Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-05-15, n. 201702304

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-05-15, n. 201702304
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201702304
Data del deposito : 15 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/05/2017

N. 02304/2017REG.PROV.COLL.

N. 03918/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3918 del 2016, proposto dalla Regione Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati A C, A M, E Z, F Z, con domicilio eletto presso lo studio A M in Roma, via Federico Confalonieri 5;

contro

Società Terra - Trattamento e Recupero Risorse Ambientali s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati B B, V P, con domicilio eletto presso lo studio Federica Scafarelli in Roma, via G.Borsi N.4;

nei confronti di

Provincia di Treviso, Agenzia Regionale per la Prevenzione e La Protezione Ambiente del Veneto, Comune di Paese non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il VENETO – Sede di VENEZIA- SEZIONE III n. 271/2016, resa tra le parti, concernente approvazione nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali - diniego autorizzazione per riconversione discarica per renderla idonea allo smaltimento e trattamento rifiuti contenenti amianto.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Terra - Trattamento e Recupero Risorse Ambientali s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati A. Manzi, F. Zanlucchi, V. Pellegrino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 271/2016 il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto – Sede di Venezia – ha accolto il ricorso proposto dalla società odierna appellata T.E.R.R.A (Trattamento e Recupero Risorse Ambientali) s.r.l. teso ad ottenere l’annullamento della deliberazione del Consiglio Regionale del Veneto n. 30 del 29/4/2015, pubblicata sul BURV n. 55 dell'1/6/2015, avente ad oggetto: "Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali. Decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni e Legge regionale n. 3 del 2000 e successive modifiche e integrazioni".

2. La predetta società aveva fatto presente di gestire un impianto per lo smaltimento di rifiuti inerti, autorizzato dalla Provincia di Treviso, ed in relazione al quale aveva presentato una domanda di riclassificazione al fine di consentire il conferimento di rifiuti contenenti amianto (richiedendo il rilascio dei provvedimenti di Valutazione di Impatto ambientale e di Autorizzazione Integrata Ambientale).

Successivamente al parere negativo in materia ambientale emanato con la deliberazione n 29/2013 e impugnato dalla medesima con la proposizione del ricorso RG n. 1714/13, era stata emanata la delibera n.30/2015 di approvazione del “nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali”.

Detto piano in particolare prevedeva:

a)il divieto di realizzare discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi “nelle zone di alta pianura-zona di ricarica degli acquiferi individuate con DCR n. 62 del 17/05/2006 (art. 15 comma 4 NTA)”;

b) il divieto di realizzare discariche per rifiuti contenenti amianto (RCA) mediante la riclassificazione di una discarica per rifiuti inerti preesistente, come nel caso di specie (art. 15 comma 2 lett. a) delle NTA);

c) il divieto di realizzare discariche per rifiuti contenenti amianto (RCA) ad una distanza inferiore a 10 Km da altra discarica “della medesima categoria”, salvo espresso parere favorevole del Comune sede dell’impianto esistente o di progetto (art. 15 comma 7 NTA).

La detta società nel ritenere lesive dette prescrizioni, in quanto suscettibili di riverberarsi sul procedimento autorizzativo sopra citato,aveva impugnato il detto piano prospettando tre articolate macrocensure di violazione di legge ed eccesso di potere.

3. La Regione Veneto si era costituita in giudizio chiedendo che il ricorso venisse dichiarato inammissibile – in quanto diretto ad impugnare un atto generale non immediatamente lesivo- e comunque infondato nel merito. Quanto alla prima censura proposta dalla originaria ricorrente, aveva fatto presente che l’approvazione del piano regionale rifiuti doveva considerarsi un atto dovuto in considerazione dell’esistenza, in materia, di una disciplina europea e della successiva attivazione di un procedimento EU-Pilot.

4. Il T.a.r., ha innanzitutto disatteso l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, facendo presente che non era condivisibile la tesi dell’amministrazione regionale secondo la quale un’effettiva lesione avrebbe potuto realizzarsi solo in conseguenza dell’eventuale diniego alla nuova discarica o a seguito dell’emanazione del parere VIA negativo: al contrario, il Piano regionale impugnato era immediatamente lesivo, in quanto suscettibile di determinare il rigetto dell’istanza proposta dalla ricorrente.

4.1. Nel merito, ha scrutinato il primo motivo di ricorso, accogliendolo alla stregua del seguente iter motivo:

a) ha anzitutto espresso il convincimento che la censura fosse sufficientemente circostanziata, in quanto ivi emergeva la evidente volontà di censurare la violazione dei principi in materia di prorogatio ;

b) ha parimenti affermato che come non risultasse dirimente accertare l’applicabilità al caso di specie dell’art. 35, comma 2 dello Statuto ovvero l’art. 55 comma 2 dello Statuto in quanto entrambe le norme esprimevano gli stessi principi in punto di prorogatio .

c) ha rammentato che la Corte Costituzionale aveva a più riprese affermato che il regime della prorogatio consente soltanto l'esercizio di "poteri attenuati", limitati cioè all’adozione di atti "indifferibili e necessari e che in riferimento ai Consigli regionali, l'istituto della prorogatio poteva operare nel senso che gli stessi, “dopo la scadenza della legislatura”, possono esercitare esclusivamente i poteri necessari per fronteggiare speciali contingenze e, quindi, adottare soltanto le determinazioni che siano del tutto urgenti o indispensabili;

d) ha infine richiamato la giurisprudenza amministrativa secondo la quale il piano di gestione dei rifiuti “..avendo natura di atto di pianificazione, eccede l'ordinaria amministrazione dell'ente e non può pertanto essere adottato allorché il detto organo versa in regime di prorogatio (Consiglio di Stato, sez. V, 16/04/2003, n. 1948)”;

4.2. Muovendo da tali coordinate, ha fatto presente che:

a)non era nel caso di specie ipotizzabile la possibile violazione di un obbligo comunitariamente imposto, in quanto la procedura EU-Pilot, per le caratteristiche sue proprie, non comportava obblighi e non sancisce il venire in essere di un inadempimento da parte di uno Stato membro, in quanto diretta a integrare una forma di dialogo "strutturato" tra la Commissione EU e lo stesso Stato, al fine di risolvere preventivamente una "possibile" violazione del diritto dell'UE e, quindi, di evitare di ricorrere a procedimenti formali d'infrazione ex art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione ;

b) e neppure l’esistenza di un’indifferibilità e urgenza era rinvenibile sulla base dell’art. 199 del d.Lgs. 152/2006, nella parte in cui prevedeva il 12/12/2013 quale termine ultimo per approvare detto piano, in quanto l’esistenza di detta scadenza consentiva di qualificare l’atto quale atto “dovuto”, ma non comportava necessariamente, e di per sé, una dimostrazione dell’urgenza e dell’indifferibilità dell’approvazione di detto piano successivamente alla scadenza naturale della Legislatura e nell’ambito del periodo di prorogatio ;

c) inoltre, detta asserita urgenza, non solo non era desumibile dall’esame del provvedimento impugnato, ma risultava smentita dai tempi in di approvazione definitiva del provvedimento (il piano avrebbe dovuto essere approvato entro il 12/12/2013, mentre in realtà era stato approvato solo il 29 Aprile 2015, il che escludeva l’esistenza di un’indifferibilità e urgenza nel periodo antecedente all’insediamento dei nuovi organi consiliari);

d) non sussistevano circostanze impreviste e imprevedibili, tali da legittimare l’esercizio del potere in oggetto.

4.3. Alla stregua di tali assorbenti considerazioni di fondatezza del primo motivo di censura, il T.a.r. ha quindi accolto il ricorso.

5. Con il ricorso in appello passato per notifica il 11 maggio 2016, notificato il 16 maggio 2016 e depositato il successivo 18 maggio 2016 l’amministrazione regionale originaria parte resistente rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico.

Ripercorso il frastagliato contenzioso e l’iter procedimentale –anche sotto il profilo cronologico – ha commentato i passaggi salienti della decisione di primo grado ed ha quindi:

a) nella prima parte dell’appello (pagg. 1-24) sostenuto che il T.a.r. aveva erroneamente interpretato le affermazioni della Corte Costituzionale in punto di poteri esercitabili dagli Organi elettivi durante il regime di prorogatio;

b) nella seconda parte dell’appello (pagg. 24-34) ha confutato le doglianze avanzate dalla società originaria ricorrente in seno al ricorso di primo grado, ed assorbite dal Tar.

6. In data 15 luglio 2016 l’appellata società T.E.R.R.A (Trattamento e Recupero Risorse Ambientali) s.r.l. ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato deducendo che:

a)non v’era contraddizione tra i principi richiamati dal T.a.r. e la giurisprudenza costituzionale richiamata dalla Regione nel proprio appello, ed anzi il Tar si era confermato alla decisione della Corte Costituzionale n. 81/2015 evidenziando che non v’era la urgenza legittimante l’esercizio delle straordinarie prerogative Consiliari durante il periodo di prorogatio ;

b) era pacifico poi che la procedura pre-contenziosa Eu Pilot non potesse determinare, di per se, alcuna urgenza e comunque anche in via teorica l’urgenza non poteva scaturire dalla pregressa colpevole inerzia dell’Organo;

c) era incontestato, infatti, che il Piano avrebbe dovuto essere approvato già nel 2013;

d) era radicalmente infondato il secondo motivo di appello, laddove si pretendeva di “scindere” la prescrizione unitaria di cui all’art. 35 dello Statuto, e si pretendeva di affermare che durante il periodo di prorogatio soltanto i poteri legislativi risentissero di tale condizione, mentre invece quelli amministrativi avrebbero potuto dispiegarsi liberamente, e senza limiti;

d1) la tesi esposta nel detto secondo motivo di appello si rifaceva ad una decisione della Corte Costituzionale (la n. 208/1992) resa allorchè il Legislatore statale non aveva ancora emanato la legge n. 444/1994 in materia di regolamentazione della c.d. “ prorogatio ”;

6.1 Nella medesima memoria, in via subordinata, ha riproposto i motivi di censura già prospettati in primo grado ed assorbiti dal T.a.r., in particolare deducendo che:

a) l’art. 15 delle Nta del Piano regionale impugnato era illegittimo, in quanto si poneva in contrasto con la disciplina contenuta nella legge n. 257/1992 in materia di smaltimento dei rifiuti speciali contenenti amianto (testo di legge, quest’ultimo, speciale rispetto alle prescrizioni di cui al d.Lgs n. 152/2006, siccome in passato precisato dalla sentenza di questo Consiglio di Stato n. 2943/2004) in quanto:

I) non era stato previamente adottato il Piano Organico per lo smaltimento dei RCA, siccome imposto ex art. 10 della legge n. 257/1992;

II) non vi era stata istruttoria specifica sul punto;

III) la norma era carente di motivazione;

IV) la prescrizione impositiva di un vincolo di distanze tra discariche destinate a ricevere rifiuti diversi tra loro, sfuggiva a qualsivoglia logica pianificatoria;

V) illogicamente, il detto art. 15 delle Nta del Piano regionale consentiva l’eventuale deroga al vincolo di non localizzazione a distanza inferiore di dieci chilometri fosse subordinata al parere favorevole del Comune interessato (e ciò pur rientrando la materia nella competenza pianificatoria regionale esclusiva);

VI) parimenti era incomprensibile il divieto imposto alla “riclassificazione”della discarica di inerti in discarica di rifiuti non pericolosi, al fine di consentire alla medesima di ricevere RCA;

b) il comma 4 dell’art. 15 delle Nta del Piano regionale era illogico, alla luce della circostanza che la specifica protezione degli acquiferi sotterranei era demandata al d.Lgs. n. 36/2003

7. In data 18.7.2016, in vista dell’adunanza camerale fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività della impugnata decisione, l’appellante Regione ha depositato una breve memoria puntualizzando le proprie difese.

8. Alla camera di consiglio del 21 luglio 2016 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività della impugnata decisione la Sezione con la ordinanza n. 2932/2016 ha accolto il petitum cautelare alla stregua delle considerazioni per cui “rilevato che, con esclusivo riferimento al periculum in mora , appare preponderante l’interesse della Regione Veneto a che sia comunque operante la disciplina di Piano (integrando quest’ ultimo atto amministrativo generale suscettibile di plurime applicazioni);

rilevato che le considerazioni esposte nella sentenza, seppure ovviamente limitate all’interesse della parte originaria ricorrente sarebbero di per se idonee ad impedire in via generalizzata l’applicazione del Piano nelle more della decisione del merito;

rilevato che, quanto al fumus, l’appello cautelare introduce delicate questioni da vagliare sollecitamente nella competente sede di merito ( riposanti, principalmente nella valutazione della effettiva sussistenza di una “urgenza qualificata” relativa all’obbligo discendente dalle previsioni normative di matrice comunitaria e nella refluenza, su tale urgenza, della pregressa inerzia dell’Organo consiliare);”.

9. In data 3.12.2016 la società odierna appellata ha depositato una istanza di anticipazione dell’udienza di merito.

10. In data 18.3.2017 l’appellante regione Veneto ha depositato copia del Parere motivato della Commissione Europea del 15.2.2017 ai sensi dell’art. 258 del TFUE per la violazione dell’articolo 30 paragrafo 1 della direttiva 20087987CE relativa ai rifiuti, per mancata adozione dei piani di gestione dei rifiuti aggiornati.

11. In data 31.3.2017 la regione Veneto ha depositato una articolata memoria puntualizzando e ribadendo le proprie tesi.

12. In data 3.4.2017 la società appellata ha depositato una articolata memoria puntualizzando e ribadendo le proprie tesi.

13.Alla odierna udienza pubblica del 4 maggio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto nei sensi di cui alla motivazione che segue. La sentenza va pertanto riformata e, pronunciando sul ricorso di primo grado (del quale sono stati riproposti tutti gli originari motivi di impugnazione) questo va parzialmente accolto, nei sensi di cui alla motivazione che segue, con parziale annullamento dell’impugnato provvedimento.

1.1. Posto che non v’è contrasto sulla ricostruzione fattuale –e giuridica- della vicenda processuale, sulla circostanza che l’atto impugnato venne emesso dal Consiglio Regionale durante il regime di prorogatio, e sulle norme applicabili alla fattispecie, il Collegio farà integrale riferimento in parte qua alle affermazioni del primo Giudice, in ossequio al principio di cui all’art. 64 comma 2 del cpa, ed al principio di sinteticità dei provvedimenti giurisdizionali.

2. Come succintamente riferito nella parte “in fatto” della presente decisione, le parti si sono a lungo confrontate - nei rispettivi scritti difensivi- in ordine alle conseguenze da trarre dagli insegnamenti della Corte Costituzionale in materia di esercizio dei poteri da parte delle assemblee elettive regionali durante il periodo di prorogatio : e sono pervenute a conclusioni diametralmente opposte.

2.1. Anticipa il Collegio il proprio convincimento in ordine alla non condivisibilità della – pur doviziosamente argomentata - tesi affermata dal T.a.r. ed alla conseguente fondatezza dell’appello proposto dalla Regione.

2.2. Appare opportuno anzitutto precisare che:

a) i condivisibili principi a più riprese affermati dal Giudice delle Leggi nelle proprie numerose decisioni (tra le tante Corte Costituzionale, 15/07/2015, n. 158, Corte Costituzionale 31 marzo 2015 n. 55, Corte Costituzionale, 17/04/2015, n. 64, Corte Costituzionale, 15/05/2015, n. 81 ) appaiono perfettamente trasponibili alla fattispecie in questione;

b) è ben vero, infatti, che la Corte Costituzionale si è pronunciata in ordine all’esercizio di poteri legislativi durante il regime di prorogatio e che, invece, nel caso di specie si controverte in ordine alla latitudine del potere riposante nell’adozione di atti amministrativi, seppur di portata generale (quale è il Piano rifiuti impugnato);

c) è altrettanto vero però, che la tesi patrocinata dalla Regione nel secondo motivo di appello, a tenore della quale l’esercizio di poteri amministrativi durante il regime di prorogatio potrebbe essere consentito in misura più ampia rispetto all’esercizio di poteri legislativi (non risentendo degli stringenti limiti relativi all’esercizio della funzione legislativa) appare all’ evidenza inaccoglibile in quanto:

I) sotto il profilo testuale, l’art. 35 dello Statuto della Regione Veneto (Legge statutaria Veneto - 12/04/2012, n.1 - ) così dispone: “1.La prima riunione del Consiglio regionale ha luogo non oltre il decimo giorno dalla proclamazione degli eletti su convocazione del consigliere anziano. In caso di mancata convocazione entro tale termine, il Consiglio si intende convocato d'ufficio per le ore dodici del primo giorno non festivo della settimana successiva.

2. Fino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti sono prorogati i poteri del precedente Consiglio.

3. Nella prima riunione la presidenza provvisoria del Consiglio è assunta, fino all'elezione del Presidente, dal consigliere anziano;
fungono da segretari i due consiglieri più giovani di età.”
e, come è agevole riscontrare, non autorizza affatto simili distinzioni, facendo un cumulativo riferimento ai “poteri” del precedente Consiglio, che non può non intendersi riferito anche all’attività amministrativa (oltre che a quella legislativa);

II) sotto il profilo logico, poi, sarebbe semmai vero il contrario: se è vero che la primaria funzione politica si esprime attraverso l’adozione di atti – quali sono le leggi regionali- di maggiore pregnanza nel sistema della gerarchia delle fonti, sarebbe del tutto incongruente che i limiti individuati dalla Corte Costituzionale per l’esercizio della detta funzione legislativa potessero attenuarsi con riferimento all’esercizio di funzioni amministrative: e ciò, tantopiù nell’attuale sistema di riparto di competenze costituzionali disegnato dalla Riforma del Titolo V della Carta Fondamentale;

III) la ratio della limitazione all’esercizio dei poteri durante la fase di prorogatio si rinviene nell’esigenza di “comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori” (sentenza n. 68 del 2010): e tale ratio sussiste certamente, ed è identica, laddove rapportata all’esercizio di poteri amministrativi.

2.2.1. La seconda censura è quindi infondata.

2.3. Muovendo da tale punto di partenza (e, quindi, dalla incondivisibilità della tesi esposta nel secondo motivo di appello), pare al Collegio che, invece, la prima censura proposta dalla appellante Regione sia in linea con i principi affermati dalla Corte Costituzionale e che pertanto la sentenza di primo grado meriti di essere riformata.

2.3.1. Senza alcuna pretesa di fornire l’interpretazione autentica degli arresti del Giudice delle Leggi (per il vero assai chiari e certamente non bisognosi di alcuna esegesi), ma al solo fine di chiarire l’avviso del Collegio si osserva che:

a) è stato a più riprese affermato che in fase di prorogatio « i Consigli regionali “dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza” (sentenza della Corte Costituzionale n. 468 del 1991);
pertanto, in mancanza di esplicite indicazioni contenute negli statuti, devono limitarsi al “solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili”. Essi, inoltre, devono “comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori” (sentenza n. 68 del 2010)» (sentenza n. 55 del 2015);

b) ed è stato sottolineato (sulla scorta della ricordata sentenza n. 68 del 2010) come «il quadro normativo e applicativo sia notevolmente mutato a seguito della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni). Questa ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l'enunciazione dei princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.);
e ha demandato, nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità allo stesso legislatore regionale, sia pure nel rispetto dei princìpi fondamentali fissati con legge della Repubblica, “che stabilisce anche la durata degli organi elettivi” (art. 122, primo comma, Cost.). Cosicché - anche sulla base di quanto successivamente previsto nella legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione) – è stato affermato che “una interpretazione sistematica delle citate nuove norme costituzionali conduce a ritenere che la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni, e degli eventuali limiti dell'attività degli organi prorogati, sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione, ai sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma di governo regionale”;
e che, nel disciplinare questo profilo, gli statuti “dovranno essere in armonia con i precetti e con i principi tutti ricavabili dalla Costituzione, ai sensi dell'art. 123, primo comma, della Costituzione” (sentenza n. 196 del 2003;
anche sentenza n. 304 del 2002)» (sentenza n. 64 del 2015);

c) in concreto, è stato posto in luce che il limite discendente dalla situazione di p rorogatio può non operare, laddove il Consiglio Regionale proceda all’adozione di “un atto che costituisce adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, da disposizioni costituzionali o legislative statali o che è caratterizzato da urgenza e necessità”.

3. Quanto in ultimo indicato, costituisce in realtà il vero nucleo della controversia, sul quale immediatamente di seguito ci si pronuncerà, in quanto tutte le argomentazioni dell’appellante Regione tese a sottolineare la diversità della disposizione statutaria della Regione Veneto rispetto a quella scandagliata dalla Corte Costituzionale nelle pronunce richiamate sono inconferenti: la Corte Costituzionale ha affermato principi che, in realtà, attengono all’esercizio dei poteri delle Regioni durante la fase della prorogatio, e le modeste differenze terminologiche contenute nelle disposizioni statutarie “di riferimento” non elidono il nucleo dei principi affermati dal Giudice delle leggi.

3.1. La questione che il Collegio è chiamato a dirimere, è dunque la seguente: l’adozione di un atto che costituisce adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea è sempre e comunque consentita al Consiglio Regionale durante il regime di “prorogatio” di tale organo?

3.1.1. Si anticipa immediatamente che non hanno consistenza le obiezioni di parte appellata secondo cui tale situazione non ricorrerebbe in concreto (si sostiene da parte della società appellata che , da un canto l ‘Unione Europea non aveva iniziato alcuna procedura sanzionatoria nei confronti dell’Italia a cagione dell’inadempimento delle Regioni a tale obbligo e, che comunque, di converso l’atto adottato e contestato non avrebbe esonerato l’avvio di tale procedimento sanzionatorio, visto che la Regione neppure si curò di inoltrare il Piano all’Unione Europea).

3.1.2. In disparte la evidente reciproca contraddittorietà dei due argomenti critici ove esaminati congiuntamente, il punto da porre in luce è il seguente:

a) l’art. 199 del D.Lgs. 152/2006, prevedeva il 12/12/2013 quale termine ultimo per approvare detto piano;

b) detto termine rimase inosservato;

c) la circostanza evidenziata dal T.a.r. secondo cui la procedura EU-Pilot, per le caratteristiche sue proprie, non comportava obblighi e non sanciva il venire in essere di un inadempimento da parte di uno Stato membro, in quanto diretta (unicamente) a integrare una forma di dialogo "strutturato" tra la Commissione EU e lo stesso Stato, al fine di risolvere preventivamente una "possibile" violazione del diritto dell'UE e, quindi, di evitare di ricorrere a procedimenti formali d'infrazione ex art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea da un canto non è dirimente, in quanto la inosservanza di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea può essere inverata anche laddove non sia immediatamente attivato un intervento repressivo/sanzionatorio da parte di quest’ultima e d’altro canto sembra anche infondata.

3.1.3. Sul punto, le considerazioni del T.a.r. e della odierna appellata non sono condivise dal Collegio: la Regione ha buon giuoco nel sostenere che, comunque, la mancata adozione del Piano integrasse una condotta tesa a sottrarsi dagli impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.

Ed è altresì noto che:

a) il sistema EU Pilot, lanciato nel 2008 dalla Comunicazione della Commissione “Un’Europa dei risultati – Applicazione del diritto comunitario” (COM (2007)502), è un meccanismo istituito tra Commissione europea e Stati membri per lo scambio di informazioni e la risoluzione di problemi in tema di applicazione del diritto dell’Unione europea o di conformità della legislazione nazionale alla normativa UE, concepito per la fase antecedente all’apertura formale della procedura di infrazione ex art. 258 TFUE;

b) la Commissione utilizza l’EU Pilot per comunicare con gli Stati membri su questioni di conformità della legislazione nazionale al diritto dell’UE o di corretta applicazione del diritto dell’UE. Il sistema EU Pilot ha sostituito la pratica precedente, per cui la Commissione, prima di avviare una procedura di infrazione, inviava lettere di carattere amministrativo alle autorità nazionali per confrontarsi con loro sui profili del diritto interno che potevano sollevare dubbi di conformità a quello europeo;

c) nel sistema EU Pilot, lo scambio di comunicazioni avviene direttamente, tramite un sistema informatico, tra la Commissione e l’amministrazione nazionale (per l’Italia, il Dipartimento per le Politiche europee, il quale si occupa a sua volta di coinvolgere le amministrazioni regionali o locali eventualmente interessate): è fissato un termine generale di 20 settimane (10 per gli Stati membri e 10 per la Commissione) per lo scambio di comunicazioni.

3.1.4 Si è dunque al cospetto di una procedura “alternativa” o, se si vuole semplificata, comunque foriera, in potenza, di un sbocco concretantesi nell’apertura di una procedura di infrazione: il carteggio depositato in atti comprova vieppiù tale considerazione.

3.2. Muovendo da tale punto di partenza, ritiene il Collegio che l’approdo demolitorio del T.a.r. non meriti conferma.

3.2.1. Invero la ratio dei principi scolpiti dalla Corte Costituzionale è chiara: si vuole evitare che nella delicata fase della prorogatio vengano adottati provvedimenti improntati a (possibili) esigenze elettoralistiche. Non altro significato può attribuirsi alle chiare espressioni contenute nella sentenza n. 158/2015, laddove è stata stigmatizzata l’attività di un Consiglio regionale (nel caso di specie quello abruzzese) essendosi affermato che:

a) “l'intervento legislativo nel suo complesso si presta a essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori, dalla quale il Consiglio regionale, secondo la ricordata giurisprudenza costituzionale ( ex plurimis , sentenza n. 68 del 2010), avrebbe dovuto comunque astenersi al fine di assicurare una competizione libera e trasparente”;

b) “il requisito della necessità e dell'urgenza, che legittima il Consiglio regionale a esercitare i propri poteri in regime di prorogatio, evoca l'esigenza che l'intervento normativo sia adottato nell'immediatezza della grave situazione alla quale esso intende porre rimedio, perché diversamente verrebbero travalicati i limiti connaturati all'istituto della prorogatio , che implicano non soltanto la gravità della situazione che forma oggetto dell'intervento, ma anche la sua improcrastinabilità, come è espressamente previsto dal richiamato art. 141 del Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale.”

3.2.2. In effetti, le decisioni della Corte Costituzionale sembrano enucleare una nozione di “atto dovuto” nell’ambito della quale possono rinvenirsi varie ipotesi e, nell’ambito di queste, le condotte che “costituiscono adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea” sembrano affiancarsi a quelle “indifferibilmente urgenti”.

Sembrerebbe cioè, che laddove si adottino atti rientranti nel novero dell’ adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, potrebbe prescindersi dal requisito della qualificata urgenza.

Ed in effetti, è questa la tesi sostenuta dalla Regione.

3.2.3. Può osservarsi in proposito che:

a) il Collegio non intende decampare dalla condivisibile considerazione della giurisprudenza (peraltro fatta propria dal T.a.r.) secondo la quale il piano di gestione dei rifiuti “..avendo natura di atto di pianificazione, eccede l'ordinaria amministrazione dell'ente (Consiglio di Stato, sez. V, 16/04/2003, n. 1948)”;
la medesima decisione richiamata ha da tale presupposto fatto discendere che detto atto non può pertanto essere adottato allorché il detto organo versa in regime di “ prorogatio ”;

b) senonchè, come a più riprese chiarito, nell’odierno procedimento viene prospettato un elemento specifico in teoria in grado di sovvertire tale approdo, in quanto si sostiene la adottabilità del Piano anche durante il regime di prorogatio in quanto tale atto costituiva, in concreto, adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.

3.2.4. Il Collegio condivide la tesi prospettata dall’appellante Regione, in quanto:

a) è ben vero che il termine per la tempestiva adozione dell’atto era scaduto da più di due anni (esso scadeva, si ribadisce, nel 2013);

b) e che durante tale torno di tempo il Consiglio regionale rimase inerte;

c) ma tale prolungata inerzia, non può –ad avviso del Collegio – ridondare in favore della illegittimità della tardiva adozione dell’atto in quanto una simile conclusione finirebbe con il rendere sempre e comunque illegittimo qualsiasi atto adottato dall’amministrazione durante il regime di prorogatio e, per l’effetto, condurrebbe ad una interpretatio abrogans dei richiamati principi contenuti nelle plurime decisioni della Corte Costituzionale, che hanno enucleato una serie di atti che non risentono della preclusione nascente dal regime di prorogatio medesima (tra i quali, appunto gli “atti rientranti nel novero dell’ adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea”).

3.2.5. Invero si deve considerare che la tesi sostenuta dalla appellata –ove accolta -sarebbe idonea a svuotare del tutto lo sforzo interpretativo reso della Corte Costituzionale in quanto sarebbe sufficiente sostenere che ci si trova in presenza di una pregressa inerzia per farne discendere che anche se l’atto tardivamente adottato costituisca adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea esso sarebbe comunque illegittimo.

La ratio dei principi dettati dalla Corte Costituzionale è quello di salvaguardare il bene supremo della corretta dialettica democratica: in tale quadro, lo sforzo riposante nella enucleazione di talune tassative fattispecie che –configurandosi comunque come “atti dovuti”- non risentono della preclusione discendente dal regime di prorogatio sarebbe reso frustraneo ove si volesse attribuire una valenza impeditiva alla pregressa inerzia (che, per il vero, si ravvisa quasi sempre).

3.3. Alla stregua delle superiori considerazioni, ritiene il Collegio che una lettura corretta dei principi affermati dalla Corte Costituzionale imponga di ritenere che anche l’adozione dell’atto costituente adempimento di impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione europea possa essere legittima pur durante il regime di prorogatio, ricorrendo il presupposto della qualificata ed indifferibile urgenza.

E pare al Collegio che anche la recente sentenza della Corte Costituzionale, 22/11/2016, n. 243 (in particolare si veda il considerando n. 3.5.) autorizzi tale conclusione, essendo appena il caso di osservare che - in considerazione della circostanza che il rispetto del diritto europeo imponeva proprio l’adozione del Piano regionale suddetto- neppure è possibile ipotizzare la possibilità che la Regione adottasse un atto a contenuto e di portata “minore”.

4. L’accoglimento dell’appello della Regione e la riforma dell’impugnata decisione non esaurisce il compito affidato al Collegio in quanto – come in premessa rilevato – la società originaria ricorrente di primo grado ha tempestivamente riproposto le censure assorbite dal T.a.r. che, quindi, devono adesso essere scrutinate (pagg.

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