Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-01-22, n. 201500273
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00273/2015REG.PROV.COLL.
N. 03602/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3602 del 2014, proposto dalla Regione Veneto, in persona del Presidente
pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati C L, A M, E Z, con domicilio eletto presso A M in Roma, Via Federico Confalonieri n. 5;
contro
CRV1 - Consorzio Recupero Valeggio Uno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avv. P C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, viale Bruno Buozzi n. 87;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del T.a.r. per il Veneto - sezione II - n. 47 del 17 gennaio 2014.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di CRV1 - Consorzio Recupero Veleggio Uno;
Viste le memorie difensive depositate dall’appellante Regione (in data 30 dicembre 2014 e 2 gennaio 2015) e dalla società appellata (in data 30 dicembre 2014);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2015 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Mazzeo, su delega dell’avvocato Manzi, e Colarizi, su delega dell’avvocato Coli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’impugnata sentenza T.a.r. per il Veneto, Sezione II, n. 47 del 17 gennaio 2014 (anche richiamando lo specifico precedente reso sul medesimo punto controverso dalla decisione di questo Consiglio, Sez. IV, 19 marzo 2008, n. 1188) -:
a) ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso - proposto ex art. 117 c.p.a. dal CRV1 - Consorzio Recupero Veleggio Uno (in prosieguo Consorzio) – sollevata dalla difesa della Regione Veneto sotto il profilo della violazione dell’art. 81 c.p.c. (tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalla forza del giudicato interno);
b) ha assodato la perdurante violazione, da parte della Regione Veneto, dell’obbligo di approvare il piano regionale dell’attività di cava (PRAC) nel termine sancito dal combinato disposto degli artt. 7 e 42, l.r. n. 44 del 1982 (dodici mesi dall'entrata in vigore della legge regionale);
c) ha respinto la domanda di risarcimento del danno avanzata dal Consorzio (anche tale capo non è stato impugnato);
d) ha ordinato alla Regione di procedere all’approvazione del PRAC entro un anno dalla comunicazione o notificazione della sentenza;
e) ha condannato l’amministrazione alla refusione delle spese di lite.
2. Con ricorso ritualmente notificato e depositato (rispettivamente in data 17 e 30 aprile 2014), la Regione ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza deducendo due autonomi mezzi di gravame.
3. Si è costituito il Consorzio deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.
4. La causa è passata in decisione alla camera di consiglio del 15 gennaio 2015.
5. L’appello è infondato.
6. Con il primo motivo (pagine 15 – 16 del gravame, meglio illustrato con la memoria di replica del 2 gennaio 2015), la Regione lamenta la carenza di interesse ad agire del Consorzio sulla scorta delle seguenti circostanze:
a) tutte le imprese consorziate operano nel tenimento del comune di Valeggio sul Mincio;in tale ambito, la superficie destinabile all’estrazione di sabbia e ghiaia ha raggiunto la soglia massima individuata dall’art. 13, l.r. n. 44 cit.;
b) la lesione dell’interesse sostanziale delle imprese discende dai limiti imposti dall’art. 13 cit. (applicabili sia a regime, nel presupposto della vigenza del PRAC, che nel periodo transitorio), e non dall’inerzia della Regione;si disvela l’interesse reale del Consorzio che è quello di ottenere una modifica legislativa che consenta di ampliare la misura percentuale massima del territorio regionale destinabile a cava;
c) la saturazione della potenzialità estrattiva delle aree destinate a cava è un dato comune per tutto il territorio regionale;
d) ai sensi dell’art. 34, l.r. n. 5 del 2000, nel computo della misura percentuale massima del territorio agricolo comunale asservibile a cava, devono essere conteggiate anche le superfici di cave di ghiaia già oggetto di ricomposizione ambientale con conseguente ulteriore restrizione della superficie agricola effettivamente destinabile all’attività estrattiva.
6.1. Il mezzo è infondato.
6.2. La Sezione - sulla scorta dell’esame della produzione documentale versata nel fascicolo d’ufficio, delle disposizioni costitutive del micro ordinamento di settore e delle affermazioni della stessa Regione Veneto - osserva che:
a) le imprese consorziate esercitano attività estrattiva di materiali pregiati rientranti nel c.d. gruppo A ex art. 3, l.r. n. 44 cit. (sabbia, ghiaia, calcari), esse operano anche al di fuori del comune Valeggio sul Mincio (nel cui territorio sono attive solo cave di ghiaia e sabbia), alcune di tali imprese hanno ancora riserve di materiale nel comune in questione (cfr. pagina 3 del ricorso in appello), il Consorzio ha come scopo statutario anche quello di provvedere al ripristino ambientale delle aree di cava esaurite;
b) in base al combinato disposto degli artt. 13, l.r. n. 44 cit. e 34, l.r. n. 5 cit., il recupero ambientale delle cave esaurite, diverse da quelle dove si estrae ghiaia, consente di destinare corrispondenti porzioni di suolo (purché nella disponibilità delle imprese) all’attività estrattiva;
c) è evidente che il Consorzio agisce a tutela di imprese del settore che: I) sono interessate ad esaurire le potenzialità estrattive in atto in tutte le aree disponibili nell’intero territorio regionale;II) mirano ad effettuare opere di ricomposizione ambientale onde rendere disponibili, in futuro, aree ulteriori (rispetto a quelle in sfruttamento o esaurite), destinate ad ospitare attività estrattive di materiali anche diversi dalla ghiaia;III) hanno la ovvia aspettativa di operare in un quadro di certezze (temporali e finanziarie) garantito, nel disegno della legge regionale, dalla vigenza del PRAC.
7. Con il secondo motivo (pagine 16 – 19 del gravame) si contesta, sotto plurimi profili, che la Regione sia rimasta inerte;in particolare si deduce che: già dopo la prima diffida è stata avviata dalla Giunta la complessa attività procedimentale culminata in due delibere preliminari;in alcun modo potrebbe profilarsi l’inerzia del Consiglio regionale in quanto tale organo non ha mai ricevuto formalmente la delibera di adozione del piano cave da parte della Giunta;la Regione ha dovuto porre in essere gli adempimenti integrativi delle fasi della V.I.A. e della V.A.S. in ossequio alle prescrizioni del codice dell’ambiente;nessun danno è stato in concreto mai arrecato alle imprese di settore che hanno potuto operare sotto l’egida della disciplina transitoria;l’inconferenza del richiamo ai precedenti giurisprudenziali che hanno a suo tempo assodato l’inerzia della Regione nell’adozione del piano cave.
7.1. Il mezzo è infondato.
7.2. La Sezione, sulla scorta dei principi elaborati dalla più recente giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4309;Sez. V, 4 agosto 2014, n. 4143;Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3561;Sez. IV, 9 maggio 2013, n. 2511;Sez. V, 27 giugno 2012, n. 3787;Cons. giust. amm., 26 aprile 2012, n. 430;Cons. giust. amm., 19 aprile 2012, n. 396;Sez. V, 12 marzo 2010, n. 1468 e n. 1469;Sez. IV, 7 luglio 2009, n. 4351;Corte cost., 17 luglio 2002, n. 355 relativa all’obbligo per l’amministrazione, in mancanza di una previsione normativa ad hoc, di determinare per ciascun tipo di procedimento, anche di carattere pianificatorio o programmatorio, i termini di conclusione ex art. 2, l. n. 241 del 1990, cui rinvia a mente degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a.), osserva in diritto quanto segue:
a) presupposto processuale per l’esercizio dell’azione disciplinata dagli artt. 31 e 117 c.p.a. – che introducono norme sul rito e non di giurisdizione esclusiva o di merito - è che la controversia appartenga alla giurisdizione (normalmente di legittimità) del giudice amministrativo;ne rimangono escluse le contestazioni relative a diritti di credito o comunque a posizioni di diritto soggettivo perfetto (con l’eccezione dei tassativi casi previsti dagli artt. 133 e 134 c.p.a.), mentre è indifferente il maggior o minore grado di discrezionalità riservato all’amministrazione;parimenti esclusa, ex art. 7, co. 1, ultimo periodo, c.p.a., è la possibilità di sindacare, con lo speciale rito del silenzio, la mancata adozione, da parte degli organi titolari del relativo potere, di atti normativi (leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti e così via), venendo in rilievo ambiti nei quali l’amministrazione esprime scelte di natura politica, ovvero soggetti istituzionalmente diversi dalla pubblica amministrazione;
b) fermo rimanendo l’accertamento delle ordinarie condizioni dell’azione (interesse ad agire, titolo o legittimazione al ricorso, legitimatio ad causam ), assume importanza centrale il riscontro dell’interesse ad agire che presuppone l’inadempimento dell’obbligo di provvedere;in linea generale, perché si radichi l’interesse è necessario che sia configurabile un obbligo di provvedere, un termine (officioso, perché individuato in via immediata dalla disciplina di settore, ovvero ritraibile dalla presenza di una istanza di parte non evasa nei termini direttamente o indirettamente divisati dall’art. 2, l. 241 del 1990) e la sua violazione;
c) l’obbligo di procedere a carico dell’amministrazione (e simmetricamente la legittimazione al ricorso della parte che agisce in giudizio) non si configura:
I) in presenza di istanze illegali, emulative, manifestamente infondate o inammissibili (arg. adesso ex art. 2, co.1, l. n. 241 cit.);
II) a fronte di provvedimenti inoppugnabili o in relazione ai quali si solleciti l’esercizio dell’autotutela;
III) in presenza di tutte le ipotesi di silenzio significativo (nelle quali l’omissione è legalmente equiparata ad un provvedimento espresso);
IV) se l’ordinamento qualifica il termine entro cui deve essere adottato il provvedimento come perentorio: in tal caso, infatti, la sanzione è quella della perdita irrimediabile del potere di esercitare la funzione pubblica da parte dell’autorità rimasta inerte, circostanza questa che impedisce in radice l’esercizio dell’azione ex art. 117 c.p.a. anche per evitarne un (ab)uso strumentale ed elusivo dell’avvenuta estinzione del potere;
d) il presupposto per la condanna ai sensi dell'art. 117 c.p.a. è il fatto che al momento della pronuncia del giudice perduri l'inerzia dell'Amministrazione inadempiente (e che dunque non sia venuto meno il relativo interesse ad agire);sotto tale angolazione si ritiene che:
I) in linea generale l'adozione di un provvedimento esplicito (in risposta all'istanza dell'interessato o in ossequio all’obbligo di legge), rende il ricorso o inammissibile per carenza originaria dell'interesse ad agire (se il provvedimento intervenga prima della proposizione del ricorso) o improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (se il provvedimento intervenga nel corso del giudizio all’uopo instaurato);
II) permane, viceversa, la situazione di inerzia colpevole (e dunque il corrispondente interesse ad agire ex art. 117 c.p.a.), se l’amministrazione non conclude il procedimento (quale ne sia il contenuto) nel termine di riferimento ovvero se adotta un atto infra procedimentale o peggio soprassessorio;tanto nel decisivo presupposto che una tale attività non dà vita ad un autentico provvedimento ultimativo del procedimento che l’amministrazione ha l’obbligo di concludere ma un rinvio sine die ;
e) il tenore testuale dell’art. 2, l. n. 241 del 1990 (il cui comma 8 consente il ricorso all'azione ex art. 31 c.p.a.), fa si che la norma sancita sia applicabile anche al procedimento di formazione degli atti generali, pianificatori o programmatori: infatti, l'art. 13 della medesima legge - che espressamente concerne la disciplina applicabile agli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione - stabilendo che per essi, in quanto non si applichino alcune parti della legge cit. <<…restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione>> - esclude per i procedimenti diretti alla emanazione dei suddetti atti unicamente l'applicazione delle disposizioni contenute nel Capo III della stessa legge (artt. da 7 a 13); a contrario, dunque, detto art. 13 conferma che le disposizioni degli altri capi della legge - e, in particolare, per quanto qui rileva quelle del Capo I, tra cui è compreso l'art.