Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-12-20, n. 201306170

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-12-20, n. 201306170
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201306170
Data del deposito : 20 dicembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06990/2007 REG.RIC.

N. 06170/2013REG.PROV.COLL.

N. 06990/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6990 del 2007, proposto da:
V A, rappresentato e difeso dagli avv. A A e F Z, con domicilio eletto presso Salvatore Mileto in Roma, via Pietro Da Cortona, 8;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 01692/2007, resa tra le parti, concernente mancato riconoscimento grado superiore di brigadiere capo

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2013 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Amina L'Abbate (su delega di A A) e l'avvocato dello Stato Anna Collabolletta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente ha adito il TAR per la Puglia, impugnando l’esclusione dalla valutazione per l’avanzamento al grado superiore di brigadiere capo dei Carabinieri relativa all’aliquota di scrutinio 31.12.1997, motivata sulla circostanza dell’avvenuta cessazione dal servizio, a domanda, il 29 ottobre 1997. Ha richiesto, altresì, l’accertamento del diritto al riconoscimento del grado superiore.

Il TAR, con la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso, in base al principio, generalmente valido nell’impiego pubblico e non derogato dalla normativa di settore, per cui sarebbe impossibile, in carenza di una norma specifica abilitativa, provvedere a promozioni nei confronti dell’impiegato cessato dal servizio al momento della valutazione a ciò finalizzata.

Ha proposto appello l’interessato, deducendo che il suo diritto ad essere valutato discenderebbe dalla dichiarazione di idoneità ottenuta in occasione della precedente valutazione relativa all’aliquota di avanzamento del 1996, rispetto alla quale l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere mediante l’applicazione di meri calcoli matematici e con decorrenza da detto anno.

Erroneo sarebbe, altresì, il richiamo contenuto nella sentenza all’art. 36 d. lgs. n. 198/1995, dal momento che il ricorrente non difetterebbe dei requisiti ivi indicati (compimento dei periodi minimi di comando e delle attribuzioni specifiche, superamento dei corsi e degli esami di cui all’allegato D), né ricorrerebbero altre cause di esclusione, quale l’imputazione in processo penale.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione.

In prossimità dell’udienza di trattazione, l’appellante ha depositato memoria conclusionale ad ulteriore illustrazione delle proprie difese.

All’udienza del 22 ottobre 2013, l’appello è stato trattenuto in decisione.

L’appello è infondato.

Il ricorrente è stato incluso nell’aliquota 31 dicembre 1997, ai fini della seconda valutazione per l’avanzamento “a scelta” al grado di brigadiere capo, ai sensi dell’art. 38 d. lgs. n. 198 del 1995.

Essendo cessato dal servizio a domanda anteriormente alla valutazione ed alla chiusura dell’aliquota, il ricorrente è stato escluso dalla relativa valutazione.

Infondati sono i motivi di appello, secondo i quali l’idoneità conseguita in prima valutazione gli consentirebbe la promozione automatica, con decorrenza dall’anno precedente.

In merito, vanno richiamati consolidati principi (Cons. St. Sez. IV, 13.5.2013, n. 2591;
Sez. II, parere n.10300/2004), per i quali nel “sistema ordinamentale” delle Forze Armate la progressione in carriera è legata alla permanenza in servizio del personale interessato, posto che le promozioni sono disposte non soltanto nell’interesse del personale, ma precipuamente dell’Amministrazione militare. La cessazione dal servizio, oltre tutto per dimissioni volontarie, comportando l’impossibilità di svolgere le funzioni, collide con tale interesse.

Eventuali deroghe (quali gli avanzamenti per anzianità nelle fattispecie indicate dall’art. 39 d. lgs. n. 198/1995) sono tassative e non ammettono estensioni al di là dei casi circoscritti dal legislatore.

La cessazione dal servizio a domanda costituisce, pertanto, un elemento impeditivo dell’inclusione nell’aliquota e della valutazione per l’avanzamento.

Peraltro, il richiamo operato dal giudice di prime cure all’art. 36, secondo comma d. lgs. n. 198/1995 (per cui “Al venir meno delle predette cause, salvo che le stesse non comportino la cessazione dal servizio permanente, gli interessati sono inclusi nella prima utile di valutazione ”) non sta per certo a significare che il ricorrente si trovasse in una delle cause ivi contemplate (mancata maturazione dei requisiti di servizio o sottoposizione a procedimento penale), ma vale a confermare il principio per cui la permanenza in servizio costituisce condizione essenziale ai fini della valutazione, anche nel caso di cessazione delle cause che abbiano comportato esclusione dall’aliquota.

L’appello deve, pertanto, essere respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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