Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-11, n. 202300376
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Testo completo
Pubblicato il 11/01/2023
N. 00376/2023REG.PROV.COLL.
N. 07628/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7628 del 2021, proposto da
-OMISSIS- e Figli s.p.a. e -OMISSIS- Partecipazioni s.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , rappresentate e difese dall'avvocato Antonio Palma, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via E.Q. Visconti, n. 100;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata ex lege ;
nei confronti
-OMISSIS- Holding Italia s.p.a., -OMISSIS- Packaging Italia s.p.a. e Toscana Ondulati s.p.a., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , rappresentate e difese dall'avvocato Emilio De Giorgi, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia;
Associazione CIS (ACIS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Jacopo Polinari, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Vittoria Colonna, n. 40;
Ondulati Nordest s.p.a., Scatolificio Idealkart s.r.l., Pro-Gest s.p.a., Trevikart s.r.l., Ondulato Trevigiano s.r.l., Plurionda s.p.a., Bergapack s.r.l., Cartonstrong Italia s.r.l., Ondulati Maranello s.p.a, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma (Sezione Prima) n. -OMISSIS-/2021, resa tra le parti, concernente un’intesa per oggetto restrittiva della concorrenza.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- Holding Italia s.p.a., -OMISSIS- Packaging Italia s.p.a., Toscana Ondulati s.p.a., Associazione CIS e Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2022 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Antonio Palma, Damiano Lipani, Francesca Sbrana, Jacopo Polinari e Emilio De Giorgi, nonché l'avvocato dello Stato Alessandro Jacoangeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
A conclusione di un procedimento istruttorio, avviato sulla base di una segnalazione proveniente dall’Associazione Italiana Scatolifici (ACIS), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in poi AGCM o Autorità), ha accertato l’esistenza di 2 intese, per oggetto, restrittive della concorrenza relative, l’una al mercato della produzione e commercializzazione di fogli in cartone ondulato (c.d. intesa fogli) e l’altra al diverso mercato della produzione e commercializzazione di imballaggi in cartone ondulato (c.d. intesa imballaggi).
L’Autorità ha, quindi, adottato il provvedimento 17/7/2019, n. 27849, con il quale, ritenuto, tra l’altro, che la -OMISSIS- e Figli s.p.a. (d’ora in avanti solo -OMISSIS-) avesse partecipato alla intesa imballaggi, l’ha condannata, in solido con la -OMISSIS- Partecipazioni s.r.l., da cui è controllata al 100%, al pagamento della sanzione pecuniaria di € 9.209.483.
Il provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dalla -OMISSIS- e dalla -OMISSIS- Partecipazioni con ricorso al T.A.R. Lazio – Roma, il quale lo ha respinto con sentenza 24/5/2021, n. 6047.
Avverso la sentenza hanno proposto appello la -OMISSIS- e la -OMISSIS- Partecipazioni.
Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio l’AGCM, la-OMISSIS- Holding Italia s.p.a., la -OMISSIS- Packaging Italia s.p.a., la Toscana Ondulati s.p.a. e l’ACIS.
Con successive memorie le parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 20/12/2022 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel ritenere che la mancata concessione, da parte dell’AGCM, di un periodo di tempo congruo per predisporre adeguatamente la memoria conclusiva del procedimento istruttorio e l’omessa valutazione delle argomentazioni con essa prospettate e della documentazione alla stessa allegata, non costituisse violazione del diritto di difesa, e perciò non ledesse il principio del giusto processo e della parità delle armi, enunciato dagli artt. 6, par. 3, della CEDU e 48, par. 2, della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Nella fattispecie risulterebbe violato anche l’art. 41 della citata Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
La norma prevede, infatti, al primo comma, che “ Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardino siano trattate in modo imparziale ed equo… ” e precisa, al secondo comma, che tale diritto include: “ a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio; b) il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi delle riservatezza e del segreto professionale e commerciale; c) l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni ”.
La doglianza non merita condivisione.
Occorre premettere che le appellanti hanno beneficiato di un termine per predisporre la memoria difensiva di quasi sessanta giorni e, quindi, ben superiore a quello minimo fissato dall’art. 14, comma 2, del D.P.R. 30/4/1998, n. 217 e in ogni caso, pur tenendo conto della complessità della vicenda e della mole di documentazione agli atti, da reputare sufficiente per il dispiegarsi dell'attività difensiva (Cons. Stato, Sez. VI, 1/3/2012, n. 1192).
D’altra parte, come emerge dal provvedimento sanzionatorio impugnato, le due suddette società, a differenza di altre imprese indagate, non hanno chiesto proroghe del termine infraprocedimentale di chiusura della fase istruttoria, per cui è poco plausibile che l’esigenza di disporre di un maggior termine per predisporre gli scritti difensivi, sia sorta solo all’esito del procedimento.
Per quanto concerne l’altro profilo in cui si articola la contestazione, basta rilevare che, come correttamente osservato dal giudice di prime cure, per un verso, dal provvedimento sanzionatorio emerge come le osservazioni procedimentali della parte appellante siano state adeguatamente valutate dall’Autorità, per altro verso, nell’ambito dei procedimenti antitrust l’obbligo di esame delle memorie e dei documenti difensivi “ non impone un’analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che (come nella fattispecie) renda nella sostanza percepibile la ragione del non adeguamento alle tesi difensive e ne attesti la relativa consapevolezza ”.
In ogni caso, non sussiste la dedotta violazione del principio del giusto processo e della parità delle armi.
Questa Sezione, infatti, ha già avuto modo di affermare che << L’art. 6 CEDU prevede che, per aversi equo processo, «ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge».
Come è noto, questa disposizione si applica anche in presenza di sanzioni amministrative di natura afflittiva, alle quali deve essere riconosciuta natura sostanzialmente penale. La Corte di Strasburgo ha elaborato propri e autonomi criteri al fine di stabilire la natura penale o meno di un illecito e della relativa sanzione. In particolare, sono stati individuati tre criteri, costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, con la puntualizzazione che la stessa non è vincolante quando si accerta la valenza “intrinsecamente penale” della misura; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione della norma che lo prevede e dallo scopo perseguito; iii) dal grado di severità della sanzione (ex plurimis, sentenze 4 marzo 2014, r. n. 18640/10, nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella casua Zolotoukhine c. Russia), che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata.
All’interno della più ampia categoria di accusa penale così ricostruita, la giurisprudenza della Corte EDU ha distino tra un diritto penale in senso stretto (“hard core of criminal law”) e casi non strettamente appartenenti alle categorie tradizionali del diritto penale.
Al di fuori del c.d. hard core, le garanzie offerte dal profilo penale non devono necessariamente essere applicate in tutto il loro rigore, in particolare qualora l’accusa all’origine del procedimento amministrativo non comporti un significativo grado di stigma nei confronti dell’accusato. La pragmaticità dell’approccio della Corte europea dei diritti dell’uomo ha dunque portato quest’ultima a riconoscere che non tutte le prescrizioni di cui all’art. 6, par. 1, CEDU devono essere necessariamente realizzate nella fase procedimentale amministrativa, potendo esse, almeno nel caso delle sanzioni non rientranti nel nocciolo duro della funzione penale, collocarsi nella successiva ed eventuale fase giurisdizionale (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo 23 novembre 2006, caso n. 73053/01, Jussila c. Finlandia).
È, pertanto, ritenuto compatibile con l’art. 6, par. 1, della Convenzione che sanzioni penali siano imposte in prima istanza da un organo amministrativo – anche a conclusione di una procedura priva di carattere quasi giudiziale o quasi-judicial, vale a dire che non offra garanzie procedurali piene di effettività