Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-08-27, n. 202005254

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-08-27, n. 202005254
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005254
Data del deposito : 27 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/08/2020

N. 05254/2020REG.PROV.COLL.

N. 04389/2019 REG.RIC.

N. 04967/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4389 del 2019, proposto da Amiu - Azienda Multiservizi e Igiene Urbana S.p.A. Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Statte, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale XXI Aprile, n. 11;

nei confronti

Comune di Taranto, non costituito in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 4967 del 2019, proposto dal Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angela Maria Buccoliero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Statte, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C M in Roma, viale XXI Aprile, n.11;

nei confronti

Amiu - Azienda Multiservizi e Igiene Urbana S.P.A Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

quanto al ricorso n. 4389 del 2019 e al ricorso n. 4967 del 2019, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Staccata di Lecce (sezione Prima) n. 375 del 2019, resa tra le parti, concernente l’accertamento del diritto del Comune di Statte ad ottenere il contributo per disagio ambientale relativo agli anni da 2007 a 2011.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Statte e di Amiu - Azienda Multiservizi e Igiene Urbana S.P.A Taranto;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2020, il Cons. G C.


FATTO e DIRITTO

1. La presente sentenza ha per oggetto due distinti appelli - l’uno proposto da AMIU (Azienda Multiservizi e Igiene Urbana) spa Taranto, l’altro proposto dal Comune di Taranto - avverso la sentenza del T.a.r. n. 375 del 2019, che ha accolto il ricorso proposta dal Comune di Statte.

2. La questione controversa attiene al contributo per disagio ambientale a favore del Comune ospitante l’impianto di rifiuti (Comune di Statte), dovuto dai Comuni che conferiscono i rifiuti, quale il Comune di Taranto. Tale contributo (da ora in poi CDA) è preteso dal Comune di Statte, rispetto agli anni dal 2007 al 2011, sulla base di un accordo stipulato il 28 marzo 2006 tra il direttore generale del Comune di Taranto e il Segretario generale del Comune di Statte, che lo hanno firmato, unitamente ai funzionari tecnici presenti;
mentre, è ritenuto non dovuto dal Comune di Taranto e dall’AMIU.

3. L’impianto di smaltimento di rifiuti, situato nel Comune di Statte, è al servizio, anche, del Comune di Taranto;
all’inizio era di proprietà del Comune di Taranto ed era gestito da un raggruppamento di imprese;
dal giugno del 2007, la proprietà e la gestione sono dell’AMIU, che è una società partecipata totalmente dal Comune di Taranto.

3.1. Secondo quello che emerge dagli atti di causa, l’impianto opera dal 2002, mediante molte autorizzazioni provvisorie del Commissario delegato per l’emergenza in materia di rifiuti in Puglia, quale impianto integrato di smaltimento di rifiuti urbani, costituito da linee di termodistruzione con recupero energetico e linee di compostaggio.

3.2. Con decreto del Commissario n. 124/CD/R del 22 maggio 2006, è stata disposta la definitiva autorizzazione all’esercizio dell’incenerimento e del compostaggio, rimettendo al gestore l’opportunità di saturare le potenzialità dell’impianto mediante la biostabilizzazione del rifiuto “ tal quale ”.

4. Il Comune di Statte ha agito, prima davanti all’Ago, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione, poi davanti al T.a.r.: - per l'accertamento del diritto ad ottenere il contributo per disagio ambientale relativo agli anni dal 2007 al 2011, sulla base dell’accordo del 28 marzo 2006 “ così come previsto nell'accordo ”, pari a lire 2 al Kg, e per la determinazione degli importi relativi a quegli anni, dovuti dal Comune di Taranto e/o dall'AMIU, con conseguente condanna al pagamento nella misura da accertarsi in corso di causa e/o risulterà equa o dovuta sulla base delle istanze istruttorie di acquisizione degli atti e di consulenza tecnica di ufficio, oltre rivalutazione ed interessi sulle predette somme da calcolarsi da ciascun anno sino all’effettivo soddisfo.

4.1. Il T.a.r., con la sentenza gravata: a) ha dichiarato l’inammissibilità della memoria di costituzione e dei documenti depositati dal Comune di Taranto in data 7 febbraio 2019, per essere stati depositati in violazione del termine di 40 giorni per i documenti, e di 30 giorni per la memoria di costituzione;
profilo riproposto dal Comune di Statte;
b) ha rigettato altri profili preliminari, non riproposti;
c) ha accolto il ricorso del Comune di Statte ed ha condannato il Comune di Taranto e l’AMIU, in solido, a procedere alla determinazione dei quantitativi dei rifiuti conferiti all’impianto di smaltimento ed a versare al Comune di Statte un contributo per il disagio ambientale pari a due lire per ogni Kg di rifiuto conferito.

4.1.1. In particolare, il primo giudice – ritenuta la “ legittimazione passiva ” di AMIU, ha argomentato l’accoglimento del ricorso sulla base delle essenziali argomentazioni che seguono:

a) l’accordo del 28 marzo 2006 è in esecuzione dell’art. 10, l.r n. 17 del 1993;

b) l’accordo tra pubbliche amministrazioni per la gestione integrata di un servizio pubblico, ai sensi dell’art. 15 della l. n. 241 del 1990, è pienamente valido ed efficacie tra le parti;
- è stato sottoscritto dagli organi legittimati ad impegnare all’esterno gli enti comunali coinvolti;
- ha dettato i criteri per la determinazione della tariffa di conferimento, stabilendo l’immediata debenza del contributo per disagio ambientale;

c) non può ritenersi, come sostiene l’AMIU, che con la Conferenza di Servizi dell’8 ottobre 2012 si sia perfezionata la volontà di far sorgere un nuovo rapporto obbligatorio, in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche;

c.1.) affinché possa parlarsi di novazione, devono necessariamente ricorrere un nuovo oggetto o titolo ( aliquid novi ), nonché l'espressa e manifesta volontà delle parti di estinguere l'obbligazione precedente ( animus novandi );
requisiti entrambi non sussistenti nella specie;

d) il Comune di Taranto, solidalmente con l’AMIU - subentrato nella proprietà dell’impianto a far data dall’11 ottobre 2007 e gestore dello stesso - sono tenuti, in forza dell’art. 10, comma 3, della l. r. n. 17 del 1993 e dell’accordo del 28 marzo 2006, a versare al Comune di Statte un contributo per il disagio ambientale pari a 2 lire per Kg di rifiuto conferito;

d) le amministrazioni dovranno procedere alla esatta determinazione dei quantitativi di rifiuti conferiti dal 2007 al 2011.

5. Gli appellanti impugnano la suddetta sentenza, ciascuno con un complesso motivo. In particolare: l’AMIU deduce “ Violazione di legge. Travisamento dei fatti ”;
il Comune di Taranto deduce “ Violazione e falsa applicazione di legge ”.

5.1. Il Comune di Statte si è costituito, instando per l’inammissibilità ed il rigetto.

5.2. Tutte le parti hanno depositato memorie, anche di replica.

5.3. Con l’ordinanza 3213 del 2019, questo Consiglio: - ha disposto la riunione dei due ricorsi in quanto proposti avverso la stessa sentenza e, “ valutato che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, è opportuno che la res resti adhuc integra sino alla celere fissazione dell’udienza per la trattazione del merito” in accoglimento della istanza cautelare, ha sospeso l'esecutività della sentenza impugnata.

5.4. All’udienza pubblica del 21 maggio 2020, ai sensi dell’art. 84 del decreto legge n. 18 del 2020, la causa è stata trattenuta dal Collegio in decisione.

6. Al fine di delimitare l’ambito del giudizio di appello, è opportuno esaminare l’eccezione preliminare riproposta dal Comune di Statte.

6.1. Come già precisato (cfr. § 4.1.), il T.a.r. ha dichiarato inammissibile per tardività la costituzione del Comune di Taranto e i documenti in quella sede depositati;
ed il Comune non ha censurato tale statuizione.

6.2. In sede di appello il Comune di Statte richiama tale tardività per sostenere l’inammissibilità dell’appello del Comune di Taranto nella parte in cui ripropone le difese sostenute con la memoria di costituzione dinanzi al T.a.r.

6.3. L’eccezione è priva di fondamento, posto che il Comune di Taranto, restato soccombente in primo grado, ha interesse all’appello, quale corollario del principio generale dell’interesse ad agire, e in tale sede può articolare la propria difesa. Né ha alcun rilievo la dichiarata tardività nella produzione dei documenti, posto che il Comune non li ha ridepositati in appello e che, comunque, gli stessi non sono rilevanti al fine del decidere.

7. Il Collegio ritiene gli appelli fondati, come si chiarirà nel prosieguo. Tanto induce a dichiarare assorbite: a) le eccezioni sollevate dall’AMIU relative al difetto di legittimazione passiva e alla non opponibilità dell’accordo del 28 marzo 2006, intervenuto tra altri soggetti;
b) l’eccezione sollevata dal Comune di Taranto di essere privo della titolarità passiva dell’obbligazione.

8. Entrambi gli appelli censurano, innanzitutto, l’interpretazione che il primo giudice ha dato dell’art. 10 della l.r. cit., quale fonte dell’obbligo del versamento del CDA in capo ai Comuni conferenti i rifiuti e a favore del Comune ospitante l’impianto, nonché la riconduzione dell’accordo del 28 marzo 2006 alla mera esecuzione della disposizione regionale.

A questa censura radicale, l’AMIU ne aggiunge un’altra, che è decisiva perché incentrata sul contenuto dell’intero accordo e non solo sul punto 4 dello stesso.

Inoltre, sempre l’AMIU, mette in risalto il collegamento dell’accordo con il decreto del commissario n. 124 del 22 maggio 2006, il quale – intervenuto a poco meno di due mesi dall’accordo - nell’emanare l’autorizzazione definitiva all’impianto ha stabilito la tariffa per il conferimento dei rifiuti senza ricomprendere il CDA;
nonché la mancata impugnazione di tale provvedimento da parte del Comune di Statte.

8.1. Queste censure sono fondate e gli appelli vanno accolti.

9. Il T.a.r. ha erroneamente ritenuto che dall’art. 10 l.r. cit. nascesse un obbligo di pagamento del CDA in capo ai Comuni conferenti e che l’accordo tra Comune conferente e Comune ospitante si fosse limitato, in esecuzione di tale obbligo, a dettare i criteri per la determinazione della tariffa di conferimento (nel valore massimo previsto dalla legge), stabilendo l’immediata debenza del contributo per disagio ambientale.

10. L’art. 10 della l.r. n. 17 del 1993 non obbliga direttamente i comuni che conferiscono i rifiuti negli impianti di smaltimento di rifiuti urbani (art. 9 della stessa legge) a versare al Comune ospitante l’impianto i costi socio-ambientali connessi con la gestione dell’impianto, determinati sulla base della quantità di rifiuti conferiti, né determina direttamente l’incidenza di tali costi prevedendone la misura massima di due lire per ogni chilogrammo di rifiuto conferito.

La portata precettiva di tale disposizione consiste, invece, nella previsione che tra i costi di gestione dell’impianto deve tenersi conto dei costi socio ambientali connessi a tale gestione, da determinarsi sulla base delle quantità di rifiuti conferiti, nella misura massima di 2 lire al KG, nonché nella destinazione di tale costo socio-ambientale alla bonifica e riqualificazione dei siti inquinati (comma 3).

Il CDA non è considerato isolatamente, ma rientra tra i costi di smaltimento ripartiti tra i Comuni che conferiscono rifiuti all’impianto e va ad integrare il quadro dei costi proposto all’atto della richiesta di autorizzazione all’esercizio e, quindi, il quadro dei costi che determina la tariffa di smaltimento (comma 2).

Proprio il collegamento esistente nella legge tra CDA e gli altri costi di smaltimento ai fini della tariffa di smaltimento, che grava sui comuni conferenti, induce a ritenere che non si possa individuare un obbligo in capo al Comune discendente direttamente dalla legge, quanto, piuttosto un obbligo di considerarlo, entro una misura massima, nel quadro complessivo dei costi di smaltimento che vanno a determinare la tariffa di smaltimento.

In definitiva, il CDA costituisce un costo per il gestore dell’impianto, da destinarsi alla bonifica e alla riqualificazione dei siti inquinati, che grava sui comuni conferenti mediante la sua inclusione nella tariffa di smaltimento.

10.1. L’esame dell’accordo, come si vedrà, conferma che esso non è stato sottoscritto in esecuzione di un autonomo obbligo di legge, ma nell’ambito di una regolamentazione più complessa.

11. Passando ad esaminare l’accordo del 28 marzo 2006, va in primo luogo dato atto che, correttamente, il primo giudice ha ritenuto che è stato sottoscritto dagli organi legittimati ad impegnare all’esterno gli enti comunali coinvolti;
infatti, ai sensi dell’art. 107 t.un. e.l., l’accordo impegna il Comune di Taranto senza bisogno di altre formalità.

Non possono condividersi, invece, le conclusioni del T.a.r. in ordine al contenuto di tale accordo, laddove ritiene che abbia dettato i criteri per la determinazione della tariffa di conferimento, stabilendo l’immediata debenza del contributo per disagio ambientale.

11.1. Il contenuto dell’accordo è complesso e va esaminato nella sua interezza.

Come si evince chiaramente dall’oggetto e dalla premessa, l’esigenza dell’accordo tra il Comune di Taranto e il Comune di Statte, sulla base del decreto del commissario n. 35 del 20 febbraio 2006 di proroga dell’impianto anche per il conferimento dei rifiuti cd “ tal quali ”, cioè indifferenziati, nasce per regolamentare la tariffa di conferimento di questi rifiuti.

Il punto 1 dell’accordo prevede proprio l’utilizzo dell’impianto per questa tipologia di rifiuti.

Il punto 2, per la tariffa di conferimento (o smaltimento) a regime, rinvia a quella che sarà stabilità dalle competenti Autorità di Bacino e Commissariali.

Il punto 3, prevede che in questa tariffa a regime e per tale tipologia di rifiuti sia compreso, nella misura massima prevista dall’art. 10 della l.r. cit., il CDA in capo al Comune di Taranto, come per gli altri comuni conferenti. Con l’accordo, quindi, il Comune di Taranto ha assunto l’obbligo rispetto alla tariffa determinanda.

Il punto 4 disciplina l’obbligo del CDA in capo al Comune di Taranto solo per il periodo transitorio e, cioè, sino all’approvazione della tariffa a regime. Sulla base di questo punto dell’accordo il Comune di Taranto si è obbligato a corrispondere al gestore dell’impianto dell’epoca (il raggruppamento delle imprese) una maggiorazione, rispetto a quanto già convenuto tra le parti, a titolo di CDA e pari a 2 lire per kg di rifiuto “ tal quale ”, da devolversi al Comune di Statte.

11.2. In definitiva, dall’accordo sorge l’obbligo per il Comune di Taranto di far inserire l’importo massimo del CDA nella tariffa di conferimento (smaltimento) a regime, nonché, per il periodo transitorio, l’obbligo di implementare, con l’importo corrispondente a quello massimo di CDA, quanto contrattualmente convenuto con l’allora gestore dell’impianto.

11.3. La tariffa a regime risulta individuata con il decreto del commissario n. 124 del 22 maggio 2006, che ha autorizzato l’impianto all’esercizio. Tale decreto, preso atto della nota “ dell’AT TA1 del 16 maggio 2006 relativa alla valutazione favorevole della congruità della tariffa proposta dal Comune di Taranto con la nota prot. N. 2770/GAB del 21.04.2006, quantificata dallo stesso Comune in euro 92,31” , ha espresso parere di conformità “ delle modalità di valutazione della tariffa ai criteri definiti nel decreto Commisariale n. 296/02” ed ha stabilito che “ La tariffa da praticare per il conferimento dei rifiuti all’impianto è quella proposta dal Comune di Taranto, ritenuta congrua dall’Autorità di bacino e verificata conforme ai criteri definiti nel decreto Commissariale n. 296/02, pari a euro 92,31”.

11.3.1. Se nella suddetta tariffa a regime, come individuata dal Comune di Taranto e ritenuta congrua dall’Autorità di bacino e dal Commissario, sia o meno ricompreso il CDA che il Comune di Taranto si era obbligato a prevedere nel punto 3 dell’accordo, stipulato solo due mesi prima con il Comune di Statte, esula dall’oggetto di questo giudizio. Infatti, il decreto commissariale in argomento è restato non impugnato da parte del Comune di Statte, che avrebbe avuto interesse a far valere l’eventuale mancato rispetto di quell’accordo in quella sede.

11.4. In definitiva, l’accordo invocato dal Comune di Statte per far valere il mancato adempimento, da un lato riguarda un periodo transitorio di soli 2 mesi, rispetto al quale il Comune non ha neanche proposto la domanda di accertamento dell’inadempimento;
dall’altro riguarda una fase a regime che si è instaurata con un decreto commissariale che non è stato impugnato.

12. Le considerazioni che precedono sono idonee ed assorbenti per l’accoglimento dell’appello, visto che la domanda proposta dinanzi al T.a.r. dal Comune di Statte si fonda sull’accordo tra i due Comuni, assunto come attuativo della previsione della legge regionale del 1993.

13. All’accoglimento consegue, in totale riforma della sentenza gravata, il rigetto del ricorso proposto dinanzi al T.a.r.

14. In ragione della peculiarità della questione giuridica oggetto della controversia, si ravvisano giusti motivi per la integrale compensazione delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

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