Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-08, n. 201504188
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N. 04188/2015REG.PROV.COLL.
N. 01516/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1516 del 2015, proposto da:
W Telecomunicazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Storio, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Giuseppe Storio in Roma, Via Luigi Luciani, n. 1;
contro
Comune di Venezia, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avv. A I, dall’Avv. M B, dall’Avv. Nicoletta O, dall’Avv. Nicolò Paoletti, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Nicolò Paoletti in Roma, Via Barnaba Tortolini, n. 34;
nei confronti di
Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta Regionale
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avv. Michele Costa e dall’Avv. Chiara Drago, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Michele Costa in Roma, Via Bassano del Grappa, n. 24;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 01291/2014, resa tra le parti, concernente il diniego di autorizzazione paesaggistica riguardo al posizionamento di antenne per telecomunicazioni
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Venezia e della Regione Veneto;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 giugno 2015 il Cons. M N e uditi, per l’odierna appellante W Telecomuniocazioni s.p.a., l’Avv. Lamarte, su delega dell’Avv. Storio, per il Comune di Venezia, l’Avv. Natalia Paoletti su delega dell’Avv. Nicolò Paoletti, nonché, per la Regione Veneto, l’Avv. Costa;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante W Telecomunicazioni s.p.a. (da qui in avanti, per brevità, W), al fine di adeguare la Rete telefonia nel territorio del Comune di Venezia alle più recenti tecnologie, rilevava la necessità di posizionare un nuovo impianto in località Favato a Nord rispetto al centro abitato di Favaro Veneto, località del Comune di Venezia.
2. Il 27.6.2013 W presentava a mezzo PEC al Comune di Venezia istanza di autorizzazione, ai sensi dell’art. 87 del d. lgs. 259/2003, al fine di ottenere il rilascio del titolo unico per realizzare un impianto di telefonia.
3. Sull’istanza di autorizzazione così presentata, non essendo stato comunicato nel termine di novanta giorni prescritto dall’art. 87, comma 9, del d. lgs. 259/2003 alcun provvedimento di diniego, si perfezionava il titolo abilitativo per silentium , sicché la società, in forza del tacito titolo conseguito, avviava i lavori di realizzazione dell’impianto di pubblica utilità.
4. Con nota prot. gen. 2014/317894 del 28.7.2014, tuttavia, il Comune comunicava l’avvio del procedimento diretto all’annullamento in autotutela del silenzio-assenso, sul presupposto che il sito oggetto di intervento ricadesse all’interno di Zona Territoriale Omogenea “ PV: Parcheggio e/o Verde attrezzato (parco, gioco) del VPRG del Comune di Venezia ” e che l’intervento edilizio contrastasse con l’art. 50 del Regolamento edilizio in riferimento all’ubicazione di progetto dell’impianto, ricadente all’interno di un sito sensibile area a verde attrezzato (parco, gioco) di progetto.
5. W ha presentato allora dettagliate osservazioni, volte a dimostrare che all’area non era stata impressa la destinazione impressa dal PRG e che, non essendo stato realizzato alcun parco, il vincolo doveva intendersi decaduto.
6. Il Comune di Venezia, con il provvedimento prot. gen. 2014/342710, ribadendo che il sito oggetto di intervento ricadeva all’interno di ZTO “ PV: Parcheggio e/o Verde attrezzato (parco, gioco) ” della VPRG Terraferma del Comune di Venezia e che, per questo motivo, era da considerarsi a tutti gli effetti “sito sensibile” ai sensi dell’art. 50 del Regolamento Edilizio e della Circolare Regionale Veneto n. 12/01, sicché l’installazione dell’impianto SRB avrebbe condotto alla impossibilità futura di disporre di tale area al fine di trasformarla in parco pubblico (sito sensibile), annullava la formazione degli effetti scaturenti dal silenzio-assenso formatosi ai sensi dell’art. 87, comma 5, del d. lgs. 259/2003.
7. Tale provvedimento, unitamente agli atti presupposti e connessi e, tra questi, il Regolamento Edilizio Comunale di Venezia e la Circolare Regionale Veneto n. 12 del 12.7.2001, è stato impugnato avanti al T.A.R. Veneto da W che, deducendone diversi profili di illegittimità, ne ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento.
8. Si sono costituiti nel primo grado di giudizio la Regione Veneto e il Comune di Venezia per resistere al ricorso.
9. Il T.A.R. Veneto, con la sentenza n. 1291 del 9.10.2014, resa in forma semplificata, ha respinto il ricorso.
10. Avverso tale sentenza ha proposto appello W, deducendo sei motivi di gravame, e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con l’annullamento, previa sospensione degli effetti, dei provvedimenti impugnati in prime cure.
11. Si sono costituiti il Comune di Venezia e la Regione Veneto per resistere all’appello proposto da W.
12. Nella camera di consiglio del 12.3.2015, fissata per l’esame della sospensiva, la causa è stata rinviata, per il sollecito esame del merito, alla pubblica udienza del 18.6.2015.
13. In tale udienza il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
14. L’appello di W è infondato e va respinto.
15. Con il primo motivo (pp. 7-11 del ricorso) W sostiene che il fatto che ad una zona sia stata impressa, senza che sia stata poi attuata, una determinata destinazione non preclude la possibilità che, nelle more, vengano assentiti e realizzati interventi di pubblica utilità, quali l’intervento in questione, almeno sino a quando la destinazione impressa non sarà attuata e, comunque, non ne sarà valutata la concreta incompatibilità dell’opera da realizzarsi.
15.1. La sentenza impugnata ha sul punto osservato che l’individuazione dei siti sensibili prescinde dal fatto che la destinazione sia stata, o meno, attuata nel momento in cui si presenta un’istanza di cui all’art. 87 del d. lgs. 259/2003, risultando dirimente, al contrario, constatare l’esistenza – o meno – di un effettivo contrasto tra l’opera da realizzare e la destinazione dell’area impressa dalle previsioni dello strumento urbanistico generale per l’esistenza di un altrettanto generale potere conformativo proprio dell’Amministrazione.
15.2. Sostiene però l’appellante che di contro, se è vero, come è vero, che le prescrizioni localizzative sono volte, nei limiti in cui sono ammesse, a garantire il corretto inserimento delle infrastrutture per telefonia mobile nell’attuale contesto edificato, risulta invece inopinato l’annullamento del titolo ad aedificandum precedentemente assentito per garantire una destinazione de futuro , di realizzazione assolutamente incerta e, peraltro, fondata su vincoli di destinazione imposti in epoca risalente e, perciò, decaduti.
15.3. Il motivo non può trovare condivisione perché la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive, e a verde pubblico, data dal piano regolatore ad aree di proprietà privata, non comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione, effettuata dallo strumento urbanistico, che definisce i caratteri generali dell’edificabilità in ciascuna delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale (v., ex plurimis , Cons. St., sez. IV, 6.10.2014, n. 4976).
15.4. Ai sensi dell’art. 2 della l. 19 novembre 1968 n. 1187, infatti, costituiscono vincoli soggetti a decadenza quelli preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità e che, di conseguenza, svuotano il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene in modo tale da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone significativamente il suo valore di scambio, e fra essi non rientra il vincolo di destinazione di “area a verde pubblico - verde urbano”, che costituisce invece espressione della potestà conformativa dell’ente pianificatore, avente validità a tempo indeterminato (Cons. St., sez. V, 13.4.2012, n. 2116).
15.5. Ne segue che l’esistenza del vincolo conformativo, avente validità a tempo indeterminato, non necessariamente deve essere seguita e confermata dalla sua concreta attuazione, diversamente da quanto assume l’appellante, poiché l’esistenza del vincolo di destinazione a parcheggio o a verde attrezzato è espressione, appunto, di un generale e permanente potere pianificatorio da parte dell’ente comunale, capace di conformare l’assetto del territorio.
15.6. Né maggior pregio ha assunto dell’appellante, secondo cui l’impianto non sarebbe incompatibile con la destinazione impressa a parcheggio e/o verde attrezzato (parco gioco) della zona in cui ricade l’intervento, poiché tale compatibilità, al di là dei rilievi che si svolgeranno sulla natura di “sito sensibile” dell’area insuperabilmente ostativa all’autorizzazione dell’intervento, è stata meramente affermata dall’appellante, senza dare adeguata prova di tale compatibilità.
15.7. Il motivo, quindi, va respinto.
16. W contesta di conseguenza, con il secondo motivo (pp. 11-17 del ricorso), l’art. 50 del Regolamento Edilizio nella parte in cui esclude la possibilità di installare impianti di telefonia, tra l’altro, anche in corrispondenza dei parchi e delle aree per il gioco e per lo sport, qualificandole come “siti sensibili”.
16.1. L’appellante ribadisce che il divieto di installazione in corrispondenza dei parchi non può presupporre, ex necesse , che il parco esista, poiché, diversamente ritenendo, non vi è chi non è veda l’assurdità di argomentare che predichi il divieto di installare in un parco che nemmeno esiste.
16.2. L’area in questione risulta genericamente qualificata come “ parcheggio e/o verde attrezzato (parco gioco) ”, sicché l’applicazione della disposizione, in un regime di in attuazione della destinazione impressa e, dunque, di assoluta incertezza circa l’utilizzo, a parcheggio o a verde attrezzato, della piccola area locata, appare del tutto inopinata, atteso che altro è la destinazione a parcheggio e altro è la destinazione a verde attrezzato.
16.3. Ma l’argomento di W prova troppo, perché, se fosse fondata la sua premessa, ogni divieto di installazione dovrebbe presupporre, per essere legittimo, sempre e comunque l’effettiva destinazione dell’area alla conformazione impressale dal piano regolatore, frustrando l’essenza della pianificazione urbanistica e dei poteri riconosciuti all’autorità comunale, che anche in questa materia sono appunto finalizzati a pianificare ex ante in modo ordinato ed organico l’assetto del territorio e non, invece, a consentire la realizzazione di opere potenzialmente con esso contrastanti salvo, poi, verificarne ex post la compatibilità.
16.4. Bene ha rilevato in questa prospettiva il primo giudice che, condividendo l’interpretazione del ricorrente, si avrebbe l’effetto, assurdo e illegittimo, di incidere sull’effettività del potere pianificatorio del Comune e di introdurre un elemento di incertezza circa l’eventuale legittimità dell’opera in un momento successivo, allorquando il parco venisse realizzato (p. 8 della sentenza impugnata).
16.5. Il motivo, quindi, va respinto.
17. Con il terzo motivo (pp. 13-17 del ricorso) l’odierna appellante lamenta, più radicalmente, l’illegittimità dell’art. 50 del Regolamento Edilizio Comunale e, ancora a monte, della stessa Circolare Regionale Veneto n. 21/2001, a mente dei quali sono classificati come siti sensibili quelli identificati e specificati dalla stessa Circolare e, in particolare, le scuole, gli asili, gli ospedali, le case di cura, i parchi e le aree per il gioco e per lo sport.
17.1. Assume in sintesi W che, mentre è consentito ai Comuni di individuare aree in prossimità delle quali ridurre l’installazione di antenne trasmissive (criteri localizzativi), non è tuttavia consentito agli stessi disporre “limiti generalizzati” alla localizzazione, come sarebbe, nel caso di specie, il divieto di realizzare all’interno elle aree a verde pubblico e/o addirittura sportive attrezzate, illegittimo, al pari del già annullato divieto di realizzare all’interno della fascia di 50 mt. da tutti i ricettori sensibili.
17.2. In altri termini disporre genericamente un divieto di installare anche delle aree attrezzate a sport o a gioco significherebbe impedire, sostiene l’appellante, che si possano realizzare impianti anche su stadi, campi sportivi ed altre aree a verde attrezzato.
17.3. Il motivo, pur nella sua complessa, nitida e suggestiva formulazione, non merita condivisione.
17.4. Nella materia di cui è causa, e proprio, tra l’altro, con riferimento al Regolamento Edilizio Comunale di Venezia, questo Consiglio ha già chiarito che la potestà assegnata ai Comuni dall’art. 8, comma 6, della legge quadro n. 36/2001, deve tradursi nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che, per destinazione d’uso e qualità degli utenti, possano essere considerati sensibili alle immissioni radioelettriche , ma non può trasformarsi in limitazioni generalizzate alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (v., ex plurimis , Cons. St., sez. III, 28.11.2013, n. 5693).
17.5. Ora alla luce di tale consolidato orientamento interpretativo, che merita qui di essere condiviso e confermato, non pare irragionevole né illegittima la previsione del Regolamento Edilizio Comunale di Venezia, in una con quella, di indirizzo, della Circolare Regionale Veneto n. 12 del 12.7.2001, di annoverare tra i siti sensibili le aree ricomprese a verde attrezzato (parco giochi), atteso che tali aree possono esporre gli utenti e, in particolare, utenti particolarmente sensibili – bambini in tenera età, adolescenti, persone disabili che frequentino tali aree ludico-ricreative – all’emissione, prolungata e ravvicinata, di onde potenzialmente nocive per la loro salute.
17.6. Del tutto indimostrato e apodittico, del resto, è il contrario assunto dell’appellante, secondo cui la permanenza delle persone in tali aree è assolutamente saltuaria e, spesso, per una durata inferiore alle quattro ore giornaliere, poiché la quotidiana esperienza insegna, quasi come fatto notorio, che tali aree adibite a verde pubblico e/o sportive attrezzate sono luogo di ritrovo frequente e prolungato per larghi strati della popolazione e, in particolare, per quelli che minori possibilità di ritrovo hanno in altre aree private a ciò dedicate e, soprattutto, per quegli utenti – bambini, adolescenti, persone diversamente abili, e via dicendo – che minori possibilità di socializzazione/ricreazione hanno, per le più diverse ragioni, in altri luoghi di svago protetti e non aperti.
17.7. Di qui la ragionevolezza e la legittimità, anche ai sensi dell’art. 8, comma 6, della l. 36/2001, delle previsioni, comunali e regionali, qui contestate.
17.8. Il motivo, per le ragioni addotte, deve essere respinto, del tutto inconferente essendo, ai fini che qui interessano, il precedente di T.A.R. Veneto, 14.3.2012, n. 377, relativo ad altra, distinta e non interferente previsione del Regolamento Edilizio, annullato dallo stesso T.A.R.
17.9. Le previsioni qui esaminate rientrano a pieno titolo, infatti, tra quei criteri di localizzazione che la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato riconosce come legittimamente adottati dal Comune, purché disciplinino soltanto il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti stessi, non introducendo divieti generalizzati di installazione e, come nel caso di specie, minimizzando nel contempo l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici (Cons. St., sez. III, 12.11.2014, n. 5582).
18. Dai motivi esposti discende, quale corollario, il rigetto degli ultimi tre motivi di gravame, che di seguito vengono sinteticamente esaminati.
19. Con il quarto motivo (pp. 17-20 del ricorso) l’appellante ha lamentato che la Circolare, più volte sopra menzionata, pare viziata da incompetenza per violazione dell’art. 3, comma 1, lett. d), n. 1, della l. 36/2001, atteso che non era certo con la forma della circolare che avrebbero potuto essere dettati nei confronti dei Comuni i criteri per l’adozione dei regolamenti, ma evidentemente con apposita legge regionale, da approvare a cura del Consiglio regionale.
19.1. Il motivo, formulato in modo generico, deve essere respinto.
19.2. La Circolare in questione non è la fonte da cui discende la legittimità del provvedimento comunale, poiché è la stessa Circolare a specificare quanto già previsto e disciplinato nella normativa statale e regionale di riferimento, espressamente citata nelle sue premesse.
19.3. La fonte primaria è e resta l’art. 8, comma 6, della l. 36/2001, espressamente menzionato dalla Circolare, e tale disposizione normativa, come già detto, non è violata dal Regolamento Edilizio e dal provvedimento di annullamento, impugnati in prime cure.
19.4. La predetta Circolare, approvata con DGR n. 1636 del 22.6.2001, costituisce infatti un mero atto di indirizzo regionale rivolto ai Comuni e contenente le direttive urbanistiche volte ad uniformare i comportamenti e ad orientare le amministrazioni comunali per la localizzazione degli impianti.
19.5. Essa, quindi, non viola l’art. 3, comma 1, lett. d), n. 1, della l. 36/2001 né, nel definire i siti sensibili, prevede deroghe illegittime e/o irragionevoli ai parametri di radioprotezione previsti dal DM 381/1998 o, in qualche modo, viola le competenze statali in materia.
19.6. Il motivo, quindi, va respinto.
20. Anche il quinto motivo di appello (pp. 20-21 del ricorso) è infondato.
20.1. Con esso W ha inteso lamentare il fatto che, nel provvedimento finale, l’Amministrazione abbia addotto ragioni diverse da quelle contenute nella comunicazione di avvio del procedimento del 28.7.2014, ragioni rispetto alle quali essa non ha potuto esercitare le proprie garanzie partecipative, controdeducendo, con apposite osservazioni scritte in sede procedimentale, sul punto.
20.2. L’unica ragione nuova, a ben vedere, è quella relativa alla constatazione che « l’interesse pubblico di erogazione del segnale non viene meno anche in assenza di detto nuovo impianto a motivo che la zona in oggetto non risulta sprovvista di segnale telefonico » – essendo l’impossibilità futura di disporre tale area per destinarla a verde pubblico diretta conseguenza del divieto previsto nell’art. 50 del Regolamento Edilizio e già contenuto nella comunicazione di avvio – ma rispetto a tale ragione l’appellante non ha in alcun modo allegato, prima ancor dimostrato, quale sarebbe stato l’apporto partecipativo, che avrebbe potuto offrire, in grado di incidere sul contenuto finale del provvedimento, necessitato per via del divieto imposto dall’art. 50 del Regolamento Edilizio.
20.3. Anche quando la comunicazione di avvio del procedimento non sia omessa, ma sia incompleta, come si assume in questa ipotesi, giova rammentare che la violazione dell’art. 7 della l. 241/1990 non sussiste quando in realtà non vi sia, sul piano sostanziale, una qualche possibile utilità della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, « sia perché il provvedimento adottato non poteva avere altro contenuto, trattandosi di atto completamente vincolato, sia perché il soggetto inciso sfavorevolmente dal provvedimento non ha in giudizio fornito alcuna prova che, ove allora fosse stato reso edotto dell’avvio del procedimento, l’esito dello stesso avrebbe potuto essere anche in parte diverso » (Cons. St., sez. VI, 25.3.2015, n. 1583).
20.4. Il motivo quindi, sol per tale ragione e anche volendo prescindere dalle pur condivisibili ragioni addotte dal T.A.R., va respinto.
21. Infine, con il sesto motivo (pp. 21-26 del ricorso), W lamenta l’illegittimità del provvedimento comunale di annullamento in autotutela per violazione dei principi del legittimo affidamento del privato e del buon andamento della pubblica amministrazione, per avere il Comune adottato tale atto, dopo la formazione del silenzio-assenso e la quasi ultimazione dei lavori, senza ponderare accuratamente l’interesse del privato al mantenimento degli effetti del provvedimento tacito formatosi.
21.1. Anche tale motivo è infondato, come pure ha ritenuto correttamente il primo giudice, e non sussiste la lamentata violazione dell’art. 21- nonies della l. 241/1990 e dei principi di conservazione degli atti giuridici ( utile per inutile non vitiatur ) e degli altri pure dedotti dall’appellante, perché il provvedimento di autotutela ha, motivatamente, sottolineato l’esigenza primaria di garantire il corretto uso del territorio, rispetto al quale le ragioni del privato, in una ipotesi come quella esaminata, sono recessive, alla luce della valutazione comparativa degli interessi correttamente svolta dall’Amministrazione, la quale si è comunque premurata di chiarire che l’erogazione del segnale telefonico non viene meno in assenza del nuovo impianto, in quanto la zona non è sprovvista di segnale telefonico.
21.2. Lo stesso primo giudice, poi, ha condivisibilmente evidenziato che l’annullamento, intervenuto il 14.8.2014, è stato disposto circa tre mesi dopo l’ultimo atto integrativo dell’istanza di permesso di costruire e, cioè, il parere dell’ENAC, che porta la data del 29.5.2014, e dunque in un lasso di tempo non irragionevolmente distante dal consolidarsi degli effetti del precedente silenzio-assenso.
21.3. Anche il sesto ed ultimo motivo di gravame, quindi, va disatteso.
22. In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con piena conferma della sentenza impugnata.
23. Le spese del presente grado di giudizio, considerata la complessità e, in parte, la novità delle questioni esaminate, possono essere interamente compensate tra tutte le parti.