Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-03-17, n. 201001548

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-03-17, n. 201001548
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001548
Data del deposito : 17 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01004/2005 REG.RIC.

N. 01548/2010 REG.DEC.

N. 01004/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 1004 del 2005, proposto
dal Ministero Per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del Ministero, legale rappresentante pro tempore ,
dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio per l’Abruzzo
entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

R V E e C M G, rappresentati e difesi dagli avv. E F, V E R, con domicilio eletto presso E Russo in Roma, via Bartolomeo Cueva, n. 45;

nei confronti di

Comune di Vasto;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO – PESCARA, n. 872/2004, resa tra le parti, concernente DECRETO DI ANNULLAMENTO DEL NULLA OSTA PAESISTICO PER REALIZZAZIONE DI UN COMPLESSO RESIDENZIALE.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2010 il Cons. C C e uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Basilica, e l’Avvocato Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Ministero dei Beni ed Attività Culturali riferisce che con ricorso notificato in data 16 maggio 2003 i signori V E R e Maria Giovanna Conti impugnavano il decreto del Soprintendente BB.AA.PP. dell’Abruzzo con cui era stato annullato il nulla-osta paesaggistico rilasciato dal Comune di Vasto (Ch) ai fini della realizzazione di un complesso residenziale in località Contrada Canale.

Risulta agli atti che, a seguito dell’esame del progetto, la competente Commissione ambiente del Comune ebbe ad esprimere parere favorevole, “ considerando la particolare tipologia proposta nell’intervento, che si adatta alla morfologia e alle caratteristiche ambientali dei luoghi. E’ importante che vengano utilizzati materiali di finitura e colori che si armonizzino con il contesto, data la particolare valenza dei luoghi e la vicinanza al mare ” (deliberazione in data 24 ottobre 2002).

Nell’ambito delle ‘ note’ in calce alla deliberazione questione è dato leggere che “ si evidenzia che l’intervento in questione si raccorda con le tipologie di fabbricati già esistenti nella zona già classificata D7 dal vigente PRG (zona residenziale turistico-ricettiva di completamento) ”.

Pertanto, con atto in data 25 ottobre 2002 il Comune di Vasto (Ente sub-delegato al rilascio dei nulla-osta paesaggistici ai sensi dell’art. 12 della L.R. 47 del 1996) ebbe a rilasciare il titolo abilitativo in questione, dopo aver fatto integralmente proprio il contenuto del parere-verbale della competente Commissione comunale.

Con il provvedimento in data 20 febbraio 2003 (fatto oggetto di impugnativa nell’ambito del primo ricorso) la Soprintendenza per i BB.AA.PP. de L’Aquila disponeva l’annullamento del nulla-osta paesaggistico per motivi di legittimità, ritenendo che esso risultasse viziato sotto i profili della carenza di motivazione e della violazione di legge.

Nell’occasione, l’Organo statale:

- premetteva che l’area su cui avrebbe dovuto essere realizzato l’intervento era stata dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (in seguito: d.lgs. 42 del 2004) con D.M. in data 2 febbraio 1970;

- rilevava che l’area in questione era stata classificata dal pertinente Piano Territoriale Paesistico come ‘ zona B ’ a ‘ trasformabilità mirata ’ (subzona B1);

- affermava che “ il provvedimento comunale sopracitato comporterebbe la realizzazione di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici riconosciuti dal decreto ministeriale [impositivo del vincolo] ”;

- osservava che l’autorizzazione paesaggistica in questione, qualora attuata, avrebbe comportato “ l’alterazione di tratti caratteristici della località protetta, che sono la ragione stessa per cui la località medesima è sottoposta a vincolo ai sensi della normativa di tutela ambientale attualmente vigente, comportando una inammissibile deroga al vincolo stesso ”.

Il provvedimento in questione veniva, quindi, impugnato dinanzi al T.A.R. dell’Abruzzo il quale, con la pronuncia oggetto dell’odierno gravame, ne disponeva l’annullamento.

Nell’occasione (ed in via di estrema sintesi) il Tribunale adito osservava:

- che il decreto soprintendizio di annullamento risultasse viziato per non essere stata data agli interessati la preventiva comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, l. 241 del 1990;

- che il medesimo decreto risultasse illegittimo per avere l’Organo statale travalicato nel caso concreto i limiti del legittimo esercizio di un controllo di legittimità, giungendo a sovrapporre e sostituire di fatto le proprie valutazioni di merito a quelle dell’Amministrazione competente.

La pronuncia in questione veniva impugnata in sede di appello dal Ministero dei Beni ed Attività culturali, il quale ne contestava la correttezza e ne chiedeva l’integrale riforma articolando un unico, complesso motivo di gravame.

Si costituivano in giudizio i signori Russo e Conti, i quali concludevano nel senso della reiezione del gravame.

All’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2010 i Procuratori delle Parti costituite rassegnavano le proprie conclusioni e il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe, il Ministero dei Beni ed Attività culturali chiede la riforma della sentenza del T.A.R. dell’Abruzzo con cui è stato accolto il ricorso proposto da una società attiva nel settore edile e, per l’effetto, è stato annullato il provvedimento del competente Soprintendente di annullamento del N.O. paesistico volto alla realizzazione di un complesso residenziale in un’area litoranea del Comune di Vasto.

2. Con l’unico motivo di appello il Ministeri dei Beni ed Attività culturali lamenta in primo luogo l’erroneità della pronuncia in questione per la parte in cui ha ritenuto nella specie sussistente l’obbligo per l’Amministrazione statale di fornire alla parte privata interessata la comunicazione di avvio del procedimento relativa alla fase di controllo che avrebbe potuto concludersi (come, in effetti è avvenuto) attraverso l’annullamento del nulla-osta comunale.

Sotto tale aspetto, il Ministero appellante osserva che i primi Giudici non avrebbero tenuto in adeguata considerazione la previsione di cui all’art. 4 del D.M. 13 giugno 1994, n. 495 (‘ Regolamento concernente disposizioni di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardanti i termini e i responsabili dei procedimenti ’, come modificato ad opera dell’art. 2 del D.M. 19 giugno 2002, n. 165) il quale espressamente esclude l’obbligo di dare comunicazione di avvio a fronte dei procedimenti ad istanza di parte, ivi compreso quello che può culminare con l’annullamento del N.O. paesaggistico ai sensi dell’art. 151 del d.lgs. 490 del 1999 (in seguito: art. 159 del d.lgs. 42 del 2004).

Quanto al merito della res controversa , poi, il Ministero appellante osserva che il decreto soprintendizio impugnato in prime cure fosse senz’altro rispettoso dei limiti imposti all’Organo statale in sede di esercizio dei poteri di controllo di cui al d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, atteso che il richiamato decreto sarebbe da riguardare come mero atto applicativo di gestione del vincolo e non quale atto modificativo del vincolo medesimo.

Ed ancora, il provvedimento statale di annullamento risulterebbe legittimo per essersi limitato a rilevare gli elementi in fatto nella specie determinanti (nonché le relative ricadute al fine di verificare la legittimità del provvedimento comunale), senza in alcun modo impingere il merito dell’opportunità dell’azione amministrativa

Il Ministero appellante osserva, poi, che alcun profilo di illegittimità del provvedimento impugnato potrebbe essere desunto dal parere espresso in data 11 giugno 2002 dalla Commissione comunale ambientale per il nulla-osta paesistico (documento che, per altro, la Soprintendenza afferma di non avere ricevuto nel corso della fase procedimentale conclusasi con l’annullamento del titolo comunale).

Del resto – prosegue sul punto la Difesa erariale - quand’anche si volesse prendere in considerazione il contenuto del richiamato parere, si dovrebbe rilevare un ulteriore profilo di illegittimità del rilasciato N.O. paesistico in quanto - per un verso - vi si afferma che l’area interessata dall’intervento è classificata come A-3 (di ‘ conservazione parziale ’) dal pertinente Piano Territoriale Paesistico regionale, mentre – par altro verso – si omette di allegare lo studio di compatibilità ambientale, che pure il P.T.P. richiede in via necessaria a fronte di interventi da realizzare in aree classificate come A3.

Per quanto concerne, poi, il merito del parere della Commissione in questione, l’Avvocatura erariale ritiene che esso confermi il complessivo giudizio di illegittimità del rilasciato N.O. paesistico, atteso che:

- esso afferma in modo sostanzialmente immotivato la sostanziale compatibilità dell’opera proposta con le peculiarità ambientai dei luoghi;

- esso fonda il giudizio di compatibilità ambientale dell’opera proposta ( inter alia ) sulla base di motivazioni fondate sulla tipologia di immobili già esistenti nell’area (classificata come D7 – residenziale turistico-ricreativa di completamento), operando una indebita commistione fra i profili relativi alla compatibilità paesaggistica e i (diversi) profili urbanistici afferenti l’area;

- esso afferma la complessiva armonizzabilità fra il previsto intervento ed i manufatti preesistenti, omettendo di considerare - in punto di fatto - che: i ) l’intervento all’origine dei fatti di causa presenterebbe un impatto visivo più rilevante rispetto agli immobili preesistenti; ii ) detto intervento presenterebbe caratteristiche tipologiche e costruttive non armonizzabili con gli immobili preesistenti.

2.1. I motivi dinanzi sinteticamente richiamati (che possono essere esaminati in modo congiunto) non possono trovare accoglimento.

2.2. Il Collegio ritiene in primo luogo non essenziale ai fini del decidere l’esame della questione relativa al se il provvedimento del Soprintendente fosse illegittimo per violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento di annullamento, atteso che la sentenza appellata risulta comunque esente dalle censure rubricate in relazione al profilo di illegittimità concernente il superamento dei limiti all’esercizio del potere statale di mera verifica della legittimità del N.O. paesistico.

Pertanto, atteso che la pronuncia di annullamento odiernamente impugnata può validamente fondarsi anche soltanto sul secondo dei richiamati profili, il Collegio ritiene che il solo esame di tale profilo possa adeguatamente supportare una pronuncia reiettiva del proposto gravame.

In particolare, il Collegio ritiene che la pronuncia in questione risulti meritevole di conferma per la parte in cui ha ritenuto che il provvedimento del Soprintendente non si sia limitato a rilevare il semplice difetto di motivazione e di istruttoria in cui sarebbe incorso il Comune nell’adottare il N.O. paesistico, ma in realtà si sia spinto sino ad esprimere giudizi e valutazioni di carattere tecnico-discrezionale il cui contenuto (lungi dall’intervenire sul provvedimento oggetto di vaglio attraverso un mero controllo di legittimità) si è concretato in una vera e propria riedizione del potere esercitato in prima istanza, con l’effetto di sovrapporre il giudizio discrezionale dell’Organo statale a quello dell’Ente (sub-)delegato al rilascio dei nulla-osta in questione.

Ed infatti, dall’esame del provvedimento di annullamento impugnato in prime cure, emerge che esso sia fondato sulla mera (e sostanzialmente apodittica) affermazione relativa alla non compatibilità fra il contenuto dell’intervento proposto e le esigenze di tutela rinvenienti dal vincolo esistente in loco (“ (…) il provvedimento comunale sopracitato comporterebbe la realizzazione di opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici [individuato dal decreto impositivo del vincolo], esigenze che rappresentano, come è noto, la ragione costitutiva del vincolo stesso ”).

Ed ancora, il provvedimento statale impugnato in prime cure fonda la determinazione di annullamento su aspetti che solo formalmente afferiscono la carenza di motivazione e la violazione di legge in relazione ad aspetti fattuali della proposta, mentre – a ben vedere – celano un approccio metodologico volto ad ascrivere all’alveo dell’illegittimità la mera difformità degli esiti della valutazione operata dall’Ente sub-delegato rispetto a quella (ritenuta) maggiormente corretta in base ad un alternativo approccio tecnico-discrezionale individuato dall’Autorità statale di controllo (cfr., sul punto: Cons. Stato, Sez. VI, 8 maggio 2008, n. 2122).

Non altrimenti può essere intesa quella sorta di pseudo-motivazione in cui consiste il proprium dei presunti vizi di legittimità nella specie individuati dalla Soprintendenza (“ (…) l’autorizzazione in esame, laddove attuata, comporterebbe l’alterazione di tratti caratteristici della località protetta, che sono la ragione stessa per cui la località medesima è sottoposta a vincolo ai sensi della normativa di tutela ambientale attualmente vigente, comportando una inammissibile deroga al vincolo stesso (…) ”).

In definitiva il Collegio osserva che, riguardando le censure di Parte appellante sotto il profilo sostanziale, emerge che i lamentati profili di difetto di motivazione e violazione di legge i quali vizierebbero l’autorizzazione paesaggistica comunale palesino – a ben vedere - altrettanti profili di valutazione circa i quali l’Amministrazione statale ha operato in concreto una sovrapposizione ( rectius : sostituzione) della propria valutazione di merito rispetto a quella compiuta dall’Amministrazione comunale in sede di rilascio del titolo autorizzatorio.

Dall’esame del provvedimento soprintendizio sinteticamente descritto in narrativa, infatti, emerge che la censura rubricata quale ‘difetto di motivazione’ non derivi da altro, se non dall’aver fornito una valutazione concreta affatto opposta rispetto a quella fornita in prima battuta dai competenti Organi regionali.

Conseguentemente, si ritiene che, adottando il provvedimento in premessa sinteticamente richiamato, la Soprintendenza abbia effettivamente operato in contrasto con l’ormai pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui il provvedimento statale di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica non possa costituire espressione di una valutazione discrezionale estesa al merito delle valutazioni inerenti l’oggetto di tutela, ossia di un tipo di valutazione la quale si palesi come sostitutiva e/o aggiuntiva rispetto alle proposizioni tecnico-discrezionali già espresse dai competenti Organi regionali in sede di rilascio dell’autorizzazione medesima (in tal senso, ex plurimis : Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 14 dicembre 2001, n. 9; id ., Sez. VI, sent. 30 maggio 2007, n. 2762; id ., Sez. VI, sent. 21 ottobre 2005, n. 5937).

2.3. Neppure possono trovare accoglimento i motivi di appello relativi al contenuto del parere della Commissione comunale ambientale in data 11 giugno 2002 (parere che, per altro, la Soprintendenza afferma di non avere ricevuto nel corso della fase procedimentale).

Si osserva al riguardo:

- che non possa trovare accoglimento il motivo relativo alla necessità di assoggettare i progetti ricadenti in area definita dal PTP regionale come A3 (di ‘ conservazione parziale ’) alla previa elaborazione di uno studio di compatibilità ambientale. Ciò, in quanto – come osservato dalla stessa Avvocatura erariale, e come è pacifico in atti – l’indicazione dell’area omogenea in questione costituiva il frutto di un mero errore materiale, atteso che il progetto ricadeva su un’area definita dal PTP regionale come B (a ‘ trasformabilità mirata ’), in relazione alla quale lo studio di compatibilità ambientale non era in concreto richiesto;

- che il parere in questione non opera alcuna irragionevole commistione fra nozioni di carattere urbanistico (le tipizzazioni di piano) e nozioni rilevanti ai fini paesaggistici, limitandosi - piuttosto – (e con valutazione non irragionevole) ad affermare la complessiva armonizzabilità fra le preesistenti costruzioni esistenti in loco e quella all’origine della presente decisione;

- che le ulteriori valutazioni relative alla ritenuta incongruenza del giudizio comunale per ciò che attiene la comparazione con le preesistenze costruttive esistenti nell’area di intervento non possano a propria volta supportare l’accoglimento della tesi di Parte appellante. Anche in questo caso, infatti, l’accoglimento delle tesi in questione postulerebbe il superamento dell’ambito dei poteri di controllo ordinariamente esercitabili dall’Organo statale in subjecta materia , con l’ulteriore aggravante che ciò sarebbe realizzato attraverso allegazioni svolte solo in corso di causa ( i.e .: attraverso una sorta di integrazione postuma della motivazione) in relazione ad atti che la Soprintendenza neppure ha valutato ai fini delle proprie determinazioni, pur disponendo ex lege del potere di disporne l’acquisizione agli atti del procedimento, laddove ritenuto necessari ai fini del decidere.

3. In base a quanto esposto, l’appello in epigrafe non può trovare accoglimento..

Il Collegio ritiene che sussistano nella specie giusti motivi onde disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

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