Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-07-31, n. 202307432

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-07-31, n. 202307432
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307432
Data del deposito : 31 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/07/2023

N. 07432/2023REG.PROV.COLL.

N. 10209/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10209 del 2019, proposto da I G, F G, M G in persona del suo procuratore generale S M, rappresentati e difesi dall'avvocato D G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 154/3;

contro

Comune di Radicondoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M G e L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

del Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche S.c.r.l. (CO.SVI.G.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Manneschi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 1193/2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Radicondoli e del Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche S.c.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° giugno 2023 il Cons. F D R, uditi gli avvocati Chiara Jannuzzi su delega di Marco Manneschi, M G, Sergio Santoro su delega di D G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I ricorrenti in primo grado, odierni appellanti, nella qualità di figli “legittimari” del defunto Piergiorgio Grifoni, hanno impugnato gli atti della procedura espropriativa intrapresa dal comune di Radicondoli su un terreno ricadente nell’asse ereditario del predetto de cuius . Quest’ultimo aveva tuttavia nominato propria erede universale la signora B B, che aveva accettato l’eredità ed era a sua volta deceduta. La relativa massa ereditaria, comprendente il predetto terreno, è stata conferita in amministrazione a un curatore della eredità giacente nominato dal Tribunale di Genova.

Quest’ultima, in persona del curatore, ha proposto un distinto ricorso avverso la medesima procedura espropriativa (causa iscritta in grado d’appello al n.r.g. 10209/2019, passata in decisione assieme al presente giudizio).

Ciò posto, la sentenza di primo grado ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai predetti legittimari con la seguente motivazione:

<(…) i legittimari pretermessi non hanno facoltà di esercitare le azioni inerenti i beni rientranti nell’asse, posto che le disposizioni testamentarie che ledono la legittima non sono nulle ma riducibili, e la qualità di erede, in tal caso, è acquisita solo in caso di vittorioso esperimento della corrispondente azione (Cass. civile sez. II, 22/08/2018, n.209719).

In memoria i ricorrenti sostengono di essere titolari di una posizione qualificata e differenziata che li distingue dal quisque de populo in relazione ai rapporti facenti capo alla Eredità Grifoni.

L’osservazione, tuttavia, non ha pregio dal momento che, come è noto, nel giudizio amministrativo la legittimazione ad agire presuppone un rapporto diretto con il sottostante bene della vita. Le posizioni collegate o dipendenti hanno una rilevanza di aspettative di mero fatto che al più possono legittimare un intervento ad adiuvandum ma non hanno la consistenza necessaria a sorreggere da sole il diritto di azione (Consiglio di Stato sez. IV, 29/02/2016, n.853).

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.>.

Hanno impugnato tale decisione i ricorrenti, censurandola, chiedendo di sospenderne gli effetti in via cautelare e riproponendo i motivi di ricorso rimasti assorbiti.

Si sono costituiti per resistere al gravame con appositi atti, seguiti dal deposito di rispettive memorie, il Comune di Radicondoli e il Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche S.c.r.l.

All’udienza camerale del 30.1.2020 l’esame dell’istanza cautelare, su accordo delle parti, è stato rinviato al merito, anche per l’esigenza di trattazione congiunta della causa col suddetto giudizio d’appello iscritto a n.r.g. 9977/2019.

Alla successiva udienza pubblica del 27.5.2021 la causa, intercorrendo trattative tra le parti, è stata col loro consenso cancellata dal ruolo (unitamente al connesso giudizio summenzionato), a mente del combinato disposto degli artt. 71, comma 1, c.p.a. e 2, l. n. 89 del 2001.

E’ seguito il deposito di una nuova istanza di fissazione dell’udienza di parte appellante in data 26.11.2021.

In data 13 maggio 2022 gli appellanti hanno depositato la sentenza del Tribunale ordinario di Genova, Settima Sezione Civile-Fallimentare, di accoglimento della domanda di riduzione di disposizioni testamentarie lesive relativa all’eredità di Piergiorgio Grifoni.

Ha fatto seguito il deposito di memorie ex art. 73 c.p.a., anche di replica, di ognuna delle parti costituite.

All’udienza pubblica del 1° giugno 2023 la causa è passata in decisione.

Nel gravame proposto è stata censurata la decisione sulla questione pregiudiziale per < omessa individuazione della sussistenza della legittimazione ad agire >, tornandosi a sostenere che i ricorrenti (cfr. pag. 10 dell’atto d’appello) <(…) sono titolari di una posizione giuridica qualificata e vantano un interesse specifico, diretto, attuale e concreto ad intraprendere tutte le azioni volte alla tutela dei beni costituenti l’eredità.> ;
ed aggiungendosi che i medesimi <(…) hanno da tempo (2011) proposto azione di riduzione delle disposizioni testamentarie del de cuius Dott. Piergiorgio Grifoni (…) >. Gli appellanti hanno poi precisato che la domanda di riduzione proposta in sede civile, regolarmente trascritta, riguarda anche i terreni oggetto della contestata espropriazione. Hanno concluso nel senso che la loro posizione giuridica soggettiva differenziata discende direttamente dalla legge ( ex art. 536 e ss. cc.) e risulta ben chiara anche in ragione dell’azione di riduzione presentata sin dal 2011, ben prima del procedimento espropriativo impugnato.

In via subordinata, gli appellanti hanno censurato la sentenza di primo grado per non avere sospeso il giudizio per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione dell’azione civile suddetta.

In data 13 maggio 2022 i ricorrenti hanno depositato in giudizio la sopravvenuta sentenza del Tribunale di Genova Sez. VII, 4 aprile 2022, che ha accolto la predetta domanda di riduzione.

Con la memoria ex art. 73 c.p.a., oltre ad invocare tale sentenza civile (adducendone anche il passaggio in giudicato) quale sopraggiunta conferma della propria legittimazione a ricorrere, hanno sostenuto, anche in replica alle avverse eccezioni, che il fatto che il decreto di esproprio impugnato sia stato emesso nei soli confronti dell’eredità giacente della signora B B costituisca una mera conseguenza dell’apertura del relativo procedimento ex lege previsto, inidonea a dimostrare che gli appellanti non fossero già allora titolari di una posizione giuridica qualificata.

Il Comune e il Consorzio appellati hanno ribadito, nelle varie rispettive difese, la carenza di legittimazione dei ricorrenti, l’irrilevanza della sentenza civile solo da ultimo sopravvenuta, e comunque la mancata prova del suo passaggio in giudicato.

Il Collegio ritiene l’appello infondato, sia pure con le precisazioni che seguono.

E’ anzitutto pacifico che la qualità di eredi – che, laddove esistente, avrebbe certamente fondato la legittimazione al ricorso – non sussistesse in capo ai ricorrenti al momento della domanda introduttiva del presente giudizio. E’ infatti incontestato che gli odierni appellanti fossero risultati totalmente pretermessi dalla disposizione testamentaria del de cuius Piergiorgio Grifoni, che aveva nominato erede universale la sua seconda moglie B B.

Nel ricorso di primo grado gli istanti si sono correttamente definiti “legittimari”, rivestendo ex lege tale qualificazione, senza tuttavia che vi fosse alcuna decisione (tantomeno passata in giudicato) di accertamento dell’avvenuta lesione della quota minima “necessaria” sui cespiti ereditari e, per tale via, della loro qualità di eredi, secondo la consolidata giurisprudenza civile richiamata dal T.a.r., il quale ha di conseguenza escluso la legittimazione al ricorso (ovviamente le conclusioni prese in sentenza non muterebbero a ritenere il legittimario, pur sempre dopo l’accertamento della lesione della quota di legittima, non un formale erede bensì un soggetto cui spetta quest’ultima ex lege , come opina parte della dottrina).

Ciò posto, gli appellanti, onde superare le conclusioni della sentenza impugnata, rivendicano la loro incontestata posizione di “legittimari” quale condizione in sé “qualificata” dal codice civile anche a prescindere dall’eventuale concreta lesione della relativa quota (peraltro oggetto, nel caso specifico, del giudizio pendente all’epoca della domanda introduttiva e deciso con la sentenza sopra citata).

Il Collegio, nel condividere quest’ultimo specifico assunto, ritiene tuttavia che la decisione impugnata debba essere confermata con diversa motivazione, giacchè la questione va rivisitata, con esiti analoghi d’inammissibilità del ricorso ex art. 35, co. 1, lett. b) c.p.a, in termini di interesse a ricorrere (che, come noto, dev’essere certo, concreto e attuale).

Posto che una posizione sostanziale d’interesse legittimo può essere riconosciuta in base alla qualifica di legittimario, quale condizione (ancorchè non di erede) pur sempre “qualificata” in diritto e differenziata in fatto (spettando solo a certi soggetti), ciò che senza dubbio difettava al momento del ricorso di primo grado (oltrechè della relativa sentenza) è la dimostrazione del sicuro interesse alla causa intentata. Ed infatti, i ricorrenti avrebbero potuto risultare soccombenti nella causa civile più volte menzionata, o comunque all’esito di questa avrebbe potuto non esser loro riconosciuto alcun diritto sull’area oggetto di esproprio. In tale evenienza (che non poteva certo escludersi all’atto del deposito del ricorso introduttivo), l’azione innanzi al T.a.r. sarebbe risultata inutile, per non avere i ricorrenti alcun diritto sui beni espropriati e, per conseguenza, non aver subìto alcuna concreta lesione dagli atti amministrativi impugnati.

Va rammentato che tale lesione, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, deve avere un carattere di attualità, ossia essersi già verificata e non dipendere da avvenimenti futuri e incerti (quali, appunto, la vittoria di una parallela causa civile);
con la sola eccezione, che qui non ricorre, del pregiudizio futuro ma certo (si pensi al provvedimento lesivo sottoposto a termine iniziale), che si distingue da quello meramente eventuale.

E’ altresì noto che l’interesse a ricorrere, provvisto dei summenzionati caratteri, deve sussistere già al momento dell’introduzione del giudizio in primo grado (cfr. tra le tante C.d.S., sez. V, n. 786/2015: “ l'interesse al ricorso, in quanto condizione dell'azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione, con conseguente attribuzione al giudice amministrativo del potere di verificare la persistenza della condizione dell'azione in relazione a ciascuno di tali momenti. ”;
conf. C.d.S. sez. V, n. 1572/2014).

La “sopravvenienza” dell’interesse a ricorrere, pertanto, non può certo utilmente verificarsi nel corso del giudizio d’appello proposto per contestare una decisione d’inammissibilità che ha rilevato la relativa mancanza.

Per questa ragione, nessun rilievo può avere ai presenti fini la sentenza del Tribunale civile prodotta dai ricorrenti, sopravvenuta durante il presente giudizio d’appello, che ha accertato la lesione della quota di legittima (la considerazione rende vieppiù irrilevante l’ulteriore questione controversa circa il suo passaggio in giudicato, richiesto dalla giurisprudenza civile ai fini dell’acquisto della qualità di erede).

Infondata è, infine, anche la censura alla sentenza impugnata, proposta in via subordinata, di omessa sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. della causa in primo grado, onde attendere gli esiti del suddetto giudizio civile. Quest’ultimo, infatti, non atteneva a una questione pregiudiziale rispetto al merito del ricorso esperito.

La sua mera pendenza, e il suo esito incerto, attestavano piuttosto la predetta carenza d’interesse al ricorso di primo grado (o di legittimazione secondo quanto desunto in sentenza dagli stessi fatti), circostanza per l’appunto direttamente rilevabile dal giudice amministrativo allo stato degli atti in termini di assenza d’una condizione dell’azione, senza che possa disporsi alcuna sospensione ai sensi della disposizione citata.

Per quanto esposto l’appello non può essere accolto, e l’esame del merito dell’originario ricorso, riproposto nel gravame, resta di conseguenza assorbito.

Va soggiunto per completezza che i ricorrenti hanno comunque operato un intervento ad adiuvandum nel giudizio d’appello relativo alla causa simile e “parallela” (oggetto di trattazione congiunta e passata anch’essa in decisione) proposta avverso gli stessi atti dall’eredità giacente della signora B B, avendo in tal sede richiesto l’accoglimento delle conclusioni di quest’ultima.

Le spese relative al grado d’appello sono liquidate nel dispositivo secondo la generale regola della soccombenza.

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