Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-05-19, n. 202203973

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-05-19, n. 202203973
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203973
Data del deposito : 19 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/05/2022

N. 03973/2022REG.PROV.COLL.

N. 00123/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso per revocazione numero di registro generale 123 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato N P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Il Ministero dell'Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. III -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2022 il Cons. Ezio Fedullo e udito per la parte ricorrente l’Avvocato N P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. La -OMISSIS- si rivolgeva al T.A.R. per la Calabria al fine di ottenere l’annullamento dell’informazione antimafia ex art. 91 d.lvo n. 159/2011 e del contestuale diniego di iscrizione nella White List ai sensi del

DPCM

18 aprile 2013, emessa nei suoi confronti, con nota -OMISSIS-, dalla Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria, nonché dell’informazione antimafia ex art. 10 d.P.R. n. 252/1998 (prot. uscita -OMISSIS-) relativa alla -OMISSIS-, trasmessa dalla Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria -OMISSIS- in riscontro all’istanza di accesso depositata in data -OMISSIS-.

1.1. L’organo prefettizio, a fondamento del provvedimento interdittivo – diniego di iscrizione nella cd. “White List” -OMISSIS-, poneva i seguenti elementi indiziari, a suo avviso conducenti nel senso della sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare scelte, indirizzi e strategie gestionali della società ricorrente:

- una precedente informazione -OMISSIS-, di cui la ricorrente era destinataria nella precedente denominazione sociale di “-OMISSIS-”, a sua volta fondata sulla misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale applicata ai -OMISSIS- nell’ambito del procedimento penale scaturito dall’operazione di polizia denominata “-OMISSIS-”, che aveva visto i suddetti indagati in relazione a specifici reati “spia”, in quanto ritenuti aver fatto parte di un’associazione a delinquere volta all’acquisizione illecita della gestione degli appalti pubblici della Provincia di Reggio Calabria avvalendosi del metodo mafioso (artt. 353-416 c.p. con l’aggravante di cui all’art. 7 l. n. 203/1991);

- la sentenza -OMISSIS- del GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria e la sentenza -OMISSIS- del Tribunale -OMISSIS- che, -OMISSIS-, avevano evidenziato, in relazione alla natura dei fatti contestati ed al coinvolgimento diretto della società ricorrente nella vicenda criminosa -OMISSIS-, la probabile esposizione ad influenze illecite della malavita organizzata;

- la sentenza -OMISSIS- del GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria e la sentenza -OMISSIS- del Tribunale di Reggio Calabria, -OMISSIS-;

- -OMISSIS- nell’ambito della diversa operazione -OMISSIS- e -OMISSIS-.

2. Il T.A.R., con la sentenza -OMISSIS-, ha accolto il ricorso, ravvisando la fondatezza della censura di difetto di motivazione e di istruttoria dell’impugnato provvedimento interdittivo.

2.1. Il T.A.R. ha evidenziato in particolare che “ dalla motivazione del provvedimento impugnato non emerge la richiesta autonomia di valutazione da parte dell’autorità prefettizia su fatti ritenuti sintomatici di contaminazioni criminose, ancorché non travalicanti la soglia della punibilità penale ”, altresì rilevando che “ la Prefettura non ha specificato chi e attraverso quali condotte agirebbe a tutt’oggi all’interno o all’esterno della società per conseguire ed avvantaggiarsi dell’influenza di non meglio individuate cosche criminose o di favorirne gli interessi, a chi sia intestata la regia collettiva di consapevoli strategie societarie eterodirette da ambienti mafiosi, ma ciò nondimeno ritenute utili a rafforzare la propria posizione sul mercato degli appalti pubblici ”, concludendo che “ l’amministrazione sembra o aver immotivatamente assegnato rilievo a risultanze istruttorie oggettivamente insussistenti (nel caso -OMISSIS-) e prive di concreta pregnanza dimostrativa ai fini interdittivi (nel caso -OMISSIS-) o essersi limitata a valorizzare -OMISSIS-, senza preoccuparsi di vagliarne criticamente la correlazione diretta e/o indiretta con il pericolo di ingerenze mafiose ”.

3. Con la sentenza -OMISSIS-, questa Sezione si è pronunciata sull’appello proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria avverso la suindicata sentenza di primo grado.

3.1. La Sezione ha rilevato, in sintesi, che:

- la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria – Sezione G.I.P.-G.U.P. -OMISSIS-, -OMISSIS-, “ contiene un’ampia motivazione sull’assenza di elementi tali da fondare una diversa pronuncia di assoluzione. Essa osserva, tra l’altro, che "L’esame del materiale probatorio riversato in atti, -OMISSIS- ”.

In ordine a tale aspetto, ha quindi rilevato la Sezione che “ non vale pertanto in contrario invocare, per inferirne l’irrilevanza ai fini del giudizio prognostico in esame, l’intervenuta prescrizione di tali fatti di reato, dal momento che essa non esclude, ma anzi presuppone, l’accertamento del fatto storico, ed il suo rilievo inferenziale ”.

- la sentenza del Tribunale -OMISSIS- -OMISSIS-, emessa a carico, fra gli altri, -OMISSIS- (-OMISSIS-), “ ha un contenuto assolutorio, ma una motivazione che chiaramente afferma come “L’istruttoria dibattimentale ha evidenziato quella zona grigia caratterizzata da una collusione tra mafia e imprenditori, senza tuttavia mettere in luce gli elementi di raccordo necessari” per ritenere sussistenti tutti gli elementi del reato associativo ”.

Ha quindi osservato la Sezione che “ l’autonomia della valutazione amministrativa del fatto storico, rispetto alla sua sussumibilità o meno nell’ambito delle incriminazioni contestate secondo i parametri penalistici, impone pertanto la piena utilizzabilità e valutabilità di tale elemento – avente un univoco significato inferenziale, anche in raccordo con il contesto complessivo - in chiave prognostica ”.

La Sezione ha altresì rilevato che “ i richiamati elementi, successivi comunque all’informativa -OMISSIS-, ed espressamente posti a fondamento della trama motivazionale dell’informativa -OMISSIS-, denotano l’esistenza di un contesto relazionale assai significativo se valutato in chiave inferenziale, senza una frammentazione atomistica di ciascun dato (peraltro di per sé, e in assoluto, comunque assai significativo). Essi, nella prospettiva inferenziale, si sommano al quadro fattuale antecedente, riportato nell’informativa -OMISSIS-: considerata comunque (unitamente agli elementi in essa rappresentati) come fatto storico, al di là delle questioni relative alla sua efficacia e validità sul piano giuridico, rispetto al quale i successivi fatti sintomatici si pongono in una relazione di coerenza logica ”.

Quindi, ad avviso della Sezione, “ ne consegue la fondatezza del motivo in esame nella parte in cui ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado in punto di valutazione della sufficienza ed adeguatezza istruttoria e motivazionale dell’informativa -OMISSIS- ”.

3. Mediante il ricorso per revocazione in esame, l’originaria società ricorrente deduce che la sentenza suindicata, contro la quale il mezzo revocatorio viene proposto, si basa sulla ritenuta sussistenza di elementi fattuali, aventi rilievo decisivo nel percorso motivazionale sul quale essa si fonda, incontestabilmente – e con l’evidenza necessaria ai fini della integrazione del vizio revocatorio ex art. 395, n. 4, c.p.c. – contrastanti con quelli emergenti dagli atti di causa.

4. Con memoria -OMISSIS-, la società ricorrente, premesso che, con decreto -OMISSIS-, il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Misure di Prevenzione, ha disposto il controllo giudiziario nei confronti della stessa per la durata -OMISSIS-, con conseguente sospensione, ai sensi del comma 7 dell’art. 34 bis d.lvo n. 159/2011, degli effetti dell’informazione antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria, ha chiesto il rinvio della causa ad una data successiva alla cessazione degli effetti della misura di prevenzione.

5. Si è costituita nel giudizio di revocazione l’Amministrazione appellante, per eccepire l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso, oltre che per opporsi all’istanza di rinvio presentata dalla ricorrente.

6. In via preliminare, deve essere esaminata l’istanza di rinvio della causa presentata dalla parte ricorrente, a seguito della sua ammissione, ai sensi dell’art. 34 bis, comma 6, d.lvo n. 159/2011, al controllo giudiziario.

6.1. L’istanza non può essere accolta.

6.2. Deve premettersi che, ai sensi dell’art. 73, comma 1-bis, c.p.a., “ il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali, che sono riportati nel verbale di udienza, ovvero, se il rinvio è disposto fuori udienza, nel decreto presidenziale che dispone il rinvio ”.

Ebbene, ritiene la Sezione che le ragioni addotte dalla parte ricorrente a fondamento della suddetta istanza, essenzialmente relative all’esigenza di non pregiudicare il compimento del percorso di risanamento avviato mediante la sua ammissione al controllo giudiziario, non siano idonee ad integrare i “ casi eccezionali ” che, ai sensi della disposizione citata, giustificano il rinvio della causa.

6.3. In primo luogo, infatti, la caducazione della misura del controllo non costituisce una conseguenza immediata ed ineluttabile dell’eventuale esito negativo del giudizio di annullamento instaurato avverso il provvedimento interdittivo.

Deve sul punto osservarsi che l’art. 34 bis, comma 6, d.lvo n. 159/2011, nel prevedere che “ le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo ”, limita la correlazione tra il giudizio impugnatorio e la suddetta misura preventiva esclusivamente al momento genetico-applicativo di quest’ultima, senza espressamente condizionarne la vigenza alla perdurante pendenza del primo.

Invero, fermo restando che la verifica finale della eventuale sussistenza di siffatta correlazione funzionale, e la definizione delle conseguenze derivanti dalla sua interruzione sulla efficacia della misura del controllo, costituiscono appannaggio del Giudice della prevenzione, che ha adottato la medesima misura e ne ha fissato la durata, e senza disconoscere il diverso orientamento interpretativo del G.O. (di cui è espressione anche il decreto -OMISSIS- del Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Misure di Prevenzione, col quale la ricorrente è stata ammessa al controllo giudiziario, laddove assume espressamente a fondamento della concessione della misura la pendenza del presente giudizio di revocazione), deve osservarsi che la misura de qua presenta una natura, ed una corrispondente funzione, quantomeno ancipite, essendo sistematicamente inquadrabile, da un lato, quale rimedio cautelare atto ad evitare che, nelle more del giudizio amministrativo avente ad oggetto il provvedimento interdittivo, l’esecutività dello stesso produca conseguenze irreparabili a carico della integrità produttiva ed imprenditoriale del soggetto interdetto, dall’altro lato, quale strumento di prevenzione destinato ad operare nella duplice prospettiva inibitoria-risanatrice, in quanto tendente ad impedire all’impresa di operare nella medesima compagine organizzativa che ha generato il pericolo di condizionamento, ma nel contempo a consentirle di svolgere la sua funzione economica sotto l’egida di un presidio di legalità, incarnato dall’amministratore giudiziario.

La natura anfibologica dello strumento de quo si evince, quanto al primo aspetto, dal fatto che esso presuppone la proposizione dell’impugnazione avverso il provvedimento interdittivo, quanto al secondo, dal fatto che, per un verso, la pendenza del relativo giudizio non assurge a condizione risolutiva espressa della misura, per l’altro, l’applicazione della stessa è devoluta al Giudice (della prevenzione) e non a quello (amministrativo) di merito, cui viene more solito affidato dall’ordinamento il compito di apprestare le adeguate misure interinali atte a salvaguardare l’utilità della decisione finale.

Peraltro, ad escludere sotto altro profilo la conseguenza paventata, in termini di immediata ridondanza dell’esito (eventualmente) negativo del giudizio di annullamento dell’informazione interdittiva sulla efficacia della misura preventiva del controllo giudiziario, concorre il rilievo del carattere discrezionale della concessione di quest’ultima, non automaticamente ancorata alla mera proposizione dell’impugnazione avverso il suddetto provvedimento, ma alla condizione che ne ricorrano i presupposti, come testualmente prevede l’art. 34 bis d.lvo n. 159/2011.

Discende, dai rilievi che precedono, che se la sussistenza di entrambi i presupposti legittimanti ex lege la misura de qua è indispensabile nel momento applicativo della stessa, a diversa conclusione deve pervenirsi nella fase funzionale della sua vigenza, prestandosi essa ad assolvere alla sua funzione preventivo-risanatrice anche laddove il giudizio amministrativo di impugnazione si sia risolto in senso negativo per l’impresa ricorrente.

Si deve inoltre richiamare l’art. 94 bis d.lvo n. 159/2011, inserito dall’art. 49, comma 1, d.l. 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 dicembre 2021, n. 233, sulle “ Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale ”, che ha appunto sganciato la funzione delle stesse da quella processuale di matrice cautelare, esaltandone la valenza amministrativo-preventiva.

6.4. In secondo luogo, e ad ulteriore supporto della inaccoglibilità dell’istanza di differimento della causa, deve rilevarsi che le ragioni giustificative del rinvio devono essere “interne” al giudizio la cui definizione verrebbe ritardata dalla concessione del primo, in quanto inerenti a circostanze incidenti sul corretto ed utile perseguimento della funzione propria dello stesso, conformemente agli interessi di cui sono portatrici le parti del giudizio e direttamente coinvolti – in quanto sottesi alle situazioni giuridiche cui attiene la res iudicanda – nella controversia: esso, quindi, non si presta alla realizzazione di esigenze estranee al giudizio e solo indirettamente toccate dalla sua definizione, a pena di un uso strumentale dell’istituto (eccezionale, come si è visto) de quo .

6.5. Peraltro, si deve osservare che, nella valutazione dei presupposti della sua concessione, il Giudice non deve limitarsi a prendere in considerazione le ragioni della parte richiedente, ma anche quelle della controparte, la quale – come nella specie – si sia opposta allo stesso, alla pronta definizione della controversia, la cui protratta pendenza incide sull’esigenza di certezza dell’assetto di interessi costituito con il provvedimento impugnato.

6.6. Tra le circostanze che il Giudice deve considerare nella delibazione dell’istanza di rinvio, rileva la durata dello stesso (che nella specie comporterebbe il rinvio della causa ad -OMISSIS-), nonché il fatto che, a fronte della notifica del provvedimento interdittivo -OMISSIS-, solo in data -OMISSIS- la società interdetta ha presentato l’istanza di ammissione al controllo ex art. 34 bis , comma 6, d.lvo n. 159/2011.

6.7. In ogni caso, deve osservarsi che, come dedotto e documentato dalle Amministrazioni resistenti, la società ricorrente ha proposto, avverso la sentenza -OMISSIS- di questa Sezione, ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, con la conseguenza che l’esigenza dichiaratamente sottesa all’istanza di rinvio, connessa alla pendenza del giudizio avverso il provvedimento interdittivo, ove realizzabile in forza della proposizione del rimedio straordinario della revocazione, lo sarebbe ugualmente mediante quella del ricorso ex art. 111, comma 8, Cost..

7. Passando alla trattazione del merito del ricorso, il primo vizio revocatorio viene affermato inficiare il passaggio motivazionale con il quale la sentenza suindicata ha ravvisato l’esistenza di un contesto relazionale significativo ai fini dell’interdittiva, desumendola dalla motivazione della sentenza assolutoria -OMISSIS-, emessa dal Tribunale -OMISSIS- e depositata -OMISSIS-.

Ad essere contestata, siccome asseritamente alterato nella sua oggettiva fedeltà rappresentativa degli atti di giudizio, è l’affermazione recata dalla sentenza impugnata secondo cui la sentenza del Tribunale -OMISSIS- -OMISSIS-, emessa a carico, fra gli altri, -OMISSIS- (-OMISSIS-), “ ha un contenuto assolutorio, ma una motivazione che chiaramente afferma come “L’istruttoria dibattimentale ha evidenziato quella zona grigia caratterizzata da una collusione tra mafia e imprenditori, senza tuttavia mettere in luce gli elementi di raccordo necessari” per ritenere sussistenti tutti gli elementi del reato associativo ”.

Deduce sul punto la parte ricorrente che il riportato incipit del paragrafo dedicato a “ Valutazioni conclusive sul reato associativo ” (-OMISSIS- della citata sentenza del Tribunale -OMISSIS-) ha evidentemente carattere generico, in quanto si limita a richiamare l’attenzione sul noto binomio “ mafia – imprenditoria ”, per poi evidenziare che nel caso concreto esso non è stato provato, aggiungendo che la circostanza che la richiamata “ collusione tra mafia ed imprenditori ” non fosse riferita al caso concreto si ricava dalle conclusioni della sentenza con le quali è stata esclusa la ricorrenza dell’aggravante mafiosa di cui all’art. 7 l. 203/1991.

7.1. Il motivo deve essere dichiarato inammissibile.

7.2. Va premesso che, come affermato anche da questa Sezione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, -OMISSIS-), “ l’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall’art. 395, n. 4), c.p.c., secondo il dettato positivo, deve: consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile;
essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa;
non cadere su di un punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato;
presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche;
non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione. Il requisito "che un fatto decisivo" sia incontestabilmente escluso dagli atti, nonostante il giudice lo abbia ritenuto sussistente, rappresenta, dunque, uno dei presupposti perché possa affermarsi l’inesatta percezione da parte del giudice di merito in cui consiste la falsa percezione della realtà o la svista materiale
”.

7.3. Ebbene, deve in primo luogo osservarsi che lo snodo motivazionale secondo cui “ L’istruttoria dibattimentale ha evidenziato quella zona grigia caratterizzata da una collusione tra mafia e imprenditori ”, che la Sezione, con la sentenza suindicata, ha estrapolato dalla sentenza del Tribunale -OMISSIS- del -OMISSIS- e che ha posto a fondamento dell’autonoma “ valutazione amministrativa del fatto storico, rispetto alla sua sussumibilità o meno nell’ambito delle incriminazioni contestate secondo i parametri penalistici ”, in quanto suscettibile di integrare “ un univoco significato inferenziale ” utilizzabile dall’Amministrazione, “ anche in raccordo con il contesto complessivo, in chiave prognostica ”, non assume affatto, come suppone la parte ricorrente, “ carattere generico ”, in quanto avulso dal contenuto accertativo della sentenza predetta (pur se avente esito assolutorio), né siffatto preteso carattere può ritenersi dimostrato, come ugualmente vorrebbe la parte ricorrente anche facendo leva sul principio di non contraddizione quale criterio interpretativo della sentenza medesima, dalla assoluzione degli imputati, con la stessa disposta, dalla contestazione dell’aggravante ex art. 7 l. n. 203/1991.

Deve invero osservarsi, in senso contrario, che la “ zona grigia caratterizzata da una collusione tra mafia e imprenditori ” trova riscontro nelle risultanze dibattimentali così come illustrate nelle precedenti pagine della medesima sentenza (cfr., in particolare, -OMISSIS-), concernenti i rapporti tra -OMISSIS-: siffatta “ zona grigia ” invero, pur se ritenuta dal Giudice penale insufficiente ai fini dell’accertamento di responsabilità di carattere penale (sia con riferimento all’ipotizzato reato associativo, sia con riguardo alla contestata aggravante di cui all’art. 7 l. n. 203/1991), ha costituito invece, secondo le valutazioni formulate dalla Sezione con la sentenza impugnata, un plausibile tassello della trama inferenziale che la Prefettura, in raccordo con gli altri elementi indiziari valorizzati dal provvedimento interdittivo, ha posto a fondamento della prognosi di condizionamento mafioso a questo sottesa, siccome indicativo di un “ contesto relazionale assai significativo se valutato in chiave inferenziale ”.

7.4. Deve altresì osservarsi che il discrimen tra ricognizione (secondo la logica “ vero/falso ”) dei presupposti fattuali della prognosi interdittiva e valutazione (secondo parametri di ragionevolezza e proporzionalità) del loro peso inferenziale, che attraversa la sentenza impugnata e che relega al primo dei due ambiti entro cui può esercitarsi il sindacato giurisdizionale la possibile emersione di profili revocatori, coincide nella fattispecie in esame con il confine tra l’accertamento, compiuto in sede penale pur senza conseguenze di carattere sanzionatorio, di un contesto relazionale caratterizzato dalla compenetrazione, entro un unitario fenomeno criminoso proteso alla alterazione delle fisiologiche dinamiche concorrenziali ai fini della aggiudicazione di pubbliche gare di appalto, tra (leciti) interessi imprenditoriali ed (illeciti) interessi criminali, e l’attribuzione allo stesso, nonostante l’irrilevanza penale di quei collegamenti (essenzialmente dovuta al mancato assolvimento da parte della pubblica accusa dei suoi oneri probatori, come attestato dal fatto che la pronuncia assolutoria è stata emessa ex art. 530, comma 2, c.p.p.: cfr. pag. 55 della citata sentenza del Tribunale -OMISSIS-) e per il tramite dell’”autonomo” filtro valutativo spettante all’Autorità prefettizia, di un significato indiziario valido ai fini della formulazione di un logico e coerente giudizio interdittivo.

Ebbene, chiariti nei termini che precedono i lineamenti decisori della sentenza impugnata, quali peraltro generalmente si configurano in subiecta materia , e ribadito che il vizio revocatorio potrebbe astrattamente profilarsi entro i margini del primo segmento cognitivo, connesso come si è detto alla ricostruzione dei presupposti fattuali della prognosi interdittiva, deve ancora una volta sottolinearsi che questi sono stati correttamente – recte , senza incorrere in errori censurabili in sede revocatoria – individuati dalla Sezione nell’inserimento della società interdetta entro una trama relazionale che vede la partecipazione di soggetti appartenenti ad ambienti criminali e comunque ad essi contigui, atta ad integrare quella “ zona grigia ” che la parte ricorrente circoscrive, per quanto detto non condivisibilmente, ai “ luoghi comuni ” che il Giudice penale avrebbe invece inteso smentire, siccome affatto pertinente ai fini della comprensione criminale dei fatti oggetto di giudizio: il grado di “residuo” inferenziale, apprezzabile nell’ottica preventiva, di quei fatti, una volta depurati dal Tribunale -OMISSIS- degli ipotizzati risvolti criminali, appartiene invece alla componente valutativa del giudizio, di cui costituisce testualmente parte integrante l’esigenza di non atomizzazione degli elementi esaminati dalla Prefettura, intrinsecamente refrattaria, in ragione della natura meramente obiettiva e “materiale” dei vizi deducibili, al rimedio revocatorio.

8. Il successivo motivo revocatorio si innesta invece sul passaggio motivazionale della sentenza -OMISSIS- dedicato alla sentenza del Tribunale di Reggio Calabria – Sezione G.I.P.-G.U.P. -OMISSIS-, avendo la Sezione evidenziato che, -OMISSIS-, “ contiene un’ampia motivazione sull’assenza di elementi tali da fondare una diversa pronuncia di assoluzione. Essa osserva, tra l’altro, che "L’esame del materiale probatorio riversato in atti, -OMISSIS- ”, concludendo la Sezione che “ non vale pertanto in contrario invocare, per inferirne l’irrilevanza ai fini del giudizio prognostico in esame, l’intervenuta prescrizione di tali fatti di reato, dal momento che essa non esclude, ma anzi presuppone, l’accertamento del fatto storico, ed il suo rilievo inferenziale ”.

8.1. Deduce la parte ricorrente che, anche in questo caso, il Consiglio di Stato avrebbe erroneamente percepito il contenuto materiale del richiamato provvedimento giurisdizionale, supponendo come accertato il fatto storico del reato la cui verità sarebbe, invece, incontrastabilmente esclusa dagli atti e/o documenti di causa.

Al fine di suffragare i suoi assunti, la parte ricorrente, premesso che ai -OMISSIS- sono state elevate le medesime contestazioni, in quanto agli stessi sono stati ascritti i medesimi capi di imputazione in concorso, che le pronunce conclusive rese all’esito dei processi celebrati dinnanzi al GUP presso il Tribunale Penale di Reggio Calabria e dinnanzi al Tribunale Penale -OMISSIS- hanno ad oggetto i medesimi fatti e le medesime condotte (trovando il diverso percorso processuale da essi seguito spiegazione nelle scelte compiute in tema di rito) e che quindi la seconda completa ed integra le risultanze (evidentemente parziali) della prima, osserva che sebbene -OMISSIS- (ovvero nel momento in cui veniva emessa la sentenza del GUP) non vi era una piena evidenza dell’assenza di prove a carico -OMISSIS-, questa è stata raggiunta successivamente in forza della sentenza del Tribunale -OMISSIS-, senza trascurare che le condizioni alle quali è subordinato il proscioglimento ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p. sono più rigorose di quelle richieste per la classica assoluzione con formula ampia.

8.2. Nemmeno la suindicata censura revocatoria è suscettibile di positiva valutazione, e deve anzi dichiarata inammissibile, non essendo foriera, al pari di quella innanzi esaminata, di un contenuto critico apprezzabile entro i ristretti limiti che segnano l’eccezionale esperibilità del rimedio revocatorio.

8.3. In primo luogo, deve osservarsi che la Sezione ha riconosciuto significato inferenziale – entro, si ripete, una cornice unitaria e non parcellizzata degli elementi indiziari, quale deve ispirare l’esercizio del potere interdittivo e, di riflesso, il sindacato giurisdizionale che lo assuma ad oggetto – all’accertamento del “ fatto storico ” rappresentato dagli “ accordi per condizionare l’esito delle gare, -OMISSIS- ”.

Ebbene, è sufficiente osservare che siffatto accertamento è in linea con quello recato dalla sentenza del Tribunale -OMISSIS- del -OMISSIS-, laddove, -OMISSIS-, il Giudice penale ritiene “che le gare di appalto siano state verosimilmente condizionate ” e che “ le innumerevoli anomalie sopra evidenziate ” siano “ altamente sintomatiche della circostanza che le gare siano state fuorviate dall’esito che avrebbero dovuto avere nel rispetto della normativa di settore ”, laddove, come si è detto, la pronuncia assolutoria di merito ha ad oggetto i (soli) reati -OMISSIS-.

Né varrebbe osservare che il “ fatto storico ” accertato è estraneo ad implicazioni di carattere mafioso, sia perché nessuna deduzione viene formulata sul punto con il ricorso per revocazione in esame, sia perché tale rilievo attiene alla dimensione valutativo-inferenziale del giudizio prognostico, per sua natura estranea al perimetro critico istituzionale del rimedio revocatorio.

8.4. In ogni caso, come si è detto in occasione dell’esame del primo motivo, la complessiva lettura della menzionata sentenza del Tribunale -OMISSIS- non fa emergere elementi di contraddizione, valorizzabili in chiave revocatoria, tra il nucleo fattuale – inerente alla “ zona grigia caratterizzata da una collusione tra mafia e imprenditori ” – da cui la Sezione con la sentenza impugnata, come detto innanzi, ha tratto significato inferenziale rilevante nella dimensione interdittiva e quello che, ad avviso della Sezione, ha costituito oggetto di accertamento ad opera del G.I.P.-G.U.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria: deve anzi osservarsi che, se di “completamento” della seconda ad opera della prima può discutersi, come sostenuto dalla parte ricorrente, non è nel senso, da questa voluto, dell’accertamento negativo dei fatti in ordine ai quali la sentenza di proscioglimento in forza della maturata prescrizione non aveva evidenziato “prove evidenti”, per gli effetti dell’art. 129 c.p.p., di insussistenza, ma nel senso che la sentenza del Tribunale -OMISSIS- ha arricchito ed aggravato in chiave interdittiva, collocandola entro la predetta “ zona grigia ” tra mafia ed imprenditorialità, i fatti meramente turbativi delle pubbliche gare accertati con la sentenza del Tribunale di Reggio.

8.5. Infine, si deve osservare che il motivo revocatorio in esame, lungi dal fondarsi sul contrasto rilevabile ictu oculi e sulla base di una mera analisi comparativa, senza alcuna intermediazione logico-deduttiva, tra assunti giurisdizionali e risultanze processuali, presuppone la risoluzione di complessi nodi interpretativi, come quello relativo al rapporto tra l’assenza del requisito di evidenza della prova che il fatto non sussiste, ai fini della pronuncia di una sentenza assolutoria in luogo di non luogo a procedere per intervenuta estinzione del reato, ex art. 129, comma 2, c.p.p., e successiva sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, peraltro pronunciata ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p., oltre alla verifica della effettiva coincidenza dei fatti contestati a due diversi imputati nelle sedi suindicate, per loro incompatibili con il rimedio revocatorio in esame.

Né può tacersi che la Sezione, con la sentenza impugnata, non ha affatto fatto discendere la valenza accertativa del fatto contestato, “in negativo”, dalla mera insussistenza dei presupposti per l’adozione della formula assolutoria, ma, “in positivo”, dall’accertamento da parte del Giudice penale in ordine alla “ sussistenza di accordi per condizionare l’esito delle gare, -OMISSIS- ”.

9. Con l’ultimo motivo di censura, la parte ricorrente deduce che la sentenza -OMISSIS- avrebbe erroneamente affermato che -OMISSIS- sarebbe stato imputato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ex art. 416 bis c.p..

9.1. Anche tale motivo deve essere dichiarato inammissibile.

Invero, sebbene debba effettivamente escludersi che tra le imputazioni formulate a carico del suddetto vi fosse quella di cui all’art. 416 bis c.p., il medesimo è risultato comunque imputato per i reati -OMISSIS-, i quali presentano, da un punto di vista inferenziale, un peso indiziario assimilabile, ciò che dimostra l’assenza del requisito di decisività dell’errore di fatto nel complessivo tessuto motivazionale della sentenza aggredita con il mezzo revocatorio.

10. Il ricorso in esame, in conclusione, deve essere dichiarato complessivamente inammissibile.

11. La parte ricorrente deve essere condannata alla refusione delle spese di giudizio a favore dell’Amministrazione intimata, nella complessiva misura di -OMISSIS-, oltre oneri di legge.

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