Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-02-12, n. 201300817

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-02-12, n. 201300817
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300817
Data del deposito : 12 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08823/2000 REG.RIC.

N. 00817/2013REG.PROV.COLL.

N. 08823/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8823 del 2000, proposto da:
Comune di Napoli, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti G D, A P, A A, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, E C, A C, B C, A I F, G P, G R, B R, E B e G T, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

B S, rappresentata e difesa dall'avv. G P, con domicilio eletto presso Ferruccio De Lorenzo in Roma, via Luigi Luciani, N. 1;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE IV, n. 01995/1999, resa tra le parti, concernente ordine di demolizione di opere abusive;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Ricci e Palma;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il presente giudizio scaturisce dall’impugnativa proposta davanti al TAR Campania – sede di Napoli da Sandra Bonapace nei confronti dell’ordine di demolizione in data 12 dicembre 1996, adottato in suo danno dal comune partenopeo, in forza dell’art. 9 l. n. 47/1985, in relazione ai lavori di realizzazione di un garage interrato ai sensi della l. n. 122/1989 nel proprio immobile, sito in Napoli via Tasso 615/R.

L’amministrazione comunale emanava il provvedimento oggetto della presente impugnativa, sul presupposto, accertato all’esito di sopralluogo della polizia municipale in data 26 marzo 1996, che due scavi praticati nel muro perimetrale interrato, a forma di nicchia, delle dimensioni di 2,20 x 0,90 x 0,40 metri, fungessero da vano di passaggio e pertanto avessero dato luogo ad una ristrutturazione edilizia ex art. 31 l. n. 457/1978 (“Norme per l'edilizia residenziale”), non previamente assentita dal competente comune.

Il TAR adito aderiva invece alla tesi della ricorrente, secondo la quale detti scavi altro non costituivano che pertinenze del garage, e cioè fori di aerazione realizzati mediante ampliamento delle feritoie già esistenti sul muro, conseguentemente annullando l’ordine di demolizione.

Nel presente appello il comune di Napoli critica la ricostruzione data dal giudice di primo grado, sostenendo essere indubitabile, per le dimensioni degli scavi, che si tratti di “due veri e propri vani passaggio” , in particolare di larghezza di 90 cm, laddove il progetto assentito dalla sovrintendenza prevedeva l’allargamento di 40 cm a fronte di quella di 30 cm delle feritoie preesistenti.

Sostiene, in ogni caso, che la ricorrente avrebbe dovuto munirsi di concessione edilizia, trattandosi di immobile vincolato ex lege n. 1089/1939 (“Tutela delle cose di interesse artistico e storico”), con conseguente legittimità dell’ordine impugnato dalla stessa ai sensi dell’art. 10, comma 3, l. n. 47/1985.

Così riassunte le opposte prospettazioni delle parti in causa, deve innanzitutto essere osservato, in diritto, che, secondo il consolidato indirizzo di questo Consiglio di Stato, è qualificabile pertinenza, dal punto di vista urbanistico-edilizio, qualsiasi manufatto strumentale rispetto ad uno principale, e di dimensioni modeste rispetto a quest’ultimo, a condizione che si tratti di opera di dimensioni ridotte rispetto a quella principale, altrimenti “rovesciandosi” lo stesso nesso di pertinenzialità (C.d.S., sez. VI, 28 gennaio 2013 n. 496;
sez. IV, 15 gennaio 2013, n. 211;
2 febbraio 2012, n. 615).

Per quanto concerne invece la nozione di ristrutturazione edilizia, questa è fornita dall’art. 31, comma 1, lett. d), l. n. 457/1978, il quale pone in luce la necessità che gli interventi in cui essa si sostanzia abbiano la finalità di trasformare organismi edilizi esistenti al punto da realizzarne uno “in tutto o in parte diverso dal precedente” , ivi essendo compresi “il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti” .

Tanto precisato, il TAR ha fondato l’operazione di qualificazione giuridica urbanistico-edilizia dei lavori oggetto dell’ordine di demolizione sulla base della documentazione versata in atti, ed in particolare sulla circostanza che essi “consistono nello scavo per l’ampliamento di preesistenti feritoie” , da ciò desumendo l’intenzione dell’odierna appellata di creare canali di aerazione.

Il giudice di primo grado ha anche ritenuto che l’ipotesi della realizzazione di vani di passaggio fosse rimasta priva di riscontri.

La critica a questa ricostruzione da parte dell’amministrazione appellante si incentra invece sulla larghezza delle aperture praticate, superiore al progetto assentito dalla competente Soprintendenza ai beni culturali, e tale da far propendere per quest’ultima ipotesi.

La circostanza in questione è tuttavia priva di apprezzabili requisiti di gravità e precisione in grado di suffragare il provvedimento demolitorio.

In null’altro essa si sostanzia se non in una mera congettura che – come giustamente sottolineato dal TAR – non ha trovato riscontri istruttori sufficienti a convalidarla.

Il suo valore puramente indiziario è del resto desumibile anche dal verbale di sopralluogo posto a base dell’ordine di demolizione, nel quale gli operanti configurano la destinazione a vano di passaggio come “presumibile” .

Tale ragionamento presuntivo, peraltro, non spiega perché si siano voluti praticare due passaggi quando uno sarebbe stato sufficiente a soddisfare l’esigenza cui essi sono destinati, ovvero l’accesso al garage, così manifestando la sua intrinseca debolezza.

Risulta dunque più convincente la qualificazione dei lavori come pertinenziali, esibendo gli stessi maggiore coerenza con l’ipotesi delle condotte di aerazione, indiscutibilmente riconducibili alla nozione di pertinenza elaborata dalla giurisprudenza amministrativa sopra citata, e tale da escludere, giusto il disposto dell’art. 9 l. n. 47/1985 (ora art. 33 d.p.r. n. 380/2001), l’applicabilità della sanzione della demolizione, oltre che – a monte – la necessità di munirsi di titolo edilizio, come già rilevato dal TAR.

Alla medesima conclusione deve giungersi in relazione all’ulteriore assunto del comune odierno appellante secondo cui, trattandosi di intervento su immobile vincolato, lo stesso avrebbe comunque dovuto essere previamente autorizzato dallo stesso dal (in allora vigente) art. 10, comma 3, l. n. 47 citata.

In disparte il fatto che tale motivo si sostanzia in un’integrazione postuma del provvedimento, certamente non consentita, è nondimeno sufficiente osservare, in contrario, che la mancanza di tale autorizzazione legittima l’autorità preposta al vincolo, e non già quella comunale, ad emettere un ordine di riduzione in pristino e la comminazione di una sanzione pecuniaria, sempre ché si tratti di opere qualificabili come restauro o risanamento conservativo ai sensi della lett. c) del comma primo dell’art. 31 l. n. 457/1978.

L’appello deve dunque essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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