo estivo. Si tenga conto, inoltre, che la concessione temporale per tale ultimo periodo si giustifica anche alla luce di un complessivo bilanciamento degli interessi rilevanti e in considerazione che l’incidenza sull’ambiente è comunque temporalmente limitata. Nella specie la Soprintendenza ha indicato le ragioni per le quali, invece, non è consentito il mantenimento annuale delle strutture facendo riferimento, come già sottolineato, al pregiudizio che le stesse determinano al paesaggio caratterizzato dalla presenza di cordone dunale e vegetazione autoctona.
In secondo luogo, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la rimozione determinerebbe danni maggiori rispetto ai benefici è priva di fondamento e comunque non idonea a fare ritenere irragionevoli le valutazioni tecniche espresse dall’amministrazione.
4.– La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.