Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-12-02, n. 202108039
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Testo completo
Pubblicato il 02/12/2021
N. 08039/2021REG.PROV.COLL.
N. 04383/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4383 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Ettore Grenci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio -OMISSIS-, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2021 il Cons. Ezio Fedullo e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con la sentenza appellata, il T.A.R. per il Lazio ha respinto il ricorso proposto dall’odierno appellante, cittadino -OMISSIS- titolare di permesso per motivi di carattere umanitario in corso di validità, avverso il provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, adottato dal Ministro dell’Interno per ragioni di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, ai sensi dell’art. 13, comma 1, d.lvo n. 286/1998 e dell’art. 3, comma 1, d.l. n. 144/2005, -OMISSIS-.
I motivi del provvedimento espulsivo sono compendiati nei seguenti passaggi del suo preambolo:
- “preso atto che per il predetto non emergono situazioni impeditive al rimpatrio tali da trovare rimedio nella misura residuale prevista dall’art. 19 co.1 e 1.1. del T.U.I., così come da comunicazione della Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale -OMISSIS-”;
- “esaminati gli atti d’ufficio, dai quali risulta che lo stesso è particolarmente attivo nel contesto del -OMISSIS- -OMISSIS- ed, in data -OMISSIS-, lo stesso è stato tratto in arresto per il reato di cui all’art. 1 della legge 865/1967 (disposizioni per il controllo delle armi) con l’aggravante della finalità del terrorismo, in quanto trovato in possesso di -OMISSIS-”;
- “preso atto che da attività info-investigativa risulta che il predetto ha fornito concreto supporto a noti -OMISSIS- ritenuti responsabili di -OMISSIS-;
- “valutato che il predetto ha manifestato in diversi contesti una spiccata pericolosità, come dimostrano il deferimento o l’arresto per plurime fattispecie di reato, concretizzatesi sia nell’ambito di -OMISSIS- che tramite condotte individuali quali -OMISSIS-”;
- “ritenuto che la presenza in Italia del predetto costituisca una minaccia per la sicurezza dello Stato e che possa agevolare, in vario modo, organizzazioni o attività terroristiche”;
- “rilevato che la durata del soggiorno in Italia del cittadino -OMISSIS-, la sua età, la sua situazione familiare ed economica, il suo stato di salute, il suo livello di integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e l’importanza dei suoi legami in Italia non fanno venire meno la necessità di adottare nei suoi confronti un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale”.
All’ordine di espulsione irrogato con il provvedimento impugnato si aggiungeva l’avvertenza che lo straniero destinatario non sarebbe potuto rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno, ai sensi dell’art. 13, comma 13, d.lvo n. 286/1998: divieto la cui estensione temporale veniva determinata dall’Amministrazione in un periodo di -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 13, comma 14, d.lvo n. 286/1998, “in considerazione del particolare profilo di pericolosità sociale evidenziato dallo straniero, come specificato in premessa”.
Il T.A.R., dopo aver inquadrato il provvedimento nell’alveo delle misure preventive finalizzate a prevenire il compimento di reati, essendo “il presupposto per l’espulsione costituito solo dai fondati motivi per ritenere che la presenza dello straniero possa agevolare in vario modo organizzazioni o attività terroristiche e, comunque, mettere in pericolo, con azioni anche proselitistiche, la sicurezza dello Stato”, ed evidenziato che “anche la tutela della vita privata e familiare, sancita dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, non è incondizionata, posto che l’ingerenza dell’autorità pubblica nella vita privata e familiare è consentita, ai sensi dell’art. 2 ( recte , art. 8, comma 2) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), se prevista dalla legge quale misura necessaria ai fini della sicurezza nazionale, del benessere economico del Paese, della difesa dell’ordine e della prevenzione dei reati, della protezione della salute e della morale e della protezione dei diritti e delle libertà altrui”, ha ritenuto che “il provvedimento del Ministro dell’Interno impugnato enuncia elementi di fatto più che sufficienti a fornire fondati motivi per ritenere che la permanenza dello straniero nel territorio dello Stato possa agevolare organizzazioni o attività anche di stampo terroristico, in grado di minacciare la sicurezza del Paese”.
I suddetti elementi sono stati ricavati dal giudice di primo grado, alla luce della documentazione depositata in giudizio, dalle circostanze di seguito richiamate:
- l’arresto del ricorrente - seguito dalla condanna del medesimo -OMISSIS-, da parte del Tribunale -OMISSIS- alla pena di -OMISSIS- di reclusione, confermata dalla Corte di Appello -OMISSIS- e risulta passata in giudicato - per il reato di -OMISSIS- (risalente al mese di -OMISSIS-): nell’occasione, il ricorrente è stato trovato in possesso di -OMISSIS- -OMISSIS-; nella stessa abitazione è stata altresì rinvenuta -OMISSIS- -OMISSIS- e di un documento -OMISSIS-;
- la condanna dello straniero, disposta nella stessa occasione, -OMISSIS-;
- l’attribuzione allo straniero, nell’ambito dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale -OMISSIS- a carico di -OMISSIS- attivi nell’-OMISSIS- -OMISSIS- (in quanto ritenuti responsabili di -OMISSIS-), del ruolo di punto di riferimento per l’-OMISSIS- attiva nell’area -OMISSIS-;
- la precedente condanna dello straniero, con sentenza del Tribunale -OMISSIS- del -OMISSIS-, per il reato di -OMISSIS- e la sua segnalazione all’Autorità Giudiziaria in numerose occasioni in relazione ad ipotesi di -OMISSIS- ed altri fatti di reato.
Il T.A.R. ha altresì rilevato che il giudizio di bilanciamento effettuato dall’Amministrazione – tra l’esigenza di salvaguardare i beni della sicurezza dello Stato e della incolumità dei cittadini, da un lato, e la tutela degli interessi del ricorrente alla permanenza sul territorio dello Stato, come da lui rappresentati in ricorso - non peccava di irragionevolezza, sul rilievo che “è del tutto idonea, per la giustificazione del provvedimento di espulsione, la mera valutazione che a persone contigue, simpatizzanti o comunque idealmente vicine o in contatto con un -OMISSIS-, non si possa consentire di permanere sul territorio italiano, ciò in quanto la sicurezza della Repubblica è interesse di rango certamente superiore rispetto a quello dello straniero a rimanere in Italia”.
In particolare, quanto alla dedotta “caduta”, in sede penale, dell’aggravante della finalità terroristica della condotta, il giudice di primo grado ha rilevato che “ai fini che qui interessano, è proprio la potenzialità di poter arrecare un grave danno al Paese l’oggetto del bene che il provvedimento impugnato, in applicazione dell’art. 13 del d.lgs n. 286 del 1998 e dell’art. 3, comma 1, del decreto legge n. 144 del 2005 (conv. in legge n. 155 del 2005), tende proprio a tutelare”, mentre, quanto al riferimento alla “-OMISSIS-” del ricorrente, ha evidenziato il T.A.R. che “è lo stesso Tribunale civile -OMISSIS- che, -OMISSIS-, nel riconoscere all’istante la protezione umanitaria, ha espresso dubbi sul -OMISSIS- dallo stesso dichiarato e, invero, ha ancorato il predetto riconoscimento all’-OMISSIS-”, con la conseguente insussistenza dei presupposti per l’applicazione dei divieti di espulsione previsti dall’art. 19, commi 1 e 1.1, del d.lgs n. 286/1998.
Mediante i motivi di appello – al cui accoglimento si oppone l’Amministrazione appellata – l’originario ricorrente ribadisce l’illegittimità del provvedimento originariamente impugnato e, quindi, l’erroneità della sentenza di primo grado, che ha escluso la sussistenza dei vizi dedotti, in vista della riforma di quest’ultima e del consequenziale annullamento del primo.
Tanto premesso, la complessità dei temi sollevati – inevitabile riflesso della peculiare delicatezza degli interessi coinvolti, sia sul versante dell’Amministrazione, che si prefigge di preservare, mediante il provvedimento impugnato in primo grado, la sicurezza dello Stato (in senso istituzionale e comunitario) dal pericolo di aggressioni attuate mediante azioni violente di ordine terroristico, sia nella prospettiva del ricorrente, che fa valere l’interesse alla conservazione del suo status esistenziale, che non può non risultare radicalmente sovvertito dal rimpatrio forzoso discendente dal provvedimento espulsivo – impone una analisi articolata secondo una precisa quanto razionale sequenza, essendo necessario:
- in via preliminare, verificare se il provvedimento impugnato si fondi su una esaustiva e coerente ricostruzione dei suoi presupposti legittimanti, così come disegnati dal legislatore con le norme disciplinatrici del potere di cui esso costituisce espressione;
- in secondo luogo, e laddove la suddetta verifica abbia esito positivo, accertare se la misura espulsiva sia “proporzionata” in rapporto all’interesse perseguito, alla luce delle ripercussioni che essa è destinata a produrre sulla sfera