Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-05-06, n. 201302409

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-05-06, n. 201302409
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302409
Data del deposito : 6 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03777/2009 REG.RIC.

N. 02409/2013REG.PROV.COLL.

N. 03777/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3777 del 2009, proposto da:
G F, rappresentato e difeso dagli avvocati A P e G M, con domicilio eletto presso quest’ultimo difensore in Roma, Piazza Prati degli Strozzi n. 22;

contro

Comune di Rossano Calabro, in persona del sindaco e legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G S, con domicilio eletto presso Francesco Lilli in Roma, via di Val Fiorita n.90;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE II n. 343/2009, resa tra le parti, concernente demolizione opere abusive realizzate in zona demaniale marittima


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2013 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Pizza, l’avvocato Costa per delega dell’avvocato Mastrangelo e l’avvocato Pungì per delega dell’avvocato Spataro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Calabria 13 febbraio 2009 n. 343 che ha respinto, previa riunione, i ricorsi (RG.n 1396/05 e n. 641/08) proposti dall’odierno appellante avverso il diniego di sanatoria edilizia di un manufatto insistente in parte sul demanio marittimo in località Zolfara di Rossano Calabro e i consequenziali provvedimenti del Comune di Rossano di diffida a demolire e dell’ordine di demolizione dello stesso fabbricato.

L’appellante si duole dell’erroneità della gravata sentenza assumendo la sussistenza di una situazione dominicale incerta riguardo al sedime dell’immobile

Si è costituito il Comune di Rossano Calabro per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.

All’udienza camerale del 27 gennaio 2009 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione dell’ordinanza di demolizione.

All’udienza del 22 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

2.- L’appello, affidato a due soli motivi, è infondato e va respinto.

3.- Con il primo motivo l’appellante si duole del fatto che la gravata sentenza avrebbe omesso di riconnettere rilievo decisivo alla sentenza della Corte d’appello di Catanzaro 19 giugno 2007 n. 1144 che, nell’assolvere l’odierno appellante dal reato di occupazione abusiva di terreni demaniali, avrebbe con ciò sancito la natura non demaniale dell’area e quindi l’illegittimità del provvedimento comunale di diniego di sanatoria fondato, tra l’altro, sul difetto di titolo dominicale in capo all’odierno appellante.

3.1-La censura non è meritevole di accoglimento.

La sentenza qui impugnata ha considerato correttamente la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, che ha mandato assolto l’odierno appellante dal reato di occupazione abusiva di suolo demaniale (art. 1161 Cod. nav.) con la formula “ perché il fatto non costituisce reato”. In effetti, come riconosce lo stesso appellante, la sentenza ha accertato in punto di fatto che soltanto una parte dei terreni da lui occupati non risulta stata al demanio e che, in ogni caso, nell’incertezza circa l’esatta delimitazione dei confini demaniali, ha assolto l’imputato piuttosto che per insussistenza del fatto, per carenza dell’elemento psicologico (tant’è che la formula assolutoria è appunto “ perché il fatto non costituisce reato”). Pertanto nessuna efficacia nel presente giudizio può riverberare il richiamato “giudicato” , proprio in ragione della formula assolutoria e della motivazione, di tenore dubitativo circa l’esatta delimitazione delle aree demaniali e perciò non vincolante in punto di accertamento del fatto.

3.2- Per contro, qui il Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia correttamente ritenuto che una parte del terreno occupato dall’odierno appellante ricade effettivamente in area demaniale: il che rappresenta condizione sufficiente ad escludere la lamentata illegittimità del diniego di sanatoria, posto che una parte di fabbricato incide certamente su area demaniale, il che rende evidente il difetto di titolo in capo al richiedente il condono edilizio.

Infatti, agli atti risulta senza dubbio che una parte del suolo occupato dall’odierno appellante ed adibito in parte (per mq. 160) ai fini della realizzazione della costruzione ed in parte (per mq. 460) a giardino pertinenziale, ricade (per complessivi mq. 580) su una porzione di terreno (censita al foglio 12, particella n.1) appartenente al demanio dello Stato (ora locale) già secondo le stesse risultanze catastali.

La circostanza che il terreno sia indicato nelle mappe catastali come compreso nel demanio marittimo mostra l'avvenuta individuazione, ai sensi dell'art. 32 Cod. nav., della delimitazione della zona di demanio marittimo in cui è compreso, come ha correttamente rilevato il giudice di primo grado. Infatti, secondo l'art. 58 del Regolamento per la navigazione marittima il verbale di delimitazione, debitamente redatto, corredato, sottoscritto e approvato, diviene formalmente vincolante per lo Stato ed è, quindi, inserito di diritto nelle mappe catastali.

3.3 Nel caso in esame, tale delimitazione è avvenuta in esito all’apposito procedimento avviato dalla Commissione composta dal Capo del compartimento marittimo di Crotone e da funzionari dell’UTE e del Genio civile di Cosenza, che ha licenziato il verbale di delimitazione della zona “ Zolfara” in data 4 giugno 1952.

Non risulta che l’interessato abbia mai promosso un giudizio per contestare le risultanze di tale delimitazione del demanio marittimo.

3.4 Pertanto, fermo restando che questo tipo di demanialità dipende da fatti naturali e che la delimitazione è solo un procedimento amministrativo di ricognizione in contraddittorio, quando in seguito al suddetto procedimento un terreno sia stato accertato come demaniale, finché la situazione di fatto rimane inalterata e non si verificano modificazioni fisiche del terreno o fenomeni di spostamento della linea della battigia per cause naturali, la natura demaniale del terreno, come verificata e registrata, rimane definitivamente accertata.

4.- Con il secondo motivo l’appellante lamenta che il giudice di primo grado non avrebbe attribuito rilevanza alla censura di erroneo riferimento, nel diniego di sanatoria, alla (carenza di) autorizzazione paesaggistica propedeutica al rilascio del titolo in sanatoria. Ritiene l’appellante che trattandosi di costruzione realizzata prima del 1967 e che la domanda di condono risulta proposta nel 1986, ai sensi degli artt. 31 e segg. della legge 28 febbraio 1985, n. 47, avrebbe dovuto considerarsi la situazione esistente alla data della realizzazione del fabbricato, senza avere riguardo, ai fini del rilascio della concessione in sanatoria, ai vincoli paesaggistici sopravvenuti (come quelli introdotti con il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).

In tale prospettiva, secondo l’appellante, il procedimento di sanatoria non avrebbe potuto dirsi carente di un parere che, per queste stesse ragioni, non avrebbe dovuto essere reso.

4.1 Il Collegio rileva che l’esame della censura risulta sovrabbondante ai fini decisori, in quanto secondo la consolidata giurisprudenza (Cons. Stato , VI, 17 luglio 2008, n. 3609;
V, 6 giugno 2011, n. 3382;
V, 21 ottobre 2011, n. 5683;
IV, 6 luglio 2012, n. 3970), quando un provvedimento amministrativo negativo è fondato su una pluralità di motivi, è sufficiente che resti dimostrata, all’esito del giudizio, la fondatezza di uno solo di questi perché ne derivi la consolidazione dell’atto, stante l’impossibilità di disporne l’annullamento giurisdizionale.

Nel caso in esame la conclamata carenza di un idoneo titolo di proprietà in capo all’odierno appellante è motivo di per sé sufficiente a suffragare la determinazione comunale negativa sulla istanza di condono edilizio prodotta dall’interessato.

4.2 In ogni caso, anche se fosse possibile giungere all’esame del merito della censura, la stessa risulterebbe destituita di giuridico fondamento e andrebbe pertanto disattesa.

L’art. 32 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 ( Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie ) dispone che “sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino: a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modificazioni, e dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell'articolo 35;
b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III;
c) in contrasto con le norme del D.M. 1° aprile 1968, n. 1404, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con gli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico.

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