Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-02-26, n. 201901341

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-02-26, n. 201901341
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901341
Data del deposito : 26 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/02/2019

N. 01341/2019REG.PROV.COLL.

N. 03092/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3092 del 2018, proposto da dalla società Marina del Giglio s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati P B e U R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Mirabello, 18;

contro

il Comune di Isola del Giglio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato N M T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Nicola D Pro in Roma, via Tagliamento, n. 55;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana n. 1520 del 2017.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Isola del Giglio;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 10 gennaio 2019 il Cons. S M;

Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati U R e Nicola D Pro (quest’ultimo su delega dichiarata dell’avvocato N M T);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Marina del Giglio s.r.l., odierna appellante, adiva il Tribunale di Grosseto per sentir condannare il Comune di Isola del Giglio alla restituzione di un appartamento di civile abitazione facente parte del complesso immobiliare “Il Faraglione”, ubicato nello stesso Comune.

In quel giudizio, la società attrice assumeva che l’immobile, di sua proprietà, fosse stato occupato senza titolo dal Comune, e, oltre alla restituzione del bene, chiedeva condannarsi l’amministrazione convenuta anche al pagamento delle somme da essa dovute a titolo di contributi consortili o condominiali, nonché a titolo di indennità di occupazione.

Il Comune di Isola del Giglio si costituiva in giudizio spiegando domanda riconvenzionale volta a ottenere la pronuncia di sentenza costitutiva, ex art. 2932 c.c., del trasferimento in proprio favore dell’appartamento in questione, stante il preteso inadempimento della società attrice all’obbligo di cederne la proprietà al Comune entro il 31 dicembre 1976, come da scrittura intercorsa fra le parti il 1 ottobre 1975.

La domanda era riferita altresì agli altri immobili (terreni) indicati nella scrittura predetta.

Con sentenza n. 55 del 20 aprile 2010, il Tribunale di Grosseto, sezione distaccata di Orbetello, declinava la giurisdizione sulla domanda riconvenzionale, ritenendo trattarsi, per questo aspetto, di controversia appartenente alla giurisdizione esclusiva attribuita al giudice amministrativo dall’art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, in virtù della natura di convenzione urbanistica (convenzione di lottizzazione) della scrittura inter partes del 1975.

Quanto alla domanda principale proposta dalla società, il Tribunale di Grosseto ne disponeva la prosecuzione dinanzi a sé, pur sospendendolo sino alla definizione del giudizio sulla riconvenzionale.

2. La domanda riconvenzionale veniva quindi riassunta dal Comune innanzi al TAR per la Toscana affinché, accertato e dichiarato l’inadempimento della parte privata all’obbligo assunto con la scrittura del 1 ottobre 1975, fosse pronunciata sentenza che, in luogo del contratto non concluso, trasferisse in suo favore la proprietà dell’appartamento e degli altri beni immobili ivi indicati e destinati a opere di urbanizzazione.

Innanzi al TAR si costituiva, in resistenza, la società Marina del Giglio, la quale eccepiva l’indeterminatezza della domanda e la prescrizione del diritto azionato.

Deduceva in primo luogo la nullità della scrittura invocata dall’amministrazione ricorrente e, in subordine, agiva in riconvenzionale per la condanna del Comune al pagamento del corrispettivo inerente le opere di urbanizzazione eseguite in aggiunta a quelle risultanti dalla convenzione di lottizzazione del 1975.

3. Il TAR:

- ha accolto la pretesa azionata dal Comune accertando e dichiarando l’inadempimento della resistente Marina del Giglio s.r.l. agli obblighi assunti con la convenzione di lottizzazione del 1 ottobre 1975 e aventi a oggetto la cessione gratuita al Comune delle aree destinate a ospitare le opere di urbanizzazione e dell’appartamento contraddistinto dalla sigla

BX09;

- ha disposto incombenti istruttori per l’accertamento della situazione catastale del compendio, al fine di emettere la pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c.;

- ha declinato la giurisdizione in ordine alla domanda riconvenzionale spiegata dalla società.

4. La pronuncia (con esclusione del capo relativo alla declinatoria di giurisdizione) è stata impugnata da parte della società Marina del Giglio, rimasta soccombente, la quale ha dedotto:

I – Sul capo della sentenza che dichiara intervenuta la rinuncia alla prescrizione da parte di Marina del Giglio s.r.l.:

I – A. Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 73, comma 3, c.p.a ..

Sin dalle prime difese di fronte al Giudice di Orbetello, l’odierna appellante aveva fatto rilevare come il diritto asseritamente vantato dal Comune al trasferimento di tutti gli immobili di cui all’atto d’obbligo del 1975 si fosse, a suo dire, inevitabilmente estinto in ragione dell’intervenuto decorso, a far data dalla sottoscrizione dell’atto, del termine decennale di prescrizione di cui all’art. 2946 c.c.

Aveva fatto rilevare, inoltre, come alle produzioni documentali del Comune convenuto non potesse essere attribuita alcuna valenza interruttiva del termine prescrizionale né alcun valore di riconoscimento dell’altrui diritto – come ex adverso sostenuto – poiché:

1) la raccomandata del 19 giugno 1987 era stata inviata successivamente al maturare del termine decennale di prescrizione, decorrente dalla data di stipula dell’atto. In ogni caso, detta missiva atteneva a beni oggettivamente diversi da quello per cui era causa, poiché riguardava le aree destinate a parcheggio;

2) le delibere prodotte non avrebbero poi avuto alcuna valenza nell’ambito di una controversia di natura civilistica avente ad oggetto posizioni di diritto soggettivo, trattandosi di atti unilaterali di natura interna, inidonei alla costituzione in mora perché evidentemente non recettizi;

3) parimenti inconferenti sarebbero state infine, le argomentazioni sostenute ex adverso in relazione all’ipotetico riconoscimento, da parte della società, del diritto del Comune;
in particolare, la lettera prodotta dall’ente convenuto, datata 3 settembre 1992, era anch’essa successiva al maturare del termine decennale di cui all’art. 2946 c.c. e sarebbe stata comunque del tutto generica e priva di quel carattere di specificità che l’atto di riconoscimento dovrebbe possedere per determinare l’interruzione della prescrizione;

4) anche l’argomento riferito all’avvenuto rilascio dell’abitabilità delle costruzioni sarebbe stato privo di pregio poiché le parti avevano previsto espressamente che l’atto di trasferimento in favore del Comune avrebbe dovuto essere stipulato “ entro il 31.12.1975 ”.

Il TAR ha rigettato l’eccezione di prescrizione sostenendo che, con la nota del 3 settembre 1992, l’amministratore unico della società Marina del Giglio avesse voluto rinunciare alla prescrizione ai sensi dell’art. 2937 c.c. stante l’assoluta incompatibilità tra la manifestazione dell’intento di cooperare fattivamente alla “chiusura del rapporto”, come sollecitata dal Comune, e il far valere la causa estintiva del credito ”.

Tuttavia, la questione della rinuncia alla prescrizione sarebbe stata rilevata ex officio , e definita, solo con la sentenza, poiché il Comune non aveva mai contrapposto all’eccezione di prescrizione siffatto rilievo. Per tale motivo, il primo giudice avrebbe violato la prescrizione di cui all’art. 73, comma 3, c.p.a., non avendo instaurato un contradditorio tra le parti sullo specifico punto.

La questione della rinuncia alla prescrizione sarebbe peraltro anche infondata nel merito.

La decisione del TAR si baserebbe infatti sulla lettura parziale della nota del 3 settembre 1992 la quale era stata inviata dall’amministratore unico di Marina del Giglio in risposta ad una missiva dello stesso Comune conseguente, a sua volta, ad altre comunicazioni intervenute tra le parti ed aventi ad oggetto unicamente il pagamento dei lavori autorizzati dall’Ente in aggiunta a quelli previsti dall’atto d’obbligo.

Dal tenore delle predette missive emergerebbe quindi unicamente la volontà dell’odierna appellante di definire le questioni sorte in seguito alla sottoscrizione dell’atto d’obbligo e non già quella di rinunciare alla prescrizione già maturata.

In ogni caso, ammesso e non concesso che vi sia stata una valida rinuncia alla prescrizione da parte della Marina del Giglio, non vi sarebbero elementi per ritenere che la rinuncia abbia riguardato anche la cessione gratuita dell’appartamento destinato ad ambulatorio il quale, secondo la società, non rientrava tra gli obblighi di cessione funzionali alla convenzione di urbanizzazione;

II – Sul capo della sentenza che rigetta l’eccezione di nullità dell’art. 15 della convenzione .

La previsione relativa al trasferimento gratuito dell’appartamento da destinare ad ambulatorio configurerebbe un preliminare di donazione e sarebbe quindi affetta da nullità, stante l’inammissibilità – pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza – di tale figura negoziale, nonché la mancanza dei requisiti di forma di cui all’ art. 782 del codice civile.

Né sarebbe possibile qualificare l’atto d’obbligo, in tale parte, come convenzione urbanistica ai sensi dell’art. 28 della legge 1150/42.

La società richiama, al riguardo, l’art. 2 della convenzione, secondo cui la società “ si obbliga a cedere a prezzo simbolico al Comune di Isola del Giglio, impegnandosi a sottoscrivere, entro il 31/12/1976 e comunque prima del rilascio del nullaosta di abitabilità delle realizzande costruzioni, apposito atto formale di cessione, delle aree destinate dal P.d.F. a strade, parcheggi, verde pubblico e zona balneare pubblica, il tutto per complessivi mq. 5500 ca e descritto in catasto come segue ”.

Nell’articolo in questione, chiaramente finalizzato alla individuazione di tutte le aree destinate a soddisfare le esigenze di urbanizzazione, nessuna menzione viene fatta dell’immobile per cui è causa.

A sua volta l’art. 7 stabiliva che “ Gli oneri di urbanizzazione di cui al presente atto d’obbligo si riferiscono alla totalità delle aree contornate in verde nella planimetria allegata A ”.

Nella planimetria allegata non è tuttavia ricompreso l’immobile in questione che, peraltro, all’epoca, doveva ancora essere realizzato.

Solo a chiusura dell’atto, dopo la regolamentazione delle modalità di trascrizione e delle spese di registrazione, è stato inserito l’art. 15, del seguente tenore: “ il comparente, una volta ultimati i lavori di costruzione del complesso turistico alberghiero, cederà gratuitamente al Comune che lo utilizzerà per esigenze di natura sanitaria (infermeria, pronto soccorso e ambulatorio), una unità immobiliare di circa mq. 50 utili di superficie, rifinita e strutturata secondo le prescrizioni del Comune stesso ”.

La società ritiene che l’unica interpretazione possibile di tale disposizione sia quella di una previsione aggiuntiva, che racchiude un preliminare di donazione, non essendo condivisibile il ragionamento del TAR che l’ha ricondotta alla disciplina degli oneri di urbanizzazione ed essendo comunque irrilevante la qualificazione dell’atto riveniente dalla declinatoria di giurisdizione pronunciata dal Tribunale di Orbetello.

5. In data 20 settembre 2018 si è costituito, in resistenza, il Comune di Isola del Giglio

6. In data 5 dicembre 2018 ha spiegato le proprie difese significando quanto segue.

Ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità dell’appello, dovuta al fatto che l’atto di impugnazione è stato notificato, via pec, al Comune medesimo presso il domicilio eletto in primo grado, senza allegare la prescritta procura speciale (cfr. depositato del 20 settembre 2018, doc. n. 2 e n. 3).

Relativamente all’asserita violazione dell’art. 73, comma 3, del c.p.a., ha fatto presente di avere prodotto, fin dalla costituzione in giudizio davanti al Tribunale di Grosseto, come anche in sede di riassunzione davanti al Tar della Toscana, tutti i documenti idonei a contestare la fondatezza della eccepita prescrizione dei diritti statuiti nella convenzione, rilevando la natura di rinuncia tacita a tale eccezione da parte della legale rappresentate della società Marina Giglio così come documentata, in particolare, nella nota del 3 settembre 1992 e negli altri atti dalla stessa richiamati.

Nel merito, ha sottolineato che la scrittura privata autenticata stipulata dalle parti il 1 ottobre 1975, ha natura di convenzione urbanistica disciplinante la edificazione del complesso turistico alberghiero “ Il Faraglione” di Isola del Giglio, per cui i relativi obblighi di urbanizzazione primaria e della quota della urbanizzazione secondaria assunti dalla società lottizzante - la quale ha ottenuto l’intero scomputo degli oneri di costruzione e di urbanizzazione - costituiscono obbligazioni propter rem .

La controversia riguarda l’esecuzione di una convenzione urbanistica, così come affermato dal Tribunale di Orbetello con statuizione coperta dal giudicato formatosi sulla pronuncia che ha declinato la giurisdizione ordinaria e della quale costituisce il necessario presupposto.

Gli obblighi di urbanizzazione primaria e secondaria assunti con le convenzioni urbanistiche mantengono la loro piena validità a tempo indeterminato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4278).

Nella fattispecie è avvenuto che, in attuazione della prescrizione contenuta nell’art. 15 della convenzione del 1975, la società appellante abbia ritualmente consegnato al Comune detta unità abitativa, al fine di consentirne il concordato uso pubblico.

Né tale uso è stato mai contestato fino a che, nell’anno 2000, la società ne ha chiesto la restituzione, rivendicando la proprietà dell’immobile sulla base della supposta intervenuta prescrizione dell’obbligo a cederlo gratuitamente.

Il Comune ha richiamato, al riguardo, la nota dell’amministratore unico della società, risalente al 3 settembre 1992, con la quale questi si era dichiarato disponibile a formalizzare le cessioni indicate nella convenzione del 1975, non lasciando quindi adito a dubbi circa il riconoscimento, quantomeno a tutto il 1992, degli obblighi assunti nei confronti del Comune.

A tale inequivoco riconoscimento, ha poi fatto seguito l’immediata esecuzione delle opere di urbanizzazione, nonché l’immissione nel pieno godimento e possesso dei beni immobili in questione.

Si tratta di atti e comportamenti che, secondo il Comune, possono essere interpretati solo come tacita rinuncia della società ad ogni eccezione di prescrizione e comunque quale forma di pieno riconoscimento del diritto dell’Ente ad ottenere la formalizzazione degli atti traslativi della proprietà.

7. In replica, la società appellante ha fatto rilevare che la procura speciale è stata rilasciata anteriormente alla notifica dell’atto di appello dal legale rappresentante della società ed è stata depositata dal difensore telematicamente in data 17 aprile 2018.

Ha poi ribadito che, nel primo grado di giudizio, il Comune ha sostenuto la tesi dell’interruzione della prescrizione dei diritti statuiti nella convenzione, da rinvenirsi nella corrispondenza intercorsa con l’odierna appellante, ma non già quella di rinuncia alla prescrizione medesima.

Infine, ha sostenuto che la giurisprudenza richiamata ex adverso sarebbe inconferente poiché nel caso di specie non si controverte di un obbligo di cessione avente natura pubblicistica.

8. L’appello, infine, è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 10 gennaio 2018.

9. E’ possibile prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari in quanto il ricorso è infondato nel merito.

10. Ai fini di una migliore comprensione dei fatti di causa, giova riportare i contenuti essenziali dell’atto stipulato tra il Comune e la società appellante il 1 ottobre 1975, nella parte di interesse, quale viene riportato nella sentenza impugnata (non contestata in parte qua ).

Esso accede al rilascio dei titoli edilizi per la realizzazione, su aree di proprietà della società, del complesso turistico-alberghiero “Il Faraglione” di Isola del Giglio.

L’art. 2 della scrittura prevede l’obbligo della società proprietaria di cedere al Comune a prezzo simbolico le aree destinate a essere occupate da opere di urbanizzazione (strade, parcheggi, verde pubblico) per circa 5.500 mq complessivi.

Segue l’identificazione catastale dei beni oggetto di cessione.

L’art. 15 prevede a sua volta che la società “ una volta ultimati i lavori del complesso turistico-alberghiero, cederà gratuitamente al Comune che lo [sic] utilizzerà per esigenze di natura sanitaria (infermeria, Pronto soccorso ed ambulatorio) una unità immobiliare di circa 50 mq. utili di superficie, rifinita e strutturata secondo le prescrizioni del Comune stesso. Tale unità immobiliare è rappresentata nella planimetria allegata sotto la lettera B con colorazione in giallo e potrà essere eventualmente sostituita con un’altra unità di intesa con l’Amministrazione ”.

Non è in contestazione il fatto che, sin dal 1976, l’appartamento, contraddistinto dalla sigla BX09, sia stato consegnato al Comune che lo ha adibito all’uso previsto.

11. La tesi principale svolta dall’odierna appellante è quella secondo cui, all’interno di un accordo che, per ogni altro verso costituisce una convenzione urbanistica, sarebbe stata inserita una previsione del tutto eccentrica con la quale la società si sarebbe obbligata a “donare” al Comune uno degli appartamenti del complesso turistico – alberghiero che era stata contestualmente autorizzata a costruire.

La causa di tale disposizione sarebbe quindi avulsa dal resto della convenzione e alla stessa non potrebbe essere data tutela giurisdizionale trattandosi di un negozio (un “preliminare di donazione”), affetto da nullità sia in ragione dell’inconfigurabilità, nel nostro ordinamento, di una siffatta pattuizione sia per la mancanza dei requisiti di forma prescritti dall’art. 782 c.c..

11.1. Il Collegio osserva, in primo luogo, che l’appellante non ha svolto nessuna critica in ordine alle argomentazioni del TAR, nella parte in cui il primo giudice ha condivisibilmente osservato che “ le cessioni gratuite (a prezzo simbolico) previste dall’art. 2 della scrittura del 1 ottobre 1975 sono, evidentemente, quelle funzionali a soddisfare il fabbisogno dell’urbanizzazione primaria, essendo destinate a strade, parcheggi, verde pubblico.

La cessione dell’unità immobiliare prevista dal successivo art. 15 risponde, invece, alle esigenze dell’urbanizzazione secondaria, come si ricava dalla pattuita destinazione dell’immobile a infermeria e ambulatorio (le attrezzature sanitarie appartengono alle opere di urbanizzazione secondaria a norma dell’art. 4 co. 2 della legge 29 settembre 1964, n. 847).

L’assenza di corrispettivo, del resto, non è sufficiente per potersi parlare di donazione, ancorché obbligatoria (ovvero, di preliminare di donazione), atteso che la donazione, com’è noto, si caratterizza non per la gratuità, ma per lo spirito di liberalità che deve muovere il donante;
mentre, nella specie, le cessioni immobiliari cui la società resistente si è obbligata, e gli oneri da questa assunti verso il Comune, corrispondono all’osservanza di obblighi legali condizionanti il rilascio del titolo abilitativo dell’intervento edilizio. Né la resistente ha in alcun modo allegato, e tantomeno dimostrato, che le cessioni previste dalla convenzione di lottizzazione eccedano gli obblighi sanciti
dal citato art. 28 della legge n. 1150/1942 (in altri termini, sarebbe stato onere della resistente allegare e dimostrare di aver pattuito la cessione dell’appartamento per puro animus donandi , e non, come invece risulta chiaramente dal tenore della convenzione, a titolo compensativo e a scomputo di oneri nell’ambito della definizione del corretto equilibrio di interessi pubblici e privati sotteso per legge alla realizzazione dell’intervento lottizzatorio) ”.

11.2. A tali, ineccepibili, rilievi è possibile aggiungere alcune considerazioni di carattere sistematico relative, da un lato, agli ordinari criteri di ermeneutica contrattuale, dall’altro, alla funzione delle convenzioni di urbanizzazione.

Sotto il primo profilo, l’interpretazione dell’atto, cui si è attenuto il Comune, risulta conforme ai canoni legali di interpretazione della volontà negoziale, in particolare al principio secondo cui le clausole contrattuali vanno interpretate nel senso in cui possano avere qualche effetto (art. 1367 c.c.) e comunque in quello più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto (art. 1369 c.c).

Al contrario, l’interpretazione offerta dall’appellante si basa sul carattere eccentrico della clausola rispetto al complessivo impianto della convenzione oltre ad implicarne l’ontologica inefficacia, per nullità.

Allo stesso modo, l’ascrivibilità dell’obbligo di cessione in esame a quelli che normalmente accedono alle convenzioni urbanistiche risulta coerente con il canone ermeneutico di interpretazione secondo cui le clausole di un contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto (art. 1363 c.c.).

Al contrario, la tesi svolta dall’odierna appellante presuppone un contenuto della clausola del tutto avulso dalla causa che sorregge il complesso dell’atto stipulato nel 1975.

Sotto il secondo profilo, occorre ricordare che le convenzioni urbanistiche sono accordi ad oggetto pubblico con i quali l’amministrazione realizza esclusivamente finalità istituzionali.

Poiché i diritti e gli obblighi ivi previsti sono strumentali a dette finalità, la convenzione urbanistica non ha una « specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti » bensì si configura come « accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante quale mezzo rivolto al fine di conseguire l’autorizzazione edilizia » (Cass. civ., Sez. I, 17 aprile 2013, n. 9314;
cfr., anche, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV , 1 agosto 2018, n. 4743).

In tale ottica, non è quindi nemmeno ravvisabile un rapporto strettamente sinallagmatico tra i soggetti stipulanti (cfr. T.a.r. Lombardia, Brescia, 25 luglio 2005, n. 784 e, in precedenza, Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2003, n. 33, secondo cui anche le previsioni “aggiuntive” sono sorrette dalla medesima causa meritevole di tutela secondo la previsione della legge urbanistica fondamentale).

In definitiva, nel caso di specie, non vi è alcun elemento idoneo a supportare la tesi che la clausola in contestazione non integri, al pari di quanto previsto dall’art. 2 in ordine alle aree destinate all’urbanizzazione primaria, un atto d’obbligo, sia pure relativo ad un’opera di urbanizzazione secondaria, che la società ha assunto al fine di conseguire il permesso di costruire e non già per erogare una liberalità.

11.3. Alla qualificazione della prescrizione recata dall’art. 15 quale obbligo di cessione gratuita di un’opera necessaria all’infrastrutturazione del territorio, consegue il rigetto dell’eccezione di prescrizione opposta dalla società poiché gli obblighi di cessione recati da una convenzione di lottizzazione ovvero dagli atti a questa assimilabili sono imprescrittibili (cfr. Cons. St., sez. IV, sentenza n. 4278 del 26 agosto 2014, nonché n. 5413 del 30 novembre 2015;
da ultimo, sez. IV, n. 3672 del 14 giugno 2018).

Questo Consiglio ha infatti già rilevato, quanto al significato da attribuire agli artt. 16, 17 e 28 della legge urbanistica - secondo cui l’efficacia dei piani particolareggiati ha un termine entro il quale le opere debbano essere eseguite, che non può essere superiore a dieci anni - che “ l'imposizione del termine suddetto va intesa nel senso che le attività dirette alla realizzazione dello strumento urbanistico, sia convenzionale che autoritativo, non possono essere attuate ai sensi di legge oltre un certo termine, scaduto il quale l'autorità competente riacquista il potere-dovere di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate, anche, in ipotesi, con una nuova convenzione di lottizzazione. Ne segue che, se, e fino a quando, tale potere non viene esercitato, l'assetto urbanistico dell’area rimane definito nei termini disposti con la convenzione di lottizzazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2007, n. 851) ” (sentenza n. 4278/2014, cit.).

In tal senso, la Sezione si è conformata alla statuizioni dell’Adunanza plenaria, secondo cui le conseguenze della scadenza dell’efficacia del piano attuativo “ si esauriscono […] nell’ambito della sola disciplina urbanistica, non potendo invece incidere sulla validità ed efficacia delle obbligazioni assunte dai soggetti attuatori degli interventi che solo mediatamente trovano fonte nel piano urbanistico attuativo (nel caso di specie, piano di zona), radicandosi piuttosto nelle convenzioni urbanistiche, disciplinate dall'art. 11 della legge n. 167 del 1962, come modificato dalla legge n. 865 del 1971, ovvero negli atti d'obbligo accessivi al provvedimento di assegnazione

(Cons. Stato, Adunanza plenaria, 20 luglio 2012, n. 28).

L’ultrattività, in parte qua , del piano di lottizzazione, si giustifica “ alla luce dell’esigenza di un governo del territorio che sia necessariamente sollecito dell’interesse pubblico ”, essendo inconcepibile “ ammettere che un imprenditore privato possa godere dei profitti di una lottizzazione a danno della collettività: il che avverrebbe se egli potesse sottrarsi all’obbligo di fornire gli spazi occorrenti per l’urbanizzazione primaria e secondaria, che nel modello delineato dalla c.d. legge urbanistica non rappresentano una qualunque controprestazione, ma un elemento strutturale, caratterizzante e imprescindibile, condizione di legittimità della lottizzazione ” (sentenza n. 4278/2014, cit.).

Anche nel caso di specie, la società appellante non può giovarsi dell’eccezione di prescrizione, essendo il contestato obbligo di cessione parte inscindibile ed integrante della lottizzazione che le ha consentito di edificare il compendio immobiliare in esame.

12. In definitiva, per quanto appena argomentato, l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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