Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-15, n. 200905523

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-15, n. 200905523
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200905523
Data del deposito : 15 settembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04570/2003 REG.RIC.

N. 05523/2009 REG.DEC.

N. 04570/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso in appello nr. 4570 del 2003, proposto dal COMUNE DI PORTO SAN GIORGIO, in persona del Sindaco “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’avv. S G, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via di Monte Fiore, 22,

contro

la signora A C, rappresentata e difesa dall’avv. M O, con domicilio eletto presso l’avv. Livia Ranuzzi in Roma, via del Vignola, 5,

per l’annullamento e la riforma

della sentenza del Tar Marche nr. 22/2003.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione dell’appellata;

Viste le memorie prodotte dall’Amministrazione appellante (in data 18 giugno 2009) e dall’appellata (in data 19 giugno 2009) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 30 giugno 2009, il Cons. R G;

Uditi l’avv. Gattamelata per l’Amministrazione appellante e l’avv. Ortenzi per l’appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Il Comune di Porto San Giorgio ha impugnato, chiedendone l’annullamento o la riforma, la sentenza con la quale il T.A.R. delle Marche, in parziale accoglimento del ricorso proposto dalla signora A C, lo ha condannato a risarcire il danno cagionato dall’abusiva occupazione di terreni di proprietà della ricorrente, irreversibilmente asserviti a destinazione pubblica in assenza di un formale decreto di esproprio.

A sostegno dell’appello ha dedotto:

1) “error in iudicando”: violazione e falsa applicazione dei principi in tema di prescrizione, ed in particolare violazione degli artt. 2043 e 2497 c.c.;
eccesso di potere per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia;

2) “error in iudicando”: falsa applicazione dell’art.

5-bis, comma VII-bis, del decreto legge 11 luglio 1992, nr. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, nr. 359, modificato dalla legge 23 dicembre 1996, nr. 662;
mancata applicazione dell’art. 16 della legge 22 ottobre 1971, nr. 865;
violazione dei principi generali in tema di istruttoria;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione e travisamento dei fatti.

Si è costituita la signora A C, la quale ha “in limine” eccepito l’improcedibilità dell’appello, e nel merito ne ha comunque affermato l’infondatezza, concludendo per l’integrale conferma della sentenza impugnata.

All’udienza del 30 giugno 2009, la causa è stata ritenuta per la decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, va esaminata l’eccezione di improcedibilità dell’impugnazione sollevata dalla parte appellata, signora A C;
in particolare, detta improcedibilità discenderebbe dall’avere l’Amministrazione, prima del presente gravame, notificato a controparte un altro atto di appello, poi non depositato nei termini di legge.

L’eccezione è infondata.

Infatti, costituisce principio giurisprudenziale pacifico che ai sensi dell’art. 358 c.p.c. (disposizione applicabile anche al processo amministrativo) la consumazione del potere di impugnazione presuppone necessariamente l’intervenuta declaratoria di inammissibilità del primo gravame, essendo l’impugnazione riproponibile nel rispetto dei termini in mancanza di detta declaratoria;
ne deriva che il mancato rispetto del termine di deposito del ricorso comporta la irritualità dell’appello, ma non ne impedisce la reiterazione nel rispetto del termine di legge nelle more della declaratoria di irritualità (cfr. Cass. civ., sez. II, 15 settembre 2008, nr. 23591;
Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2008, nr. 101;
Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2004, nr. 6531).

Nel caso di specie, il secondo appello è stato pacificamente proposto e depositato nei termini di legge, e per altro verso il primo atto di impugnazione – ancorché notificato – non è mai stato depositato, sicché giammai avrebbe potuto esserne dichiarata l’inammissibilità: pertanto, si applicano “a fortiori” i principi appena richiamati.

2. Nel merito, l’appello è solo parzialmente fondato, nei termini e per le ragioni di seguito esposti.

3. La signora A C è proprietaria di suoli nel territorio del Comune di Porto San Giorgio, a suo tempo oggetto di occupazione d’urgenza per la realizzazione di strade collinari adducenti al palazzetto dello sport;
in relazione a tale procedura, malgrado la dichiarazione di pubblica utilità fosse scaduta fin dal 9 luglio 1990 e i lavori si fossero conclusi già in data 15 giugno 1987 con irreversibile trasformazione dell’immobile, non è stato mai emesso un formale decreto di esproprio.

In primo grado, la signora C ha chiesto il risarcimento del danno per l’illecita occupazione del proprio suolo: domanda che il T.A.R. delle Marche ha accolto per quanto di ragione, indicando quale criterio di quantificazione del danno da risarcire quello previsto dall’art.

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