Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-01-18, n. 201900481
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Pubblicato il 18/01/2019
N. 00481/2019REG.PROV.COLL.
N. 08872/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8872 del 2013, proposto da
Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
C M M P, P B, L B, B D R, G I, R M, G D B, Giuseppa D'Arrigo, G C, C G, M P A, M C L V, A V, A M B, F R, L E, G L C, Brigida Rita Mattarella, Rosa Anna Garsia non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III BIS n. 07781/2013, resa tra le parti, concernente determinazione della dotazione organica per la provincia di trapani del personale amministrativo tecnico ed ausiliario della scuola
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il Cons. O M C e uditi per le parti gli avvocati Marco Stigliano Messuti dell'Avvocatura Generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È appellata la sentenza del Tar Lazio, sez. III bis n. 7781/2013, d’accoglimento del ricorso di primo grado, avente ad oggetto l’annullamento dell’“accantonamento” (cioè la riduzione) dei posti previsti in organico per il profilo di collaboratore scolastico, nella misura del venticinque per cento: il decreto interministeriale n. 66 del 2001 ha previsto che tali posti, “pur concorrendo a costituire l’organico di istituto, non sono disponibili per alcuna delle operazioni concernenti la mobilità ovvero le assunzioni, a qualsiasi titolo, di personale”.
I ricorrenti hanno dedotto che, in conseguenza dell’ “accantonamento” dei posti disponibili nella provincia di Trapani di loro iscrizione, per l’anno scolastico 2012/2013 hanno subito il pregiudizio, consistente nella concreta riduzione di possibilità di stipulare i contratti di lavoro.
2. Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso principale, poiché è stato poi formalizzato il decreto, ha accolto il ricorsi per motivi aggiunti ed ha annullato il decreto interministeriale così come approvato, e gli atti di esso attuativi, ritenendo che l’accantonamento si dovesse operare, così come sostenuto dai ricorrenti, non sui posti in organico, ma sui soli posti vacanti.
3. Il MIUR e l’Ufficio scolastico regionale hanno impugnato la sentenza del TAR, con appello che contiene un unico motivo di violazione dell’art. 35, comma 9, della l. 27 dicembre 2002, n. 289, e dell’art. 58, comma 5, del d.l. 21 giugno 2013. n. 69, convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, con il quale hanno sostenuto che la riduzione, così come operata, sarebbe stata imposta direttamente dalla legge.
In esito all’udienza pubblica del giorno 11 maggio 2017, la Sezione, con l’ordinanza 16 giugno 2017, n. 2945, ha disposto incombenti istruttori, chiedendo alle Amministrazioni appellanti come fosse stata in concreto determinata la quota dei posti da accantonare.
L’Amministrazione ha adempiuto, depositando una relazione.
4. Alla pubblica udienza del 13.12.2018 la causa, su richiesta della parte, è stata trattenuta in decisione
5. L’articolato motivo di appello è infondato.
Gli atti impugnati in primo grado hanno disposto il cd “accantonamento” di posti in organico di collaboratore scolastico (nel linguaggio corrente, dei “bidelli”), che – unitamente ad altre figure come i “cuochi” o i “guardarobieri” presenti nei convitti, fanno parte del “personale ausiliario, tecnico e amministrativo” (‘A.T.A.’) della scuola statale.
5.1 Quanto all’interesse posto a base delle censure di primo grado, va osservato che, in base alla legislazione vigente, i posti di collaboratore scolastico sono coperti utilizzando le graduatorie o gli elenchi degli aspiranti abilitati (redatti per ogni provincia, ovvero da ogni circolo od istituto), ordinati sulla base di punteggi che dipendono, in linea di principio, dalla anzianità di iscrizione e dal possesso di particolari titoli.
Gli aspiranti vengono chiamati all’inizio di ogni anno scolastico, a cominciare da coloro i quali hanno il punteggio più alto, per sottoscrivere contratti di lavoro o a tempo determinato (di durata corrispondente all’anno scolastico stesso, e in tal caso rimangono lavoratori precari) o a tempo indeterminato (che corrisponde all’assunzione in ruolo), nei limiti dei posti previsti in organico.
5.2 Quanto alle assunzioni del personale A.T.A., la normativa di riferimento è contenuta nell’art. 554 del d. lgs. 16 aprile 1994, n. 297, che ai primi due commi dispone:
- “1. Le assunzioni nei ruoli della quarta qualifica sono effettuate mediante concorsi provinciali per titoli, indetti annualmente nei limiti delle vacanze dell'organico, dai provveditori agli studi sulla base di un'ordinanza del Ministro della pubblica istruzione, la quale indicherà, fra l'altro, i titoli ed i criteri di valutazione”;
- “Ai predetti concorsi è ammesso il personale A.T.A. non di ruolo, con almeno due anni di servizio prestato, senza demerito, con qualifiche corrispondenti a quelle dei ruoli per i quali i concorsi sono indetti. È consentita la partecipazione al solo concorso indetto nella provincia in cui si presta servizio alla data di pubblicazione del bando”.
Tali disposizioni prevedono che il concorso per l’assunzione del personale A.T.A. è quindi riservato, in quanto presuppone un precedente servizio non di ruolo nella relativa qualifica.
Il relativo requisito si acquisisce attraverso la partecipazione all’apposito concorso per il personale A.T.A., che è bandito dal MIUR - tendenzialmente ogni 3 anni - non per le assunzioni a tempo indeterminato, ma per attribuire gli incarichi di supplenza ovvero a tempo determinato: a titolo di esempio, l’ultimo concorso in ordine di tempo risulta indetto con il D.M. 30 agosto 2017, n. 640.
5.3 Gli incarichi di supplenza sono disciplinati dall’art. 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124, i cui primi tre commi – richiamati dal comma 11, sul personale A.T.A. - prevedono:
- “1. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l'utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo”;
- “2. Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario”;
- “3. Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee”.
5.5 Dalle sopra riportate disposizioni, emerge che chi è interessato a diventare collaboratore scolastico deve anzitutto partecipare al concorso triennale per le assunzioni a tempo determinato: chi lo supera è inserito nella terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto, alle quali si attinge per assegnare le supplenze, cioè le assunzioni a tempo determinato.
Dopo 24 mesi di servizio, anche non continuativi, ai sensi dell’art. 554 citato l’interessato potrà poi essere iscritto nelle graduatorie provinciali, dalle quali si attinge sia per le assunzioni a tempo determinato, sia per le assunzioni a tempo indeterminato, con le quali il rapporto di lavoro diventa di ruolo.
5.6. L’organizzazione scolastica, nella materia in esame, si caratterizza anche per le seguenti considerazioni.
In primo luogo, le graduatorie di circolo e quelle di istituto comprendono anche una prima ed una seconda fascia.
La ‘prima fascia’ è costituita da coloro i quali hanno già maturato il requisito dei 24 mesi di servizio, i quali, quindi, oltre alla possibilità di essere assunti in ruolo, conservano la possibilità di accedere a ulteriori rapporti di lavoro precari.
Vi è poi la ‘seconda fascia’ delle graduatorie di circolo e di istituto, costituita dalle ‘graduatorie ad esaurimento’.
Si tratta di due ulteriori elenchi - denominati ‘graduatorie ad esaurimento’ perché destinati ad esaurirsi con l’assunzione in ruolo dell’ultimo dei relativi iscritti – che sono stati istituiti con i decreti ministeriali 19 aprile 2001, n. 75, e 24 marzo 2004, n. 35.
Le ‘graduatorie ad esaurimento’ costituiscono anzitutto la ‘seconda fascia’ delle graduatorie di circolo e di istituto, ovvero consentono di accedere alle assunzioni a tempo determinato e alle supplenze con preferenza sulla terza fascia, se pure dopo la prima fascia.
Inoltre, le ‘graduatorie ad esaurimento’ - assieme alla graduatoria di coloro che abbiano maturato i 24 mesi di servizio – concorrono a formare le graduatorie provinciali per le assunzioni a tempo indeterminato.
6. Da tale normativa, emerge che l’assunzione in ruolo di un collaboratore scolastico presuppone una precedente serie di assunzioni a tempo determinato e a titolo precario.
Ne consegue che le posizioni di coloro che mirano ad ottenere l’assunzione quale collaboratore scolastico rientrano nell’ambito di applicazione dell’Accordo quadro europeo 18 marzo 1999 sui contratti a tempo determinato, attuato con la direttiva 1999/70/CE 28 giugno 1999 del Consiglio, a sua volta attuata nell’ordinamento nazionale con il d. lgs. 6 settembre 2001, n. 368 (poi sostituito dagli artt. 19-29 del d. lgs. 15 giugno 2015, n. 81).
Tale normativa mira a prevenire l’abuso del contratto di lavoro a tempo determinato, in base al rilievo, sociale prima che giuridico, per cui una successione potenzialmente illimitata di contratti di tal tipo stipulati con il medesimo lavoratore comporta lo stesso effetto di una assunzione a tempo indeterminato, eludendo però le tutele contro il licenziamento illegittimo proprie di tale ultimo tipo contrattuale.
La stessa normativa si applica pacificamente alle pubbliche Amministrazioni, come stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (per tutte, Sez. II, 7 settembre 2006, in C.53/04, Marrosu e Sardino).
7. Quanto alle assunzioni del personale A.T.A., e in particolare dei collaboratori scolastici, la normativa successiva a quella contenuta nell’art. 554 del d.lgs. n. 297 del 1994 ha previsto regole derogatorie, sia in ordine ai casi in cui essi possono essere assunti a tempo indeterminato, sia in ordine alla possibilità stessa che essi possano ottenere una qualsiasi assunzione, a tempo determinato o indeterminato.
8. Le assunzioni a tempo indeterminato dei collaboratori scolastici sono state disciplinate dall’art. 4, comma 14 bis, della l. 124/1999, il quale aveva previsto che “I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze”, “in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo”, nei casi e modi previsti dalla legge, ovvero con le procedure già descritte.
Una regola analoga era contenuta nell’art. 10, comma 4 bis, del d. lgs. 368/2001, per cui “sono altresì esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto”, ovvero la regola per cui, nel caso di abuso di una successione di contratti a tempo determinato, il rapporto si trasforma per legge in contratto a tempo indeterminato.
Tale normativa si è posta in linea di continuità con una normativa sopravvenuta (irrilevante ratione temporis nel presente giudizio), e cioè con:
- l’art. 29, comma 2, lettera c), del d. lgs. 81/2015, per cui “Sono, altresì, esclusi dal campo di applicazione del presente capo”, ovvero dalle regole sul lavoro a tempo determinato, “i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze”: fra le disposizioni non applicabili, in particolare, ci sono quelle per cui, nel caso di abusi, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato;
- l’art. 1, comma 131, della legge 13 luglio 2015, n. 107, che ha fissato in trentasei mesi – pur se non continuativi - la durata massima dei contratti precari anche per il personale A.T.A., con riguardo però ai soli assunti dal 1° settembre 2016.
Tale disciplina derogatoria, che consente di reiterare, anche per periodi molto lunghi, i contratti a tempo determinato con il medesimo lavoratore, è stata ritenuta in contrasto con la normativa costituzionale ed europea.
Le relative questioni sono state affrontate dalla Corte costituzionale nella sentenza 15 giugno 2016, n. 187, e dalla Corte di giustizia nella sentenza sez. III, 26 novembre 2014, in C-22/13, in C-61/13 a C-63/13 e in C-418/13 Mascolo e altri, rispetto alla quale la Corte costituzionale è stata il giudice a quo nel giudizio definito con la sentenza 187/2016.
La Corte costituzionale, con tale sentenza, ha ritenuto contrastante con le norme europee l’art. 4 della l. 124/1999, nella parte in cui consentiva, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili dei docenti e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino. Nella motivazione, con riguardo specifico al personale A.T.A., la Corte ha poi chiarito che nel caso di abuso la sanzione è il risarcimento del danno, con esclusione della trasformazione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato.
Dalla sopra richiamata giurisprudenza, emerge da un lato che la reiterazione di contratti a tempo determinato per il personale A.T.A. è un risultato contrario ai valori del sistema e dall’altro che, in caso di incertezze interpretative, va seguita l’interpretazione che più comporti l’instaurazione di rapporti a tempo indeterminato, che rappresentano l’eventualità fisiologica nel sistema a seguito delle relative procedure di reclutamento.
8.1 Per quanto riguarda il cd “accantonamento”, la relativa disciplina si innesta nell’alveo dell’art. 8 della già citata l. 124/1999, per il quale:
- “1. Il personale ATA degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado è a carico dello Stato. Sono abrogate le disposizioni che prevedono la fornitura di tale personale da parte dei comuni e delle province”;
- “2. Il personale di ruolo di cui al comma 1, dipendente dagli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di entrata in vigore della presente legge, è trasferito nei ruoli del personale ATA statale ed è inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compiti propri dei predetti profili”.
Il citato art. 8 ha disposto la fondamentale riforma per la quale il personale A.T.A. è transitato dai ruoli degli enti locali a quelli dei dipendenti dell’Amministrazione dello Stato.
Senonché, come ha evidenziato il Ministero nella sua relazione di data 12 giugno 2013, pp. 3 e ss., al momento del trasferimento di tale personale dagli enti locali allo Stato, risultò che gli enti locali, a causa della insufficienza del personale da loro dipendente, avevano in molti casi affidato il servizio di pulizia – per alcuni istituti scolastici - a soggetti terzi, o con contratti di appalto esterno o con l’utilizzazione di lavoratori socialmente utili.
8.2 Il decreto interministeriale 23 luglio 1999, n. 184, ha preso atto di tale realtà e, all’art. 9, ha disposto che:
- “1. Lo Stato subentrerà nei contratti stipulati dagli Enti Locali alla data del 24 maggio 1999, ed eventualmente rinnovati in data successiva, per la parte con la quale sono state assicurate le funzioni ATA per le scuole statali, in luogo dell’assunzione di personale dipendente”;
- “2. Ai fini predetti, le autorità scolastiche periferiche e gli Enti Locali competenti stipuleranno, entro il 31.12.1999, apposite convenzioni che individuino le modalità di subentro nei contratti i quali, ferma la rispondenza ai requisiti di cui al comma precedente, potranno essere frazionati in corrispondenza di singole istituzioni scolastiche”;
- “3.Ferma restando la prosecuzione delle attività da parte di soggetti esterni impegnati in progetti LSU e LPU in corso ai sensi delle leggi vigenti, lo Stato subentrerà nelle convenzioni stipulate dagli Enti Locali con i soggetti imprenditoriali, comprese le cooperative, per la stabilizzazione di quei progetti per lavori socialmente utili e/o lavori di pubblica utilità che erano in atto nelle istituzioni scolastiche statali prima del 25 maggio 1999, anche se rinnovati successivamente, per lo svolgimento di funzioni ATA demandate per legge all’Ente Locale in sostituzione dello Stato”.
In tal modo, il decreto interministeriale ha disposto il subentro dello Stato nelle convenzioni allora efficaci, stipulate dagli enti locali.
8.3. Nelle relazioni depositate in giudizio, il Ministero appellante ha dedotto che:
- dal decreto interministeriale 23 luglio 1999, n. 184, sarebbe sorta la ‘necessità’ di accantonare i posti corrispondenti a quelli coperti dal personale esterno;
- di conseguenza, il decreto interministeriale 29 luglio 2011, n. 66, si sarebbe adeguato alle previsioni del precedente decreto interministeriale, per il quale la riduzione avviene sui posti in organico;
- l’utilizzazione del personale esterno per svolgere i servizi di pulizia degli edifici scolastici sarebbe stata consentita dalle norme vigenti per realizzare risparmi e giustificherebbe la riduzione dell’organico di istituto.
A tal riguardo, il Ministero ha richiamato:
- l’art. 40, comma 5, della l. 27 dicembre 1997, n. 449, per il quale “In coerenza con i poteri di organizzazione e di gestione attribuiti sono rimesse alle singole istituzioni scolastiche le decisioni organizzative, amministrative e gestionali che assicurano efficacia e funzionalità alla prestazione dei servizi, consentendo, tra l'altro, alle stesse istituzioni, anche consorziate fra loro, di deliberare l'affidamento in appalto dei servizi di pulizia dei locali scolastici e delle loro pertinenze, previa riduzione della dotazione organica di istituto, approvata dal provveditore agli studi sulla base di criteri predeterminati idonei anche ad evitare situazioni di soprannumero del personale, in misura tale da consentire economie nella spesa”;
- l’art. 35, comma 9, della l. 27 dicembre 2002, n. 289, per il quale “Le istituzioni scolastiche possono deliberare l'affidamento in appalto dei servizi di pulizia, di igiene ambientale e di vigilanza dei locali scolastici e delle loro pertinenze, come previsto dall'articolo 40, comma 5 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, aderendo prioritariamente alle convenzioni stipulate ai sensi dell' articolo 26 della legge 23 dicembre 1999 n. 488, e successive modificazioni, e dell' articolo 59 della legge 23 dicembre 2000 n. 388. La terziarizzazione dei predetti servizi comporta la indisponibilità dei posti di collaboratore scolastico della dotazione organica dell'istituzione scolastica per la percentuale stabilita con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la determinazione degli organici del personale amministrativo, tecnico e ausiliario del comparto scuola per l'anno scolastico 2002-2003 da ridefinire anche per tenere conto dell'affidamento in appalto del servizio di vigilanza. La indisponibilità dei posti permane per l'intera durata del contratto e non deve determinare posizioni di soprannumerarietà”.
Il Ministero, con la sua relazione di data 2 novembre 2017, ha inoltre dedotto che l’accantonamento per cui è causa, in precedenza disposto con atti amministrativi, sarebbe stato ‘legificato’:
- dall’art. 50, comma 2, del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla l. 4 aprile 2012, n. 35, per cui “Gli organici di cui al comma 1”, ovvero gli organici complessivi del personale scolastico, “sono determinati, complessivamente, … fatto salvo anche per gli anni 2012 e successivi l'accantonamento in presenza di esternalizzazione dei servizi per i posti del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA)”;
- dall’art. 58, comma 5, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 98, per il quale “A decorrere dall'anno scolastico 2013/2014 le istituzioni scolastiche ed educative statali acquistano, ai sensi dell' articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite della spesa che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009 n. . A decorrere dal medesimo anno scolastico il numero di posti accantonati non è inferiore a quello dell'anno scolastico 2012/2013. In relazione a quanto previsto dal presente comma, le risorse destinate alle convenzioni per i servizi esternalizzati sono ridotte di euro 25 milioni per l'anno 2014 e di euro 49,8 milioni a decorrere dall'anno 2015.”
Il Ministero – per rimarcare che per conseguire risparmi di spesa andrebbe ridotto l’organico del personale A.T.A. – ha richiamato l’art. 64, comma 3, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, che intendeva conseguire nel triennio 2009/2011 una riduzione del 17 per cento complessivo della consistenza numerica della dotazione organica del personale A.T.A. (comma ritenuto conforme alla Costituzione dalla sentenza della Corte cost. 12 dicembre 2012, n. 279).
Infine, nella medesima relazione, il Ministero ha rappresentato come nella propria prassi sia stata ripartita la percentuale dell’accantonamento pari al 25 per cento.
In sintesi, poiché l’orario del collaboratore scolastico è di sei ore giornaliere, si è stimato che all’interno di esso il tempo destinato alla pulizia dei locali sia pari a un’ora e mezza, ovvero a un quarto dell’orario giornaliero e, poiché l’affidamento al personale esterno della pulizia dei locali ‘esenterebbe’ i collaboratori scolastici da tale attività, si è determinata nel 25% dei posti di organico, ovvero in un quarto di esso, “l’entità congrua da accantonare per la compensazione dei costi contrattuali delle ditte di appalto delle pulizie dei locali” (relazione citata, p. 2, quarto paragrafo).
In base al quadro complessivo così delineato, il Ministero è giunto allora alla conclusione per cui la percentuale di accantonamento per cui è causa debba essere calcolata sui posti complessivi dell’organico, ovvero nella misura massima possibile, e non nella misura inferiore riferita ai soli posti vacanti nell’organico stesso.
9. Il Collegio non condivide le deduzioni delle Amministrazioni appellanti e ritiene invece corrette le statuizioni del TAR, in conformità con la giurisprudenza da esso richiamata, per la quale l’accantonamento va disposto soltanto sui posti vacanti di organico.
9.1 Va premesso che tra le parti non è controverso il se il decreto interministeriale impugnato in primo grado potesse o meno disporre la riduzione dell’organico dei collaboratori scolastici.
Più limitatamente, la questione riguarda il se la riduzione del 25% dell’organico – di per sé non contestata – poteva essere disposta sui posti in organico (come affermato nei provvedimenti ed è stato sostenuto nell’atto d’appello) o sui posti vacanti (come sostenuto dagli appellati, la cui tesi è stata ritenuta fondata dal TAR).
9.2 Come ha correttamente rilevato la sentenza impugnata, nessuna espressa disposizione primaria ha fissato il criterio della riduzione basata sui posti di organico.
Pertanto, ad avviso del Collegio, occorre tenere in considerazione argomenti di carattere sistematico, per giungere all’interpretazione preferibile della normativa primaria, cui ha inteso dare attuazione il contestato decreto interministeriale.
9.3 A differenza di quanto sostiene il Ministero, né i decreti legge n. 5/2012 e n. 69/2013, né altre norme di rango primario hanno espressamente previsto che la riduzione si debba calcolare sui posti complessivi di organico.
In particolare, i medesimi decreti legge si sono riferiti all’accantonamento di posti, ma non hanno precisato su quale grandezza l’accantonamento si debba calcolare: essi non hanno ‘legificato’ quanto disposto dagli atti amministrativi impugnati in primo grado.
9.4 In assenza di uno specifico criterio fissato da una norma di rango legislativo, si deve allora verificare se la riduzione si sarebbe potuta disporre sul numero dei posti in organico, in base ad un rilevante principio giuridico o a considerazioni di natura sistematica.
10. Rileva la Sezione che le vere ragioni della riduzione dell’organico dei collaboratori scolastici, nella misura contestata in questo giudizio, sono state esposte dal Ministero appellante nella relazione depositata innanzi al TAR (richiamata al § 5, ultima parte, della sentenza impugnata) e sono state ribadite dalle relazioni depositate dal Ministero nel corso del secondo grado del giudizio: “l’accantonamento è stato espressamente richiesto dal Ministero dell’economia al fine di garantire il livello occupazionale del personale delle ditte esterne di pulizia e, quindi, della certezza che dall’accantonamento dei posti derivasse, per il triennio di applicazione delle misure di contenimento della spesa di cui al richiamata art. 64 della legge n. 133/2008, la copertura finanziaria preesistente”.
11. Ritiene la Sezione che neppure tali considerazioni - per come richiamate nell’atto d’appello e nelle relazioni depositate nel corso del giudizio d’appello – possano giustificare la misura contestata dagli appellati.
Infatti, tale misura non risulta congrua e coerente, né rispetto alle esigenze di contenimento della spesa, né rispetto alla esposta finalità di “garantire il livello occupazionale del personale delle ditte esterne di pulizia”.
Quanto alle esigenze di contenimento della spesa, ritiene il Collegio che (salve le determinazioni del legislatore, di per sé sindacabili dalla Corte costituzionale), quando si tratta della organizzazione scolastica i provvedimenti amministrativi – di natura regolamentare, generale o comunque organizzativa – non si possono basare su considerazioni di natura esclusivamente finanziaria.
11.1. In ordine alla rilevanza delle considerazioni finanziarie, va innanzitutto rilevato che né negli atti impugnati in primo grado né nell’atto di appello sono stati richiamati dati oggettivi, da cui si possa desumere che in sede amministrativa sia effettivamente risultato che la riduzione dei posti – calcolata su quelli in organico e non su quelli vacanti – possa comportare una riduzione della spesa.
A parte l’apodittica e ripetuta affermazione sulla riduzione di spesa, non risulta – né è stato dedotto - che nel corso del procedimento (e neppure a seguito delle sollecitazioni istruttorie, che hanno condotto al deposito delle relazioni ministeriali nel corso dei due gradi del giudizio) vi sia stata una istruttoria al riguardo ovvero una ricostruzione dei dati rilevanti: da nessun elemento emerso nel corso del giudizio si può considerare giustificata o attendibile l’affermazione sulla ‘certezza’ segnalata dal Ministero.
11.2. In assenza di dati oggettivi, non si può neppure sostenere che un risparmio in re ipsa vi sarebbe per il solo fatto che si aumenti il numero da ‘accantonare’ dei posti in organico dei collaboratori scolastici.
Infatti, la riduzione dell’organico non è stata disposta in primo grado quale misura consequenziale all’oggettivo riscontro di una corrispondente riduzione dei servizi scolastici da fornire (ad esempio perché sono stati computati numeri decrescenti della popolazione scolastica oppure perché si è tenuto conto della soppressione e dell’accorpamento di istituti scolastici).
In altri termini, è pacifico che la riduzione non è stata la conseguenza di una riorganizzazione dei servizi, ma solo perché si è ritenuto di perfezionare un sistema volto a far svolgere dal “personale delle ditte esterne di pulizia” una parte della attività che va svolta dai collaboratori scolastici, in base alle disposizioni ordinamentali del Codice del 1994.
12. Anche il “fine di garantire il livello occupazionale del personale delle ditte esterne di pulizia”, rappresentato dal Ministero dell’economia al Ministero appellante, che lo ha fatto proprio, non giustifica la riduzione dell’organico nella misura superiore, calcolata sui posti di organico.
12.1. In primo luogo, si deve tener conto della ratio – esplicitata dalla stessa normativa (cfr. l’art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 468 del 1997) - in base alla quale dapprima gli enti locali e poi l’Amministrazione statale si sono avvalsi del personale diverso dai collaboratori scolastici.
Infatti, gli enti locali si sono avvalsi di tale personale poiché la relativa attività non poteva essere svolta dai collaboratori scolastici (verosimilmente per il mancato loro reperimento in utilizzabili graduatorie): il personale delle ditte di pulizia è stato chiamato in servizio per sopperire al deficit derivante dalla mancata possibilità di assumere i collaboratori scolastici.
Risulta dunque di per sé incongruo un criterio interpretativo che – in sede amministrativa - mira a capovolgere il sistema originario, disponendo che si formalizzi e si renda definitiva la mancata disponibilità dei collaboratori scolastici (con la riduzione del loro numero complessivo), con il conseguente perdurante utilizzo del personale non dipendente dello Stato.
Solo il legislatore (ovvero una norma secondaria applicativa della legge), infatti, può disporre - a detrimento delle posizioni dei collaboratori scolastici - misure dirette o indirette volte alla “stabilizzazione dell’occupazione dei soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili presso gli istituti scolastici” (cfr. l’art. 78, comma 31, della legge 23 dicembre 2000, n. 388), ovvero misure dirette all’estensione dei casi in cui tali soggetti possano svolgere attività lavorativa presso gli istituti scolastici, a scapito delle stesse posizioni dei collaboratori scolastici.
12.2. In sede amministrativa non si può dunque modificare il principio, desumibile dall’art. 554 del d. lgs. n. 297 del 1994, per il quale i servizi alla popolazione scolastica - anche ai minori che si trovano in delicate fasi della loro età evolutiva – sono di regola svolti da personale alle dipendenze della pubblica Amministrazione (ora aventi la qualifica di dipendenti dello Stato).
La scelta del Codice si basa anche sull’indefettibile esigenza che tra il personale dipendente, selezionato in base alla relativa normativa, gli alunni, i genitori e gli altri componenti della popolazione scolastica si creino rapporti personali e di conoscenza, tali da migliorare la sicurezza negli accessi nei locali e la qualità dei servizi (il che non si potrebbe ugualmente ravvisare quando vi è la turnazione degli addetti al servizio di pulizia).
In sede amministrativa non si può praeter legem introdurre o rafforzare un sistema tale da comportare l’introduzione negli ambienti scolastici di personale non egualmente selezionato.
12.3. La misura contestata dagli appellati neppure si può ritenere ragionevolmente fondata sulle argomentazioni rappresentate dalle Amministrazioni nelle sue relazioni, secondo cui si è tenuto conto del fatto che – rispetto all’orario di lavoro del collaboratore scolastico pari a sei ore - si è ‘stimato’ che all’interno di esso il tempo destinato alla pulizia dei locali sia pari a un’ora e mezza, ovvero a un quarto dell’orario giornaliero.
In primo luogo, rispetto ad una normativa che attribuisce ai collaboratori scolastici un insieme di compiti, il calcolo di un’ora e mezza per la pulizia dei locali non risulta basato su un atto istruito e motivato.
In secondo luogo, quand’anche fosse risultato uno specifico parametro per il calcolo del tempo dedicato alle pulizie, rispetto agli altri compiti istituzionali, si sarebbe dovuto considerare come si tratti di questioni organizzative per le quali i dirigenti degli istituti scolastici - a seconda delle contingenti esigenze - valutano il come avvalersi in concreto dei collaboratori scolastici, anche al fine di ottimizzare le loro attività, non potendosi distinguere a tal fine – in assenza di una previa disposizione normativa – il tempo da dedicare alle pulizie, nel corso del quale – peraltro - il medesimo personale può utilmente svolgere anche attività di assistenza e di vigilanza (ciò che comunque non rientra nei compiti del personale addetto esclusivamente alle pulizie).
Sotto tale profilo, va rimarcata la delicatezza dei compiti dei collaboratori scolastici, che – anche in applicazione del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59 (sulla scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, “costituito dalla scuola primaria e dalla scuola secondaria di primo grado”) e così come previsto nel contratto nazionale del 29 novembre 2007, tabella A, area A– hanno rilevanti compiti (connessi al loro status) anche con valenza educativa nei momenti quotidiani di attività, di mensa e di igiene personale, oltre quelli riguardanti l’ausilio materiale agli alunni portatori di handicap, l’accoglienza e la fase di chiusura dei locali dell’istituto scolastico, la sorveglianza degli alunni anche in tenera età, la custodia e la sorveglianza sui locali, la predisposizione del materiale didattico e di consumo, il coadiuvare i docenti nel proprio reparto per consentire il loro avvicendamento, i rapporti col pubblico, ecc.
Il computo forfettario del tempo dedicato alle pulizie (un’ora e mezza estrapolata dalle complessive ore di lavoro del collaboratore scolastico) ha assimilato situazioni disomogenee e comunque diverse, poiché ha ritenuto che un’ora e mezza del personale esterno di pulizia corrisponda di per sé ad un’ora e mezza di lavoro del collaboratore scolastico, mentre in realtà durante quel tempo il collaboratore scolastico può essere comunque chiamato a svolgere una qualsiasi altra attività inerente alla sua qualifica e comunque svolge attività di vigilanza, a differenza del personale addetto esclusivamente alle pulizie.
12.4. Concludendo sul punto, la ratio della misura esplicitata dal Ministero (quella volta a non incidere sul “livello occupazionale del personale delle ditte esterne di pulizia”) non giustifica la misura oggetto dell’annullamento del TAR, poiché:
- la normativa primaria si basa sul principio per il quale il personale esterno intanto svolge l’attività, in quanto risultino mancanti i collaboratori scolastici;
- gli atti impugnati in primo grado hanno assimilato il medesimo personale ai collaboratori scolastici, sulla base di un mero calcolo basato sulla frazione del tempo che i collaboratori scolastici dedicherebbero alle pulizie (calcolo che non si è basato su dati oggettivi e risulta avulso da considerazioni riguardanti la funzionalità dei servizi e le esigenze di cui devono tenere conto i dirigenti scolastici);
- si è data per acquisita una assimilazione, senza tener conto delle peculiarità delle articolate competenze dei collaboratori scolastici, nonché delle differenze dei requisiti previsti per le loro l’assunzione, e dunque dello status, delle professionalità e delle correlative responsabilità disciplinate dall’art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312 (connesse a quella dello Stato, prevista dall’art. 28 della Costituzione);
- non si è basato sul comprovato calcolo dei complessivi costi effettivi derivanti dallo svolgimento ‘esterno’ del servizio di pulizia e sulla verifica di quanto – rispetto ai complessivi oneri posti a carico dello Stato - sia effettivamente corrisposto al personale che svolga tale servizio.
12.5. Si è dato inoltre come un elemento acquisito e non riducibile - pur se non quantificato - il numero del personale delle ditte esterne di pulizia, oggetto delle varie convenzioni a suo tempo concluse, mentre invece si sarebbe dovuto tenere conto del principio per il quale le convenzioni stipulate da una pubblica Amministrazione non sono destinate ad avere efficacia a tempo indeterminato: alla loro scadenza (salva l’eventuale proroga della legge), i relativi rapporti e le connesse esternalizzazioni sono destinati ad estinguersi (in base al principio generale, di cui in materia è espressione anche l’art. 35, comma 9, della legge n. 289 del 2002, per il quale la indisponibilità dei posti di collaboratore scolastico “permaneper l'intera durata del contratto e non deve determinare posizioni di soprannumerarietà”, in quanto i relativi contratti sono destinati a cessare di avere efficacia).
L’accantonamento puro e semplice di una percentuale di posti in organico dei collaboratori scolastici a favore del personale delle ditte di pulizia (calcolato in base al dato numerico maggiore dei posti in organico) va invece nel senso opposto, anche perché – come si è sopra osservato - crea per definizione – e li amplia- i presupposti per l’ulteriore utilizzo del personale esterno, ribaltando il criterio sancito dalla legge, per il quale solo nel caso di carenza di disponibilità dei collaboratori esterni si può utilizzare il personale esterno.
D’altra parte, nei casi delle ‘esternalizzazioni’ richiamate dal Ministero nelle sue relazioni, si è previsto che occorra una valutazione specifica di convenienza (v. l’art. 40, comma 5, della legge n. 449 del 1997, per il quale le corrispondenti variazioni di bilancio si fanno “previo accertamento delle economie realizzate”, nonché il già citato l’art. 35 comma 9, della legge n. 289 del 2002, che contiene una previsione analoga).
Allo stesso modo, come si è sopra osservato, solo nei casi previsti dalla legge rileva l’esigenza, di indubbio valore sociale, di stabilizzare l’occupazione degli addetti alle pulizie (v. l’art. 78, comma 31, della l. 23 dicembre 2000, n. 388, che ha inteso stabilizzare i rapporti di lavoro dei “soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili presso gli istituti scolastici” attraverso l’affidamento di servizi all’esterno, sempre però “secondo criteri e modalità che assicurino la trasparenza e la competitività degli affidamenti”).
12.6. Quale criterio interpretativo, va infine richiamato il principio enunciato al precedente § 6, su cui si basano le disposizioni primarie sull’assunzione del personale A.T.A.
Poiché vi è l’esigenza di contenere il precariato (così come richiesto dalle regole europee), tra le due interpretazioni possibili va scelta quella che maggiormente consente la costituzione (o il mantenimento) del rapporto di lavoro a tempo indeterminato dei collaboratori scolastici selezionati in base alle relative procedure (dal momento che, dalla normativa sopra riportata, risulta come siano recessive le posizioni degli addetti esterni alla pulizia, la cui chiamata si è giustificata per l’assenza dei collaboratori), e tale è l’interpretazione che implica il minor numero di posti accantonati.
13. In conclusione, l’appello va respinto.
14. La particolarità e la complessità delle questioni decise, sulle quali non constano precedenti in termini, giustificano la compensazione delle spese.