Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-12-19, n. 201605365
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 19/12/2016
N. 05365/2016REG.PROV.COLL.
N. 10123/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 10123/2014 RG, proposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Provv. interreg. OO.PP. Lazio, Abruzzo e Sardegna), in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
contro
E, G e P D R, rappresentati e difesi dall'avv. G Ceccarelli, con domicilio eletto in Roma, via G. Paisiello n. 27,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Roma - Sezione III, n. 5076 del 14 maggio 2014, resa tra le parti e concernente la revoca dell’assegnazione di un alloggio sociale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei sigg. D R;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all'udienza pubblica del 29 settembre 2016 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, l'avv. Ceccarelli e l’Avvocato dello Stato Natale;
Ritenuto in fatto che:
– il sig. Antonio D R, nella sua qualità di socio della Cooperativa edilizia Rossellina s.r.l., il 13 ottobre 1975 divenne assegnatario dell’alloggio sociale costruito da quest’ultima in Roma con i contributi pubblici di cui alla l. 2 luglio 1949 n. 408 e s.m.i.;
– il sig. D R, deceduto il 20 ottobre 2001, era tuttavia coniugato con la sig. Maria A, pure ella nel frattempo deceduta, e che era già proprietaria di due fabbricati residenziali idonei, ubicati nel medesimo centro urbano;
– sicché il Provveditorato interreg. OO.PP. per Lazio, Abruzzo e Sardegna, con nota prot. n. 22531 dell’11 dicembre 2013, ha disposto la revoca dell’assegnazione di detto allo e.r.p., ai sensi dell’art. 31, II del RD 28 aprile 1938 n. 1165, con riguardo alla fattispecie di cui al precedente I c., lett. a), nei confronti dei sigg. E, G e P D R (figli ed eredi dell’assegnatario);
Rilevato altresì che:
– avverso tal statuizione i sigg. D R si sono allora gravati avanti al TAR Lazio, con il ricorso n. 2092/2014 RG, deducendo essenzialmente che i due cespiti immobiliari appartenevano certo alla moglie dell’assegnatario, ma i due coniugi erano in regime di separazione dei beni;
– con sentenza breve n. 5076 del 14 maggio 2014, l’adito TAR ha accolto la pretesa attorea proprio nei sensi evidenziati dai ricorrenti, anche alla luce del parere di questo Consiglio (sez. II) n. 2520 del 2003;
– appella quindi la P.A. statale soccombente, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver confuso la separazione dei beni dei coniugi D R – A, con la separazione personale di essi, unica situazione cui fa riferimento l’art. 31, II c. del RD 1165/1938;- - replicano i sigg. D R, concludendo per l’inammissibilità ed il rigetto dell’appello;
Considerato in diritto che:
– non è accoglibile l’eccezione d’inammissibilità dell’appello, sotto il profilo della violazione del divieto dei nova , in quanto tale divieto, per giurisprudenza costante (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. V, n. 5401 del 2015) si applica solo alle eccezioni in senso stretto e non alle mere difese;
– nella specie si tratta dell’applicazione nei riguardi del padre degli appellati sig. Antonio D R, previa revoca dell’assegnazione dell’alloggio e.r.p., dell’art. 31, II c., lett. a) del RD 1165/1938, in virtù del quale «… le stesse esclusioni (ovvero chi sia proprietario nello stesso centro urbano di altra abitazione che risulti adeguata ai bisogni della propria famiglia) sono stabilite per le persone il cui coniuge non separato legalmente si trovi nelle suddette condizioni …»;
– se poi tal eccezione si vuol riferire all’argomento dell’appellante sulla confusione concettuale tra separazione dei beni e separazione dei coniugi —solo quest’ultima indicata dalla predetta norma—, allora tal argomento è stato indotto soltanto dalla statuizione assertiva del TAR, che non ha tenuto conto del vero significato della norma stessa, secondo cui anche i cespiti immobiliari del coniuge dell’assegnatario, se non legalmente separato, sono ostativi a tal assegnazione dell’alloggio e.r.p.;
– parimenti da rigettare è la deduzione (pag. 3 della memoria di costituzione degli appellati in data 12 agosto 2015) con cui si contesta l’erroneità dell’impugnata sentenza circa l’obbligo di verifica, in capo ad essi, dei presupposti per il mantenimento dell’assegnazione dell’alloggio de quo , in quanto tal argomento avrebbe dovuto formare oggetto d’impugnazione incidentale, non bastando la mera memoria citata;
– ciò posto, l’appello è fondato nel merito, ché, ai sensi dell’art. 31, II c., l'assegnazione in proprietà di un alloggio costruito con il concorso o il contributo dello Stato è impedita dall'esser proprietari nello stesso centro urbano di altro alloggio che risulti "idoneo" ai bisogni della famiglia (cfr. Cons. St., IV, 9 ottobre 2002 n. 5362), idoneità che è predefinita dalla norma stessa, e tal ostacolo riguarda pure la posizione del coniuge non legalmente separato;
– tal impedimento concerne quindi pure tutti i cespiti adeguati alle esigenze abitative non solo del singolo assegnatario, ma pure del di lui nucleo familiare, nel senso che il patrimonio del coniuge concorre, ove adeguato secondo i parametri di legge, a fornire sollievo alle esigenze abitative della famiglia, al di là di qual sia o sia stato il regime patrimoniale dei coniugi;
– il riferimento a tal regime è comunque spurio poiché, alla luce del vigente diritto di famiglia, ciascun coniuge ha l’obbligo di metter a disposizione delle esigenze familiari tutto il loro personale patrimonio, donde l’impossibilità di tener conto, nel peculiare caso di specie, del precedente della sez. II di questo Consiglio;
- inoltre, come noto, i requisiti di assegnazione devono essere posseduti da tutti i componenti del nucleo familiare e per tutta la durata del rapporto (cfr. fra le tante Cons. St., n. 3756 del 2004), condizione questa che non si è verificata nel caso di specie;
– in definitiva, l’appello va così accolto, mentre le spese di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Il contributo unificato relativo ad entrambi i gradi di giudizio, come per legge, è posto a carico dei signori D R.