Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-02-24, n. 202201300

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-02-24, n. 202201300
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202201300
Data del deposito : 24 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/02/2022

N. 01300/2022REG.PROV.COLL.

N. 08086/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8086 del 2021, proposto dalla società “General Enterprise s.r.l.”, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A B, A L G e V B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A B in Roma, via Taranto, n. 18;

contro

il Comune di Padula, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Comunità Montana Vallo di Diano, quale Centrale Unica di Committenza, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;

nei confronti

della società “Sergema Società Cooperativa Sociale”, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), n. 1480 del 17 giugno 2021, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Padula e della società “Sergema Società Cooperativa Sociale”;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il consigliere M C e uditi per le parti l’avvocato A L G per sé e per gli avvocati A B e V B, l’avvocato L L e l’avvocato Marcello Fortunato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge all’esame del Consiglio di Stato l’appello proposto dalla società General enterprise s.r.l. avverso la sentenza del 17 giugno 2021, n. 1480, del T.a.r. per la Campania, Sezione distaccata di Salerno.

2. In primo grado, la società odierna appellante ha domandato l’annullamento dei seguenti atti, relativi alla procedura di appalto “riservato”, per l’affidamento transitorio del servizio di raccolta porta a porta degli interventi straordinari di pulizia, spazzamento e taglio erba del territorio comunale, della gestione del centro comunale di raccolta, trasporto e conferimento presso impianti autorizzati al recupero/smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati provenienti dalla raccolta differenziata e dei servizi accessori:

a) il bando di gara, pubblicato il 21 aprile 2021 sull’Albo Pretorio on-line del Comune di Padula e sul profilo Centrale di Committenza Comunità Montana Vallo di Diano;
-- disciplinare di gara e capitolato speciale di appalto;

b) la determina a contrarre n. 193 del 16 aprile 2021, emanata dal Responsabile dell’Area Manutentiva del Comune di Padula;

c) la delibera della Giunta comunale (DGC) del comune di Padula n. 54 del 9 aprile 2021, recante l’approvazione dell’indizione della gara ai sensi degli artt. 60 e 112 del d.lgs. n. 50/2016;

d) la determina del Responsabile del Procedimento della Centrale Unica di Committenza – Comunità Montana Vallo di Diano n. 167 del 21 aprile 2021.

3. Si riassumono i fatti salienti del processo.

3.1. La società General Enterprise s.r.l., ricorrente in primo grado e odierna appellante, è un’impresa che gestisce diverse tipologie del servizio di igiene urbana ovvero di raccolta integrata o differenziata dei rifiuti presso 19 Comuni delle Province di Salerno e di Potenza, nonché anche presso altri Comuni al di fuori dei territori della Regione Campania o della Regione Basilicata.

3.2. Questa società ha impugnato gli atti suindicati innanzi al T.a.r. per la Campania, sezione distaccata di Salerno, lamentando che il Comune di Padula ha bandito una procedura di gara per l’affidamento di un appalto di servizi triennale, relativo ad attività connesse alla gestione dei rifiuti, integralmente riservato, a suo dire (ma la circostanza è controversa tra le parti), alle cooperative sociali di tipo “B” (o loro consorzi) di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), legge n. 8 novembre 1991 n. 381, e al quale, dunque, non ha potuto prendere parte a causa della sua non appartenenza a questa categoria.

3.3. Con il primo motivo di ricorso, la società ha lamentato la violazione della normativa nazionale e regionale in materia di cooperative sociali (in particolare, dell’art. 5 legge n. 381/1991 e dell’art. 6 legge Regione Campania n. 7/2015), la quale imporrebbe, a suo dire, il rispetto di specifici e imprescindibili limiti all’affidamento dell’appalto di servizi (e, cioè, l’impossibilità di gestire un servizio pubblico locale di rilevanza economica, quale quello di specie e l’impossibilità di superare l’importo della soglia euro-unitaria).

3.4. Con il secondo motivo di ricorso, la società ha censurato il sostanziale difetto di una congrua e rigorosa motivazione che potesse giustificare il sacrificio dei principi comunitari della libera concorrenza e del confronto competitivo: tanto più che la lex specialis del Comune di Padula era manifestamente violativa anche dell’art. 7, della legge regione Campania n. 7/2015, che ha previsto una serie di tassativi “ criteri di valutazione per la scelta del contraente ”, che il Comune di Padula ha invece, gravemente pretermesso.

3.5. Con il terzo motivo di ricorso, l’interessata ha censurato l’asserito sviamento dalla causa tipica che il Comune avrebbe inteso perseguire (e, cioè, l’integrazione sociale e professionale delle persone c.d. svantaggiate), in quanto una tale astratta finalità di tutela è stata, in concreto, manifestamente elusa e contraddetta dallo stesso Ente a mezzo dell’illegittima regolamentazione dell’appalto (permettendo l’ampio ricorso al subappalto, prevedendo un impiego differito dei lavoratori c.d. svantaggiati e, infine, prevedendo la “clausola sociale” a favore delle maestranze della precedente impresa affidataria).

3.6. Nel giudizio di primo grado si è costituito il Comune di Padula, resistendo al ricorso, mentre non si è costituita in giudizio la Comunità Montana del Vallo di Diano nella qualità di Centrale unica di committenza.

4. Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza in forma semplificata, del 17 giugno 2021, n. 1480, pronunciata all’esito dell’udienza camerale per la decisione sulla tutela cautelare, ha respinto il ricorso ed ha compensato le spese tra le parti del giudizio.

4.1. Segnatamente, il Giudice di primo grado ha respinto il primo motivo di ricorso.

4.1.1. Dopo aver ricostruito il quadro normativo che disciplina gli appalti e l’inserimento lavorativo dei lavoratori c.d. “svantaggiati”, delineando, in particolare, i rapporti fra l’art. 112, d.lgs. n. 50/2016 – applicato nel caso di specie – e l’art. 5, legge n. 381/1991, il T.a.r. ha evidenziato che le due disposizioni presentano un ambito applicativo differente, sicché i limiti imposti dall’art. 5, legge n. 381/1991, non possono essere estesi anche alla disciplina di cui all’art. 112, d.lgs. n. 50/2016, che non prevede tali limitazioni.

4.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, il T.a.r. ha evidenziato, da un lato, che l’applicazione della disciplina di cui all’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 non richiede una particolare motivazione, anche in considerazione della finalità di carattere sociale che essa persegue;
dall’altro, che il Comune ha comunque fornito una motivazione adeguata, sufficiente e congrua della scelta effettuata.

4.3. Il T.a.r. ha infine respinto il terzo motivo di ricorso: si è ritenuto, in proposito, la compatibilità fra la finalità di inclusione sociale e lavorativa, delineata dalla disciplina prevista dal codice dei contratti pubblici e invocata dalla stazione appaltante, e la disciplina concretamente delineata nella lex specialis, quanto alla possibilità di avvalersi del subappalto, di differire l’inserimento lavorativo dei lavoratori c.d. svantaggiati e della previsione della clausola sociale.

5. Va segnalato che, nelle more del giudizio, l’appalto è stato aggiudicato alla Sergema - Società Cooperativa Sociale, con determina del responsabile dell’Area manutentiva del Comune n. 198 del 10 agosto 2021 (R.G. n. 469 del 13 agosto 2021).

6. Il provvedimento di aggiudicazione è stato impugnato innanzi al competente T.a.r. dall’odierna appellante.

7. La società General ha impugnato la sentenza di primo grado, riproponendo, in maniera critica, gli originari motivi di ricorso.

8. Con il primo motivo di appello, la società censura la sentenza impugnata, rilevando l’erroneità della sua ratio decidendi , lì dove non coordina l’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 con la normativa nazionale e regionale (L. n. 381/1991 e L.R.C. n. 7/2015) che prevede i limiti e l’ambito entro i quali è possibile l’affidamento di appalti “riservati”.

8.1. Si rimarca tale censura, evidenziandosi che anche la legge n. 381/1991 ha contemplato una fattispecie nella quale l’appalto da affidare ha un valore superiore alla soglia euro-unitaria, prevedendo che, in questa ipotesi, le persone svantaggiate dovranno essere impiegate durante la sua esecuzione.

8.2. Si aggiunge che la giurisprudenza e le linee guida di Anac richiamate dal T.a.r. sono riferite al previgente codice dei contratti pubblici, il cui art. 52 non è perfettamente sovrapponibile all’art. 112 dell’attuale codice dei contratti pubblici.

8.3. Si suffraga il superiore assunto con la citazione di altra giurisprudenza che propenderebbe per la tesi di parte appellante.

8.4. Si censura, inoltre, che la stazione appaltante si sarebbe autovincolata indirizzando l’appalto alle “cooperative sociali di tipo B” di cui alla legge n. 381/1991, il che implicherebbe il rimando a tutta questa disciplina, anche per ciò che concerne i limiti oggettivi entro cui questi appalti possono essere banditi.

8.5. La società formula, inoltre, per l’eventualità che la tesi prospettata nel mezzo di gravame non dovesse essere accolta, un quesito da proporre alla Corte di Giustizia sulla compatibilità dell’art. 112 del codice dei contratti pubblici, nella sua attuale formulazione, con le disposizioni della direttiva UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, n. 24, sugli appalti pubblici, nonché dell’interpretazione del 36° considerando e dell’art. 20 della stessa direttiva in relazione ai principi ivi espressi al precedente art. 18, comma 1.

8.5.1. La previsione di un’illimitata e generalizzata riserva di partecipazione alle procedure di appalto contrasterebbe con gli anzidetti principi, ma anche con quelli di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza.

8.5.2. Con riferimento al principio di proporzionalità, si sottolinea che la medesima finalità si sarebbe potuta perseguire senza il sacrificio del confronto competitivo, coordinando l’art. 112, d.lgs. n. 50/2016, con la legge n. 381/1991, aprendo la gara a qualsiasi operatore economico e obbligandolo, ai sensi dell’art. 5, comma 4, legge n. 381/1991, a impiegare il medesimo numero di lavoratori svantaggiati nella fase di esecuzione dell’appalto.

9. Con il secondo motivo di appello, la società impugna la sentenza per aver respinto la censura concernente il difetto di motivazione degli atti impugnati.

9.1. Si evidenzia che:

a) il Comune ha applicato una disciplina chiaramente eccezionale rispetto ai principi di libera concorrenza e par condicio fondamentali in tema di appalti pubblici, sicché avrebbe dovuto sottostare ad un rigoroso onere di motivazione, chiarendo le ragioni che hanno portato all’indizione di una gara “riservata”, anche tenuto conto che si è trattato della prima volta in cui ciò è avvenuto;

b) l’oggetto dell’appalto è ben più ampio di quanto rappresentato dal Comune e recepito dal T.a.r. e implica anche prestazioni di particolare complessità, la cui riserva a favore di categorie svantaggiate avrebbe dovuto essere adeguatamente spiegata;

c) sarebbe errata anche la statuizione del T.a.r. secondo cui il Comune di Padula avrebbe rispettato l’art. 7, comma 3, legge Regione Campania n. 7/2015, avente ad oggetto i “Criteri di valutazione per la scelta del contraente”.

10. Con il terzo motivo di appello, la società si duole che la sentenza non avrebbe ravvisato lo sviamento di potere insito nella disciplina di gara concretamente prescelta dal Comune di Padula, la quale, pur dichiaratamente a favore delle categorie di lavoratori svantaggiati, avrebbe poi previsto la possibilità di subappaltare l’esecuzione dell’appalto di servizi per un numero rilevante di servizi contemplati dalla legge speciale dell’appalto anche nei confronti dei soggetti sprovvisti dei requisiti di cui all’art. 112 del d.lgs. n. 50/2016.

10.1. Secondo l’appellante, ove si ritenesse corretta la tesi del T.a.r., nulla vieterebbe alle stazioni appaltanti di subappaltare la quasi totalità delle prestazioni contrattuali in favore di imprese subappaltatrici che non possiedono i requisiti di cui all’art. 112 D.Lgs. n. 50/2016.

Ciò che è concretamente stigmatizzato dall’interessata, in sintesi, è che “ nessuna prestazione poteva, de jure, essere subappaltata nella specie ”.

10.2. Parimenti, si censura che la sentenza abbia ritenuto legittimo che la lex specialis ha previsto un impiego differito dei lavoratori svantaggiati, il che, secondo l’appellante, non sarebbe in linea con la disciplina dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016.

10.3. Una censura di analogo tenore è formulata infine con riferimento alla previsione della clausola sociale.

10.3.1. Si contesta che, in ragione della complessità della regolamentazione di un servizio pubblico locale, quale quello della gestione dei rifiuti urbani, il Comune di Padula non avrebbe potuto (e dovuto) riservare la partecipazione dell’appalto soltanto alle cooperative sociali, ma avrebbe dovuto scegliere altri strumenti consentiti dall’ordinamento, quali la riserva di esecuzione o dei criteri di selezione premianti per le imprese che impiegano questa tipologia di lavoratori.

11. Si è costituito nel giudizio di appello il Comune di Padula, resistendo all’appello.

11.1. Con la memoria del 19 ottobre 2021, l’ente ha illustrato compiutamente le sue difese.

12. Si è costituita in giudizio anche l’aggiudicataria dell’appalto, espressamente intimata in giudizio dall’appellante, la quale ha anch’essa resistito all’appello.

12. L’appellante ha depositato la memoria del 19 ottobre 2021, con la quale ha sinteticamente ripercorso i motivi di impugnazione.

13. Con le sue repliche, depositate in data 23 ottobre 2021, l’appellante ha poi insistito sulla circostanza che l’appalto fosse stato riservato alle sole cooperative sociali di tipo “B”, cosicché andrebbero applicati i limiti, quanto al valore degli appalti che possono essere riservati, discendenti dalla normativa che disciplina tale tipologia di cooperativa sociale.

13.1. Si insiste sulla circostanza che la norma codicistica non ha più un distinto e separato ambito di applicazione rispetto alla norma speciale, in quanto l’ incipit dell’art. 112 D.Lgs. n. 50/2016, andrebbe nella prospettiva di un necessario coordinamento tra la norma codicistica e quella speciale, che integrerebbe la prima.

13.2. In subordine, si insiste sul rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

14. Anche il Comune e la società aggiudicataria hanno depositato scritti di replica alle argomentazioni spese nella memoria ex art. 73 c.p.a. e nell’appello, dalla società appellante.

15. All’udienza del 4 novembre 2021, la causa è stata trattenuta per la decisione.

16. La decisione delle questioni controverse implica la previa disamina della normativa euro-unitaria e nazionale disciplinante la vicenda.

16.1. L’art. 18, rubricato “Principi per l’aggiudicazione degli appalti”, della Direttiva 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE, del Parlamento e del Consiglio, sugli appalti pubblici, prevede che “ 1. Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata.

La concezione della procedura di appalto non ha l'intento di escludere quest'ultimo dall'ambito di applicazione della presente direttiva né di limitare artificialmente la concorrenza. Si ritiene che la concorrenza sia limitata artificialmente laddove la concezione della procedura d'appalto sia effettuata con l'intento di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici.

2. Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell'esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell'Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell'allegato X ”.

16.2. L’art. 20, paragrafo 1, rubricato “Appalti riservati”, della Direttiva 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE, del Parlamento e del Consiglio, sugli appalti pubblici, prevede che “ 1. Gli Stati membri possono riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto a laboratori protetti e ad operatori economici il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate o possono riservarne l'esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando almeno il 30 % dei lavoratori dei suddetti laboratori, operatori economici o programmi sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati ”.

16.3. In chiave interpretativa della suddetta disposizione, risulta rilevane rimarcare il contenuto di alcuni considerando della medesima Direttiva.

16.3.1. Il primo considerando prevede che “ L'aggiudicazione degli appalti pubblici da o per conto di autorità degli Stati membri deve rispettare i principi del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e in particolare la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore a una certa soglia è opportuno elaborare disposizioni per coordinare le procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti in modo da garantire che a tali principi sia dato effetto pratico e che gli appalti pubblici siano aperti alla concorrenza ”.

16.3.2. Il secondo considerando, nella sua prima proposizione, prevede che “ Gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale nella strategia Europa 2020, illustrata nella comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010 dal titolo «Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» («strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva»), in quanto costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva garantendo contemporaneamente l'uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici ”.

16.3.3. Il terzo considerando prevede che “ Nell’applicare la presente direttiva si dovrebbe tener conto della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, soprattutto per quanto riguarda la scelta dei mezzi di comunicazione, le specifiche tecniche, i criteri di aggiudicazione e le condizioni di esecuzione di un appalto ”.

16.3.4. Il trentaseiesimo considerando prevede che “ Lavoro e occupazione contribuiscono all'integrazione nella società e sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti. In questo contesto, i laboratori protetti possono svolgere un ruolo significativo. Lo stesso vale per altre imprese sociali il cui scopo principale è l'integrazione o reintegrazione sociale e professionale delle persone con disabilità e delle persone svantaggiate, quali i disoccupati, le persone appartenenti a minoranze svantaggiate o comunque a categorie socialmente emarginate. Tuttavia, detti laboratori o imprese potrebbero non essere in grado di ottenere degli appalti in condizioni di concorrenza normali. Appare pertanto opportuno prevedere che gli Stati membri possano avere la facoltà di riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici o di determinati lotti di appalti a tali laboratori o imprese o riservarne l'esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti ”.

16.4. Sul versante della normativa nazionale, risulta, in primo luogo, rilevante l’art. 112 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 che prevede che “ Fatte salve le disposizioni vigenti in materia di cooperative sociali e di imprese sociali, le stazioni appaltanti possono riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto e a quelle di concessione o possono riservarne l'esecuzione ad operatori economici e a cooperative sociali e loro consorzi il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate o possono riservarne l'esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando almeno il 30 per cento dei lavoratori dei suddetti operatori economici sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati.

Ai sensi del presente articolo si considerano soggetti con disabilità quelli di cui all'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, le persone svantaggiate, quelle previste dall'articolo 4 della legge 8 novembre 1991, n. 381, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni.

Il bando di gara o l'avviso di pre-informazione danno espressamente atto che si tratta di appalto o concessione riservata ”.

16.5. Di rilievo si profila anche l’art. 1, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381, rubricata “Disciplina delle cooperative sociali”, il quale prevede che “ Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:

a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, incluse le attività di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b), c), d), l), e p), del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 (3);

b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (4).

2. Si applicano alle cooperative sociali, in quanto compatibili con la presente legge, le norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano.

3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l'indicazione di «cooperativa sociale» ”.

16.6. La medesima legge prevede, all’art. 5, commi 1 e 4, altre due regole rilevanti per la risoluzione della presente controversia.

16.6.1. Quanto al comma 1, esso prevede che “ Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all'articolo 4, comma 1. Le convenzioni di cui al presente comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei princìpi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza ”.

16.6.2. Quanto al comma 4, esso prevede che “ Per le forniture di beni o servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell'IVA sia pari o superiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, gli enti pubblici compresi quelli economici, nonché le società di capitali a partecipazione pubblica, nei bandi di gara di appalto e nei capitolati d'onere possono inserire, fra le condizioni di esecuzione, l'obbligo di eseguire il contratto con l'impiego delle persone svantaggiate di cui all'articolo 4, comma 1, e con l'adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo. La verifica della capacità di adempiere agli obblighi suddetti, da condursi in base alla presente legge, non può intervenire nel corso delle procedure di gara e comunque prima dell'aggiudicazione dell'appalto ”.

17. Richiamato il quadro normativo rilevante nella causa in esame, può procedersi allo scrutinio dei motivi di appello formulati dalla società esclusa dalla partecipazione all’appalto di servizi bandito dal Comune di Padula e riservato alle cooperative sociali.

18. Per farlo giova puntualizzare alcuni principi che la Corte di Giustizia ha affermato con una recente sentenza (Corte giustizia Unione Europea, Sez. V, 6 ottobre 2021, n. 598/19), pronunciata a seguito di un rinvio pregiudiziale di tipo interpretativo, proprio con riferimento all’interpretazione dell’art. 20 della Direttiva.

18.1. Nel giudizio chiamato innanzi alla Corte di Giustizia la questione interpretativa concerneva la possibilità, per la P.a., di bandire un appalto la cui partecipazione era riservata a taluni soggetti - a lavoratori protetti e ad operatori economici il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate - che prevedesse “ condizioni supplementari ” e, dunque, presupposti più restrittivi di quelli indicati dall’art. 20 della Direttiva.

18.2. Nel decidere la suddetta questione pregiudiziale, la Corte di Giustizia ha affermato che:

a) “ 18. L'articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 conferisce agli Stati membri la facoltà di riservare le procedure di appalto pubblico a determinati enti e subordina tale facoltà al rispetto delle due condizioni cumulative ivi elencate, ossia, da una parte, che i partecipanti alla procedura siano laboratori protetti o operatori economici il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone disabili o svantaggiate e, dall'altra, che almeno il 30% del personale di tali laboratori e operatori economici sia costituito da tali persone ”;

b) “ 20. Secondo una giurisprudenza costante, nell'interpretare una disposizione del diritto dell'Unione, occorre tener conto non solo dei termini di tale disposizione, ma anche degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte e della genesi di tale normativa (sentenza del 15 novembre 2018, Verbraucherzentrale Baden-Württemberg, C-330/17, EU:C:2018:916, punto 23 e giurisprudenza citata) ”;

c) “ 24. Dalla formulazione dell'articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 si evince quindi che, quando decidono di riservare il diritto di partecipare alle procedure di appalto pubblico a determinati enti, in virtù di tale disposizione, gli Stati membri godono di un certo margine di manovra nell'attuazione delle condizioni previste da questa stessa disposizione ”;

d) “ 26. […] il legislatore dell'Unione ha inteso promuovere, attraverso l'occupazione e il lavoro, l'inserimento delle persone disabili o svantaggiate nella società, consentendo agli Stati membri di riservare il diritto di partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici o di determinati lotti ai laboratori protetti e agli operatori economici che, in considerazione della finalità sociale che perseguono, intervengono nel mercato con uno svantaggio competitivo ”;

e) “ 27. Infatti, l'articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 persegue un obiettivo di politica sociale, relativo all'occupazione. Orbene, allo stato attuale del diritto dell'Unione, gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella definizione delle misure atte a realizzare un determinato obiettivo in materia di politica sociale e di occupazione (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2018, B., C-312/17, EU:C:2018:734, punto 59 e giurisprudenza ivi citata) ”;

f) “ 32. […] l'articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che le condizioni ivi elencate non sono tassative e che gli Stati membri hanno la facoltà di imporre, se del caso, condizioni supplementari che gli enti menzionati in tale disposizione devono soddisfare per essere autorizzati a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici riservati ”;

g) “ 33. […] gli Stati membri, avvalendosi di tale facoltà, devono rispettare le norme fondamentali del Trattato FUE, in particolare quelle relative alla libera circolazione delle merci, alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, nonché i principi che ne derivano, come quello di parità di trattamento e di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2019, I., C-285/18, EU:C:2019:829, punto 48 e giurisprudenza ivi citata), che trovano peraltro riscontro nell'articolo 18 della direttiva 2014/24 ”.

18.3. Traendo le fila di quanto innanzi esposto e sintetizzandolo per quanto di interesse per la definizione della presente controversia, può evidenziarsi che:

a) le condizioni previste dall’art. 20 della Direttiva (e riproposte dall’art. 112 d.lgs. n. 50/2016) sono cumulative;

b) l’interpretazione della disposizione in esame (e, dunque, anche dell’omologa disposizione nazionale) deve essere guidata e finalizzata al perseguimento degli “ obiettivi perseguiti dalla normativa ”;

c) “ quando decidono di riservare il diritto di partecipare…gli Stati membri godono di un certo margine di manovra nell'attuazione delle condizioni previste ”, ossia dispongono di “ un ampio margine di discrezionalità” , trattandosi di perseguire “un obiettivo di politica sociale, relativo all'occupazione ”;

d) pur nel rispetto dei principi di “ parità di trattamento e di proporzionalità ”, le stazioni appaltanti “ hanno la facoltà di imporre, se del caso, condizioni supplementari ”, oltre a quelle già previste dalla normativa “ che gli enti menzionati in tale disposizione devono soddisfare per essere autorizzati a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici riservati ”, così prevedendo condizioni di partecipazione (o di esecuzione) ancora più restrittive.

19. Ulteriormente chiarito il quadro normativo alla luce delle suindicate coordinate ermeneutiche, può procedersi all’esame delle censure di parte appellante.

20. Va preliminarmente dichiarata infondata quella censura, contenuta nel primo motivo di appello, con il quale si impugna il capo della sentenza che ha respinto la tesi della società General Enterprise, secondo cui l’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 va letto e coordinato con la normativa speciale che ha ad oggetto le cooperative sociali, ossia la legge n. 381/1991, da cui mutuerebbe una soglia di valore oltre la quale la riserva di partecipazione (o di esecuzione) non sarebbe legittimamente ammissibile, e con la legge regionale n. 7/2015, che prevede taluni requisiti di valutazione dell’offerta.

20.1. La tesi è infondata per le motivazioni già esposte dalla sentenza del T.a.r.

20.2. Dalla disamina della disciplina su richiamata e dagli snodi interpretativi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia si trae, da un lato e in linea generale, la volontà di facilitare e ampliare la partecipazione al “mondo del lavoro” di categorie svantaggiate di lavoratori e, dall’altro e con riferimento al quesito sottoposto alla Corte di Giustizia, che le ulteriori “condizioni supplementari” ammissibili sono soltanto quelle volte a favorire, ulteriormente, l’inserimento di questi lavoratori (perché l’interpretazione della disposizione del diritto dell’Unione deve essere effettuata tenendo conto (anche) degli obiettivi perseguiti dalla normativa e tant’è che queste “ condizioni supplementari ” sono rivolte agli “ enti menzionati in tale disposizione ”), sia pure con il limite del rispetto dei principi di “ parità di trattamento e di proporzionalità ”, che spetta al Giudice nazionale verificare.

20.3. L’affermazione da cui muove l’appellante, secondo cui sussisterebbe un limite massimo di valore entro cui contenere la riserva di partecipazione disciplinata dall’art. 112 d.lgs. n. 50/2016, costituisce dunque una deduzione indimostrata, che risulta in antitesi rispetto ai principi di carattere sistematico innanzi riportati, in quanto questo limite, previsto dalla disciplina nazionale della legge n. 381/1991, non è però previsto dalla normativa europea (il che porrebbe in questo caso un concreto problema di compatibilità euro-unitaria) e persegue una finalità esattamente antitetica rispetto a quella perseguita dall’art. 20 della Direttiva, cioè avvantaggerebbe gli operatori economici diversi da quelli che tutelano le categorie di lavoratori svantaggiati.

20.4. Anche sul piano dell’interpretazione letterale, la motivazione esposta dal Giudice di primo grado si palesa convincente.

20.4.1. L’ambito applicativo dell’art. 5, commi 1 e 4, legge n. 381/1991 risulta differente, in quanto speciale rispetto a quello delineato dall’art. 112 d.lgs. n. 50/2016.

20.4.2. L’art. 5, comma 1, della legge n. 381/1991 conferisce il potere discrezionale di conferire, mediante la stipulazione di una convenzione, “ la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate ”, sempre nel rispetto “ di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei princìpi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza ”.

20.4.3. L’art. 5, comma 4, della legge n. 381/1991 attribuisce il potere discrezionale di inserire, nei contratti relativi alla fornitura di bene o servizi, il cui importo stimato al netto dell'IVA sia pari o superiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, “ fra le condizioni di esecuzione, l'obbligo di eseguire il contratto con l'impiego delle persone svantaggiate ”.

20.4.4. L’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 prevede invece la possibilità di creare una riserva di partecipazione oppure di esecuzione in materia di appalti pubblici, per quegli operatori economici “ il cui scopo principale sia l'integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate ”, sempre che “ il 30 per cento dei lavoratori dei suddetti operatori economici sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati ”.

20.4.5. Se può discutersi, in astratto, a proposito di una possibile problematica sovrapposizione fra quest’ultima disposizione e l’art. 5, comma 4, legge n. 381/1991 - questione che pure andrebbe risolta, a quel punto, secondo i criteri esegetici di risoluzione delle antinomie normative in base ai quali “ lex posteriori derogat lex anteriori ” e “ lex specialis derogat generali ” - nessun dubbio può esservi circa il differente ambito applicativo dell’art. 5, comma 1, legge n. 381/1991 e dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016.

20.4.6. Ambedue le disposizioni riguardano il conferimento della prestazione di servizi o la fornitura di beni, ma mentre la legge n. 381/1991 lo fa al di fuori del campo di applicazione degli appalti di rilevanza comunitaria e secondo uno schema procedimentale che non è quello dell’evidenza pubblica, l’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 risponde invece a quest’ultima differente logica, costituendo pedissequa attuazione da parte del legislatore nazionale della disciplina euro-unitaria.

20.4.7. La clausola di salvaguardia con la quale quest’ultima disposizione si apre risulta volta – contrariamente a quanto opinato da parte appellante – a preservare le disposizioni più favorevoli eventualmente poste a vantaggio delle cooperative sociali e delle imprese sociali (qual è, ad es., proprio quella dell’art. 5, comma 1, legge n. 381/1991 sul conferimento mediante convenzione della fornitura di beni e servizi), piuttosto che ad inserire condizioni limitative che, in quanto non previste dall’art. 20 della Direttiva e potenzialmente confliggenti con i suoi “considerando”, potrebbero risultare antitetiche alla superiore disciplina euro-unitaria e ai suoi obiettivi.

20.5. Nessuna incidenza, ai fini della decisione della presente controversia, assume, pertanto, il riferimento, puramente argomentativo, contenuto nella sentenza gravata alla giurisprudenza formatasi sull’art. 52 del precedente codice dei contratti pubblici.

20.5.1. Quand’anche l’equiparazione fra la precedente disciplina e quell’attuale fosse errata, ciò non inciderebbe sulle considerazioni finora espresse.

20.6. Neppure risulta fondata la deduzione di parte appellante che, muovendo dall’applicazione della legge n. 381/1991, individua, quale ulteriore limite alla riserva di partecipazione, oltre al mancato superamento della soglia di rilevanza comunitaria, che l’appalto non riguardi “ un servizio pubblico locale di rilevanza economica ”.

20.6.1. La tesi in questione, infatti, si basa su di un orientamento giurisprudenziale maturato con riferimento all’art. 5, comma 1, legge n. 381/1991 e non può essere, sic et simpliciter , trasposto con riferimento all’applicazione dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016.

20.6.2. La sentenza del T.a.r. per il Piemonte del 3 marzo 2016, n. 606, poi confermata dalla sentenza della quinta sezione di questo Consiglio del 7 ottobre 2016, n. 4129, richiamata dall’appellante a suffragio della sua tesi, motiva la suesposta limitazione, in ragione di quello che viene definito un “ essenziale argomento esegetico ”, ossia l’impiego della formula linguistica “ fornitura di beni e servizi ”, in luogo dell’espressione “ servizi pubblici locali ”, ad opera dell’art. 5, comma 1, legge n. 381/1991.

20.6.3. Una simile formula linguistica, tuttavia, non si trae dal dato testuale dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016, che fa rifermento genericamente alle “procedure di appalto”, contemplando, evidentemente, anche quelle di servizio pubblico (tipicamente contendibili mediante questo modulo procedimentale), sicché qualsivoglia estensione di un simile orientamento esegetico, in disparte ogni considerazione circa la sua esattezza, è precluso a priori .

20.7. Per quanto concerne, infine, l’argomento dell’autovincolo, pure sviluppato, in ultimo, al termine del primo motivo di appello, il Collegio evidenzia che il riferimento alle cooperative sociali e, in particolare, alle cooperative sociali di tipo B, contenuto nel bando di gara non implica, così come sottintende l’appellante, l’automatica applicazione di eventuali limiti contenuti nella legge n. 381/1991 per le fattispecie ivi disciplinate, alla diversa fattispecie delle procedure ad evidenza pubblica, ma è volto semplicemente ad individuare, sul piano soggettivo, coloro che sono ammessi alla partecipazione alla procedura di selezione del contraente.

20.8. La disamina e la soluzione dei quesiti posti dal primo motivo di appello consentono di respingere l’istanza di rinvio pregiudiziale formulata dall’appellante per due ordini di ragioni.

20.8.1. In primo luogo, va richiamata la teoria dell’atto chiaro (Corte di giustizia UE, grande sezione, 6 ottobre 2021, C-561/19, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi;
id., 4 ottobre 2018, Commissione c. Repubblica francese, C-416/17;
id., 15 settembre 2005, Intermodal Transports, C-495/03;
Corte di Giustizia Comunità Europea, 6 ottobre 1982, C-283/81, Cilfit), la quale opera anche in mancanza di una stretta identità delle questioni controverse (Corte di Giustizia Comunità Europea, 4 novembre 1997, Parfums Christian Dior, C-337/95, punto 29;
id., 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punti 13 e 14): la Corte di Giustizia, con la richiamata sentenza n. 598/2021, si è infatti già espressa sull’interpretazione dell’art. 20 della Direttiva, non enucleando alcun limite al suo impiego, fornendo soltanto le coordinate ermeneutiche prima richiamate e prevedendo, per contro, la possibilità per la stazione appaltante di prevedere ulteriori “condizioni di partecipazioni” potenzialmente limitative della platea dei concorrenti alla gara.

20.8.2. In secondo luogo, l’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 costituisce la pedissequa riproduzione dell’art. 20 della Direttiva, sicché non può porsi alcun problema di compatibilità tra le due norme.

20.8.3. Più complesso, invece, si profila il rapporto fra l’art. 112 del d.lgs. n. 50/2016 e l’art. 18 della Direttiva, che impone alle amministrazioni aggiudicatrici di trattare gli operatori economici nel rispetto dei principi di libera concorrenza, parità, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.

20.8.3.1. Nondimeno, proprio perché l’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 costituisce mera trasposizione dell’art. 20 della Direttiva, l’eventuale antinomia verrebbe a porsi fra quest’ultima norma e il richiamato art. 18 della Direttiva, che ribadisce l’applicazione dei principi fondamentali dei Trattati.

20.8.3.2. Senonché, la questione sul rapporto fra le due norme si articola, a questo punto, non già come questione pregiudiziale di tipo interpretativo, qual è quella posta dall’appellante, ma come questione di validità dell’art. 20 della Direttiva in rapporto a principi cardine dell’Unione Europea.

20.8.3.3. Tuttavia, l’appellante non ha formulato, con l’appello, una tale questione di validità, ma una questione meramente interpretativa, sicché spetterebbe al Collegio articolare la questione di validità in luogo della parte, in violazione del principio della domanda (cfr. Corte giustizia U.E., 14 dicembre 1995, in cause riunite C-430/93 e C-431/93, van Schijndel, punto 22, ove, con riferimento al principio dispositivo, si rinviene l’importante affermazione secondo cui “ il diritto comunitario non impone ai giudici nazionali di sollevare d'ufficio un motivo basato sulla violazione di disposizioni comunitarie, qualora l'esame di tale motivo li obblighi a rinunciare al principio dispositivo, alla cui osservanza sono tenuti, esorbitando dai limiti della lite quale è stata circoscritta dalle parti e basandosi su fatti e circostanze diversi da quelli che la parte processuale che ha interesse all'applicazione di dette disposizioni ha posto a fondamento della propria domanda ”).

28.8.3.4. Inoltre, il Consiglio dubita della fondatezza di una simile questione, considerato che, al di là del contenuto del trentaseiesimo considerando - che illustra espressamente la finalità della norma di cui all’art. 20 della Direttiva proprio in continuità con i principi fondamentali dell’Unione, rimarcando come taluni operatori sarebbero estromessi dal mercato “ in condizioni di concorrenza normali ” - vanno richiamati gli artt. 2, 3 par. 1, 3 e 6, T.U.E., (come ulteriormente specificati, rispetto agli interessi controversi nel presente giudizio, dagli artt. 8, 9, 10, 119 par. 1, 120, 151 par. 1 e 153 par. 1, lett. “h” e “j”, T.F.U.E. e dall’art. 26 della Carte dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), i quali si pongono come norme fondamentali di inclusione sociale, previste dai primi articoli dei Trattati fondamentali dell’Unione, da ritenersi, se non addirittura prevalenti, data la loro collocazione nel principio dei Trattati istitutivi, quantomeno equivalenti rispetto agli stessi principi di concorrenza e libero mercato.

28.9. In definitiva, dunque, il primo motivo di appello va respinto.

30. Va ora esaminato il secondo motivo di appello, che si articola in più censure.

30.1. Esse risultano infondate.

30.2. Va rilevato, in primis , che la peculiare declinazione del principio di concorrenza è prevista da una norma di rilievo euro-unitario per quelle finalità che, come poc’anzi sottolineato, sono fondamentali alla pari del richiamato principio di libera concorrenza e piena contendibilità dell’aggiudicazione dell’appalto.

30.3. Va, poi, rilevato come l’ulteriore censura dell’appellante, che stigmatizza che l’appalto avrebbe ad oggetto anche prestazioni di particolare complessità “ inspiegabilmente riservate a categorie di lavoratori svantaggiati ”, risulta infondata, in quanto la delibera di Giunta comunale n. 54/2021, di approvazione del progetto di servizi e nomina del R.u.p., motiva adeguatamente anche in ordine a questa circostanza.

30.3.1. In particolare, la delibera evidenzia che i “ servizi prevalentemente svolti da dette “Cooperative di tipo b)” sono di modesta specializzazione, come ad esempio: la manutenzione del verde, la pulizia degli edifici e dei bagni pubblici, la gestione dei parcheggi e dell'area portuale, i servizi di supporto all’allestimento degli eventi e delle manifestazioni organizzate dal Comune, tutti servizi che richiedono prestazioni in prevalenza manuali ed operative a basso indice di complessità che possono essere svolte anche da persone socialmente svantaggiate e/o portatrici di handicap senza alcun rischio per gli utenti e per la qualità dei servizi stessi ”.

30.4. Quanto all’ultima censura, che prospetta la violazione dell’art. 7, comma 3, della legge della Regione Campania n. 7/2015 da parte della lex specialis , essa risulta inammissibile per difetto d’interesse.

30.4.1. La disposizione richiamata disciplina, infatti, i criteri relativi alla valutazione dell’offerta tecnica, cosicché l’interesse a lamentarne la violazione sorge soltanto a favore di quelle imprese che sono ammesse a partecipare alla gara d’appalto, risultando tuttavia non aggiudicatarie a causa del punteggio conseguito.

30.4.2. Questa ipotizzata carenza del bando e della lex specialis non può essere invece censurata, secondo i consolidati principi del processo amministrativo, impugnando gli atti della fase iniziale della procedura di gara, bensì soltanto quelli conclusivi del procedimento, una volta che il partecipante si sia visto pregiudicato dalla mancata aggiudicazione, che sia dipesa dall’asserita illegittimità della clausola del bando.

30.5. In conclusione, dunque, il secondo motivo va respinto.

31. Residua, infine, il terzo ed ultimo motivo di appello.

31.1. Quanto alla prima censura, va preliminarmente evidenziato come l’art. 105 d.lgs. n. 50/2016 prevede che “ il contratto non può essere ceduto, non può essere affidata a terzi l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera ”.

31.2. Coerentemente a queste limitazioni, la disposizione ammette la possibilità di prevedere il subappalto, purché esso verta su “ parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto ”, escludendo, dunque, che si possa subappaltare la totalità delle prestazioni oggetto dell’appalto e ammettendo che esso vi sia, purché vi sia l’indicazione nei documenti di gara delle prestazioni o delle lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell’aggiudicatario.

31.3. In materia di subappalto, va poi rilevato che la Corte di Giustizia, sez. V, 27 novembre 2019, causa C-402/18, ha avuto modo di affermare che “ la direttiva 2004/18 dev'essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che limita al 30% la quota parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi ”, il che può ritenersi rilevante anche con riferimento alla nuova Direttiva, in assenza di indicazioni normative di segno contrario.

32. Così riassunta la disciplina di riferimento, il Collegio rileva che la prima censura formulata nel terzo motivo di appello è infondata.

32.1. Come statuito dal T.a.r. il quadro normativo sovranazionale e nazionale non consente di individuare dei limiti al conferimento in subappalto di una parte delle prestazioni contrattuali, che non siano quelli innanzi indicati e che, nel caso in esame, non risultano violati.

32.1.2. La stazione appaltante ha, infatti, limitato il ricorso al sub appalto ad alcune delle prestazioni contrattuali, quelle definite secondarie, prevedendo, invece, che altre, quelle definite principali, vengano eseguite dall’aggiudicatario.

32.1.3. Laddove sussistano prestazioni che, per mero errore la stazione appaltante non abbia riservato all’aggiudicatario, esse potranno essere oggetto di subappalto.

32.1.4. Risulta dunque indimostrato quanto affermato dall’appellante e cioè che la previsione della possibilità di subappaltare svierebbe la finalità per la quale l’appalto è stato riservato.

32.2. Un ulteriore argomento di carattere sistematico, a conferma della motivazione della sentenza di primo grado, si trae dalla medesima formulazione testuale dell’art. 112 d.lgs. n. 50/2016 (e, dunque, dell’art. 20 della Direttiva), che prevede la possibilità, per la stazione appaltante, di prevedere una riserva di esecuzione dell’appalto a favore degli operatori economici che impiegano manodopera costituita da lavoratori svantaggiati.

32.2.1. Risulta evidente, dunque, che ove la P.a. abbia previsto una simile riserva di esecuzione, l’attuazione del contratto non possa che avvenire che da parte di operatori economici che soddisfano tale condizione, e, quindi, correlativamente, qualora si faccia ricorso al sub appalto è lecito ritenere che questa condizione di esecuzione debba trasmettersi dall’appaltatore aggiudicatario al sub appaltatore, mentre qualora sia stata prevista la sola riserva di partecipazione una simile restrizione in materia di subappalto non opera.

32.2.2. L’ulteriore affermazione - secondo cui il risultato di facilitare l’inserimento delle persone c.d. svantaggiate all’interno del mondo lavorativo “ si sarebbe potuto tranquillamente conseguire, senza alcuna limitazione della libera concorrenza e del confronto competitivo, semplicemente a mezzo di un diverso tipo di riserva e, cioè, dei posti di lavoro in favore di tali categorie sociali ” - costituisce, dunque, un’affermazione di parte che “invade” la sfera di merito e di ponderazione di opportunità rimessa all’esclusivo apprezzamento della P.a. e conseguentemente sottratta al sindacato di questo Consiglio.

32.3. La prima censura va, pertanto, respinta.

33. Anche la seconda censura formulata nel terzo motivo di appello risulta infondata.

33.1. A fronte di una normativa euro-unitaria che conferisce un’ampia discrezionalità all’amministrazione, non delimitata da specifici limiti e vincoli di carattere positivo, che non siano quelli di carattere generale, discendenti dai principi che innervano la materia degli appalti, non si ravvede nessun profilo di illegittimità nella circostanza che l’inserimento lavorativo dei lavoratori c.d. svantaggiati avvenga “ entro sei mesi dall’avvio del servizio e fino alla fine dell’appalto ” e mediante il ricorso a contratti part-time.

33.2. La normativa innanzi illustrata (considerata, altresì, l’interpretazione che ne è stata fornita dalla Corte di Giustizia) non contiene alcun riferimento o precetto che ponga al di fuori della legittimità una simile scelta dell’amministrazione.

33.3. Né essa si profila contrario a principi di proporzionalità o ragionevolezza.

33.4. In ragione di quanto osservato, la deduzione secondo cui la “… riserva di partecipazione che, nell’escludere ogni confronto competitivo, deve essere ancorata a ben più stringenti e rigorosi presupposti …” risulta infondata, poiché non corroborata dalla normativa richiamata e dall’esegesi che ne è stata fornita.

33.5. La seconda censura va pertanto respinta.

34. Analoghe considerazioni depongono, infine, per l’inammissibilità della terza censura.

34.1. Come rilevato dal T.a.r. la clausola sociale prevista dalla legge di gara non si pone in antitesi con l’impiego dei lavoratori svantaggiati, dovendosi coordinare l’una e l’altra previsione.

34.1.1. La clausola sociale andrà cioè applicata sempre nel rispetto dell’effettività del requisito di partecipazione alla gara, senza cioè intaccare il fatto che una parte dei lavoratori debba appartenere ad una categoria svantaggiata.

34.2. Si pongono, invece, quali valutazioni di opportunità, come tali inammissibili, quelle censure con le quali l’appellante cerca di infirmare il percorso argomentativo del Giudice di primo grado.

34.2.1. L’affermare che “ proprio in ragione della complessità della regolamentazione di un servizio pubblico locale, quale quello della gestione dei rifiuti urbani, il Comune di Padula non avrebbe potuto riservare la partecipazione dell’appalto …”, e che avrebbe dovuto “ perseguire la stessa finalità a mezzo di altri legittimi strumenti consentiti dall’ordinamento, come, per esempio, l’inserimento nel bando di criteri di selezione premianti aventi ad oggetto l’impiego di lavoratori disabili o svantaggiati o la previsione di specifiche clausole di esecuzione nel capitolato di gara ” costituiscono inammissibili deduzioni di parte sull’opportunità della scelta operata dall’amministrazione, come tali inidonee a prospettare un parametro di legittimità che sarebbe stato violato dall’amministrazione procedente.

34.3. La terza censura va dunque respinta.

35. In conclusione, in ragione delle motivazioni sin qui esposte, l’appello va respinto e va integralmente confermata la sentenza di primo grado.

36. In ragione della complessità della materia si ritiene equo compensare le spese del giudizio di appello.

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