Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-09-02, n. 202407343

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-09-02, n. 202407343
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202407343
Data del deposito : 2 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/09/2024

N. 07343/2024REG.PROV.COLL.

N. 07617/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 7617 del 2022, proposto da
Pentax Industries S.p.A., Finpeg Partecipazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese dagli avvocati G B e A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A M in Roma, via Alberico II n. 33;

contro

Provincia di Verona, in persona del suo Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato I S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Verona, via Franceschine 10;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Terza), 1 aprile 2021, n. 426, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Verona;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2024 il Cons. G M e uditi per le parti gli avvocati Calderara, in sostituzione di Manzi, e Cuonzo, in sostituzione di Sorio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in trattazione, le società Pentax Industries s.p.a. e Finpeg Partecipazioni s.p.a., chiedono la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, 1 aprile 2021, n. 426, che ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado proposto (in riassunzione) dalle due società per l’accertamento del diritto al pagamento del residuo contributo di € 35.070,96, dovuto dalla Provincia di Verona nell’ambito del Patto Territoriale del Basso Veronese e Colognese sottoscritto il 12 dicembre 1999, in base al quale la società appellante figura quale soggetto beneficiario del contributo complessivo di € 105.873,66.

2. Con la sentenza, il T.a.r. ha dichiarato inammissibile l’azione di accertamento del credito per il contributo, sull’assunto che le ricorrenti avrebbero dovuto tempestivamente impugnare la determinazione n. 6685 del 28.12.2010, parzialmente rettificata con determinazione n. 2712 del 23.6.2011, con le quali la Provincia di Verona ha rideterminato definitivamente il contributo spettante alla società (disponendo, altresì, l’obbligo della medesima società di restituire l’importo di euro 32.370,39 erogato in eccedenza).

3. Le due società, rimaste soccombenti, hanno proposto appello riproponendo i motivi del ricorso di primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiedono la riforma.

4. Resiste in giudizio la Provincia di Verona, eccependo preliminarmente la irricevibilità dell’appello.

5. L’atto di appello sarebbe stato notificato alla Provincia soltanto in data 21 settembre 2022 mentre la sentenza è stata pubblicata il 1 aprile 2021. L’appello, pertanto, risulta notificato oltre il termine lungo di impugnazione di cui all’art. 92, comma 3, del codice del processo amministrativo. Nel caso in esame, la sentenza risulterebbe anche comunicata in pari data alla pec dell'avv. R B di Venezia, presso il cui studio legale avevano eletto domicilio le società ricorrenti nella procura alle liti a margine dell'atto di riassunzione.

Nel merito conclude per il rigetto del gravame.

6. All’udienza dell’11 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Con il primo motivo, le appellanti contestano la dichiarata inammissibilità del ricorso di primo grado in quanto il T.a.r. non avrebbe considerato che la causa è stata instaurata innanzi al giudice ordinario nel 2009, ossia prima dei vari provvedimenti negativi della Provincia (del 2010 e 2011) che il primo giudice ha considerato ai fini della dichiarazione di inammissibilità. Peraltro, tali atti successivi alla instaurazione del giudizio civile sarebbero stati comunque contestati nei loro contenuti, in quanto ritenuti inefficaci e inidonei ad incidere, in via unilaterale, su di un diritto soggettivo già acquisito, e i cui presupposti erano stati dimostrati.

8. Con il secondo motivo, le appellanti deducono l’erroneità della sentenza anche per non aver rilevato come i provvedimenti di asserita rideterminazione del contributo dovuto sono relativi a un diverso procedimento avviato sulla base di quanto previsto dall’art. 18-bis del D.L. 29.11.2008 n. 185 (secondo cui «allo scopo di favorire la definizione delle iniziative beneficiarie di contributi pubblici avviate prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il saldo del contributo può essere incassato a seguito di consegna al soggetto responsabile di un’autocertificazione attestante la percentuale di investimento realizzata, la funzionalità dello stesso e il rispetto dei parametri occupazionali. L’eventuale rideterminazione del contributo spettante avviene con salvezza degli importi già erogati e regolarmente rendicontati» ). In ogni caso si tratterebbe di atti unilaterali dell’amministrazione, inidonei a cambiare la natura della lite, alla quale andrebbero applicate le norme e i parametri formatisi fino all’ammissione al beneficio (avvenuta con la sottoscrizione del patto il 12 dicembre 1999), e quindi inefficaci e invalidi, se ed in quanto rideterminano il contributo da riconoscere ai fini restitutori, e non erano perciò idonei ad avviare un’eventuale procedura restitutoria: ciò in forza dell’effetto comunque sanante introdotto dal citato art. 18-bis del decreto-legge n. 185 del 2008.

9. Con il terzo motivo, reitera i motivi del ricorso di primo grado non esaminati dal primo giudice. In particolare contesta le affermazioni contenute nella relazione del soggetto istruttore (Unicredit Banca) secondo cui Pentax , a seguito del conferimento a Finpeg Partecipazioni , era divenuta impresa di grandi dimensioni e avrebbe perduto almeno in parte il diritto alle agevolazioni.

L’appellante sottolinea che il conferimento è intervenuto a far data dal 12 gennaio 2005, a oltre cinque anni dalla sottoscrizione del patto territoriale e quando l’investimento era stato interamente realizzato.

10. L’appello è irricevibile.

10.1. Come esattamente eccepito dalla Provincia di Verona, la notifica del ricorso in appello risulta tardiva (anche) rispetto al termine lungo di impugnazione previsto, a pena di decadenza, dall’art. 92, comma 3, del codice del processo amministrativo ( «In difetto della notificazione della sentenza, l’appello, la revocazione di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395 del codice di procedura civile e il ricorso per cassazione devono essere notificati entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza» ). La sentenza è stata pubblicata il 1° aprile 2021, mentre l’atto di appello è stato notificato solo il 20 settembre 2022.

10.2. Il punto, in linea di fatto, non è contestato dalle appellanti, le quali sostengono che la tardività della notifica si giustificherebbe con il fatto che la segreteria del T.a.r. per il Veneto non avrebbe mai comunicato l’avvenuta pubblicazione della sentenza (o comunque non l’avrebbe fatto all’indirizzo p.e.c. di uno degli avvocati delle società appellanti). Chiedono, pertanto, il riconoscimento dell’errore scusabile e la rimessione in termini, ai sensi dell’art. 37 del codice del processo amministrativo.

10.3. Le osservazioni delle appellanti non possono essere condivise, alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione e di questo Consiglio di Stato. In particolare, è sufficiente richiamare il consolidato orientamento della prima sulla questione della decorrenza del termine lungo di impugnazione (con riferimento all’art. 327, comma 1, del codice di procedura civile, sostanzialmente coincidente con l’art. 92, comma 3, c.p.a.), da ultimo precisato in questi termini: « […] il termine annuale [attualmente ridotto a sei mesi] di impugnazione delle sentenze, previsto in generale dall'art. 327 cod. proc. civ., […] decorre dalla pubblicazione della sentenza e quindi dal deposito di essa in segreteria, e non già dalla predetta comunicazione, rimanendo tale ultima attività estranea al procedimento di pubblicazione;
va al riguardo escluso ogni profilo di contrasto con gli articoli 24 e 3 Cost., poichè - anche alla luce delle indicazioni della sentenza n. 584 del 1980 della Corte Costituzionale - una diversa disciplina del termine in argomento altererebbe il sistema delle impugnazioni, nel quale la decorrenza fissata con riferimento alla pubblicazione è un corollario del principio secondo cui, dopo un certo lasso di tempo, la cosa giudicata si forma indipendentemente dalla notificazione della sentenza ad istanza di parte, sicché lo spostamento del dies a quo dalla data di pubblicazione a quella di comunicazione non solo sarebbe contraddittorio con la logica del processo ma restringerebbe irrazionalmente il campo di applicazione del termine lungo di impugnazione alle parti costituite in giudizio, alle quali soltanto la sentenza è comunicata ex officio;
quanto al possibile contrasto con l'art. 3 Cost. deve, poi, escludersi che rispetto al termine particolarmente ampio di cui al citato art. 327 possano operare come tertium comparationis termini particolarmente brevi (quali ad es. quelli propri della materia fallimentare: artt. 26, 98 comma primo, e 100, comma primo, legge fall.) il cui decorso, a seguito di declaratoria di incostituzionalità, è legato alla comunicazione, attesa la diversità del provvedimento impugnato e la differente durata dei termini prescritti»
(cfr. Cass. ord. n. 19535/2024, ed ivi ulteriore giurisprudenza conforme).

11. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato irricevibile.

12. La disciplina delle spese giudiziali del grado di appello segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi