Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-11-11, n. 201405525

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-11-11, n. 201405525
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201405525
Data del deposito : 11 novembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05899/2011 REG.RIC.

N. 05525/2014REG.PROV.COLL.

N. 05899/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5899 del 2011, proposto da:
Autostrade per l'Italia Spa, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. F P, P G, con domicilio eletto presso P G in Roma, viale Manzoni, 13;

contro

C F F, rappresentato e difeso dall'avv. A V, con domicilio eletto presso Giovanni Bonaccio in Roma, Piazzale Clodio, 56 IV Piano,Int.8;

nei confronti di

Anas Spa, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;
Comune di Sant'Elpidio A Mare, Regione Marche, Soprintendenza Archeologica delle Marche, Provincia di Acoli Piceno;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. delle Marche – Sede di Ancona- Sezione I n. 00215/2011, resa tra le parti, concernente espropriazione terreno per ampliamento area di servizio chienti ovest;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di C F F e di Anas Spa e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Scialò, per delega dell'Avv. Giampietro, Bonaccio, per delega dell'Avv. Valentini, e l'Avvocato dello Stato Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata, il Tribunale amministrativo regionale delle Marche – sede di Ancona - ha accolto il ricorso di primo grado proposto dalla odierna parte appellata C F F, volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento di apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione di cui al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 0257/UTM del 20/2/2009, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Il procedimento finalizzato all’apposizione del vincolo preordinato all’espropriazione ed all’approvazione (con conseguente dichiarazione di pubblica utilità) del progetto relativo all’ampliamento dell’area di servizio Chienti Ovest, progetto interessava infatti alcuni lotti di terreno di proprietà dell’originario ricorrente che era insorto prospettando plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il T ha dato atto della circostanza che, in vista della celebrazione dell’udienza di trattazione del merito del ricorso, la società intimata aveva depositato in giudizio la comunicazione di avvio dei procedimenti di annullamento d’ufficio dell’atto impugnato e di reiterazione del procedimento di apposizione del vincolo. La difesa di parte appellata si era opposta alla declaratoria di improcedibilità sopravvenuta ricorso ed ha insistito per l’accoglimento della domanda e, in ogni caso (ossia anche laddove il Tribunale avesse dovuto ritenere che era sopravvenuta la carenza di interesse alla decisione), per la condanna dell’intimata ASPI alle spese del giudizio.

Il T, sul rilievo che alla data di decisione della causa l’atto impugnato non era ancora stato annullato ha ritenuto di escludere che il mezzo fosse divenuto improcedibile, e l’ha esaminato nel merito affermando in via assorbente la fondatezza del primo e del quarto motivo.

Quanto alla prima censura, il fatto stesso che si fosse deciso di annullare d’ufficio l’atto impugnato era sintomatico della fondatezza della censura con cui il sig. F aveva dedotto la violazione dei diritti di partecipazione al procedimento, sanciti nello specifico dall’art. 11 del T.U. n. 327/2001.

Nel merito, in base al T.U. n. 327/2001 ed al DPR n. 383/1994, il complesso procedimento finalizzato all’espropriazione delle aree necessarie per l’esecuzione dei lavori sulla rete autostradale si articolava nelle seguenti fasi (in parallelo alle quali poteva poi svolgersi anche la procedura di V.I.A.):

- apposizione del vincolo finalizzato all’espropriazione;

- dichiarazione di pubblica utilità;

- eventuale occupazione d’urgenza ed emissione del decreto di esproprio.

In base alle predette norme, l’apposizione del vincolo poteva discendere dagli esiti di una conferenza di servizi (ed era questo il modus procedendi utilizzato nella specie).

Da ciò conseguiva che, in base agli artt. 10 e 11 del T.U. n. 327/2001, il proprietario interessato doveva ricevere la comunicazione di avvio del procedimento almeno venti giorni prima dello svolgimento della conferenza di servizi, pena la sostanziale inutilità della partecipazione (dovendosi garantire la possibilità se non di prendere parte, quantomeno di far pervenire alla conferenza di servizi le proprie osservazioni e non già di intervenire nel procedimento quando la decisione finale era stata già presa).

Nel caso di specie, la comunicazione di avvio del procedimento era stata inizialmente inviata al sig. F quasi lo stesso giorno in cui il Provveditore Interregionale delle OO.PP. per l’Emilia Romagna e le Marche aveva adottato il decreto che accertava il perfezionamento dell’intesa Stato-Regione ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 del dPR n. 383/1994.

Questa comunicazione era stata però inviata ad un indirizzo errato (e al riguardo la responsabilità di ciò era ascrivibile unicamente ad ASPI, che ha palesemente confuso la città in cui risiede il sig. F, scambiando Pergola per Perugia), per cui, con la comunicazione impugnata, l’avviso di avvio del procedimento era stato ripetuto. Ciò aveva ulteriormente aggravato la posizione dell’originario ricorrente, il quale non aveva avuto nemmeno la possibilità di far valere le proprie ragioni prima che le determinazioni assunte dalla conferenza di servizi del 10/12/2008 fossero cristallizzate nel decreto del Provveditore Interregionale.

Pertanto, anche se ASPI aveva concesso un nuovo termine per la presentazione di osservazioni, la partecipazione non avrebbe avuto alcuna utilità, atteso che il provvedimento di apposizione del vincolo era stato già adottato (né rilevava in senso contrario la circostanza che gli atti iniziali del procedimento fossero stati regolarmente pubblicizzati sul sito internet di ASPI, sui mezzi di informazione e sul B.U.R.M., trattandosi di atti da comunicare individualmente ai proprietari interessati –peraltro non ricorrendo i presupposti di cui al comma 2 dell’art. 11 T.U. n. 327/2001-).

Il primo giudice ha inoltre affermato la propria condivisione della tesi secondo la quale il progetto in questione dovesse essere sottoposto a verifica di assoggettabilità alla V.I.A. statale, (quarto motivo di ricorso).

Al riguardo, si osserva che la difesa di ASPI, sul punto, si era limitata a richiamare un parere del Ministero dell’Ambiente risalente al 28 dicembre 2005 che si rifaceva, a sua volta, al

DPCM

10/8/1988, n. 377.

Questo parere avrebbe potuto avere una sua intrinseca validità: non era trascurabile, però la circostanza che alla data di presentazione del progetto in questione era già vigente il D.Lgs. n. 152/2006, che,aveva modificato sensibilmente la disciplina sulla V.A.S. e la V.I.A.

ASPI aveva presentato un primo progetto in data 22/12/2005;
poiché tale progetto aveva fatto registrare numerosi rilievi da parte degli enti coinvolti nel procedimento, in data 19/2/2008 ASPI aveva deciso di ripresentare un nuovo progetto che, come risultava dal preambolo del decreto n. 0257/UTM, annullava e sostituiva il precedente.

Pertanto, il progetto sul quale aveva deliberato la conferenza di servizi (e prima ancora la Regione Marche e il Comune di Sant’Elpidio a Mare) era stato presentato in un momento in cui erano già vigenti le modifiche al T.U. Ambiente di cui al D.Lgs. n. 4/2008.

Il c.d. decreto correttivo aveva modificato l’allegato II al T.U., stabilendo che la verifica di assoggettabilità a V.I.A. riguardava, fra le altre, le modifiche e le estensioni dei progetti elencati nello stesso allegato II (combinato disposto fra l’art. 6 del d.Lgs. n. 152/2006, come modificato dal d.Lgs. n. 4/2008, e i numeri 10) e 18) dell’allegato II).

Le conclusioni non mutavano nemmeno se si fosse ritenuto applicabile il d.Lgs. n. 152/2006 nella sua versione originaria, visto che l’art. 23 del T.U. stabiliva che erano assoggettati alla procedura di V.I.A. “i progetti di cui all'elenco A dell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto, ovunque ubicati..” (fra i quali rientravano anche le opere relative ad infrastrutture autostradali), nonché “…gli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle categorie del comma 1, qualora da tali interventi derivi un’opera che rientra nelle categorie stesse. Si applica altresì alle modifiche sostanziali di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui al comma 1, lettere a) e b)…”.

L’opera in argomento implicava modifiche sostanziali alla preesistente infrastruttura:ciò sia se tale valutazione fosse riferita solo alla stazione di servizio Chienti Ovest (la quale vedeva più che raddoppiata la propria superficie), sia se riferita alla A14 nel suo complesso (visto che il progetto si inseriva in un ampio quadro di interventi che prevedeva, in particolare, la realizzazione della terza corsia di marcia, in precedenza non esistente).

Da un punto di vista sostanziale, poi, l’omessa verifica di assoggettabilità non era irrilevante, visti i numerosi vincoli che interessavano la zona in argomento, né poteva rilevare il fatto che sul progetto si fossero espressi (ma non sullo specifico aspetto) sia la Regione che il Comune di Sant’Elpidio a Mare, trattandosi di V.I.A. statale.

Anche sotto questo profilo il ricorso è stato accolto dal T, mentre sono state disattese le altre censure, in quanto il Comune di Sant’Elpidio a Mare aveva inviato alla conferenza di servizi del 10/12/2008 un proprio dipendente, il quale si era limitato a riportare il parere formulato dal Consiglio Comunale con la deliberazione n. 29/2008: non sussisteva quindi alcuna violazione delle disposizioni della L. n. 241/1990 che disciplinavano l’istituto della conferenza di servizi.

Per altro verso, la eventuale violazione dell’art. 55 del D.Lgs. n. 112/1998 non determinava l’illegittimità dei provvedimenti che approvavano singoli progetti di opere pubbliche di interesse statale, attesa la chiara valenza programmatoria e organizzatoria della norma. Peraltro, per quanto concerneva gli effetti urbanistico - territoriali dell’inserimento dell’opera nel territorio comunale, si trattava di aspetti che erano stati comunque esaminati sia dal Comune di Sant’Elpidio a Mare che dalla Regione Marche (deliberazione di G.R. n. 1483/2008), mentre per quanto riguardava gli effetti ambientali la questione – ad avviso del T – avrebbe dovuto essere esaminata nell’ambito della procedura di V.I.A.

La odierna parte appellante, già resistente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ha in primo luogo ripercorso le principali tappe infraprocedimentali che avevano dato luogo ai provvedimenti gravati in primo grado.

Ha quindi fatto presente di avere inoltrato comunicazione individuale al F dell’avvio del procedimento inviandola il 11.2.2009 (la comunicazione sul sito internet avvenne il 17.2.2009, e sul Bur il 19.2.2009);

detta notifica non andò a buon fine a causa dell’errato indirizzo del F: venne reiterata il 17.3.2009 ed il F fu rimesso in termini per la presentazione delle osservazioni (la nuova data di decorrenza venne individuata nel 25.3.2009).

Quanto al primo capo accoglitivo (incentrato sulla sostanziale omissione dell’avviso dell’avvio del procedimento) ha fatto presente che essa, già nel corso del giudizio di primo grado aveva assunto l’iniziativa di richiedere agli Enti competenti l’avvio del procedimento di annullamento in autotutela del Decreto 20.2.2009 (notificato dopo l’emanazione dello stesso, e non 20 giorni prima, come dalla legge prescritto) e di reiterazione del procedimento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

Ne discendeva che il T non avrebbe dovuto (muovendo dalla constatazione che comunque il provvedimento gravato non era stato annullato) pronunciarsi sul detto petitum posto che era evidente che, essendo stato chiesto l’annullamento in autotutela del detto atto, la procedura non avrebbe potuto proseguire.

In ogni caso (con ciò reiterando le eccezioni già proposte nel giudizio di primo grado) il T non si era neppure pronunciato sulla invocata applicabilità dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990, ed in ogni caso non aveva tratto corretto convincimento dalla circostanza che, comunque, seppur viziata, la comunicazione dell’avvio del procedimento era stata data all’appellato F, e quest’ultimo non aveva fornito alcun apporto infraprocedimentale.

Quanto al secondo capo demolitorio, dopo avere rammentato che l’intervento di ampliamento afferiva ad una struttura già esistente l’appellante ha contestato integralmente l’approdo cui era giunto il primo giudice in tema di obbligatoria sottoposizione a Via del progetto per cui è causa.

Il senso della gravata decisione era chiaro: il parere del Ministero dell’Ambiente 28.12.2005 (emanato nella vigenza del

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