Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-09-03, n. 201404484

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-09-03, n. 201404484
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404484
Data del deposito : 3 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01918/2012 REG.RIC.

N. 04484/2014REG.PROV.COLL.

N. 01918/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1918 del 2012, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Aams - Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;

contro

Scommettendo Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto presso A C in Roma, via Oslavia 30;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del LAZIO –Sede di ROMA- SEZIONE II n. 06009/2011, resa tra le parti, concernente DECADENZA DELLA CONVENZIONE DI CONCESSIONE PER LA COMMERCIALIZZAZIONE DELLE SCOMMESSE A QUOTA FISSA SU EVENTI SPORTIVI


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Scommettendo Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il Consigliere F T e uditi per le parti l’ Avvocato A C e l'Avvocato dello Stato Federica Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – sede di Roma - ha accolto il ricorso di primo grado proposto dalla odierna appellata “SCOMMETTENDO S.r.l.” volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento di decadenza adottato dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato prot. n. 2010/17560/giochi/SCO del 24 maggio 2010, della nota prot. n. 2010/17889 del 24 maggio 2010, con la quale era stata notificata alla Scommettendo l’adozione del decreto di decadenza di cui sopra e di ogni atto presupposto, consequenziale, parallelo e comunque connesso al provvedimento impugnato nonché per il risarcimento del danno ingiustamente patito..

L’odierna appellata era insorta avverso il censurato provvedimento di decadenza;
aveva fatto presente di essere una operatrice del settore della commercializzazione delle scommesse a distanza (nel caso di specie) su eventi sportivi diversi dalle corse di cavalli e su eventi non sportivi e concessionaria in ragione di uno specifico atto di concessione rilasciato nei suoi confronti dall’AAMS. Essa (come è prassi nel settore delle c.d. scommesse on-line) si avvaleva di “punti di commercializzazione”, vale a dire di locali presso i quali era esercitata (concretamente) la suindicata attività di commercializzazione per come disciplinata dal decreto direttoriale dell’AAMS n. 7902 del 21 marzo 2006.

Aveva proposto articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere sostenendo la ingiustizia della sanzione applicatale ed il difetto di istruttoria.

Il primo giudice ha in primo luogo ricostruito il quadro normativo e la trama dei rapporti intercorrenti tra l’appellante Amministrazione e la odierna appellata.

Ha quindi esaminato le dedotte censure, accogliendole. In particolare, ha rammentato che l’ Amministrazione, dopo aver contestato alla predetta Società la violazione in particolare dell’art. 5, comma 3, del decreto direttoriale 21 marzo 2006, aveva disposto il provvedimento di decadenza della concessione n. 3224.

La normativa di riferimento era contenuta nel decreto direttoriale del 21 marzo 2006;
quest’ultimo, aveva apportato misure per la regolamentazione della raccolta a distanza delle scommesse, del bingo e delle lotterie ed in particolare, ai fini di una sempre maggiore sicurezza e di controllo del gioco in via telematica e telefonica, erano state previste specifiche modalità di raccolta di scommesse a distanza;

- la normativa in esso contenuta trovava ispirazione nel principio secondo cui la possibilità di raccolta delle scommesse in modalità telematica era subordinata al rapporto diretto tra il concessionario e lo scommettitore, con esclusione e divieto di ogni forma di intermediazione;

- in esso si era subordinata la possibilità di raccolta di scommesse in modalità telematica alla stipula di un contratto di conto di gioco tra il giocatore ed il titolare di sistema ovvero il concessionario autorizzato alla raccolta che dispone di un sistema di conti di gioco;

- le giocate dovevano avvenire mediante l’utilizzo di tale sistema di conti: ad ogni giocatore ne è intestato uno che utilizzerà a titolo personale, il titolare di sistema era tenuto a controllare costantemente le modalità di svolgimento del gioco e, in caso si fossero verificassero anomalie, a darne immediata comunicazione all’AAMS (artt. 4, 5 e 6 e ss. del decreto direttoriale);

- il concessionario era tenuto a controllare e vigilare l’operato dei punti di commercializzazione allo stesso legati.

La procedura repressivo sanzionatoria da attivarsi a cura dell’AAMS nei confronti dei concessionari che si fossero resi responsabili di inosservanza agli obblighi di vigilanza nei confronti dei punti di commercializzazione, era contenuta nell'art. 17 del modello standard della convenzione accessiva all'atto di concessione e disciplinante il rapporto tra l'AAMS concedente e ciascuna società concessionaria della raccolta di giochi a distanza.

Ivi si prevedevano, in particolare, i casi in cui, in conseguenza di taluni comportamenti violativi di obblighi imposti al concessionario, l'AAMS avrebbe proceduto ad adottare il provvedimento di "revoca" ovvero di "decadenza" della concessione: in particolare negli ultimi tre commi dell'art. 17 la convenzione disciplinava l'istituto della "sospensione" attraverso il quale "Nei casi di particolare gravità, ovvero quando se ne ravvisi l'opportunità ai fini dell'accertamento dei fatti o della tutela dei diritti e degli interessi di AAMS e degli scommettitori, può essere disposta, con provvedimento motivato di AAMS, la sospensione della raccolta fino alla chiusura del procedimento amministrativo ed alla emissione della decisione definitiva" (comma 7);
la sospensione di cui sopra "ha effetto dalla data di comunicazione della stessa al concessionario. Il concessionario non può richiedere rimborso, indennizzo o risarcimento, anche nell'ipotesi in cui alcuna sanzioni gli venga applicata" (comma 8);
la sospensione, infine, "non potrà avere durata superiore a due mesi, trascorsi i quali senza che sia intervenuta una decisione definitiva da parte di AAMS circa l'assunzione di un provvedimento di decadenza o di revoca della concessione, cesserà di diritto" (comma 9)

Ciò premesso, il T ha rammentato che il provvedimento decadenziale adottato nei confronti della odierna appellata Società Scommettendo scaturiva da tre indagini:

1) illeciti penali derivanti da raccolta di scommesse sportive rilevati dalla Guardia di finanza in data 29 settembre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Mesagne (BR) Via Marconi n. 161/175 gestito dal signor S C;

2) illeciti penali derivanti da attività di raccolta a distanza di scommesse rilevati dalla Guardia di finanza in data 3 novembre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Bisceglie (BA) gestito dal signor P L;

3) illeciti penali derivanti da raccolta di scommesse sportive in via telematica rilevati dall’Arma dei Carabinieri in data 30 ottobre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Nocera Inferiore (SA) gestito dal signor V B.

Alla stregua del verificarsi di tali accadimenti, l’Amministrazione procedente aveva sostanzialmente “imputato” alla Società concessionaria che, in ragione di tale ruolo e della portata dell’art. 9 del decreto direttoriale 21 marzo 2006, essa fosse venuta meno all’obbligo contrattuale di controllare che nei punti di commercializzazione non si manifestassero irregolarità e anomalie, non contribuendo ad evitare, attraverso la predisposizione di “un concreto e particolareggiato piano operativo di controllo e vigilanza sull’operato dei punti di commercializzazione” affiliati che si rendesse possibile la realizzazione delle illegittimità contestate ai singoli punti di commercializzazione.

Senonchè, ad avviso del T, l’Amministrazione aveva ignorato quanto tempestivamente rappresentato dall’appellata.

In particolare, quest’ultima aveva fatto presente che:

1) con riferimento agli illeciti penali rilevati dalla Guardia di finanza in data 29 settembre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Mesagne (BR) Via Marconi n. 161/175 gestito dal signor S C, il contratto era stato risolto tempestivamente, per come risulta dalla nota inoltrata all’AAMS in data 5 ottobre 2009;

2) con riferimento agli illeciti penali rilevati dalla Guardia di finanza in data 3 novembre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Bisceglie (BA) gestito dal signor P L, il contratto era stato immediatamente risolto, per come risulta dalla nota inoltrata all’AAMS in data 1 febbraio 2010;

3) con riferimento agli illeciti penali rilevati dall’Arma dei Carabinieri in data 30 ottobre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Nocera Inferiore (SA) gestito dal signor V B, il contratto era stato interrotto addirittura nel 2008.

L’appellata non era venuta meno agli obblighi pattizi discendenti dalla Convenzione, stipulata, laddove si consideri che essa si era affidata ad un incaricato (l’avv. Agnese Guido) al fine di realizzare una rete di controlli dei numerosi punti di commercializzazione ad essa riferibili e di rendere all’AAMS, per il tramite di apposite comunicazioni, quelle informazioni sugli esercizi commerciali ove avveniva la raccolta di scommesse;

essa aveva documentato di avere reso tempestivamente edotta l’AAMS degli atti di risoluzione del rapporto contrattuale con i singoli punti di commercializzazioni quando essa Società era venuta a conoscenza di irregolarità imputabili all’attività svolta nei singoli esercizi.

Aveva in proposito documentato le risoluzioni contrattuali che avevano visto destinatari gli esercizi siti in Polistena, Brindisi, Gioia Tauro e Turi e che erano state tempestivamente comunicate nel corso del 2009 all’AAMS.

A fronte di dette evidenze, ad avviso del T, il provvedimento decadenziale appariva viziato da difetto di istruttoria e ponderazione.

In particolare non era possibile sostenere che comportamenti penalmente rilevanti fossero imputabili a soggetti terzi (in questo caso alla concessionaria) diversi da coloro che avevano posto in essere il comportamento penalmente illecito, a meno di ipotizzare (evenienza, questa, mai neppure prospettata da AMMS) che fosse ravvisabile un collegamento diretto tra la concessionaria e gli autori dei fatti contestati che comportasse un coinvolgimento nell’ambito della fattispecie delittuosa.

I tre episodi, che avevano dato luogo all’avvio della procedura repressivo-sanzionatoria e sfociata nell’adozione del provvedimento di decadenza, manifestavano tutti una valenza e portata penalistica: la imputabilità della responsabilità per i fatti contestati doveva restare circoscritta ai soli autori dei fatti.

Doveva essere escluso, dunque, che la Società Scommettendo potesse rispondere per episodi di rilievo penale commessi da terzi, foss’anche dai gestori o nell’ambito dei punti di commercializzazione affiliati.

Sarebbe quindi stato necessario - per individuare la sussistenza di un profilo di responsabilità della ridetta Società che avesse giustificato l’assunzione del provvedimento di decadenza della concessione - che l’Amministrazione avesse considerato in termini di inadeguatezza i controlli posti in essere dalla concessionaria con riferimento ai punti di commercializzazione e la insufficienza delle misure repressive in concreto poste in essere verso i gestori di tali esercizi commerciali.

Ma ciò non era stato imputato all’appellata.

Ad avviso del T, era irragionevole attribuire un comportamento violativo degli obblighi contrattuali del concessionario coincidenti con l’attività di costante controllo della gestione delle scommesse nei predetti “punti” quando tale attività di controllo avesse finito con il coincidere, di fatto, con l’opera di vigilanza e controllo svolta dalle forze dell’ordine per prevenire e reprimere gli illeciti. Pretendere dal concessionario di prevenire i comportamenti penalmente rilevanti o, comunque, illegali che potevano realizzarsi negli esercizi dove avvenivano le scommesse, avrebbe determinato una (naturale) impossibilità dell’obbligazione.

La Società concessionaria era (unicamente) tenuta a svolgere un’attività di costante vigilanza e controllo e, soprattutto, di tempestivo intervento (civilmente) repressivo costituito dalla risoluzione del contratto che la legava all’esercente del punto di commercializzazione.

Assolto tale onere, null’altro poteva esserle imputato: detto comportamento era stato posto in essere dalla Scommettendo, riferendolo all’AAMS, ma l’Amministrazione erroneamente non lo aveva preso in considerazione prima di adottare il provvedimento di revoca della concessione.

Alla stregua delle superiori considerazioni il mezzo di primo grado è stato accolto, mentre il T ha preso atto della rinuncia all’azione risarcitoria.

L’ amministrazione odierna appellante, già resistente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ha ripercorso il risalente e prolungato contenzioso intercorso con la ditta e rievocato i tre gravi episodi che avevano dato avvio al procedimento revocatorio sulla cui legittimità si controverte:

1) illeciti penali derivanti da raccolta di scommesse sportive rilevati dalla Guardia di finanza in data 29 settembre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Mesagne (BR) Via Marconi n. 161/175 gestito dal signor S C;

2) illeciti penali derivanti da attività di raccolta a distanza di scommesse rilevati dalla Guardia di finanza in data 3 novembre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Bisceglie (BA) gestito dal signor P L;

3) illeciti penali derivanti da raccolta di scommesse sportive in via telematica rilevati dall’Arma dei Carabinieri in data 30 ottobre 2009 presso il punto di commercializzazione sito in Nocera Inferiore (SA) gestito dal signor V B.

Detti episodi erano stati puntualmente contestati all’appellata con la nota del 10.2.2010.

L’art. 12 del decreto direttoriale 21 marzo 2006 (che trovava fonte nell’art. 11 quinquiesdecies del d.L. n. 203/2005) prevedeva espressamente la decadenza/revoca in ipotesi di inottemperanza agli obblighi di vigilanza previsti nel detto decreto, ponendo uno specifico obbligo di controllo in capo –ed a carico- del gestore.

Del pari la legittimità dell’azione amministrativa era comprovata dal disposto di cui al decreto direttoriale 25 giugno 2007(integrativo del decreto direttoriale 21 marzo 2006).

Non era riscontrabile alcun difetto di istruttoria, nè poteva giovare all’appellata la comunicazione inviata all’Amministrazione via mail il 19 marzo 2010.

Era ben vero che il 16. 2.2010 l’appellata aveva comunicato la risoluzione dei contratti intercorsi con i responsabili degli esercizi sospettati di aver commesso illeciti penali: ma ciò non era prova della contestata assenza di alcun sistema di controllo preventivo.

Era pertanto integrata (secondo motivo d’appello pag 12) la culpa in vigilando che giustificava la sanzione revocatoria applicata (decreto direttoriale 21 marzo 2006 artt, 4,5,6). E l’appellata aveva anche violato la convenzione accessiva alla concessione n. 3234.

L’appellata ha depositato una articolata memoria chiedendo la declaratoria di reiezione dell’appello perché palesemente infondato, facendo presente (primo motivo) che la sopravvenuta normativa rendeva inattuale l’interesse a ricorrere in capo a parte appellante (decreto direttoriale 8.2.2011 dell’AAMS), tanto che in data 12.7.2011 AAMS e l’appellata avevano stipulato un atto integrativo di concessione ex art. 24 della legge n. 88/2009 che aveva novato il relativo rapporto.

La inattualità dell’interesse risultava anche dalla nuova Carta dei Servizi approvata da AAMS.

Nel merito,ha chiesto la reiezione dell’appello perché infondato, reiterando le considerazioni già sottese al mezzo di primo grado accolto dal T ed ha riproposto i motivi 1,3, e 4 del mezzo di primo grado rimasti assorbiti dalla decisione di prime cure.

In essi si è sostanzialmente rappresentata.

a)la contraddittorietà dell’azione amministrativa spiegata dall’appellante amministrazione in quanto la stessa, dapprima aveva provveduto a revocare la sospensione cautelare inflittale e, poi, aveva applicato la “sanzione” revocatoria gravata: la contraddizione era palese, laddove si consideri che era espressamente prescritto che, decorsi due mesi di durata della sospensione cautelare senza che fosse stata applicata la sanzione definitiva la sospensione cautelare si sarebbe caducata in via automatica;
l’azione amministrativa, poi, era stata contraddistinta dalla assoluta carenza di celerità;

b) il provvedimento era del tutto carente di motivazione e non era chiaro per quale ragione specifica fosse stata disposta;

c)il Decreto Direttoriale 21 marzo 2006 non era stato notificato alla Commissione Europea e pertanto era inapplicabile.

All’adunanza camerale del 3 aprile 2012 la Sezione con la ordinanza n. 01310/2012 ha accolto l’istanza di sospensione della esecutività della impugnata decisione alla stregua della considerazione per cui “Rilevato che per pacifica giurisprudenza la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere apprezzata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio del " tempus regit actum ", con conseguente irrilevanza di provvedimenti successivi (si veda Consiglio Stato , sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5381, ma anche Consiglio Stato , sez. IV, 18 dicembre 2006, n. 7618);

rilevato che l’appello cautelare appare fornito del prescritto fumus in relazione al combinato disposto dei commi 7, 7 bis e 7 ter dell’art. 9 del dM 21 marzo 2006 n. 21634 ed all’art. 12 comma 3 del decreto medesimo e che sussiste il requisito del periculum in mora ;”.

L’efficacia della sentenza impugnata, è stata pertanto sospesa.

Con ulteriore memoria l’appellata ha chiesto la reiezione dell’appello prospettando la tesi secondo la quale a cagione della recente (8.2. 2011) sopravvenienza normativa l’Amministrazione avrebbe dovuto “applicare” quest’ultima: tanto anche in relazione alla circostanza che il decreto direttoriale 21.3.2006 non era stato notificato alla Commissione Europea ( ex art. 8 della Direttiva n. 98/34)integrando le disposizioni ivi contenute “regole tecniche” inefficaci in carenza di preventiva notifica.

L’appellante amministrazione ha depositato una articolata memoria contestando le critiche dell’appellante e facendo presente che il dD del 2006 non conteneva “regole tecniche” rientranti nel perimetro della direttiva n. 98/34 CE ed in proposito non era dimostrativa di alcunché la circostanza che dal preambolo della legge n. 88/2009 ricavava che le regole tecniche erano state notificate alla Commissione

Alla odierna pubblica udienza del 29 aprile 2014 la causa è stata posta in decisione dal Collegio

DIRITTO

1.L’appello è fondato e va accolto nei termini e con le precisazioni di cui alla motivazione che segue, con conseguente riforma della decisione gravata, reiezione del mezzo di primo grado, e salvezza degli atti impugnati.

1.1.Va preliminarmente rilevato che non ritiene il Collegio di potere accogliere l’eccezione di sopravvenuta improcedibilità dell’appello sollevata da parte appellata.

Essa è motivata dalla circostanza (rimasta incontestata tra le parti) che in data 12.7.2011 AAMS e l’appellata avevano stipulato un atto integrativo di concessione ex art. 24 della legge n. 88/2009 che aveva novato il relativo rapporto.

Ciò, ad avviso dell’appellata, farebbe venire meno l’originario interesse a gravare la sentenza.

In contrario senso, rispetto a quanto affermato da parte appellata, rileva invece il Collegio che è ben noto il fondamentale principio secondo il quale l’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno di tali momenti (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 475/92).

Senonchè, non pare nel caso di specie si sia verificata l’eventualità paventata da parte appellata.

Ciò tenuto conto della espressa affermazione di parte appellante circa il proprio permanente interesse, ed in armonia con il consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui la sopravvenuta improcedibilità è ancorata al rigido ed inequivocabile accertamento dei presupposti legittimanti ( ex multis , ancora di recente, Cons. Stato Sez. V, 03-06-2013, n. 3035) per evitare che la declaratoria d' improcedibilità si risolva in una sostanziale elusione dell'obbligo di pronunciare sulla domanda.

Sotto il profilo obiettivo, poi, va rilevato che il giudizio di primo grado si svolse secondo la seguente cronologia: con ordinanza cautelare n. 3728 del 3 settembre 2010 il Tribunale accolse l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente;
la causa venne assunta in decisione nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2011 e decisa nelle camere di consiglio del 9 febbraio 2011 e del 13 aprile 2011;

la sentenza venne depositata in data 07/07/2011.

Al momento della stipula del detto atto integrativo di concessione, quindi, il provvedimento gravato in primo grado non era munito di esecutività, ed avverso la detta sentenza fu prontamente proposto appello: ciò esclude che l’appellante amministrazione non avesse più interesse alla coltivazione dell’impugnazione.

La eccezione di parte appellata va quindi certamente disattesa, salvo quel che si dirà nell’ultima parte della presente decisione in punto di individuazione degli effetti della presente decisione.

1.2. Parimenti rammenta il Collegio che costituisce principio generale costantemente predicato dalla pacifica giurisprudenza amministrativa quello per cui “la legittimità di un provvedimento amministrativo si deve accertare con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua emanazione, secondo il principio del " tempus regit actum ", con conseguente irrilevanza di provvedimenti successivi che non possono in alcun caso legittimare ex post precedenti atti amministrativi”(Cons. Stato Sez. IV, 21-08-2012, n. 4583).

La giurisprudenza civile di legittimità, a propria volta, ritiene il detto canone valutativo principio di imprescindibile applicazione ( ex multis : Cass. civ. Sez. VI, 22-02-2012, n. 2672): ne deriva che l’abrogazione della normativa posta a fondamento dell’atto amministrativo non retroagisce negativamente sulla sorte degli atti adottati in conformità alla disciplina legislativa ratione temporis vigente e semmai la problematica riposa nella necessità di evidenziare –soprattutto ove, come nel caso di specie, ci si trovi al cospetto di atti ad efficacia durevole ed almeno in parte riposanti in una pluralità di atti negoziali susseguenti- quale possa essere l’effetto della sopravvenuta disciplina sul segmento del rapporto svoltosi sotto l’usbergo di quest’ultima.

Anche con riferimento a tale profilo, tuttavia, mentre non merita condivisione l’eccezione di parte appellante secondo cui ci si troverebbe al cospetto di una radicale novazione del rapporto, ritiene il Collegio, opportuno, nella parte finale della presente decisione, precisare la portata del giudicato alla stregua della sopravvenuta innovazione regolamentare.

2. Ciò premesso, e passando ad esaminare il merito della causa, stabilisce l’art. 11 quinquies de l DECRETO-

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