Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-19, n. 202001257

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-19, n. 202001257
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001257
Data del deposito : 19 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/02/2020

N. 01257/2020REG.PROV.COLL.

N. 00893/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 893 del 2018, proposto da
Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F C, F L, A C', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F L in Roma, via G. P. Da Palestrina n.47;

contro

Vodafone Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A B C, G L P, F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via Vittoria Colonna 32;

nei confronti

Autorità per Le Garanzie Nelle Comunicazioni, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Economia e delle Finanze non costituiti in giudizio;
Fastweb S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Guarino, E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Guarino in Roma, via Giulio Caccini, 1;
Wind Tre S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G G, Ilaria Pagni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G G in Roma, piazza dell'Emporio n. 16/A;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 10920/2017, resa tra le parti, concernente:

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

nota-determinazione dell'AGCOM prot. n. 263 del 5 agosto 2016 avente ad oggetto “Offerta TIM Smart – riscontro segnalazione”, con la quale è stato comunicato alla Vodafone che la promozione “TIM SMART CASA e MOBILE” e “TIM SMART CASA” praticate da Telecom Italia S.p.a. nei mesi di luglio e agosto 2016 sono state oggetto di verifica di replicabilità con esito positivo (doc. 1 ric.);
della nota dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) prot. n. 35755 del 30.6.2016, conosciuta in sede di accesso agli atti in data 20.9.2016, con la quale è stata approvata la commercializzazione delle offerte TIM SMART comunicata da Telecom Italia S.p.a. con nota del 27.4.2016 e

successive note del 5.5.2016 e del 17.6.2016 (doc. 2 ric.);
degli eventuali ulteriori atti di approvazione, anche taciti e non conosciuti, da

parte dell'AGCOM, delle predette promozioni di Telecom Italia S.p.a. e in particolare del silenzio assenso formatosi sull'offerta comunicata in data 2.6.2016 e successiva nota del 14.7.2016, nonché la nota AGCOM del 12.7.2016 (doc. 3 ric.);
di ogni altro atto presupposto e/o connesso compresi: gli eventuali ulteriori atti di approvazione di nuove promozioni TIM SMART, commercializzate da

Telecom Italia nei mesi di settembre e ottobre 2016 o nei mesi successivi.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da FASTWEB S.P.A. in data 1 marzo 2018 :

per l'annullamento e/o la riforma in parte qua e per quanto di ragione della sentenza del TAR Lazio, Sez. III, n. 10920, pubblicata il 31.10.2017 e non notificata

Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da VODAFONE ITALIA S.P.A. in data 2 marzo 2018:

per la riforma nei limiti di cui in motivazione, della sentenza del Tar Lazio, Sez. III, 31 ottobre 2017, n. 10920, non notificata


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Vodafone Italia S.p.A. e di Fastweb S.p.A. e di Wind Tre S.p.A.;

Visti gli appelli incidentali di Fastweb S.p.a. e Vodafone S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. D P e uditi per le parti gli avvocati F L, F S in delega di A C', F C, M B in delega di G G, e E C,;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame la società odierna parte appellante impugnava, in parte qua, la sentenza n. 10920 del 2017 con cui il Tar Lazio aveva parzialmente accolto l’originario gravame;
quest’ultimo era stato proposto dalla impresa concorrente Vodafone, odierna parte appellata ed appellante incidentale, al fine di ottenere l’annullamento degli atti con cui l’Autorità di settore aveva approvato la commercializzazione delle offerte Tim smart.

2. In particolare venivano impugnati i seguenti atti: la nota-determinazione dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) prot. n. 263 del 5 agosto 2016 avente ad oggetto “Offerta tim smart – riscontro segnalazione”, con la quale è stato comunicato alla Vodafone che la promozione “Tim smart casa e mobile” e “Tim smart casa” praticate da Telecom Italia s.p.a. nei mesi di luglio e agosto 2016 sono state oggetto di verifica di replicabilità con esito positivo;
la nota Agcom prot. n. 35755 del 30 giugno 2016, conosciuta in sede di accesso agli atti in data 20 settembre 2016, con la quale è stata approvata la commercializzazione delle offerte Tim smart comunicata da Telecom Italia s.p.a. con nota del 27 aprile 2016 e successive note del 5 maggio 2016 e del 17 giugno 2016;
gli eventuali ulteriori atti di approvazione, anche taciti e non conosciuti, da parte dell’Agcom, delle predette promozioni di Telecom Italia s.p.a. e in particolare del silenzio assenso formatosi sull’offerta comunicata in data 2 giugno 2016 e successiva nota del 14 luglio 2016, nonché la nota Agcom del 12 luglio 2016;
ogni altro atto presupposto e connesso compresi: gli eventuali ulteriori atti di approvazione di nuove promozioni Tim smart, commercializzate da Telecom Italia nei mesi di settembre e ottobre 2016 o nei mesi successivi;
la circolare dell’Agcom dell’8 luglio 2011 in tema di modalità di esecuzione dei test di prezzo applicate alle offerte tariffarie Telecom;
la delibera Agcom n. 60/13/Cons recante le “Linee guida per la valutazione della replicabilità delle offerte al dettaglio a banda ultralarga su fibra ottica dell’operatore notificato”.

3. All’esito del giudizio di prime cure il Tar accoglieva il ricorso di Vodafone Italia in parte qua, disponendo che le offerte Tim smart debbano essere rivalutate dall’Autorità, in forma aggregata e complessiva, con riguardo all’intero periodo di riferimento a partire, quanto meno, dalle promozioni commercializzate dal mese di luglio 2016 e fino al marzo del 2017, onde verificarne, nell’esercizio dei poteri regolatori che ad essa competono, la complessiva incidenza sul mercato di riferimento e disporne l’assoggettamento al test “Period by Period”, soltanto in caso di positivo accertamento di un impatto significativo ovvero “non limitato” sulle dinamiche competitive nei mercati al dettaglio (arg. ex Allegato A par.

3.2 alla delibera n. 604/13/Cons).

4. Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda parte appellante, nel contestare la sentenza limitatamente ai motivi accolti, formulava i seguenti motivi di appello:

- eccesso di potere giurisdizionale, violazione degli articoli 3 e 6 della direttiva n. 2002/21/CE, 13 della direttiva n. 2002/19/CE, 11 del CCE, 99 c.p.c. e 41 cod.proc.amm., avendo il Tar sostituito il proprio modello scientifico a quello individuato dall’Amministrazione;

- violazione delle delibere n. 499/10/CONS, n. 604/13/CONS, n. 623/15/CONS e degli articoli 10 della direttiva n. 2002/19/CE, 7, par. 7 della direttiva n. 2002/21/CE, 10 della direttiva n. 2002/19/CE, 11 e 67 del CCE, 22 della Racc. della CE n. 466/13, 99e 41 cit., travisamento di fatto, in quanto è rimesso alla sola Agcom e non certo al giudice amministrativo la decisione di effettuare il test di replicabilità prima o dopo il lancio di una nuova offerta al dettaglio, con scelta che certamente può considerarsi la più propria espressione della discrezionalità tecnica attribuita dal legislatore dell’ Autorità;

- omesso esame di eccezioni di parte, non dichiarate espressamente assorbite, dedotte nei seguenti termini: (i) inammissibilità del ricorso e di tutti i successivi atti per carenza di interesse ad agire e mancanza di legittimazione attiva di Vodafone;
(ii) inammissibilità del ricorso e di tutti gli atti successivi in quanto Vodafone tenta di sollecitare un sindacato sostitutivo sulle scelte tecnico-discrezionali dell’Agcom;
(iii) inammissibilità del ricorso e di tutti i successivi atti, poiché la pretesa errata configurazione di un’offerta come “entry level” non osta alla sua replicabilità.

5. L’Autorità appellata non si costituiva in giudizio.

Si costituiva in giudizio l’appellata Wind tre chiedendo il rigetto dell’appello principale.

6. La parte appellata Vodafone si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto dell’appello. Proponeva altresì appello incidentale avverso i capi della sentenza di prime cure, recanti rigetto in parte qua del ricorso originario, deducendo i seguenti motivi:

- error in iudicando per irragionevolezza della motivazione. violazione degli artt. 13 s. della direttiva 2002/19/ce, 17, 19, 45, 47, 50 e 67 del d.lgs. n. 259/2003, 11 e 65 della delibera agcom n. 623/15/cons, della delibera agcom n. 499/10/cons e della circolare applicativa dell’8 luglio 2011, della delibera agcom n. 604/13/cons, violazione dell’obbligo di motivazione ex art. 3 della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, nonché per irragionevolezza e intrinseca illogicità, in quanto con riferimento sia ai servizi offerti su rete tradizionale sia a quelli offerti su rete in fibra, il Regolatore ha espressamente previsto che le offerte al dettaglio dell’operatore SMP devono essere sempre e necessariamente sottoposte a test di verifica della replicabilità, sia attraverso il metodo c.d. DCF che attraverso quello c.d. period-by-period, e che soltanto in casi eccezionali il test può essere parziale, con applicazione del solo metodo DCF;

- analoghe censure, in quanto le offerte promozionali TIM SMART non avrebbero potuto essere qualificate come limited edition, sia perché non sono state temporanee e non hanno i presupposti indicati dalla normativa regolatoria di riferimento, sia perché sono state commercializzate anche attraverso canali diversi da quello web.

7. Anche la parte appellata Fastweb si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del gravame di Telecom, proponendo altresì appello incidentale con i seguenti motivi:

- violazione degli artt. 46 e 47 del d.lvo 259/03, delle delibere AGCom 731/09/Cons, 623/15/Cons, 1/12/Cons;
499/10/Cons;
604/13/Cons nonché della circolare 8.7.2011, illogicità e contraddittorietà della motivazione rispetto ai fini, essendo la sentenza del TAR errata nella parte in cui afferma che le categorie di offerte esentate dal test period by period e soggette al solo test DCF vanno intese come ipotesi esemplificative di un più generale criterio di esenzione la cui ratio è da rinvenire nella scarsa incidenza della promozione sulle dinamiche concorrenziali del mercato al dettaglio;

- irragionevolezza ed insufficienza della motivazione della sentenza nella parte in cui afferma che sia sufficiente che l’Autorità, con un giudizio logico immune da critiche, riscontri il limitato impatto sulle dinamiche competitive, nonché in relazione alla qualificazione delle offerte tim, e più in generale in quanto tutti gli elementi in forza dei quali il Tar ha concluso che le offerte di Tim (almeno singolarmente intese) avevano le caratteristiche necessarie ad essere esentate dal test sono errati, illogici, irragionevoli e non condivisibili.

Avverso tali motivi di appello incidentale replicava la parte appellante principale, chiedendone il rigetto.

8. Alla pubblica udienza del 13 febbraio 2020, in vista della quale le parti costituite depositavano memorie e repliche, la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. La controversia decisa dalla sentenza impugnata ha ad oggetto la contestazione, da parte degli operatori concorrenti dell’impresa odierna appellante, dei provvedimenti espressi e taciti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (“AGCOM” o “Autorità”), odierna appellata non costituita, con i quali è stata autorizzata la commercializzazione di alcune offerte commerciali al dettaglio, praticate da Telecom, senza la invocata duplice verifica ordinaria di replicabilità dei prezzi da parte degli altri operatori del settore.

2. In termini di individuazione del quadro regolatorio, la ricostruzione appare nella sostanza pacifica fra le parti, risultandone piuttosto controversa l’interpretazione e l’applicazione alle fattispecie in esame.

2.1 Telecom è stata identificata da AGCOM, con delibere da ultimo riconfermate, come operatore che detiene un significativo potere di mercato (“SMP”), definito dall’art. 17, comma 2, del d.lgs. n. 259/2003 (“Codice delle comunicazioni elettroniche” o “CCE”) come quel soggetto che “individualmente o congiuntamente con altri, gode di una posizione equivalente ad una posizione dominante, e dunque di forza economica tale da consentirle di comportarsi in misura notevole in modo indipendente dai concorrenti, dai clienti e dai consumatori”.

2.2 In tale contesto Telecom, in quanto operatore SMP e dominante nei mercati delle telecomunicazioni di rete fissa, è sottoposta ad alcuni obblighi regolatori che ne conformano l’attività di offerta dei servizi, sia all’ingrosso (ad esempio, con riferimento al livello dei prezzi dei servizi di accesso alla propria rete offerti agli altri operatori), sia al dettaglio.

In particolare, il Codice delle comunicazioni elettroniche (d. lgs 1º agosto 2003, n. 259) prevede (capo III sezione II), tra gli obblighi che possono essere imposti alle imprese che dispongono di un significativo potere di mercato, i seguenti: ai sensi dell’art. 47 l’obbligo di non discriminazione, volto garantire che “ che l’operatore applichi condizioni equivalenti in circostanze equivalenti nei confronti di altri operatori che offrono servizi equivalenti, e inoltre che esso fornisca a terzi servizi e informazioni garantendo condizioni e un livello di qualità identici a quelli che assicura per i propri servizi o per i servizi delle proprie società consociate o dei propri partner commerciali”;
ai sensi dell’art. 50 l’obbligo di controllo dei prezzi, nel senso che “per determinati tipi di interconnessione e di accesso l'Autorità può imporre obblighi in materia di recupero dei costi e controlli dei prezzi, tra cui l'obbligo che i prezzi siano orientati ai costi, nonché l'obbligo di disporre di un sistema di contabilità dei costi, qualora l'analisi del mercato riveli che l'assenza di un'effettiva concorrenza comporta che l'operatore interessato potrebbe mantenere prezzi ad un livello eccessivamente elevato o comprimerli a danno dell'utenza finale
”.

Lo stesso codice poi, (capo IV sezione II) prevede una serie di controlli sugli obblighi delle imprese che dispongono di un significativo potere di mercato su mercati specifici.

In particolare, all’art. 67 del medesimo codice si prevede che l’Autorità possa imporre obblighi volti a prevenire la pratica di prezzi predatori da parte degli operatori aventi SMP:

1. L'Autorità, qualora in esito all'analisi del mercato realizzata a norma dell'articolo 19 del Codice accerti che un determinato mercato al dettaglio identificato conformemente all'articolo 18 non è effettivamente concorrenziale e giunga alla conclusione che gli obblighi previsti dagli articoli da 46 a 50 non portino al conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 13, impone i necessari obblighi alle imprese identificate come imprese che dispongono di un significativo potere di mercato su un dato mercato al dettaglio ai sensi dell'articolo 17.

2. Gli obblighi di cui al comma 1 si basano sulla natura della restrizione della concorrenza accertata e sono proporzionati e giustificati alla luce degli obiettivi di cui all'articolo 13. Tali obblighi possono includere prescrizioni affinché le imprese identificate non applichino prezzi eccessivi, non impediscano l'ingresso sul mercato né limitino la concorrenza fissando prezzi predatori, non privilegino ingiustamente determinati utenti finali, non accorpino in modo indebito i servizi offerti. Qualora le pertinenti misure relative alla vendita all'ingrosso, alla selezione e alla preselezione del vettore non consentano di realizzare l'obiettivo di garantire una concorrenza effettiva e l'interesse pubblico, l'Autorità, nell'esercizio del proprio potere di sorveglianza sui prezzi, può prescrivere a tali imprese di rispettare determinati massimali per i prezzi al dettaglio, di controllare le singole tariffe o di orientare le proprie tariffe ai costi o ai prezzi su mercati comparabili ”.

Il chiaro tenore letterale delle norme in esame, costituenti la fonte normativa del potere oggetto di controversia, evidenziano il primario fine di tutela della concorrenza del mercato e del connesso interesse pubblico all’apertura dello stesso.

Si tratta, in buona sostanza, di prevenire un abuso di posizione dominante che prende il nome di “margin squeeze”.

La compressione dei margini si configura quando il differenziale tra il prezzo dell’input, fornito dall’impresa dominante nel mercato a monte - impresa verticalmente integrata -,e il prezzo dell’output, offerto da quest’ultima sul mercato a valle, risulta essere negativo o insufficiente a coprire i costi di un operatore, attivo nel downstream market, efficiente quanto l’impresa che attua tale condotta.

Ciò che spinge l’impresa ad effettuare una compressione dei margini è l’intento di escludere le rivali dal mercato a valle, per cui si tratta di un abuso escludente.

I controlli sulla replicabilità delle offerte da parte degli altri competitors sono forme di regolazione che hanno un aspetto di limitazione della concorrenza.

Esse rivelano un aspetto peculiare del rapporto fra regolazione e concorrenza.

La regolazione ex ante deve intervenire a limitare la concorrenza quando questo è necessario per prevenire condotte che possano avere valenze escludenti da parte di imprese dominanti.

Le misure limitative della concorrenza, date dal regolatore, si giustificano in presenza di un operatore dominante o meglio che detenga un significativo potere di mercato.

Si interviene ex-ante, indirizzando i comportamenti delle imprese che operano in questi settori con obblighi positivi specifici. E’ possibile che, in un determinato settore,la concorrenza non consenta il perseguimento di interessi meritevoli di tutela. In tal caso, si può intervenire regolamentando il settore e andando a limitare la concorrenza in nome di tali interessi. Non v’è alcuna contraddizione, tuttavia, fra regolazione ex ante e tutela della concorrenza.

Le Corti europee hanno più volte confermato il principio di applicabilità delle regole di concorrenza anche in presenza di specifiche regolazioni settoriali e il Tribunale stesso, in relazione al caso Telefònica, ha affermato che “le norme in materia di concorrenza previste dal trattato CE completano ,per effetto di un esercizio di controllo ex-post, il contesto normativo adottato dal legislatore dell’Unione ai fini della regolamentazione ex-ante dei mercati delle Telecomunicazioni”

Tali misure, nella specie, come si vedrà si concretizzano nel test di replicabilità delle offerte.

2.3 In tale contesto, con delibera n. 623/15/CONS contenente l’analisi del mercato, l’Autorità ha evidenziato, in particolare, che Telecom Italia è ancora “l’unico operatore verticalmente integrato lungo tutta la catena tecnologica e impiantistica a livello nazionale” mentre gli operatori alternativi (cc.dd. “OLO”), quale è la ricorrente, da un lato “devono rispettare i vincoli imposti da Telecom Italia nell’acquisto dei servizi intermedi, dall’altro si trovano a competere con quest’ultima nel mercato a valle”.

Quindi, la stessa Autorità ha espressamente sancito, al comma 7 dell’art. 11 (rubricato Obblighi di non discriminazione), che “tutte le offerte di Telecom Italia di servizi di accesso al dettaglio (inclusi i bundle) devono essere replicabili da parte di un operatore efficiente e, pertanto, sono sottoposte ad un test di replicabilità, in modalità ex ante ossia prima del lancio commerciale, da parte dell’Autorità”.

2.4 L’art. 65 della medesima delibera (Replicabilità dei servizi al dettaglio di accesso alla rete fissa) ha poi precisato che “In attuazione dell’obbligo di non discriminazione di cui all’art. 11 nonché dell’obbligo di controllo dei prezzi di cui all’art. 13, tutte le offerte di Telecom Italia di servizi di accesso al dettaglio – sia per effettuare e/o ricevere chiamate telefoniche ed accedere ai servizi correlati sia per accedere ai servizi di trasmissione dati a banda larga – offerti su rete in rame e su rete in fibra, commercializzati singolarmente o in bundle con altri servizi – incluse le promozioni – devono essere replicabili da parte di un operatore efficiente. L’Autorità effettua la verifica della replicabilità economica e tecnica delle offerte di cui al comma precedente mediante i test definiti ai sensi della delibera n. 499/10/CONS e successive integrazioni, salvo quanto stabilito in merito alle gare per pubblici appalti ed alle procedure ad evidenza pubblica per la selezione del fornitore di cui all’articolo seguente”, inoltre fissa le modalità di espletamento delle verifica “de qua”, prescrivendo, tra l’altro, che essa avvenga mediante i test di cui alla delibera n. 499/2010 (doc. 5 ric.) e successive modificazioni ed integrazioni.

Quest’ultima delibera del 2010 è stata integrata dalla delibera n. 604/13 per quanto concerne l’applicabilità dei medesimi test di prezzo anche ai servizi a banda ultralarga su fibra ottica e, ancor prima, dalla Circolare applicativa, datata 8 luglio 2011 espressamente dedicata alle modalità applicative della delibera n. 499 cit.

2.5 Per quanto riguarda in dettaglio le analisi necessarie ai predetti fini di verifica, in particolare, nella stessa delibera n. 499/2010 si legge (par. 1.4, pag. 50, doc. 5 ric.) che le analisi multiperiodali possono essere effettuate sia analizzando (mediante il test c.d. “Period by Period”) ciascun periodo della “permanenza media del cliente nell’offerta”, sia analizzando unicamente il risultato a fine periodo (c.d. analisi “DCF”).

Quest’ultima analisi è più appropriata per la valutazione di offerte mediante le quali si realizzino investimenti fissi “ad hoc” da recuperare in un determinato intervallo temporale, il che corrisponde alla logica economica secondo cui il ritorno degli investimenti non si realizza in un unico periodo, ma nel corso della vita utile dell’investimento effettuato.

Quindi andrebbero valutati secondo il criterio DCF, in vista della verifica del risultato alla fine del “multi-periodo” considerato, gli investimenti e i relativi ammortamenti;
al riguardo l’Autorità, nella delibera n. 499 ha mostrato di ritenere congruo un arco temporale di 24 mesi per i servizi in rame, fatte salve future modifiche di esso ove ritenute più congrue (in effetti per le offerte in fibra il periodo di osservazione è stato successivamente esteso a 36 mesi).

Viceversa i costi variabili dovrebbero essere recuperati in ciascun singolo periodo, su base annuale (o sulla base della durata minima contrattuale dell’offerta) e, pertanto a questa verifica meglio si adatta il test “Period by Period” (PbP) che consente di verificare che in ciascun singolo periodo (e non solo “alla fine” dell’arco temporale totale dell’investimento considerato) vengano coperti tutti i costi variabili relativi all’offerta (inclusi i costi “W” relativi ai fattori produttivi di rete essenziali, vedi pagg. 47 e pag. 50 delibera n. 499). “Al fine di garantire una corretta valutazione delle offerte, che tenga conto delle logiche economiche e di sviluppo del mercato, l’Autorità …(ha ritenuto) opportuno integrare l’utilizzo di entrambi i metodi di valutazione” (pag. 50 delibera ult. cit.).

2.6 Alla suddetta regola generale - secondo la quale la verifica di replicabilità si deve svolgere attraverso entrambi i metodi di analisi sopra citati - fanno eccezione alcune rilevanti fattispecie che lo stesso Regolatore, già a partire dalla delibera n. 499/10 ha ritenuto di sottrarre alla verifica “PdP”. Due di esse sono direttamente contemplate dalla delibera in commento che esclude dalla sottoposizione al test PbP: i) le offerte formulate in occasione di procedure ad evidenza pubblica per la selezione del fornitore, a cui si applicano criteri “ad hoc”;
ii) le offerte c.d. “entry level” cioè finalizzate allo sviluppo del mercato, considerata la necessità di specifici investimenti destinati a tale sviluppo, da assoggettare al solo test DCF.

2.7 Con la Circolare del 8 luglio 2011, l’Autorità ha successivamente dettato le modalità attuative della delibera 499/10 e, per quanto di interesse nella specie, ha delineato ulteriori fattispecie da assimilare all’ipotesi di offerta “new entry” ai fini dell’esonero dall’analisi di tipo PdP (in deroga alla regola generale della doppia verifica): il par. 6, punto 27 della Circolare nominata individua tali fattispecie nelle “…offerte promozionali che presentano un impatto limitato sulle dinamiche competitive nei mercati al dettaglio. In tale categoria rientrano, a titolo di esempio, le promozioni commercializzate in modalità c.d. rush, ossia per intervalli di tempo particolarmente ridotti e/o attraverso alcuni specifici e limitati canali di acquisizione (ad esempio mediante il solo canale web)”.

2.8 L’assoggettamento di queste tipologie di promozioni al solo test DCF è stato ribadito dalla successiva delibera AGCOM n. 604/13 (in tema di offerte “ultrabroadband” in fibra) che espressamente menziona anche le offerte “limited edition” caratterizzate dal fatto che l’operatore prevede un numero massimo di acquisizioni nel periodo di commercializzazione, di limitato impatto percentuale rispetto al totale delle attivazioni dell’offerta nel periodo considerato.

3. In termini ricostruttivi, sulla scorta del quadro regolatorio appena riassunto, va rilevato come il c.d. “test di prezzo”, quale strumento inteso a verificare la replicabilità delle proposte commerciali presentate dall’operatore notificato prima del lancio sul mercato, sia stato introdotto per la prima volta dall’Autorità nel 2002, con la delibera n. 152/02/CONS.

3.1 Con la già richiamata delibera 499 cit., in vigore dal 28 ottobre 2010, l’Autorità ha poi provveduto ad aggiornare i meccanismi di valutazione delle offerte di Telecom Italia, adottando una nuova metodologia dei test di prezzo, più flessibile e adeguata alla mutata configurazione del mercato e dell’offerta di servizi di comunicazione elettronica, sempre più comunemente basata su pacchetti di servizi di accesso e traffico.

3.2 Successivamente, nel dichiarato perseguimento di un’ottica di trasparenza delle modalità di svolgimento delle verifiche di replicabilità, alcuni aspetti tecnico-applicativi della delibera n. 499/10/CONS e alcuni parametri di dettaglio della rinnovata metodologia dei test di prezzo sono stati chiariti con circolare attuativa dell’8 luglio 2011.

3.3 Da ultimo, con delibera n. 604/13/CONS, sono stati adottati i criteri applicativi dei test di prezzo da applicarsi alle offerte al dettaglio a banda ultra-larga su fibra ottica di Telecom Italia, ferme restando le disposizioni, la metodologia e gli strumenti generali in materia di test di prezzo di cui alla delibera n. 499/10/CONS.

4. Da queste fonti si evince che, con riferimento alle modalità di verifica della replicabilità, alle offerte al dettaglio di Telecom Italia, comprendenti servizi di accesso verticalmente integrati con i servizi all’ingrosso regolati, gli Uffici dell’Autorità sono chiamati ad applicare entrambi i test di prezzo di tipo DCF e period by period.

4.1 L’analisi DCF è volta a verificare il recupero dei costi complessivi, fissi e variabili, relativi all’offerta in esame e considera pertanto in senso complessivo costi e ricavi generati dall’insieme delle promozioni applicate all’offerta in un dato periodo di riferimento (un anno).

4.2 L’analisi period by period mira, invece, ad accertare il recupero dei costi variabili generati da ogni nuovo cliente dell’offerta ed è pertanto applicata separatamente a ogni singola promozione.

5. In definitiva, secondo il quadro che emerge dalla ricostruzione del contesto regolatorio, la regola generale prevede che l’offerta sottoposta alle verifiche debba superare, per poter essere commercializzata, entrambi i suddetti test.

5.1 Dal punto di vista giuridico, ciò appare coerente alla qualificazione della posizione di Telecom, in un’ottica di perseguimento, fra i tanti, dell’obiettivo fondamentale della tutela della concorrenza fra operatori comunque limitati nonché degli interessi pubblici connessi, nei termini peraltro chiaramente ed espressamente indicati dalle norme del codice delle comunicazioni elettroniche sopra richiamate.

5.2 Dal punto di vista tecnico, poi, la previsione di una duplice verifica risponde a una logica di complementarietà: il test DCF verifica la redditività globale dell’investimento sotteso alla commercializzazione dell’offerta, mentre la verifica period by period è volta ad accertare che ciascuna promozione sia caratterizzata da un livello di prezzo superiore alla soglia dei costi variabili, ossia dei costi incrementali generati dall’acquisizione del nuovo cliente che aderisce alla promozione.

6. Ciò posto, la medesima disciplina regolatoria richiamata individua una tipologia di offerte cui si possono applicare modalità di verifica della replicabilità per così dire “semplificate”, che consistono nell’applicazione del solo test DCF.

A fronte delle finalità sottese alla duplicità della verifica, appare evidente come le ipotesi “semplificate” vadano intese in termini tanto precisi quanto rigorosi, pena l’azzeramento o comunque il superamento del metodo generale, individuato quale primaria garanzia di concorrenza nel mercato e quale strumento necessario al fine di correggere le problematiche derivanti dal ruolo di Telecom.

La relativa clausola di apertura (“a titolo di esempio”) non può essere intesa al fine di generalizzare le ipotesi di semplificazione, avendo piuttosto logicamente ad obiettivo l’esigenza di adeguarsi all’evoluzione tecnica e commerciale delle offerte telefoniche.

7. In termini di individuazione di tali ipotesi “semplificate”, vi è innanzitutto il caso delle cc.dd. offerte entry level, ovvero di quelle proposte commerciali finalizzate allo sviluppo e all’allargamento del mercato (cfr. allegato 1, paragrafo 1.4. Del. 499/12/Cons). A tale tipologia sono riconducibili tutte le offerte promozionali che determinano un impatto limitato sulle dinamiche competitive nei mercati al dettaglio (cfr. punto 27 della circolare e par.

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