Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-11-22, n. 201907975
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Pubblicato il 22/11/2019
N. 07975/2019REG.PROV.COLL.
N. 08505/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8505 del 2010, proposto da
A P, rappresentata e difesa dall'avvocato F S D, con domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
contro
Comune di Santeramo in Colle, non costituito in giudizio;
nei confronti
M C P, S T, P P, M L, M T D, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) n. 01739/2010, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti l’avvocato Misserini, su delega dell'avv. Dodaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. A P presentava domanda di partecipazione al concorso per l’assunzione di sei agenti di Polizia municipale con contratto a tempo indeterminato e parziale (18 ore settimanali) indetto dal Comune di Santeramo in Colle, collocandosi, al termine della procedura concorsuale, all’11°posto della graduatoria di merito, e così tra gli idonei non vincitori.
1.1. A seguito di accesso ai documenti, apprendeva che la commissione esaminatrice, in fase di valutazione dei titoli, non aveva considerato, nonostante ne fosse stato espressamente dichiarato il possesso nella domanda di partecipazione, la laurea in scienze politiche, per mancata indicazione della votazione conseguita, nonché l’attività lavorativa prestata – come co.co.co. – nel periodo 7 luglio 2004/27 luglio 2004, 19 settembre 2005/23 novembre 2005, 21 dicembre 2005/15 giugno 2006, per mancata indicazione di elementi utili alla valutazione e, infine, l’attività lavorativa prestata presso il Comune di Acquaviva delle fonti (come Istruttore amministrativo C1 con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato) per il periodo dall’1 luglio 2008 al 16 luglio 2008.
1.2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia A P impugnava il bando e la graduatoria finale della procedura concorsuale (oltre ai rispettivi atti di approvazione), dolendosi, nel primo motivo di ricorso, che la commissione esaminatrice aveva deciso di non procedere alla valutazione della laurea in scienze politiche per mancata indicazione del voto di laurea, senza preliminarmente esercitare il c.d. dovere di soccorso, come imposto dall’art. 6 l. 7 agosto 1990, n. 241.
In sostanza, al cospetto di un titolo espressamente dichiarato, sia pure in maniera incompleta, la commissione esaminatrice avrebbe dovuto richiederle dei chiarimenti ed acquisire in questo modo il dato mancante.
La decisione della commissione, aggiungeva la ricorrente, era stata fortemente pregiudizievole per lei che, avendo riportato la votazione di 90/110 all’esame finale di laurea, avrebbe potuto conseguire – per i titoli di studio e culturali – 1,20 punti secondo il criterio di assegnazione del punteggio previsto dal bando.
1.3. In via subordinata, rilevava la ricorrente, che quand’anche si ritenesse non azionabile il dovere di soccorso, la commissione avrebbe dovuto quanto meno assegnarle per il titolo di studio il punteggio di 0,90, per il voto più basso conseguito in sede di esame finale di laurea, il cui possesso non era invero in discussione, per essere assolutamente ingiusta ed illogica la clausola del bando che disponeva “ i titoli conseguiti con la sufficienza non saranno valutati ”.
Altri due motivi di ricorso erano diretti a contestare la decisione della commissione di non considerare ai fini del punteggio dovuto i periodi lavorativi in precedenza indicati.
1.4. Integrato il contraddittorio nei confronti dei concorrenti in posizione 7a, 8a e 9a della graduatoria finale, il giudice di primo grado, con sentenza sez. II, 5 maggio 2010, n. 1739, accoglieva parzialmente il ricorso proposto, e per gli effetti, annullava la graduatoria concorsuale nei limiti di cui in motivazione.
Il Tribunale amministrativo regionale, infatti, riteneva fondato il secondo e il terzo motivo di ricorso, diretti, come detto, a contestare la mancata valutazione di pregressi periodi lavorativi, ma non il primo.
Quanto al primo motivo, infatti, il giudice, accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso avverso il bando di gara per genericità dei vizi enucleati, lo respingeva sulla base del seguente ragionamento:
- il bando di gara prevedeva che “ nella domanda ” fossero indicati “ con precisione tutti gli elementi utili e necessari ad identificare il titolo posseduto ” e che era, altresì, precisato che la commissione non avrebbe tenuto conto di titoli o di autocertificazioni sul loro possesso “ pervenuti oltre il termine stabilito per la presentazione della domanda o con modalità di inoltro diverse da quelle stabilite per la domanda stessa ”;
- la ricorrente si era limitata a dichiarare nel proprio curriculum – e quindi non nella domanda di partecipazione – il possesso del titolo di studio accademico omettendo di indicare il voto ed ogni altro elemento necessario alla sua valutazione, per cui dalla documentazione presentata non era possibile dedurre né la votazione conseguita né la durata effettiva del corso di laurea né la data di conseguimento del titolo stesso;
- l’intervento auspicato nel motivo di ricorso avrebbe significato consentire, a termini scaduti, di modificare la documentazione presentata per l’attribuzione del punteggio, in palese violazione della par condicio, senza considerare che, come riferito dalle controinteressate costituite la ricorrente non aveva neppure allegato il documento di identità e, per questo, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del bando, sarebbe dovuta incorrere nella sanzione della non valutazione dei titoli dichiarati.
2. Propone appello A P;il Comune di Santeramo in colle, pur regolarmente citato in giudizio, non si è costituito, come pure le controinteressate che avevano preso parte al primo grado del giudizio.
All’udienza pubblica del 19 settembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Con il primo motivo di appello A P contesta la sentenza di primo grado per aver dichiarato inammissibile la domanda di annullamento del bando concorsuale per genericità dei motivi articolati nei confronti dello stesso;sostiene, infatti, di aver espresso, in maniera sintetica, ma non generica, le ragioni di illegittimità dello stesso.
Con il secondo motivo, invece, contesta la reiezione del primo motivo di ricorso;a parere della ricorrente, innanzitutto, il giudice di primo grado avrebbe indebitamente integrato la motivazione a fondamento della mancata valutazione del titolo di studio che, per espressa indicazione della commissione, era dovuta alla mancata indicazione del voto di laurea, mentre, secondo il giudice, era giustificata anche dalla mancata precisazione della durata effettiva del corso di laurea come pure della data di avvenuto conseguimento della stessa.
A suo dire, pertanto, la sentenza era viziata da ultrapetizione poiché aveva indicato ragioni giustificative della mancata valutazione del titolo di studio non allegate dalle parti in giudizio, considerato che le controinteressate non avevano spiegato ricorso incidentale, neppure in relazione alla mancata presentazione del documento d’identità.
Ripropone, poi, l’appellante le ragioni, già esposte nel motivo di ricorso, che avrebbero imposto alla commissione esaminatrice di attivarsi e richiedere integrazione alla domanda con la precisazione del voto di laurea.
4. Il secondo motivo di appello è fondato e ciò esime dall’esaminare il primo motivo.
4.1. La giurisprudenza amministrativa ha da tempo riconosciuto che l’art. 6 ( Compiti del responsabile del procedimento ), comma 1, lett. b) l. 7 agosto 1990, n. 241 ha introdotto, nell’ambito delle regole del procedimento amministrativo, il c.d. soccorso istruttorio, con la finalità di regolarizzare o integrare una documentazione carente, nell’ottica della tutela della buona fede e dell’affidamento dei soggetti coinvolti dall’esercizio del potere (cfr. Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9;ma già Cons. St., sez. VI, 2 aprile 2001, n. 1927).
I casi in cui è attivabile il soccorso istruttorio, peraltro, vanno tenuti distinti da quelli nei quali, non di documentazione irregolare o carente si tratta, ma di errore commesso dal privato nell’istanza o domanda presentata alla pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2019, n. 4198, ove è precisato che se l’errore è riconoscibile secondo le condizioni poste dalle disposizioni del codice civile per gli atti negoziali può richiedersi all’amministrazione lo sforzo diligente di emendarlo autonomamente).
4.2. Il soccorso istruttorio ha portata generale e trova applicazione, senza meno, anche nell’ambito delle procedure concorsuali, fermo il necessario rispetto del principio della par condicio per cui l’intervento dell’amministrazione diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati.
4.3. Sebbene siano presenti in giurisprudenza orientamenti più restrittivi per i quali il soccorso istruttorio nell’ambito delle procedure comparative e di massa è (fortemente) limitato dal principio di autoresponsabilità del concorrente per cui ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2019, n. 1148;III, 4 gennaio 2019, n. 96 per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche), ritiene il Collegio che specialmente nell’ambito dei concorsi pubblici, l’attivazione del c.d. soccorso istruttorio è tanto più necessaria per le finalità proprie di detta procedura che, in quanto diretta alla selezione dei migliori candidati a posti pubblici, non può essere alterata nei suoi esiti da meri errori formali, come accadrebbe se un candidato meritevole non risultasse vincitore per una mancanza facilmente emendabile con la collaborazione dell’amministrazione.
Il danno, prima ancora che all’interesse privato, sarebbe all’interesse pubblico, considerata la rilevanza esiziale della corretta selezione dei dipendenti pubblici per il buon andamento dell’attività della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).
In quest’ottica, il limite all’attivazione del soccorso istruttorio coincide con la mancata allegazione di un requisito di partecipazione ovvero di un titolo valutabile in sede concorsuale, poiché, effettivamente, consentire ad un candidato di dichiarare, a termine di presentazione delle domande già spirato, un requisito o un titolo non indicato, significherebbe riconoscergli un vantaggio rispetto agli altri candidati in palese violazione della par condicio .
In ogni altro caso, invece, ove il candidato abbia allegato i titoli da valutare con la diligenza a lui richiesta – specificata dall’Adunanza plenaria nella sentenza 15 febbraio 2014, n. 9 nel fornire informazioni non reticenti e complete, compilare moduli, presentare documenti ed altro – il soccorso istruttorio va attivato, qualora dalla documentazione presentata dal candidato residuino margini di incertezza facilmente superabili (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 257;V, 8 agosto 2016, n. 3540;II, 28 gennaio 2016, n. 838;IV, 7 settembre 2004, n. 5759) rispondendo tale scelta amministrativa ad un principio di esercizio dell’azione amministrativa ispirata a buona fede e correttezza.
4.4. Alla luce delle pregresse considerazioni, nella vicenda in esame, la commissione esaminatrice ben poteva, prima di concludere per la non valutabilità del titolo di studio posseduto, richiedere alla candidata di specificare il voto conseguito all’esame finale di laurea e così solamente integrare la documentazione presentata;riconosciuto, infatti, il possesso del titolo di studio della laurea, residuava solamente un’incertezza circa il voto conseguito all’esame finale e, dunque, il punteggio da attribuire in ragione delle indicazioni del bando.
Tale incertezza era dovuta, certamente, ad incompletezza della dichiarazione, ma poteva essere facilmente superata con una richiesta di chiarimenti, senza concedere alcun indebito vantaggio alla concorrente;il voto riportato all’esame finale di laurea, d’altra parte, era necessario per l’assegnazione del punteggio spettante secondo le indicazioni del bando.
4.5. Meritano condivisione, infine, le critiche esposte dall’appellante alla sentenza per aver, di fatto, aggiunto a quelle indicate dalla commissione ulteriori ragioni per la mancata valutazione del titolo di studio.
Al giudice di primo grado, infatti, era precluso conoscere ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento impugnato, in quanto non correttamente introdotte in giudizio mediante ricorso incidentale delle controinteressate.
È indubbio, infatti, che la mancata specificazione della durata del corso di laurea, come anche della data di conseguimento del titolo – nonché, in ultimo, la mancata allegazione del documento di identità – costituivano altrettante ragioni di non valutabilità dei titoli, ovvero del titolo di studio del diploma di laurea e la circostanza che la commissione non le abbia rilevate costituivano altrettanti vizi del provvedimento che andavano fatti valere dinanzi al giudice amministrativo nelle forme del ricorso incidentale dalle pari interessate.
5. In conclusione, l’appello va accolto e la sentenza di primo grado riformata con conseguenze annullamento dei provvedimenti impugnati anche per le ragioni indicate nel primo motivo del ricorso di primo grado.
6. In assenza di costituzione delle parte, nulla sulle spese.