Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-20, n. 202306055

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-20, n. 202306055
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306055
Data del deposito : 20 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2023

N. 06055/2023REG.PROV.COLL.

N. 06647/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6647 del 2022, proposto dal signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato P V L, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, sezione seconda, n. -OMISSIS- resa tra le parti.


Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2022, il consigliere F F;

udito l’avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni per il Ministero della difesa e viste le conclusioni scritte depositate dall’avvocato P V L per il signor -OMISSIS-;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS- maresciallo dell’Arma dei carabinieri in congedo, ha proposto ricorso per la revocazione della sentenza in epigrafe indicata con cui il Consiglio di Stato ha accolto l’appello n. -OMISSIS- avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia n. -OMISSIS- e, per l’effetto, ha respinto il ricorso di primo grado e i motivi aggiunti veicolati dall’interessato per l’annullamento del decreto del Ministero della difesa, Direzione generale per il personale militare, del 18 ottobre 2011, recante l’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dalle funzioni del grado per tre mesi, e del conseguente decreto del Ministero della difesa dell’11 novembre 2013 recante la detrazione d’anzianità di grado per tre mesi.

1.1. L’interessato ha dedotto due motivi revocatori, lamentando con il primo la « Violazione art. 25 della costituzione, in relazione all’erronea applicazione del d.lgs 15.03.2010 nr. 66, anziché della legge 31 luglio 1954 n. 599. art. 395 comma 4 c.p.c. » per il « rinvenimento di (tre) documenti decisivi che la parte non ha potuto produrre nel giudizio di primo e secondo grado », che ha allegato al ricorso per revocazione.

1.2. In particolare il ricorrente ha prodotto il decreto dell’amministrazione militare che lo ha posto in congedo assoluto ai sensi della legge n. 559/1954 (vigente ratione temporis ) con decorrenza dal 2004 e dunque al momento dell’irrogazione della sanzione disciplinare, cosicché, a suo avviso, « Nella fattispecie, è applicabile l’art. 2187 del D. Lgs. 15.03.2010 nr. 66 che testualmente dispone: “ I procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente codice e del regolamento rimangono disciplinati dalla vecchia normativa ”. Quindi, appare evidente l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione ed il Collegio Giudicante nel ritenere applicabile nella fattispecie il D.Lg.vo 66/2010, il quale alla data del 2004 del Congedo Assoluto del Maresciallo -OMISSIS- non era ancora entrato in vigore, per cui non poteva essere applicato, e tanto anche in violazione dell’art. 25 della costituzione ».

1.3. Ha altresì versato in atti la richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica di -OMISSIS- e l’avviso di fissazione d’udienza del Tribunale di -OMISSIS- per l’opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal signor -OMISSIS- « che attestano come i Sig.ri-OMISSIS-sono effettivamente risultati indagati dalla Procura di -OMISSIS- con Proc. Pen. n. -OMISSIS- R.G. Mod. 21 – n. -OMISSIS- R.G. N.R. per i reati di cui agli artt. 368, 594 e 595. Per detto Procedimento Penale, a loro carico, in data 04.12.2012 è stata richiesta l’archiviazione per “intervenuta prescrizione dei reati”, fatto ultimo che lascia inalterato l’impianto accusatorio delle denunce sporte dall’allora Maresciallo dei Carabinieri dr. -OMISSIS- Quanto sopra, costituisce una verità storica ed un errore di fatto revocatorio, in quanto sia la Commissione di Disciplina che il Ministero della Difesa ed il Collegio giudicante danno motivazioni errate ».

1.4. Con il secondo motivo di revocazione il ricorrente ha lamentato che: egli « era in Congedo Assoluto dal 2004 (e non dal 2012 come si afferma nella decisione impugnata) quindi non era affatto in servizio, per cui la competenza, andava radicava nel Comando Regione Militare Sud di -OMISSIS-, avente specifica competenza sulla Regione Puglia, luogo di residenza dell’inquisito in Congedo Assoluto, applicandosi ella Fattispecie la Legge 599/54 e non l’attuale Codice dell’Ordinamento Militare, ratione temporis »;
l’articolo 879, comma 1, lettera b), del codice dell’ordinamento militare richiamato nella sentenza revocanda « afferma che il militare in Congedo può trovarsi a) temporaneamente richiamato o trattenuto in servizio b) sospeso dalle funzioni del grado. Tale menzione del militare in Congedo riguarda le altre tipologie del Congedo ma non anche quello del Congedo Assoluto, disciplinato dal successivo articolo 880 comma 6 - Inoltre, detto articolo 879 riguarda i Militari già in Congedo sottoposti alla sospensione dalle funzioni del grado ma non prevede che tale sanzione possa essere inflitta ad un Militare in Congedo Assoluto (nello specifico per giunta da oltre 7 anni) », il che è anche specificato nella « Guida tecnica norme e procedure disciplinari – 3^ edizione – anno 2011 ».

Sul punto l’interessato ha dedotto che « vi è un grave errore revocatorio nella stessa Sentenza oggi impugnata laddove si afferma testualmente: “ In contrario, però, si rileva che, ai sensi dell’art. 879, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 66/2010 la sanzione della sospensione dalle funzioni del grado si applica ai militari in congedo (…) il collocamento in congedo assoluto del militare è stato effettuato con decreto ministeriale n. 545 del 7 marzo 2012 (v. la nota ministeriale del 2 maggio 2012, all. 8 dell’appellato) e dunque, con atto posteriore sia all’avvio del procedimento disciplinare, sia allo stesso provvedimento che lo ha concluso (il quale, ovviamente, non ha potuto tenere conto di tale decreto successivo) ”. Orbene il Congedo Assoluto dell’allora Maresciallo -OMISSIS- decorre, come da Decreto agli atti del procedimento amministrativo e che ad ogni buon fine si riproduce (in allegato n. 5) dal 2004 e non dal 2012 e precisamente a decorrere dal 27.08.2004 come testualmente riportato e non come affermato erroneamente in sentenza. Inoltre il Dr. -OMISSIS- è stato anche iscritto nel Ruolo d’Onore di Forza Armata, con decorrenza dal 01.12.2003 come da provvedimento che si esibisce (in All. n. 6) - Quindi il Procedimento Disciplinare di Stato, contrariamente a quanto affermato dal consiglio di stato e’ iniziato nel 2011 ben dopo 7 anni successivi! Vi è quindi nella fattispecie un grave errore di fatto revocatorio nella sentenza oggi impugnata ».

2. Il Ministero della difesa si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso.

3. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 20 dicembre 2022.

4. Va innanzi tutto precisato che il ricorrente fa riferimento nelle rubriche di ambedue i motivi alla revocazione ex art. 395, n. 4), c.p.c., mentre la fattispecie fatta valere con il primo motivo, inerente al rinvenimento di documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio, è ipotesi contemplata dal n. 3) del predetto articolo. Cionondimeno tale erronea individuazione della disposizione di riferimento non impinge sulla ritualità del motivo in quanto, in ossequio al principio di prevalenza della sostanza sulla forma e in forza dei poteri officiosi di riqualificazione della domanda, va sussunto nella fattispecie astratta di cui al citato n. 3), stante l’univoca ed esplicita perimetrazione in tal senso del primo motivo.

4.1. Tanto precisato, la revocazione è inammissibile alla stregua delle seguenti considerazioni.

5. Va premesso che la revocazione, sia ordinaria che straordinaria, è un mezzo di gravame di carattere eccezionale e si compendia in un’impugnazione limitata e a critica vincolata, in quanto proponibile solo per i motivi tassativamente indicati dalla legge.

Essa, in ambedue le forme, è caratterizzata da un procedimento costituito da due fasi: rescindente sulla sentenza revocanda (necessaria) e rescissoria (eventuale e conseguente all’accoglimento di quella rescindente), diretta a sostituire la predetta sentenza.

La distinzione tra revocazione ordinaria e straordinaria si fonda sulla diversità dei vizi che legittimano la loro proposizione: invero la prima tipologia si riscontra quando i motivi posti a fondamento della revocazione sono conoscibili dalla parte soccombente dal momento della pubblicazione della sentenza [numeri 4) e 5) dell’art. 395 c.p.c.], mentre la seconda si rinviene quando i motivi sono inizialmente occulti e sono conoscibili soltanto successivamente alla predetta pubblicazione, a seguito della scoperta di fatti in precedenza sconosciuti [numeri 1), 2), 3) e 6) dell’art. 395 c.p.c.].

La differente natura dei vizi impinge sul dies a quo del termine d’impugnazione.

In particolare, l’attivazione del rimedio della revocazione straordinaria soggiace al termine semestrale decorrente non dalla pubblicazione del vizio, ma dal momento della conoscenza o della conoscibilità del vizio.

6. In relazione all’ipotesi di cui all’art. 395, n. 3), c.p.c., si rileva che i documenti decisivi presi in considerazione da detta disposizione devono riguardare direttamente i fatti di causa, escludendosi pertanto i documenti che si limitano ad offrire semplici indizi.

Decisivo è il documento dal quale risultino fatti tali che se il giudice avesse potuto valutare, la decisione sarebbe stata diversa, nel senso che il documento sarebbe stato potenzialmente idoneo a formare un diverso convincimento del giudice e di conseguenza a condurre ad una diversa decisione. Deve inoltre trattarsi di prova diretta dei fatti di causa con netta esclusione dei meri indizi. Nel carattere di decisività che il documento deve necessariamente possedere si esprime quindi la necessità di un nesso causale tra la circostanza denunciata e la decisione.

Condizione di ammissibilità della revocazione nell’ipotesi di cui al n. 3) è che il documento decisivo preesista alla decisione impugnata.

L’impossibilità della produzione in giudizio, per potersi giustificare, deve dipendere da cause di forza maggiore o da fatto dell’avversario e non deve essere imputabile all’istante.

Secondo la giurisprudenza la forza maggiore deve avere determinato non l’indisponibilità del documento, bensì l’ignoranza incolpevole del medesimo e incombe su chi agisce in revocazione l’onere di dimostrare che l’ignoranza dell’esistenza dei documenti non dipende da sua colpa (cfr. Cass. civ., sez. II, ord. 16 gennaio 2018, n. 885 e Cons. St., sez. V, decisione 7 gennaio 2009, n. 3), sicché va escluso che possa costituire motivo di revocazione la scoperta di documenti contenuti in pubblici registri (cfr. Cass. civ., sez. II, sent. 25 luglio 1984, 4353).

In sostanza l’impossibilità di produrre in giudizio un documento decisivo può essere ravvisata solo quando chi promuove la revocazione abbia dimostrato di aver fatto tutto il possibile per acquisire tempestivamente il documento e di non esserci riuscito per causa a lui non imputabile o per fatto dell’avversario. La causa di forza maggiore fa riferimento ad un evento straordinario non riconducibile ad un comportamento negligente della parte (cfr. Cass. civ., sez. trib., sent. 30 maggio 2014, n. 12162).

Il documento dunque deve essere rimasto estraneo alla cognizione del giudice non per un difetto di diligenza del ricorrente nello svolgimento dell’attività difensiva, stante l’utilizzabilità del diritto di accesso di cui agli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e la possibilità di inoltrare istanze istruttorie al giudice competente. Infine chi agisce in revocazione deve dare specifica prova della data di ritrovamento o del recupero del documento ai fini della verifica delta decorrenza dei termini per la proponibilità del ricorso medesimo (Cons St., sez. IV, sent. 12 febbraio 2014, n. 697).

6.1. Ciò posto, si osserva che il documento di congedo è sempre stato nella materiale disponibilità del ricorrente, non solo perché debitamente notificato all’interessato, ma anche perché disponibile presso il Centro documentale dell’Esercito e agevolmente acquisibile mediante la consultazione ed estrazione di copia del foglio matricolare, tantoché l’interessato nella propria memoria di costituzione dinanzi al Consiglio di Stato nel giudizio n. -OMISSIS-, sfociato nella sentenza revocanda, ha rappresentato di aver « inoltrato in data 17.4.2012 un’istanza tesa all'ottenimento di un provvedimento che, in autotutela, revocasse o annullasse quel provvedimento sanzionatorio, allegando anche il Decreto n, 545 del 7.3.2012 che ha determinato passaggio in congedo assoluto del ricorrente a far data dal 2004 ».

In relazione al provvedimento di archiviazione del procedimento penale a carico del generale di corpo d’armata in congedo dell’Arma dei carabinieri -OMISSIS- (all’epoca dei fatti generale di brigata e comandante della Legione Carabinieri Puglia), del generale di brigata in congedo dell’Arma dei carabinieri -OMISSIS-(all’epoca dei fatti tenente colonello) e del tenente colonnello dell’Esercito italiano -OMISSIS- si rileva che il ricorrente avrebbe potuto acquisirne copia in qualsiasi momento, stante la sua qualità di querelante.

Ne discende che la produzione di tali documenti è tardiva, non ammissibile e, in via assorbente, non sussumibile nella cornice configurata dall’art. 395, n. 3), c.p.c., non avendo l’istante fornito in questa sede prova delle ragioni che ne hanno impedito la loro acquisizione (che in ogni caso, come evidenziato, era possibile), considerato che, alla luce dei principi sopra enunciati, non è sufficiente ai fini della ammissibilità del ricorso per revocazione limitarsi ad affermare in maniera apodittica che « si è venuti in possesso di alcuni documenti », con conseguente inammissibilità del primo motivo di revocazione.

7. Con specifico riferimento alla revocazione di cui al n. 4) dell’art. 395, si precisa che: « a) l’errore di fatto, idoneo a costituire un vizio revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., è identificabile con l’errore di percezione sull’esistenza o sul contenuto di un atto processuale, che si traduca nell’omessa pronuncia su una censura o su un’eccezione (per lo meno a far tempo da Cons. Stato, Ad. plen., 22 gennaio 1997, n. 3, ribadita da Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5;
successivamente cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099;
sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347;
sez. IV 28 ottobre 2013, n. 5187;
6 agosto 2013, n. 4156;
sez. III 29 ottobre 2012, n. 5510;
sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 587);
b) conseguentemente, non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto la circostanza che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni proposte dalla parte a sostegno delle proprie censure (Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21);
c) non può giustificare la revocazione, inoltre, una contestazione sull’attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto (Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2015, n. 3852;
sez. V 12 maggio 2015, n. 2346;
sez. III 18 settembre 2012, n. 4934);
di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono “fatti” ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice (Cass. 22 marzo 2005, n. 6198);
d) non può giustificare la revocazione, altresì, una contestazione concernente il mancato esame di un qualsivoglia documento (come, ad es., di un allegato a una relazione istruttoria) o di qualsiasi altra prova offerta dalle parti, dal momento che in casi del genere si potrebbero configurare soltanto
errores in iudicando , non contemplati dall’art. 395 c.p.c. quale motivo di ricorso per revocazione (Cons. Stato, Ad. plen., 11 giugno 2001, n. 3);
e) affinché possa dirsi sussistente il vizio revocatorio contemplato dalla norma è inoltre necessario che l’errore di fatto si sia dimostrato determinante, secondo un nesso di causalità necessaria, nel senso che l’errore deve aver costituito il motivo essenziale e determinante della decisione impugnata per revocazione. È stato puntualizzato che il nesso causale non inerisce alla realtà storica, ma costituisce un nesso logico-giuridico, nel senso che la diversa soluzione della lite deve imporsi come inevitabile sul piano, appunto, della logica e del diritto, e non degli accadimenti concreti (Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 826);
la falsa percezione della realtà processuale deve dunque riguardare un punto decisivo, anche se non espressamente controverso della causa (Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099);
f) l’errore deve poi essere caduto su un punto non espressamente controverso della causa e in nessun modo deve coinvolgere l’attività valutativa svolta dal giudice circa situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5)
» (Cons. Stato, sez. VI, sentenza 21 aprile 2022, n. 3022).

L’errore di fatto deducibile ai fini della revocazione deve dunque consistere in una mera svista di carattere materiale, obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o dai documenti stessi risulti positivamente accertato (cfr., ex aliis , Cass. Civ., sezione I, ordinanza 23 giugno 2022, n. 20238).

Deve quindi trattarsi di un errore che attiene alla sfera della mera percezione e di conseguenza essere un mero abbaglio dei sensi, che non può coinvolgere l’attività valutativa e interpretativa del giudice e cadere sul contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti.

7.1. Nel caso di specie il secondo motivo non reca alcun asserito errore di fatto revocatorio ex art. 395, n.4) c.p.c..

Al riguardo si osserva che il provvedimento di collocamento in congedo assoluto del ricorrente è stato adottato dal Ministero della difesa, Direzione generale per il personale militare, II reparto, 5^ divisione - stato giuridico e avanzamento sottufficiali, in data 7 marzo 2012, ovverosia successivamente alla definizione del procedimento disciplinare instaurato il 12 aprile 2011 e concluso in data 18 ottobre 2011 mediante l’adozione da parte del decreto n. 0527/111-7/2021 irrogante la « sospensione dalle funzioni del grado per mesi tre ».

Pertanto formalmente alla data del provvedimento il signor -OMISSIS- non era ancora nella posizione del congedo assoluto, essendo stato all’epoca soltanto ritenuto permanentemente non idoneo al servizio nell’Arma dei carabinieri e posto in detta posizione di stato solo a seguito del verbale n. 565 del 14 novembre 2011, con valutazione confermata dalla Commissione medica ospedaliera straordinaria del Dipartimento militare di medicina legale di -OMISSIS-, con decorrenza dal 14 novembre 2011.

Escluso quindi che sia stato affermato un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa oppure sia stata supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, il secondo motivo è senz’altro inammissibile, avendo il Consiglio di Stato vagliato tramite un’attività valutativa in diritto situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività.

8. Le ulteriori doglianze prospettate nel ricorso sono inammissibili in quanto concernono in sostanza l’asserita errata applicazione delle norme di riferimento, la quale esula totalmente dall’area del rimedio revocatorio, che non può infatti essere forzatamente utilizzato per una rivisitazione dell’ iter logico e motivazionale e degli approdi ermeneutici della sentenza revocanda.

Ad ogni modo, per completezza e ad abundantiam si puntualizza che al tempo dell’avvio del procedimento disciplinare trovava applicazione ratione temporis il codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66/2010, il che peraltro non è stato contestato dall’interessato né in primo, né in secondo grado. Segnatamente, come correttamente specificato dal Consiglio di Stato nella sentenza revocanda, la sanzione della sospensione dalle funzioni del grado si applica ai militari in congedo ai sensi dell’art. 879, comma 1, lettera b), del predetto codice. Inoltre il testo della “ Guida Tecnica ” invocata dal ricorrente precisa a pagina 19 il non doversi procedere per fatti che non comportino la perdita del grado per motivi disciplinari o la cancellazione da ruoli solo qualora si tratti di « procedimenti penali disciplinari iniziati dopo il collocamento in congedo assoluto », mentre nel caso di specie il collocamento in congedo assoluto del militare è avvenuto con decreto ministeriale n. 545 del 7 marzo 2012 e dunque con atto posteriore tanto all’avvio dei procedimento disciplinare, quanto al provvedimento che lo ha concluso, che chiaramente non poteva considerare un decreto di congedo non ancora esistente.

9. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

10. In applicazione del principio della soccombenza, all’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore dell’amministrazione resistente, delle spese di lite del presente giudizio di revocazione, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal d.m. 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, si liquidano in euro 5.000 (cinquemila), oltre accessori di legge se dovuti.

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