Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-02-15, n. 201300924

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-02-15, n. 201300924
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300924
Data del deposito : 15 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04880/2011 REG.RIC.

N. 00924/2013REG.PROV.COLL.

N. 04880/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4880 del 2011, proposto da:
RE ZZ, AT UI MA, EP UC, AN MA, AN TA De IO, rappresentati e difesi dall'avv. Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso Gianluigi Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, 11;



contro

Ministero della Giustizia, Casa circondariale di Lecce, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 08526/2010, resa tra le parti, concernente riconoscimento del trattamento economico retributivo assistenziali e previdenziale

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e della Casa Circondariale di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Di Cagno in sostituzione di Gianluigi Pellegrino e Giulio Bacosi (avv. St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con il ricorso in esame, i signori RE ZZ ed altri, come in epigrafe indicati, chiedono la revocazione della sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. IV, 3 dicembre 2010 n. 8526.

Tale sentenza ha accolto l’appello proposto dal Ministero della Giustizia, ha respinto l’appello incidentale degli attuali ricorrenti e pertanto, in riforma della sentenza del TAR Puglia, sede di Lecce, 7 aprile 2005 n. 1894, ha respinto il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

La sentenza del TAR oggetto di riforma, in parziale accoglimento del ricorso introduttivo, aveva accertato il diritto dei ricorrenti, infermieri professionali, a percepire differenze retributive e indennità di buonuscita (maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria), conseguenti alla qualificazione del rapporto di impiego intrattenuto presso la Casa circondariale di Lecce come rapporto di lavoro subordinato.

Vengono proposti i seguenti motivi di ricorso:

a) quanto alla fase rescindente, si evidenzia che “la svista o errore dei sensi in cui è incorso” il giudice “consiste nel non essersi avveduto che gli elementi valorizzati dal giudice di I grado al fine di ritenere la sussistenza del vincolo di subordinazione non erano soltanto quelli richiamati dalla stessa sentenza del Consiglio di Stato . . . ma anche e soprattutto” ulteriori circostanze (v. sub lett. a-b-c pag. 8), le quali, benché ignorate dalla sentenza revocanda “indubbiamente attestano l’esistenza non solo del potere di direzione, ma anche del potere disciplinare e di controllo dell’amministrazione nei confronti degli attuali ricorrenti;

b) ulteriore errore di fatto revocatorio ricorre laddove la sentenza ha ritenuto indimostrato che “il rapporto intrattenuto tra gli odierni appellati e la Casa circondariale di Lecce si svolgesse con modalità diverse da quelle prescritte dalla legge”; in tal modo il giudice non si è “avveduto che norme convenzionali (puntualmente evidenziate nel controricorso) . . . imponevano agli appellati non soltanto le attività di guardia infermieristica, ma una serie di attribuzioni di carattere organizzativo e amministrativo . . . (e) attribuzioni assistenziali”. In tal modo, la sentenza non si è avveduta “che la costituzione dei rapporti ex art. 53 l. n. 740/1970 era preclusa in radice al direttore della Casa circondariale di Lecce, non essendo tale istituto inserito tra quelli specificamente a ciò abilitati”;

c) ulteriore errore di fatto revocatorio nella parte in cui ha ritenuto non “adeguatamente dimostrato l’asserito inserimento stabile degli istanti nella struttura pubblicistica dell’amministrazione penitenziaria”, omettendo in tal modo di “considerare gli atti e la documentazione, attraverso cui l’amministrazione ha sostanzialmente confessato di avere instaurato con gli istanti rapporti lavorativi per lo svolgimento non del servizio di guardia infermieristico . . . ma di tutte le attività proprie del

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