Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza breve 2020-07-17, n. 202004607

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza breve 2020-07-17, n. 202004607
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004607
Data del deposito : 17 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2020

N. 04607/2020REG.PROV.COLL.

N. 03783/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 c.p.a. sul ricorso NRG 3783/2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Fabio Massimo n. 88,

contro

il Comune di Montecarlo (LU), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. R Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Caio Mario n. 27, presso l’avv. -OMISSIS-A. Magni,

per la riforma

della sentenza del TAR Toscana, sez. III, n. -OMISSIS-/2020, resa tra le parti e concernente l’ordinanza n. 25 del 6 aprile 2019, con cui il Comune intimato ha ingiunto al ricorrente la rimozione di opere edili abusive, nonché gli atti preordinati e connessi, colà richiamati;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Montecarlo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del 9 luglio 2020 il Cons. Silvestro Maria Russo;

Dato atto che le parti hanno presentato memorie e non s’oppongono al passaggio della causa in decisione;

Dato atto pure che nella specie sussistono i presupposti ex art. 60 c.p.a., affinché la causa sia decisa nelle forme di cui al successivo art. 74;


Ritenuto in fatto che:

– il sig. -OMISSIS-, dimorante nella Repubblica slovacca —ma residente in Calabritto (AV), -OMISSIS- (giusta certificato di quel Comune in data 28 giugno 2019)—, dichiara d’esser proprietario, fin dal 2011 ed a seguito di donazione da parte dei suoi genitori, d’un terreno sito in Montecarlo (LU), -OMISSIS- e censito al CT fg. 13, part. 83, ad uso agricolo, in area soggetta a vincolo paesaggistico;

– a seguito di sopralluogo svolto in situ della Polizia municipale il 24 febbraio 2017, con nota prot. n. 8584 dell’8 agosto 2018 (comunicata in Calabritto con plico raccomandato del giorno successivo) il Comune ha avvisato il sig. -OMISSIS- dell’avvio del procedimento sanzionatorio relativo alle seguenti opere, realizzate senza titoli edilizi ed in assenza del n.o. paesaggistico: a) un cassone metallico di autocarro, di m 2,30 x 5 (ad uso di ricovero attrezzi agricoli);
b) una cella frigorifera con struttura in metallo e plastica, di m 5,50 x 2,50, alta ca. m 2,50 (ad uso di ricovero attrezzi agricoli), appoggiata su un cordolo perimetrale in cemento;
c) una tettoia con orditura in legno e coperta in plastica è meramente appoggiata su tali manufatti;
d) una recinzione in pali di cemento e rete metallica di ca. m 7 x 9, adibita a pollaio;
e) un’altra recinzione della stessa fattura di forma trapezoidale, ad uso di canile, di m 17,90 x 8 e di m 12,90 x 5,20;

– stante la natura abusiva di dette opere ed il difetto di n.o. paesaggistico, in assenza di novità il Comune, con ordinanza n. 25 del 6 aprile 2019 (notificata a mani proprie lo stesso giorno), ne ha quindi ingiunto al sig. -OMISSIS- la rimozione e la rimessione in pristino;

– avverso tal ordinanza e gli atti presupposti e connessi, il sig. -OMISSIS- s’è gravato innanzi al TAR Toscana, col ricorso NRG 780/2019, deducendo in punto di diritto: 1) – l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio e del presupposto verbale d’accertamento;
2) – l’obbligo di motivazione rafforzata sull’interesse pubblico perseguito, stante sia la vetustà di dette opere, sia l’avanzata età dei genitori del ricorrente (che ha impedito di rinvenire eventuali titoli autorizzativi), sia il difetto di ricerche da parte del Comune sul punto, indici d’un maturato affidamento in capo al privato;
3) – l’illegittima adozione d’un provvedimento, considerati tal vetustà, l’uso diuturno di tali opere e la residenza del ricorrente fuori d’Italia, nei confronti di soggetto che non è né proprietario né responsabile della realizzazione dei manufatti contestati, ferma la necessità d’applicare loro la normativa vigente al momento della realizzazione di essi, i quali costituiscono comunque pertinenze del fabbricato rurale non implicanti incremento di superficie o di volume e al più soggetti alla sola autorizzazione, se non edilizia libera;
4) – l’illegittimità dell’impugnata ordinanza, ove prevede sia l’acquisizione al patrimonio comunale, sia la demolizione di depositi di materiale agricolo;

Rilevato altresì che:

– l’adito TAR, con sentenza n. -OMISSIS- del 6 aprile 2020, ha integralmente respinto tal ricorso;

– il sig. -OMISSIS--OMISSIS- (genitore dell’odierno appellante e, a detta di questi, il vero conduttore / utilizzatore dell’area) assume d’aver proposto il successivo giorno 28 al Comune un’istanza per accertamento di conformità, a suo dire a sanatoria delle opere contestate nell’ordinanza n. 25/2019;

– ciò premesso, ha appellato quindi il sig. -OMISSIS-, col ricorso in epigrafe (notificato il 6 maggio 2020 e depositato il successivo giorno 13), deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza per: I) – l’avvenuta presentazione della citata istanza di sanatoria, a suo dire ai sensi dell’art. 36 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, degli artt. 142 e 209 della l. reg. Tosc. 10 novembre 2014 n. 65, nonché dell’art. 7 del DPR 7 settembre 2010 n. 160 (gestione telematica dei procedimenti proposti innanzi al SUAP), donde l’inefficacia ex tunc dell’ordinanza n. 25 e l’improcedibilità del ricorso di primo grado avente ad esclusivo oggetto tal provvedimento;
II) – l’importanza dirimente dell’omessa ricezione personale dell’avviso d’avvio del procedimento sanzionatorio, comunicato nella residenza italiana in Calabritto ed a mani del padre dell’appellante )nonostante il Comune appellato fosse ben consapevole dell’indirizzo di residenza in Slovacchia), a nulla rilevando né il certificato anagrafico reso dal Comune di Calabritto (non aggiornato e non essendo possibile avere contemporaneamente due residenze, in Slovacchia ed in Italia), né l’asserita inutilità del suo apporto partecipativo;
III) – non aver colto come, nella specie, il lungo tempo trascorso e altri elementi rilevanti abbiano fondato (alla luce della più recente giurisprudenza anche dopo l’Adunanza plenaria n. 9/2017) un legittimo affidamento in capo al proprietario sulla liceità delle opere ed abbiano imposto una motivazione rafforzata sullo specifico interesse pubblico alla rimozione di esse;
IV) – l’evidente modestia fisica e l’irrilevanza urbanistica e paesaggistica delle opere, mere pertinenze agricole per le quali non occorre il permesso di costruire (art. 137 della l.r. 65/2014) e non soggette al n.o. paesaggistico (art. 149, co. 1, lett. b del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42);
V) – non aver colto la volontà del Comune di disporre direttamente l’acquisizione, laddove l’ordinanza n. 25 ha già da subito indicato i dati fisici dei beni da acquisire;

– resiste in giudizio il Comune intimato, concludendo per l’inammissibilità del primo motivo di gravame e per il rigetto di tutti gli altri;

Considerato in diritto che:

– come già accennato nelle premesse in fatto, il sig. -OMISSIS- è divenuto proprietario nel 2011 di un appezzamento di terreno agricolo in Montecarlo (LU), giuntogli per donazione dai di lui genitori, che tuttora lo coltivano a fini familiari e amatoriali e per la cui utilizzazione realizzarono, negli anni 1995/1996, taluni non piccoli manufatti e recinzioni, a loro dire, per ricovero di attrezzi e di animali da cortile;

– a tal riguardo, non ha pregio il primo motivo connesso all’istanza che il sig. -OMISSIS--OMISSIS-, padre dell’appellante, ha presentato (28 aprile 2020) dopo la pubblicazione della sentenza del TAR (6 aprile 2020), ma prima della proposizione dell’appello (6 maggio 2020), per l’accertamento di conformità per le opere sanzionate;

– invero, ai sensi dell’art. 36, co. 1 del DPR 380/2001, l’accertamento di conformità, tale dovendosi considerare l’istanza formulata proposta dal padre dell’appellante, può esser richiesto anche dal responsabile dell’abuso (nella specie, proprio da quest’ultimo), ma pur sempre nel termine, decorsi i 90 gg. dall'ingiunzione di demolizione, dell’accertamento dell’inottemperanza, poiché trattasi, come dichiarato in istanza, di nuova costruzione in difformità del permesso di costruire e quindi soggetta al termine ex art. 209, co. 1, lett. a) in relazione alla fattispecie di cui al precedente art. 196, commi 3 e 4 della l.r. 65/2014;

– in ogni caso —a parte che una volta decorso tal termine, la “sanatoria” ex art. 209 della legge n. 65 non può esser più richiesta e non è concedibile—, non si verifica alcun’improcedibilità sulla impugnazione di primo grado e men che mai una definitiva inefficacia dell’ordine di demolizione, ma al più un mero arresto d’efficacia di quest’ultimo;

– detta efficacia che, spirato il termine legale di 60 gg. ex art. 209, co. 4, I per. per la definizione dell'istanza (che opera in termini sospensivi), si riespande in modo pieno pure a seguito del silenzio rigetto indicato nel II per. e tutto ciò non vien meno, anzi è ancor più definito, per il sol fatto che il Comune ponga all’istante incombenti istruttori a termini di decadenza (archiviazione) dell’istanza;

– è solo da soggiungere che, l’ordinanza n. 25 è stata notificata in mani proprie dell’appellante, per cui egli ben avrebbe potuto profittare dei termini ex art. 209, co. 1 della l.r. 65/2014 per proporre, nella qualità di proprietario, l’accertamento di conformità che più gli aggradiva in relazione a natura e consistenza dei beni sanandi ed al tipo di titolo edilizio all’uopo occorrente, invece di quello, per vero più oneroso e stringente per l’assenza del (in realtà, anziché la difformità dal) permesso di costruire indicato in domanda;

Considerato altresì che:

– il secondo motivo è infondato, in quanto il cittadino italiano, dimorante all’estero (anche in Paesi UE, ove ha diritto di stabilimento) per un tempo superiore a 12 mesi, è onerato ad iscriversi, ai sensi dell’art. 6 della l. 27 ottobre 1988 n. 470, all’AIRE, in caso contrario restando iscritto, salvo il caso di cancellazione (che nella specie è smentita dal certificato del Comune di Calabritto del 28 giugno 2019), all’anagrafe della popolazione residente - APR del Comune di riferimento, sicché lecita e legittima è stata la comunicazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio (peraltro ricevuta ed accettata dal di lui padre) effettuata nel Comune di residenza, non rilevando la mera cognizione, in capo alla P.A. procedente, d’ogni diversa dimora ufficiosa;

– in ogni caso, l'ordine di demolizione è un atto vincolato ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive e non richiede una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione dell'abuso, pur quando intervenga dopo un certo tempo dalla commissione di questo e, quindi, la P.A. ha il dovere di adottarlo, essendo la relativa ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore, tant’è che manca ogni obbligo giuridico sulla previa comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio, né v’è bisogno di un'ampia o specifica motivazione a giustificazione della sanzione stessa (cfr. Cons. St., II, 16 aprile 2020 n. 2435;
cfr. altresì, per limitarsi al corrente anno, Cons. St., II, 21gennaio 2020 n. 487;
id., 22 gennaio 2020 n. 540;
id., VI, 30 gennaio 2020 n. 775, tutte conformi nel regolare il rapporto tra doverosità della repressione dell’abuso e l’assenza di obblighi per la P.A. di garantire forme di partecipazione procedimentale al privato);

– è da rammentare che l’avviso d’avvio d’un procedimento amministrativo, come tutte le norme sulla partecipazione procedimentale del privato, non è fine a se stesso, né va mai applicato in modo meccanico onde la comunicazione è superflua, con prevalenza quindi dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa, ogni qual volta l'interessato sia già a conoscenza di vicende che conducono all'apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti e, comunque, ha avuto l’opportunità di far constare il proprio dissenso, foss’anche in via d’azione (arg. ex Cons. St., V, 20 febbraio 2020 n. 1290);

– in disparte la posa in opera dei dianzi descritti annessi agricoli senza autorizzazione paesaggistica —argomento, questo, già di per sé dirimente per escluderne la sanabilità ex post —, già solo in base alle norme statali e regionali invocate dall’appellante, tutti quanti i manufatti descritti (che, si badi, non risalgono oltre al 1995 e, per l’effetto, son comunque assoggettate al regime ex l. 1497/1939 e della legge Galasso), per le loro dimensioni non sono contemplati dall’art. 6 del DPR 380/2001 e sono “fuori sagoma”, cioè vanno ben oltre i minimi limiti dimensionali per cui l’art. 137 della l.r. 65/2014 e la delibera consiliare n. 37/2015 ammettono la costruzione libera;

– del pari non ha gran senso la censura sulla regolazione diretta dell’eventuale acquisizione già nel provvedimento impugnato, giacché, per un verso, ciò è espressamente stabilito dall’art. 196, co. 2 della l.r. 65/2014 e, per altro verso, l’acquisizione ad ogni modo non può intervenire se non dopo l’inottemperanza dell’ordinanza ripristinatoria;

– in definitiva, l’appello va rigettato, ma giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, delle spese del presente giudizio.

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